venerdì 24 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il fariseo e il pubblicano




Il fariseo, che si credeva giusto, 
provava gusto
a elogiarsi, 
fino a farsi, 
nel tempio, 
esempio
contro il pubblicano
che, con sua mano, 
si battea il petto. 
Più retto, 
agli occhi del Signore, 
fu il suo cuore
che, con dolore, 
mostrava pentimento, 
mentre di sentimento
d'arroganza reo
era il superbo fariseo.
Dio al suo grugno
mostrò il pugno,
mentre, al pentito pubblicano, 
porse la mano.

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XXX del tempo ordinario: (anno C): Luca 18, 9-14

9
 Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: 10 «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12 Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. 13 Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. 14 Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».

Due uomini, con la cui tipologia Gesù ebbe a che fare in tutta la vita: il fariseo e il pubblicano. Antitetici. Il primo ostentava devozione a Mosè e alla sua Legge. Stava nel tempio, ritto dinanzi all'altare, elencando i numerosi meriti per cui Dio gli era debitore. 
Mentre il pubblicano non aveva di che vantarsi, perché additato dalla collettività di Israele come ladro e collaborazionista dell'odiato invasore romano. In fondo al tempio, egli se ne stava in ginocchio senza alzare lo sguardo e, battendosi il petto, chiedeva pietà. Il fariseo, pregando, si confrontava con lui ritenendolo "ingiusto e peccatore". Il  pubblicano invece non riconoscendosi alcun merito, si affidava alla bontà di Dio, e chiedeva compassione. A differenza del pio però poté tornare a casa "giustificato" , essendosi fidato di Dio, mentre il fariseo andò via dal tempio colpevolizzato, per averlo sfidato.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 17 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Dio previene il domandare





Quel giudice scorretto, 
Gesù, non fu da te prescelto
a modello di tuo Padre. 
Egli, a vedovella madre
che a lui chiedea giustizia, 
rispondea nequizia
e, sol per insistenza, 
mostrò accondiscendenza. 
Ma il Padre non fa
aspettare
e previene al domandare, 
perché son amore e fedeltà
la cifra di sua paternità.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XIX del tempo ordinario (Anno C): "Luca 18, 1-8"


La vedova e il giudice
1 Propose loro una parabola per mostrare che dovevano pregare sempre e non stancarsi: 2 «In una certa città vi era un giudice, che non temeva Dio e non aveva rispetto per nessuno; 3 e in quella città vi era una vedova, la quale andava da lui e diceva: "Rendimi giustizia sul mio avversario". 4 Egli per qualche tempo non volle farlo; ma poi disse fra sé: "Benché io non tema Dio e non abbia rispetto per nessuno, 5 pure, poiché questa vedova continua a importunarmi, le renderò giustizia, perché, venendo a insistere, non finisca per rompermi la testa"». 6 Il Signore disse: «Ascoltate quel che dice il giudice ingiusto. 7 Dio non renderà dunque giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Tarderà nei loro confronti? 8 Io vi dico che renderà giustizia con prontezza. Ma quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà la fede sulla terra?»

L'insegnamento di Gesù verteva sulla fede. Fiducia nel Padre chiedeva ai discepoli, perché egli potesse realizzare il suo Regno. Sapevano i discepoli che il Padre previene i bisogni dei figli (cf. Lc cap.12). Non dunque insistenti dovevano essere le loro richieste. Solo il Regno era la "società alternativa". Il dio sordo dei pagani, non era il Padre di Gesù, che   realizzava le richieste anche se, all'apparenza, sembravano inascoltate. I discepoli erano sfiduciati nella giustizia, per la cui realizzazione la preghiera poteva diventare il mezzo per attuarla. Gesù chiedeva perciò ai discepoli di collaborare con i poveri e i diseredati. Esempio fu la  vedova umiliata dal giudice iniquo. 
Promuovere i valori del Regno,  che qualificano la società alternativa, con la disponibilità all'umiltà e al servizio. Ciò comportava rottura con i falsi valori della società. Per la severità del problema, Gesù si interrogava, non senza amarezza, se al suo ritorno avrebbe trovato fede sulla Terra.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 10 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il Samaritano grato




Dieci i lebbrosi, 
ma nove furon morosi
a ringraziare. 
Sol uno tornò a gratificare. 
Era straniero, 
dai vincoli leggero, 
poteva perciò  amare
senza una Legge da osservare. 
Ma, tu Gesù, con amarezza, 
notasti la stranezza:
che, dei dieci risanati, 
nove furono gli ingrati. 
Solo il Samaritano, 
non lontano
dal tuo Regno, 
dell'amore tuo comprese il segno.

