venerdì 27 luglio 2018

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XVII del tempo ordinario (anno B): Giovanni 6, 1-15



In quel tempo, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberiade, e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi. Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: "Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?" Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. Gli rispose Filippo: "Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo". Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: "C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?" Rispose Gesù: "Fateli sedere". C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. E quando furono saziati, disse ai discepoli: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto". Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: "Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!" Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo.


L'istituzione eucaristica è figurata da Giovanni evangelista nella "moltiplicazione dei pani".  
I temi della narrazione sono gli stessi dell'Esodo di Israele, in fuga dall'Egitto per la libertà.  "Manna" è il "cibo" garantito da Gesù, Messia definitivo e "pane che il Padre darà". Con il "mare" di Tiberiade, attraversato da Gesù, viene evocato il Mar Rosso e l'Israele liberato. "Nuovo  Mosè", e a lui superiore, è Gesù  che dal monte, il suo "Sinai", dona "il suo pane" a superamento della Legge. Fu provocazione di Gesù per il discepolo Filippo, ancorato a logiche di merito: "Dove comprare pane per sfamare tanta gente?".
La verifica produsse in lui indugi: "con duecento denari insufficienti". Andrea propose una timida soluzione. Ricordava dei "venti pani d'orzo" del profeta Eliseo che nell'antichità avevano sfamato cento persone. Presentò "il ragazzo con i cinque pani d'orzo e i due pesci". Immane la sproporzione.
Deciso Gesù si mostrò a scardinare il pregiudizio farisaico per cui "nulla con Dio è gratuito e tutto va meritato" ("comprato"). "Fateli sdraiare! ", disse, "da signori", aggiungiamo noi, "sull'erba abbondante" quella dei tempi messianici.
Quindi "il gesto" che rimarrà riconoscibile dalla Comunità : "Prese i pani e, rese grazie (in greco "eucaristia"), li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero". Lo stesso con i pesci.
I convitati erano cinquemila, un multiplo del "cinque" quanto i libri di Mosè  e del "cinquanta" quanto il numero qualificante i profeti, portatori dello Spirito Santo a Pentecoste.
Di quel pasto avanzarono "dodici canestri" per il "nuovo" Israele, ormai convocato.

Fra' Domenico Spatola 
(Nella foto: Moltiplicazione dei pani e dei pesci di Francesco Bassano 1580)

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