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venerdì 12 dicembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il più grande Profeta

Giovanni, in prigione, 
entrò in confusione.
Dubitando sul Cristo, 
per il suo destino tristo,
mandò a Gesù seguaci, 
per chiedere audaci:
"Sei tu il Messia, 
o abbiam sbagliato via?". 
Sua risposta   comprensiva, 
al profeta riferiva:
dei ciechi e sordi, 
e di quanti avean accordi
con ogni malattia. 
Egli, o in casa o per la via, 
guariva tutti, 
evitando così i lutti. 
Tornati da Giovanni a riferire, 
ciò che avea fatto loro udire, 
Gesù disse con vigore:
"il Battista non è un
traditore,
né una canna che sbatte il vento, 
né uno che, contento, 
vive gli agi dei palazzi". 
Aggiunse che i suoi sprazzi
sono solo da profeta, 
il più grande, ma che si vieta
d'esserlo dell'Alleanza nuova, 
perché tra suoi seguaci Gesù non lo ritrova.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Terza Domenica di Avvento (anno A): Matteo 11, 2-11

2
 Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: 3 «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?». 4 Gesù rispose: «Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: 5 I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella6 e beato colui che non si scandalizza di me». 7 Mentre questi se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8 Che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re! 9 E allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta. 10 Egli è colui, del quale sta scritto:
Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero
che preparerà la tua via davanti a te.
11 In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Dal Macheronte dove era prigioniero, il Battista inviò suoi seguaci a chiedere a Gesù, se fosse il Messia. Non vedeva infatti quei gesti irredentisti che egli aveva annunciato. Insomma, Gesù non stava progettando la insurrezione da "giudice della Storia", mentre egli infradiciva nella tetra prigione. Fu dunque una  provocazione, la domanda: "Sei tu il Messia o dobbiamo aspettare un altro?". Gesù  rispose, invitandoli a constatare l'evidenza: i ciechi vedono, i sordi odono, i lebbrosi e i morti risuscitano, e ai poveri è annunciato il Vangelo. Aggiunse tuttavia un monito per Giovanni in crisi: "beato chi non si scandalizza di me". Altri profeti infatti avevano dato del Messia, il modello compassionevole che egli incarnava. Andati via gli ambasciatori, parlò alla folla del Battista, tessendone l'elogio e offrendo di lui il ritratto dell'uomo coerente con la missione affidatagli. "Non era una canna sbattuta dal vento, né un vanesio che vestiva sontuosamente. Quei tipi - aggiungeva - vivevano altrove!". L'allusione fu a Erode che abitava lussuosi palazzi e opprimeva, da despota, la gente. Del Battista, Gesù aggiunse che era il più grande profeta. Tuttavia, irrefrenabile  fu il confronto con il più piccolo dei suoi discepoli, dichiarato da Gesù" più grande di lui". 
Non censurava la dirittura morale del precursore, ma lamentava che si fosse fermato alle soglie del Nuovo Testamento,  senza entrarvi per diventare suo seguace.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 5 dicembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Ti diede a noi per Madre




Candido fiore raccolsi, 
e m'accorsi
che mi legava a te, 
o Vergine Maria. 
Mi ponevi sulla via
del Figlio che a noi indicavi. 
Poi m'abbracciavi
a inizio del cammino,
per ugual destino 
del Figlio in Croce. 
Egli che, con sua voce, 
avea Dio dato per Padre, 
Te diede a noi per Madre. 

Di Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Immacolata Concezione della beata Vergine Maria: Luca 1, 26-38

26
 Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». 29 A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. 30 L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34 Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». 35 Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. 36 Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: 37 nulla è impossibile a Dio». 38 Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.

"Ripiena di grazia" ("Kekaritoméne") la salutò a Nazareth l'angelo Gabriele, aggiungendo che Dio si era innamorato di lei: "Hai trovato grazia". Era autentica proposta sponsale a Maria, al di là di ogni deriva mitologica. Dio voleva un figlio da lei e la delegava a imporre nome "Gesù". Quel compito era esclusivamente paterno. Lo stupore la Vergine lo evidenziò con la domanda: "Come avverrà questo? Io non conosco uomo". Fu dissolto dalla sequenza dei verbi, usati da Gabriele: "Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza 
dell'Altissimo ti coprirà". L'annuncio era dunque squisitamente nuziale. A Maria fu chiesto esplicitamente di essere la Sposa di Dio: "Concepirai un Figlio che sarà santo (divino) e chiamato figlio dell'Altissimo. Dal Padre erediterà il trono di Davide e il suo regno non avrà fine". Fu ridda di emozioni anche per noi. E per lei?  Accolse il Verbo e lo custodì nel suo grembo per farlo nostro fratello. "Nulla è impossibile a Dio". Parole dell'Angelo ad acquietare ansia. La sterile Elisabetta partoriva e la Vergine diveniva Madre del Redentore. Maria, accolta la Parola nel suo grembo, poté licenziare l'Angelo, soddisfatto anche egli per la missione felicemente compiuta.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: Il Battista come Elia