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della domenica XXVIII del tempo ordinario (anno C): Luca 17, 11-19

11
 Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. 12 Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, 13 alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». 14 Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati. 15 Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; 16 e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17 Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? 18 Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse: 19 «Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato!».

Dieci lebbrosi all'interno di un villaggio? La Legge di Mosè, lo vietava, collocandoli severamente fuori. Ma il "villaggio", nei Vangeli, non era un agglomerato di convivenze, ma, simbolicamente, il luogo dove la tradizione attecchiva senza facile possibilità di sradicamento.  Era significata la resistenza alla novità di Cristo. I dieci erano lebbrosi perché stavano dentro il villaggio, infatti, soltanto quando ne usciranno si sperimenteranno guariti. Gesù, cui avevano chiesto compassione, li inviò dai sacerdoti del tempio, 
perché, per essere riammessi nella società, andava verificata la guarigione. Nove di loro, ebrei  osservanti, continuarono il cammino, mentre solo uno, da Samaritano e senza obblighi della legge che non supponeva sentimenti di gratitudine, tornò a ringraziare Gesù. Egli notò come gli altri nove, seppur guariti dalla lebbra, non fossero riusciti ad affrancarsi dal legalismo. Per cui, anche se venivano reintegrati nella comunità di Israele, continuarono ad usare la Legge come uno scudo, per difendersi  dall'amore gratuito che Dio manifestava in Gesù.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 3 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Li volesti amici, non servi




Gesù, della fede
al seguace che crede, 
proponesti 
della senape il granello 
a modello
in piccola quantità. 
"Fatti più in là, 
e piàntati in mare
al gelso potrai comandare!"
Ed esso ossequiente
e intransigente
ubbidirà.
Servirà, 
come chi torna dal campo
e non ha scampo, 
e dovrà in casa servire, 
perché "obbedire" 
è dei farisei
la norma. 
Ma questa non forma, 
come invece il tuo amore, 
che al cuore
non si impone, 
ma si propone 
a seguaci
amici veraci.

Di Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della XXVII domenica del tempo ordinario (anno C): Luca 17,5-10

5
 Gli apostoli dissero al Signore: 6 «Aumenta la nostra fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe.
7 Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? 8 Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? 9 Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10 Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».

La fede non è qualcosa che si possa accrescere, come erroneamente chiedevano i discepoli a Gesù, perché essa è la risposta libera e personale alla proposta di Dio. Perciò Gesù poté loro dire che anche una minima quantità, quanto il granello di senape, sarebbe bastata per imporre al gelso, le cui radici sono profonde, di sradicarsi e trapiantarsi in mare. Il gelso rappresentava il forte radicamento  dei discepoli nella Legge di Mosè e nella tradizione giudaica, senza riuscire a venirne fuori. Prevaleva in loro "il lievito dei farisei", ossia la meritocrazia. La parabola del "servo che, tornando dalla campagna o dal pascolo, doveva ancora lavorare per il padrone", non era nel pensiero di Gesù. Altrove infatti aveva già detto "beato quel servo trovato vigilante dal padrone quando torna dalle nozze. Lo avrebbe fatto accomodare per servirlo egli stesso". Qui Gesù contesta i farisei, che si consideravano "servi della Legge". Gesù ricordava loro che da servi non potrebbero aspettarsi più nulla e dovere dire quando hanno fatto il loro servizio: "Siamo servi inutili, avendo solo fatto ciò che dovevamo". Gesù invece non chiamava i discepoli "servi" ma  "amici", per aver fatto loro "conoscere i segreti del Padre".

