venerdì 25 novembre 2016

Commento al Vangelo della Prima Domenica d'Avvento: Matteo 24, 37-44: "Vegliate perchè non sapete in quale giorno il Signore verrà".

Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo.
 
Il "nuovo " ciclo liturgico (anno A) invita alla conversione. Il brano evangelico esordisce abbinando l'invito di Gesù al cambiamento rivolto a quelli della sua "generazione", alla fatica del mitico Noè, disatteso nel suo pressante quanto minaccioso invito a quanti si concentravano esclusivamente sui propri interessi, senza rendersi conto degli straordinari avvenimenti che incombevano. Per Noè si trattava dell'imminenza del "diluvio" che avrebbe sommerso, stando al racconto della Genesi, l'Umanità refrattaria alle sue urgenze. Gesù a quelli della sua generazione parla sia della fine del Tempio, il luogo più sacro della Istituzione ebraica, sia della stessa Gerusalemme, assassina perché "uccide i profeti". L'evento, che si poteva evitare se Israele avesse accolto il messaggio di amore e di perdono nei confronti dei nemici come aveva raccomandato il suo Vangelo, si avvererà quaranta anni dopo la crocifissione di Gesù. Nell'anno 70 dell'era vigente, le armate romane, sotto la guida di Tito che succederà al padre Vespasiano come imperatore, misero a ferro e fuoco la città "senza lasciare pietra su pietra". Quell'evento tuttavia viene dall'evangelista guardato con la positività di chi vi vede l'attuazione del progetto del Padre sulla crescita dell'Umanità. Ad una generazione che fallisce si sussegue quella nuova che apre all'ottimismo di un'era ricca di potenzialità per la crescita, che per l'evangelista Matteo si avvera attraverso le "Beatitudini", presenti già nella prima: che invita tutti a farsi "poveri", prendendo a progetto della propria vita il bene e la felicità degli altri.
Il messaggio è tanto sorprendente quanto caustico per quanti ubriachi di potere, perdono il senso della caducità senza mettere a frutto alcune potenzialità per essere veramente liberi e felici. Ciò viene ritenuto, da quanti si oppongono al Vangelo, un attentato alla propria convenienza e reagiscono con la persecuzione. Il brano evangelico si conclude con l'invito di Gesù alla "vigilanza", per non lasciarsi cogliere sprovveduti senza accorgersi del suo venire nella storia e nelle culture dei popoli, invitati perciò alla speranza.
 
Fra' Domenico Spatola.

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