Tutti in pista, 
dal Battista
per farsi
perdonare 
e battezzare.
Del Giordano, alla foce, 
si definiva  "Voce
che, nel deserto
a cuore aperto, 
grida: al Signore
aprite il cuore, 
e sue vie preparate
e i sentieri raddrizzate!".
Il vestito austero
ricordava l'Elia il severo, 
con ai fianchi i peli del cammello, 
ma fiore suo, all'occhiello, 
era la cintura, 
di pelle dura, 
mentre, di cavallette il pasto
sobrio e niun fasto. 
Venuti tutti a confessare
i peccati che volean lavare, 
furono anche i farisei, 
coi sadducei. 
Ma il Santo li accusò d'ipocrisia
per la condotta esibita pia. 
Vantavano d'Abram la figliolanza, 
ma senza la creanza
di compierne le gesta. 
Perciò non fece festa, 
il Profeta che parlò di
scure
che s'abbatterà su piante impure. 
L'albero senza frutto, 
verrà tagliato tutto, 
e nel fuoco poi gettato
per essere bruciato.
"Il Battesimo mio d'acqua, 
soltanto sciacqua. 
Mentre non corte 
son le credenzialità del forte
che vien dopo di me. 
Chiederete a me: perché 
non posso io scalzarlo? 
Mio compito è annunziarlo
come Colui che l'aia pulirà,
e se il frumento conserverà 
in granaio,
nel fuoco la paglia vivrà il suo guaio". 

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Seconda Domenica di Avvento (Anno A): Matteo 3,1-12

1
 In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, 2 dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!».
3 Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
4 Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico. 5 Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; 6 e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano.
7 Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all'ira imminente? 8 Fate dunque frutti degni di conversione, 9 e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. 10 Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. 11 Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. 12 Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile».

Giovanni battezzava, alla foce del Giordano.  Invitava al Regno dei Cieli, ormai vicino. Di lui aveva vaticinato Isaia: "Voce che dal deserto grida di preparare la via del Signore e di raddrizzare i suoi sentieri". Il Battista si mostrava austero come il profeta Elia. Anch'egli vestito con peli di cammello e la cintura ai fianchi. Inconfondibile. Altrettanto sobrio, da nomadi del deserto, era il suo cibo: cavallette e miele selvatico. Attirava molta gente. Provenendo da Gerusalemme, dalla Giudea e dalla zona del Giordano, i pellegrini disertavano il tempio, suscitando gelosia nei sacerdoti e nei leviti. Per il rito dell'immersione battesimale chiedeva la confessione dei peccati e la conversione. Farisei e sadducei si accodavano  ai pellegrini, certamente per altri scopi, se Giovanni ne sventava l'ipocrisia, apostrofandoli: "Razza di vipere!" e minacciando contro di loro l'ira di Dio. Per lui, non bastava dirsi di Abramo per ragioni etniche o religiose. La vera circoncisione era quella del cuore e Dio potrebbe suscitare, anche dalle pietre, figli ad Abramo.  "La fede richiede opere buone", era il suo insegnamento, come l'annuncio dell'imminente Messia. Urgeva perciò la conversione, perché egli sarebbe stato giudice severo e con la scure in mano alla radice dell'albero avrebbe tagliato e gettato nel fuoco chi non avesse portato frutto. Definiva il suo battesimo  "di acqua", fatto per purificare, mentre quello di chi dopo di lui, essendo più Forte, sarebbe stato in Spirito Santo e fuoco. 
In tutta onestà, dichiarava che da quel ruolo, non avrebbe potuto scalzare il Cristo.

Fra' Domenico Spatola

sabato 29 novembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Quando il Figlio tornerà...





Noè non fu ascoltato, 
così il Figlio sarà trattato
da coloro che dagli affari 
non vorranno esser precari. 
Poi il diluvio fece sua parte, 
senza che quell'arte
venisse appresa, 
così sarà la resa
della città che sotto i Romani
cadrà né alcun tenderà le mani
per sua salvezza.
Tanta sarà in durezza
la repressione
da cui penderà gran confusione.
Il sole si oscurerà,
e la luna allor cadrà. 
Ma non sarà la fine
perché nuovo confine
il mondo scoprirà.
La città sarà distrutta, 
mentre in combutta
cieli nuovi
e altra Terra ti ritrovi. 
Tale la fede
di chi crede
nel Figlio, che l'oppressione storna,
ma Egli infin ritorna.