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 26 settembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il ricco disattento

 
Il ricco non vede l'orme
del povero che dorme, 
davanti alla sua porta
perché ha vista  corta. 
Neppur briciole di pane
ma solo un cane
lecca sue ferite
di piaghe ormai avite.
Morì Lazzaro e d'Abramo in seno
trovò il riposo pieno, 
mentre nell'orto
fu sepolto il ricco morto.
Dal fondo dei tormenti
l'epulone i suoi lamenti
fece giungere ad Abramo:
"Acqua io bramo
gli disse - e Lazzaro disseti
senza che alcun gli vieti
di portarmi in bocca
l'acqua dalla brocca". 
Abramo a lui rispose:
"Tu molte cose
avesti in vita, 
vedi come ti è finita? 
Lazzaro è consolato
e tu resti sempre l'assetato. 
Non nutrire perciò speranza
per l'impossibile distanza, 
tra i felici che siam noi
e gli infelici che siete voi". 
"Mandalo dai miei fratelli
perché non finiscano tra i fornelli". 
"Han Mosè e i profeti
osservino le leggi e i divieti". 
"No" rispose il ricco desolato, 
"Ma se gli appare Lazzaro risuscitato, 
senza più danno 
essi crederanno" 
"Se non credono a Mosè e ai profeti
neanche se risorti farànno lieti!".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXVI domenica del tempo ordinario (Anno C): Luca 16, 19-31

19 C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. 20 Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, 21 bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. 22 Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23 Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. 24 Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. 25 Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. 26 Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. 27 E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, 28 perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento. 29 Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. 30 E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. 31 Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi».

"Non si possono servire due padroni: o Dio o il denaro!". Aveva detto Gesù. Sulla radicale polarizzazione  della scelta, i farisei lo deridevano. Il denaro era infatti il loro dio. La parabola del "ricco che non si accorse del povero" servì a Gesù per raccontare il dopo morte. Il ricco egoista non si accorse mai di Lazzaro, il povero coperto di piaghe, che giaceva alla sua porta. Da epulone aveva mangiato e bevuto indossando le migliori marche di vestiti, mentre Lazzaro aspirava invano alle briciole di pane che potessero cadere dalla sua mensa, ma nessuno gliene dava. Solo i cani, gli davano sollievo leccandogli le ferite. Morì Lazzaro e salì in cielo, accolto da Abramo. Anche il ricco morì e fu sepolto. Dal fondo dello "sheòl" (la caverna sotto terra, abitata dai morti) vide Lazzaro che era felice con Abramo. A questi chiese di mandarlo da lui con il dito, intinto nell'acqua, per rinfrescargli la lingua, arsa di sete. Il patriarca gli ricordò che i due mondi erano incomunicabili, ed era ormai tempo di alternanza: Lazzaro in vita aveva avuto i suoi mali e ora, da morto, era felice, mentre il ricco, disattento ai bisogni del povero, pativa per quanto aveva meritato.  Rassegnato, tornò a supplicarlo di inviarlo almeno ai suoi cinque fratelli per convincerli a cambiare vita, e non rischiare la stessa sua condanna. "Hanno le Scritture!", gli rispose Abramo. Ma quello insistette perché lo mandasse lo stesso ad ammonirli. 
"Se non si convertono per le Scritture, neppure  se risuscitano i morti". Fu sentenza di Abramo, definitiva e senz'appello.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 19 settembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Migliore investimento



L'amministratore fu arguto, 
quando seppe che risaputo
era il suo imbroglio. 
Per superar lo scoglio
se licenziato
senza un futuro assicurato, 
fece ai debitori del padrone
ampi sconti sulla provvigione. 
Il Signore lodò  l'impiegato,
lamentando di non aver trovato, 
stessa arguzia nei figli della luce. 
La ricchezza se
si vuol, conduce
alla dimora eterna
quando è paterna
la cura ai bisognosi
che per la salvezza saranno operosi.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XXV del tempo ordinario (anno C): Luca 16, 1-13

1 Diceva anche ai discepoli: «C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2 Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. 3 L'amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. 4 So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. 5 Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: 6 Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d'olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. 7 Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. 8 Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
9 Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
10 Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto.
11 Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera? 12 E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
13 Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona».

