Nicodemo, fariseo e capo dei Giudei, si recò da Gesù di notte. Le sue credenziali non deponevano per un dialogo proficuo. L'incontro era stato propiziato da Nicodemo per il suo convincimento che Gesù fosse il "Maestro" di Israele, "nessuno potrebbe - a suo dire - fare quei segni, se Dio non fosse con lui". Era stato tra quei Giudei che avevano approvato la condanna dei mercanti del tempio, e visto, per quel gesto, in Gesù l'atteso "riformatore" della Legge e del culto. Il dialogo ebbe difficoltà a decollare e presto si tramutò in monologo di Gesù, per l'indisponibilità di Nicodemo a "rinascere". L'immagine del "serpente bronzeo innalzato da Mosè nel deserto" fu ultimo tentativo d'aggancio per correlare il modello esclusivo d'Israele, con quello del Figlio dell'uomo elevato sulla croce, per la salvezza del mondo. Incomprensibile per un professionista della meritocrazia come Nicodemo comprendere l'amore incondizionato e unilaterale del Padre che "ama il mondo, da mandare il Figlio" per donare a chi crede, la vita eterna, con l'esclusione di ogni giudizio e condanna. Idea inaccettabile per il Fariseo che della osservanza della Legge aveva fatto la discriminante di Israele contro i popoli. "Fare la verità" sarà il nuovo traguardo per compiere il bene ed ereditare la vita.
Fra' Domenico Spatola
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