Di Domenico Spatola
Nella foto: Tela di Pietro Liberi Il Diluvio universale

Commento fra' Domenico Spatola al Vangelo della Prima domenica di Avvento (anno A): Matteo 24,37-44

37
 Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. 38 Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca, 39 e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell'uomo. 40 Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato. 41 Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l'altra lasciata.
42 Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43 Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44 Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà.

Con linguaggio profetico Gesù descriveva i grandi cambiamenti della Storia. Non avrebbe dato più luce il sole che, in quella cultura, rappresentava una divinità pagana. Per il cambiamento, Gesù chiedeva  collaborazione ai discepoli. Essi, annunciando il Vangelo, avrebbero causato l'eclisse di tutte le divinità pagane, che, come astri, sarebbero cadute dal firmamento. Allusione ai potenti che su tali divinità basavano il loro potere. Poi aggiungeva: "Vedrete in cielo il segno del Figlio dell'uomo".  L'espressione era del profeta Daniele (cap. 7). La usò, quando nelle visioni notturne, vide emergere dal mare quattro bestie, immagini dei poteri politici, noti per la loro ferocia. La prima bestia rappresentava l'impero babilonese. La seconda quello dei Medi. La terza quello dei Persiani. La quarta, la più orrenda, il regno di Alessandro Magno. Ma Dio, col potere dato al "Figlio dell'uomo", avrebbe eliminato ciò che era disumano. Quel personaggio era Gesù: Uomo, che in quanto Figlio, aveva la condizione divina. Stesso "status" egli avrebbe condiviso con chi avesse accolto il suo stesso ideale, ma non senza l'odio del mondo. Insistente fu l'invito alla vigilanza per non cadere nella stessa trappola in cui finirono, perché distratti, i contemporanei di Noè che non si salvarono dal diluvio. Fu catastrofe, ma non segnò la fine del mondo bensì l'inizio di un'umanità rinnovata. Gesù chiedeva perciò ai suoi collaborazione, per offrire alla società l'alternativa del Regno, il cui annuncio non sarebbe stato indolore.

Fra' Domenico Spatola


sabato 22 novembre 2025

Fra' Domenico Spatola: "Oggi sarai con me".



Da re, 
chiedevi il perché
morivi da innocente. 
Ma dei due, il più fremente
non perdonava
tuo amore che salvava
altri e non te stesso. 
Il ladrone più dimesso, 
disse all'altro:
"Non far lo scaltro. 
Per riparare il danno, 
meritiamo ciò che fanno. 
Egli invece nulla ha fatto, 
e patisce per l'altrui misfatto". 
Poi disse a te, Gesù:
"Quando sarai lassù, 
ricordati di me!". 
Senza ma e senza se, 
offrendogli un sorriso:
"Oggi - dicesti a lui - sarai con me nel paradiso!". 

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra Domenico Spatola al vangelo della domenica di Cristo Re dell'universo (anno C): Luca 23, 35-43

 Commento di fra Domenico Spatola al vangelo della domenica di Cristo Re dell'universo (anno C): Luca 23, 35-43

35
 Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto». 36 Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell'aceto, e dicevano: 37 «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38 C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.
39 Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». 40 Ma l'altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? 41 Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». 42 E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». 43 Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».

Era una canea. La gente vociava, mentre i capi insultavano sfidando ancora il Crocifisso. La folla delirante, aizzata dai capi, voleva la morte di Gesù. "Re dei Giudei" era la causa apposta sopra di lui, a motivare lo strazio. I religiosi avevano contestato a Pilato la scritta. Ma il riconoscimento della regalità a Gesù era dovuto da "pastore "unico" ("poimèn kalòs"). Egli "dava la vita per il gregge". Da sotto la croce le imprecazioni della folla contagiarono uno dei due briganti, crocifissi con lui. Partecipò alla derisione. Gesù - a suo dire - aveva salvato altri, senza salvare se stesso. Diceva il vero. Era infatti venuto a dare la vita, non a toglierla. Il compagno di pena, prendendo le difese del Signore che pativa senza colpa, diceva che essi soffrivano meritatamente per i misfatti compiuti. 
Poi a Gesù chiese: "Ricordati di me quando sarai nel tuo Regno". A stupore il peccatore,  cacciato dal giardino, ora pentito chiedeva di rientrarvi. La risposta fu di salvezza: "Oggi sarai con me in paradiso!".

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 14 novembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Come finirà?




