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venerdì 16 giugno 2017

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica del "Corpus Domini": Giovanni 6, 51-58

51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno.
 

Commento al Vangelo

Il capitolo sesto del Vangelo di Giovanni è tutto dedicato alla Eucaristia.
Nella prima parte, vi è il racconto della condivisione dei pani con i tanti venuti da lontano a cercare cibo, simbolo della Parola e della dottrina nuova di Gesù. Nella seconda parte c'è il tentativo della folla, istigata dai discepoli, di farlo re. Fu conseguente l'abbandono di Gesù, costretto alla solitudine per la incomprensione del suo messaggio che vuol essere d'amore e di servizio, per dare la vita ai suoi e non per toglierla come sono soliti fare i dominatori della terra. Infine il recupero dei suoi discepoli che nel frattempo, in barca, tentavano di lasciarlo. 
A Cafarnao ci fu il chiarimento. Gesù spiega il senso di ciò che egli ha compiuto. Il "vero pane" non è la manna che Dio aveva dato ai loro padri nel deserto. La prova è nel fatto "che tutti quelli che mangiarono la manna morirono nel deserto" mentre "il pane vivo, disceso dal cielo" che dà Gesù è in grado di comunicare la vita eterna, perché è "la sua carne". Il termine "carne" indica l'umanità nella sua reale dimensione di debolezza e di relazionalità. E' infatti "la carne" la mediazione del rivelarsi e comunicarsi di Dio. Sacramento e segno oltre che mezzo del suo rivelarsi. E' strumento inoltre della comunicazione dello Spirito, così che, attraverso l'umanità si possa scoprire il "divino che abita in noi. Tanto più si diventa "umani", tanto più si diventa "divini". Discorso inaccettabile da chi vede la contrapposizione tra "carne" e "Spirito", e propone la divaricazione radicale e il reciproco rigetto. Gesù parla invece della "sua carne da mangiare", usando in greco l'equivalente del nostro "masticare", perché l'eucaristia non si riduca ad una elucubrazione mistica: "Se non mangiate la carne del Figlio dell'Uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita".
Il tema della "carne" e del "sangue" rimanda a quello dell'Agnello pasquale, nella "notte della liberazione" dalla schiavitù egiziana. La carne dell'agnello servì a rifocillare il popolo in cammino, e il sangue a preservarlo dalla morte. 

Fra' Domenico Spatola

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