                Con o senza fede,            
ognun chiede  
dall'antichità:
"come finirà
questo mondo
che danza il girotondo?". 
Il suo finale, 
non sia il male
ma abbia il meglio, 
convien star dunque sveglio
e non poltrire. 
Potrai così udire
che i cieli saràn nuovi
e sulla terra finalmente trovi
l'amore che è il segno
del divin Regno. 

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXIII domenica del tempo ordinario (anno C): Luca 21, 1-19

1
 Alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro. 2 Vide anche una vedova povera che vi gettava due spiccioli 3 e disse: «In verità vi dico: questa vedova, povera, ha messo più di tutti. 4 Tutti costoro, infatti, han deposto come offerta del loro superfluo, questa invece nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere».
5 Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse: 6 «Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta». 7 Gli domandarono: «Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?».
8 Rispose: «Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e: "Il tempo è prossimo"; non seguiteli. 9 Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine».
10 Poi disse loro: «Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, 11 e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo. 12 Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. 13 Questo vi darà occasione di render testimonianza. 14 Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15 io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. 16 Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; 17 sarete odiati da tutti per causa del mio nome. 18 Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. 19 Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime.

All'annuncio di Gesù della futura distruzione del tempio di Gerusalemme, i discepoli non sembrarono spaventati, anzi parvero eccitati dall'idea dell'avvenimento. Chiesero infatti subito, quando sarebbe accaduto tutto ciò e quale ne sarebbe stato il segno premonitore. Il loro entusiasmo nasceva dalla convinzione che, nei momenti di massimo pericolo, Dio si sarebbe fatto presente, come in precedenti occasioni. Ma Gesù non era d'accordo, perché Dio non è mai intervenuto per mantenere istituzioni dispotiche che schiacciano le libertà delle persone. Perciò si premurò di avvertire i discepoli a non lasciarsi ingannare da chi si dichiarava investito di potere  divino, come messia venuto per restaurare il regno di Israele. Gesù invece inaugurava il Regno di Dio, e non intendeva rianimare un Israele defunto. Col linguaggio dei Profeti, il suo messaggio non incuteva paura: "Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzate e levate il capo perché la vostra liberazione è vicina!".   L'annuncio era dunque liberante, anche se le immagini erano di catastrofi: terremoti, carestie, pestilenze e fatti terrificanti. Tuttavia i segni invitati ad attenzionare saranno quelli grandiosi dal cielo, che indicheranno la fine di ogni sfruttamento e schiavitù. Non nascondeva però che seguire lui non sarebbe stato indolore. Gesù col suo insegnamento infatti minava i fondamenti di quella società: Dio, patria e famiglia. Per  Gesù non erano infatti valori corrispondenti al progetto del Creatore sull'Umanità. Con essi si esercitava infatti un potere assoluto. Il Nome di Dio serviva alle ierocrazie, mentre il concetto di Patria ai despoti, e quello della famiglia per il maschio dominatore sulla femmina e sulla prole. Gesù intese  sostituire il concetto del Dio della religione, con quello del  Padre datore della vita. Il termine "Patria" ebbe nuove iridescenze con il Regno di Dio, dove tutti  possono essere accolti e infine anche la famiglia divenuta Comunità dove non i legami di sangue ma quelli dello stesso ideale d'amore, sono quelli sul modello del mistero trinitario.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 7 novembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il tempio casa di preghiera...

Il tempio reso mercato, 
da Gesù non tollerato,
il perdono, 
paterno dono, 
non è commercio, 
che rende lercio
il luogo del Signore. 
Zelo dunque e ardore
furon l'arma:
sferza che disarma
i mercanti, 
ch'eran tanti
venditori 
di colombi e tori. 
Di loro rovesciò i banchi, 
e li percosse ai fianchi, 
con la frusta, 
il cui dolor disgusta. 
"Avete fatto, con peccato, 
del tempio un mercato!". 
Ai Giudei credenziali, 
offrì sue fatali:
"Distruggete -disse- il tempio, 
e diverrà esempio
di mia Entità
che in tre giorni risorgerà". 
Il mistero, ch'era fitto, 
si squadernerà a profitto 
ai seguaci, quando morto, 
lo rivedràn risorto.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della "Dedicazione della basilica lateranense": Giovanni 2, 13-22

13 Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14 Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. 15 Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, 16 e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». 17 I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora18 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19 Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20 Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22 Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Era la Pasqua dei Giudei. Gesù salì a Gerusalemme e, nell'area del tempio, trovò gente numerosa, venuta da ogni parte della Nazione, per i riti annuali di purificazione. Si consumava il sacrificio degli animali. Durante le tre settimane di festività, si calcolava il sacrificio di oltre diciottomila capi di bestiame. Venivano venduti nel tempio ma provenivano dagli ovili del Monte degli Ulivi, che erano proprietà del sommo sacerdote Anania e dei suoi figli. Non era  ammesso, per sacrificarlo, bestiame da altre provenienze. Contro la legge di mercato, non era ammessa la concorrenza. Erano buoi, pecore e colombe. I cambiamonete essenziali, perché non poteva circolare la moneta romana con l'effigie di Tiberio. Considerata infatti sacrilega anche per la scritta: "divino imperatore". Gesù con una frusta, di cordicelle, cacciò i mercanti e rovesciò i banchi dei cambiamonete. Il gesto, che aveva valenza messianica, era atteso, perché preannunciato dai profeti, che avevano tratteggiato il Messia, come "riformatore del tempio e del clero". Cacciando i mercanti, Gesù motivava il suo gesto: "non trasformate in mercato, la casa del Padre mio!". Le reazioni dei presenti furono diverse. I discepoli inizialmente vi lessero lo "zelo per la Casa del Padre", mentre i capi giudei chiesero legittimazione con un segno, contro i pagani, come quello di Mosè contro i primogeniti degli Egiziani. Ma la risposta di Gesù sarà compresa dai discepoli solo dopo la sua risurrezione: "Distruggete questo tempio, e io in tre giorni lo farò risorgere!". Non si capacitavano, perché quarantasei erano stati gli anni per costruirlo. Ma Gesù parlava del suo Corpo.

Fra' Domenico Spatola 


venerdì 31 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: 2 novembre

Percorsi i viali severi, 
con sentimenti sinceri
per i ricordi spezzati
da dolor suscitati. 
Il viale indicato, 
dai cipressi vegliato, 
portava alla tomba che m'ero prefisso, 
ma fu il Crocifisso
dal loculo sporgente, 
che immantinente
richiamò mia attenzione. 
Con gran devozione, 
gli volli parlare, 
provando a dettare 
a lui miei pensieri. 
Eran sinceri, 
almen quella volta. 
Coinvolta
fu tutta mia vita, 
che, per l'età, è quasi finita:
"Tu Gesù -pensai 
o parlando esclamai-, 
come vedi questa gente? 
Non dico la giacente, 
ma chi vien con dolore
a deporre il fiore
al fratello o all'amico, 
che dico, 
o anche al padre
o alla tenera madre?". 
Mi parve proposta, la sua risposta:
"Falli venire, almeno ogni anno. 
Riduce il danno
a chi non pensa che la morte, 
del Ciel apre le porte
a chi vuole entrare, 
mentre le chiude
a chi vuole scordare. 
Non fa dunque paura
la morte che cura
chi si sente ammalato
e ad altra vita votato". 
Accolsi il messaggio, 
e ripresi coraggio. 
Baciai la croce, 
ma con un filo di voce.
 
Di Domenico Spatola

2 novembre 2025: Commemorazione dei fedeli defunti

I cimiteri si riempiono di visitatori. I fiorai hanno il loro giorno migliore. Nelle chiese, incessante la preghiera per i defunti, i propri e quelli altrui. Giorno severo di riflessione sulla morte. "Semel in anno". Almeno una volta l'anno "sa già dà fa chista crianza", scriveva Totò nella "A livella". Interpretava la morte come "vendetta sindacale",  per "u' barone e u' scupatore". Stessa sorte, dunque le loro tombe potevano stare vicine. "Nui simmu seri, appartenimmu a morte". "Le caste", vanno lasciate ai vivi. Era la filosofia del genio napoletano. Ma non può restare, della morte, la sola interpretazione. Gesù della sua prossima fine in croce, la  interpreta, come  "seme che, caduto in terra, se muore, porta molto frutto". Aveva già detto a Marta, a proposito della morte del fratello Lazzaro, "chi crede in me, anche se muore continua a vivere". Come a dire: "la morte non esiste". 
L'esistenza come film a due tempi. Il primo si conclude con la morte del protagonista, e la conseguente reazione degli spettatori di alzarsi e andare via, perché "tutto è finito!". Ma il regista fa tornare tutti indietro, per  godersi il secondo tempo: "la vita che continua nella gloria". Giobbe aveva scritto: "senza la mia pelle  vedrò Dio". Aveva fiducia nel "redentore" che lo avrebbe riscattato dalla morte. Gesù all'apostolo Tommaso, incredulo nella vita eterna, si dichiarò "Via, Verità e Vita". Nel battesimo, siamo stati rivestiti della stessa veste della Risurrezione. L'apostolo Paolo a chi domandava dell'aldilà, rispondeva: "saremo con il Signore". Quante volte lo  abbiamo sperato! Allora, con Francesco d'Assisi, potremo anche oggi dire: "Ben venga sorella Morte!".

Di Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Tutti i Santi

Ognissanti
comprende quanti: 
papi o re, 
e i semplici come me,
che, in umiltà e senza gloria, 
non fanno Storia.
Ci son pure i derelitti, 
e quanti afflitti
hanno chiuso con premura
sotto bombe e la paura.
Oggi è stuolo di beati, 
che da Dio son consolati,
perché hanno amato tanto, 
col segreto d'ogni Santo.
Guardo il cielo
e stesso velo
tolgo dalla Terra, 
senza pace e sempre in guerra. 
È d'affronto 
il mio racconto.  
Eppur di gioia è il mio canto, 
perché in Cristo trovo il vanto, 
di vedere confortati
quel gran stuolo di beati.

Di Domenico Spatola

1 novembre 2025: Tutti i Santi

Di Dio "tre volte Santo" il mistero si chiarisce "Parola fatta carne", e prende dimora tra gli uomini. È il "credo" del Vangelo di Giovanni, e dell'Emmanuele, in parallelo con Matteo, "il Dio con noi", e soprattutto il "Dio per noi". Gesù chiede al discepolo di amare "come egli ama" e, a questa condizione, prenderà dimora in chi l'accoglie. Così l'uomo e non più il cielo sarà sua "abitazione".  Costituzione del Regno dei Cieli sono le Beatitudini,
proclamate dal  "monte", diverso dal Sinai dove fu dettata la Legge a Mosè.  "Beati i poveri per lo Spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli". È la povertà di Dio che, in Gesù, si fa dono incondizionato all'umanità derelitta  e sofferente. "Beato" è chi attenziona il bene altrui, e si lascia coinvolgere per  la stessa missione di Cristo. I discepoli, accogliendo stesso ideale, renderanno "Beati" coloro che, nella difficoltà, li incontreranno. Perché non avranno più fame e sete, in quanto riceveranno da loro, come da Cristo, consolazione. 
Segreto dei Santi, e della Santità di tutta la Chiesa che, nell'amore fraterno, attua il volere di Cristo: "Da questo vi riconosceranno miei discepoli, se vi amerete come io ho amato voi". Testamento inconfondibile al quale i Santi  hanno attinto e che hanno attuato. È il segreto di ogni santità.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 24 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il fariseo e il pubblicano




Il fariseo, che si credeva giusto, 
provava gusto
a elogiarsi, 
fino a farsi, 
nel tempio, 
esempio
contro il pubblicano
che, con sua mano, 
si battea il petto. 
Più retto, 
agli occhi del Signore, 
fu il suo cuore
che, con dolore, 
mostrava pentimento, 
mentre di sentimento
d'arroganza reo
era il superbo fariseo.
Dio al suo grugno
mostrò il pugno,
mentre, al pentito pubblicano, 
porse la mano.

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XXX del tempo ordinario: (anno C): Luca 18, 9-14

9
 Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: 10 «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12 Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. 13 Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. 14 Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».

Due uomini, con la cui tipologia Gesù ebbe a che fare in tutta la vita: il fariseo e il pubblicano. Antitetici. Il primo ostentava devozione a Mosè e alla sua Legge. Stava nel tempio, ritto dinanzi all'altare, elencando i numerosi meriti per cui Dio gli era debitore. 
Mentre il pubblicano non aveva di che vantarsi, perché additato dalla collettività di Israele come ladro e collaborazionista dell'odiato invasore romano. In fondo al tempio, egli se ne stava in ginocchio senza alzare lo sguardo e, battendosi il petto, chiedeva pietà. Il fariseo, pregando, si confrontava con lui ritenendolo "ingiusto e peccatore". Il  pubblicano invece non riconoscendosi alcun merito, si affidava alla bontà di Dio, e chiedeva compassione. A differenza del pio però poté tornare a casa "giustificato" , essendosi fidato di Dio, mentre il fariseo andò via dal tempio colpevolizzato, per averlo sfidato.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 17 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Dio previene il domandare





Quel giudice scorretto, 
Gesù, non fu da te prescelto
a modello di tuo Padre. 
Egli, a vedovella madre
che a lui chiedea giustizia, 
rispondea nequizia
e, sol per insistenza, 
mostrò accondiscendenza. 
Ma il Padre non fa
aspettare
e previene al domandare, 
perché son amore e fedeltà
la cifra di sua paternità.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XIX del tempo ordinario (Anno C): "Luca 18, 1-8"


La vedova e il giudice
1 Propose loro una parabola per mostrare che dovevano pregare sempre e non stancarsi: 2 «In una certa città vi era un giudice, che non temeva Dio e non aveva rispetto per nessuno; 3 e in quella città vi era una vedova, la quale andava da lui e diceva: "Rendimi giustizia sul mio avversario". 4 Egli per qualche tempo non volle farlo; ma poi disse fra sé: "Benché io non tema Dio e non abbia rispetto per nessuno, 5 pure, poiché questa vedova continua a importunarmi, le renderò giustizia, perché, venendo a insistere, non finisca per rompermi la testa"». 6 Il Signore disse: «Ascoltate quel che dice il giudice ingiusto. 7 Dio non renderà dunque giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Tarderà nei loro confronti? 8 Io vi dico che renderà giustizia con prontezza. Ma quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà la fede sulla terra?»

L'insegnamento di Gesù verteva sulla fede. Fiducia nel Padre chiedeva ai discepoli, perché egli potesse realizzare il suo Regno. Sapevano i discepoli che il Padre previene i bisogni dei figli (cf. Lc cap.12). Non dunque insistenti dovevano essere le loro richieste. Solo il Regno era la "società alternativa". Il dio sordo dei pagani, non era il Padre di Gesù, che   realizzava le richieste anche se, all'apparenza, sembravano inascoltate. I discepoli erano sfiduciati nella giustizia, per la cui realizzazione la preghiera poteva diventare il mezzo per attuarla. Gesù chiedeva perciò ai discepoli di collaborare con i poveri e i diseredati. Esempio fu la  vedova umiliata dal giudice iniquo. 
Promuovere i valori del Regno,  che qualificano la società alternativa, con la disponibilità all'umiltà e al servizio. Ciò comportava rottura con i falsi valori della società. Per la severità del problema, Gesù si interrogava, non senza amarezza, se al suo ritorno avrebbe trovato fede sulla Terra.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 10 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il Samaritano grato




Dieci i lebbrosi, 
ma nove furon morosi
a ringraziare. 
Sol uno tornò a gratificare. 
Era straniero, 
dai vincoli leggero, 
poteva perciò  amare
senza una Legge da osservare. 
Ma, tu Gesù, con amarezza, 
notasti la stranezza:
che, dei dieci risanati, 
nove furono gli ingrati. 
Solo il Samaritano, 
non lontano
dal tuo Regno, 
dell'amore tuo comprese il segno.

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della domenica XXVIII del tempo ordinario (anno C): Luca 17, 11-19

11
 Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. 12 Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, 13 alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». 14 Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati. 15 Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; 16 e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17 Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? 18 Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse: 19 «Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato!».

Dieci lebbrosi all'interno di un villaggio? La Legge di Mosè, lo vietava, collocandoli severamente fuori. Ma il "villaggio", nei Vangeli, non era un agglomerato di convivenze, ma, simbolicamente, il luogo dove la tradizione attecchiva senza facile possibilità di sradicamento.  Era significata la resistenza alla novità di Cristo. I dieci erano lebbrosi perché stavano dentro il villaggio, infatti, soltanto quando ne usciranno si sperimenteranno guariti. Gesù, cui avevano chiesto compassione, li inviò dai sacerdoti del tempio, 
perché, per essere riammessi nella società, andava verificata la guarigione. Nove di loro, ebrei  osservanti, continuarono il cammino, mentre solo uno, da Samaritano e senza obblighi della legge che non supponeva sentimenti di gratitudine, tornò a ringraziare Gesù. Egli notò come gli altri nove, seppur guariti dalla lebbra, non fossero riusciti ad affrancarsi dal legalismo. Per cui, anche se venivano reintegrati nella comunità di Israele, continuarono ad usare la Legge come uno scudo, per difendersi  dall'amore gratuito che Dio manifestava in Gesù.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 3 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Li volesti amici, non servi




Gesù, della fede
al seguace che crede, 
proponesti 
della senape il granello 
a modello
in piccola quantità. 
"Fatti più in là, 
e piàntati in mare
al gelso potrai comandare!"
Ed esso ossequiente
e intransigente
ubbidirà.
Servirà, 
come chi torna dal campo
e non ha scampo, 
e dovrà in casa servire, 
perché "obbedire" 
è dei farisei
la norma. 
Ma questa non forma, 
come invece il tuo amore, 
che al cuore
non si impone, 
ma si propone 
a seguaci
amici veraci.

Di Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della XXVII domenica del tempo ordinario (anno C): Luca 17,5-10

5
 Gli apostoli dissero al Signore: 6 «Aumenta la nostra fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe.
7 Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? 8 Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? 9 Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10 Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».

La fede non è qualcosa che si possa accrescere, come erroneamente chiedevano i discepoli a Gesù, perché essa è la risposta libera e personale alla proposta di Dio. Perciò Gesù poté loro dire che anche una minima quantità, quanto il granello di senape, sarebbe bastata per imporre al gelso, le cui radici sono profonde, di sradicarsi e trapiantarsi in mare. Il gelso rappresentava il forte radicamento  dei discepoli nella Legge di Mosè e nella tradizione giudaica, senza riuscire a venirne fuori. Prevaleva in loro "il lievito dei farisei", ossia la meritocrazia. La parabola del "servo che, tornando dalla campagna o dal pascolo, doveva ancora lavorare per il padrone", non era nel pensiero di Gesù. Altrove infatti aveva già detto "beato quel servo trovato vigilante dal padrone quando torna dalle nozze. Lo avrebbe fatto accomodare per servirlo egli stesso". Qui Gesù contesta i farisei, che si consideravano "servi della Legge". Gesù ricordava loro che da servi non potrebbero aspettarsi più nulla e dovere dire quando hanno fatto il loro servizio: "Siamo servi inutili, avendo solo fatto ciò che dovevamo". Gesù invece non chiamava i discepoli "servi" ma  "amici", per aver fatto loro "conoscere i segreti del Padre".

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 26 settembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il ricco disattento

 
Il ricco non vede l'orme
del povero che dorme, 
davanti alla sua porta
perché ha vista  corta. 
Neppur briciole di pane
ma solo un cane
lecca sue ferite
di piaghe ormai avite.
Morì Lazzaro e d'Abramo in seno
trovò il riposo pieno, 
mentre nell'orto
fu sepolto il ricco morto.
Dal fondo dei tormenti
l'epulone i suoi lamenti
fece giungere ad Abramo:
"Acqua io bramo
gli disse - e Lazzaro disseti
senza che alcun gli vieti
di portarmi in bocca
l'acqua dalla brocca". 
Abramo a lui rispose:
"Tu molte cose
avesti in vita, 
vedi come ti è finita? 
Lazzaro è consolato
e tu resti sempre l'assetato. 
Non nutrire perciò speranza
per l'impossibile distanza, 
tra i felici che siam noi
e gli infelici che siete voi". 
"Mandalo dai miei fratelli
perché non finiscano tra i fornelli". 
"Han Mosè e i profeti
osservino le leggi e i divieti". 
"No" rispose il ricco desolato, 
"Ma se gli appare Lazzaro risuscitato, 
senza più danno 
essi crederanno" 
"Se non credono a Mosè e ai profeti
neanche se risorti farànno lieti!".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXVI domenica del tempo ordinario (Anno C): Luca 16, 19-31

19 C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. 20 Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, 21 bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. 22 Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23 Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. 24 Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. 25 Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. 26 Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. 27 E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, 28 perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento. 29 Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. 30 E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. 31 Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi».

"Non si possono servire due padroni: o Dio o il denaro!". Aveva detto Gesù. Sulla radicale polarizzazione  della scelta, i farisei lo deridevano. Il denaro era infatti il loro dio. La parabola del "ricco che non si accorse del povero" servì a Gesù per raccontare il dopo morte. Il ricco egoista non si accorse mai di Lazzaro, il povero coperto di piaghe, che giaceva alla sua porta. Da epulone aveva mangiato e bevuto indossando le migliori marche di vestiti, mentre Lazzaro aspirava invano alle briciole di pane che potessero cadere dalla sua mensa, ma nessuno gliene dava. Solo i cani, gli davano sollievo leccandogli le ferite. Morì Lazzaro e salì in cielo, accolto da Abramo. Anche il ricco morì e fu sepolto. Dal fondo dello "sheòl" (la caverna sotto terra, abitata dai morti) vide Lazzaro che era felice con Abramo. A questi chiese di mandarlo da lui con il dito, intinto nell'acqua, per rinfrescargli la lingua, arsa di sete. Il patriarca gli ricordò che i due mondi erano incomunicabili, ed era ormai tempo di alternanza: Lazzaro in vita aveva avuto i suoi mali e ora, da morto, era felice, mentre il ricco, disattento ai bisogni del povero, pativa per quanto aveva meritato.  Rassegnato, tornò a supplicarlo di inviarlo almeno ai suoi cinque fratelli per convincerli a cambiare vita, e non rischiare la stessa sua condanna. "Hanno le Scritture!", gli rispose Abramo. Ma quello insistette perché lo mandasse lo stesso ad ammonirli. 
"Se non si convertono per le Scritture, neppure  se risuscitano i morti". Fu sentenza di Abramo, definitiva e senz'appello.

Fra' Domenico Spatola