Il denaro quando diventa "idolo", fa da padrone e si oppone come "mammona" a Dio. 
Sul come impiegarlo utilmente, senza restarne schiavi, Gesù dà consigli. Per lui dichiaratamente la ricchezza è sempre disonesta. Il Vangelo, con una parabola, offre opportunità di riscatto. Un ricco proprietario seppe della disonestà del suo amministratore. Lo intendeva licenziare, ma il reo si fece scaltro abbuonando ai debitori del padrone parte di quanto essi gli dovevano. A chi "cento barili d'olio", fece scrivere "cinquanta", e a chi "cento staia di grano", "ottanta". Le cifre sono  considerevoli, talmente che gli abbuonati se ne dovranno ricordare quando egli verrà licenziato. Si dichiarava infatti "inetto a zappare", o "si vergognava a mendicare". La sua speranza era di avere un futuro nelle loro aziende. I soldi provenivano dalla sua provvigione, facendo così un investimento. Per questo il Signore ("Kyrios"), lo elogiò: "I figli delle tenebre sono più lungimiranti di quelli della luce". 
Favorire i poveri, per Gesù, è dunque l'investimento più sicuro per la vita eterna.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 12 settembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Ha mandato il figlio per salvare



Gesù, giunto a foce, 
parlasti della croce
a Nicodemo, 
apparso scemo
da non capire. 
A lui facesti udire
che Mosè l'avea innalzata nel deserto, 
qual dono offerto
a chi dal serpente morso, 
e stesso occorso
sarebbe a chi al Figlio, in Croce alzato, 
avesse fede dato
e, con certezza, 
guadagnato 
avrebbe la salvezza. 
Perché al mondo amato
suo figlio, Dio ha mandato
non già per condannarlo
ma solo per salvarlo. 

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Esaltazione della Croce (domenica XXIV del tempo ordinario, anno C): Giovanni 3, 13-17

13
 Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo. 14 E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, 15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17 Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

Nicodemo davanti a Gesù per interrogarlo. Visitatore notturno e capo fariseo riformista. Lo aveva ammirato nel tempio, mentre cacciava i venditori. Pensò a lui come all'uomo che cercava, o magari al "Messia figlio di David", dal momento che "nessuno avrebbe potuto fare le cose che faceva, se Dio non fosse stato con lui". Venuto dunque per sedurlo, ma Gesù non si lasciò incantare. Il ruolo, che gli prospettava il fariseo, era da "riformatore della Legge di Mosè". Non lo riguardava, perciò Gesù raffreddò gli entusiasmi dell'interlocutore, con la controproposta: "devi rinascere, se vuoi vedere il Regno di Dio". Non era rinascita biologica, ma "in acqua e Spirito Santo". Nicodemo ammutolì e Gesù gli parlò di "cielo". La sua sfera, che né Nicodemo né Mosè avevano considerato. Da quella era disceso e vi sarebbe risalito, non da solo  ma con gli uomini per  la salvezza dei quali da Figlio unigenito, "per amore Dio lo aveva mandato". Ragionò della sua crocifissione, e per spiegarne il valore salvifico, la confrontò con l'innalzamento del "serpente di bronzo"  ad opera di Mosè, a beneficio dei morsicati dalle aspidi nel deserto. Il tema, familiare a Nicodemo, servì a Gesù per parlargli di se stesso che, innalzato sulla croce, avrebbe dato la vita eterna a coloro che, con fede, l'avessero guardato. Era la proposta di Dio: "il Figlio unigenito, mandato per salvare e non per giudicare il mondo".

Fra' Domenico Spatola 


sabato 6 settembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Amore previggente



Amare te, Signore,
è scelta dell'amore
dove l'altro
non da scaltro
va usato, ma amato.
Questa misura hai dato
con la scelta di servire
per non finire
la vita in fallimento.
Tuo sentimento
è come seguirti
e, nel servirti
nei fratelli, 
togliere altrui fardelli.
La previggenza
fa di tua previdenza
ciò che sapienza detta
al cuore
fonte dell'amore.

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della domenica XXIII del tempo ordinario (anno C): Luca 14, 25-33

25 Siccome molta gente andava con lui, egli si voltò e disse: 26 «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27 Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.
28 Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? 29 Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: 30 Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. 31 Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32 Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace. 33 Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Sulla via per Gerusalemme, la  folla numerosa continuava a seguire Gesù, illusa che, da Messia, egli avrebbe ribaltato le sorti del potere e, divenuto re, avrebbe diviso con i seguaci il bottino. Gesù la disilluse, dettando tre condizioni per seguirlo. Il ripudio dei legami di parentela, il rifiuto della società nei loro confronti, come con il condannato nel momento di sollevare la croce e infine la rinuncia dei beni.
Clausole severe,  su cui Gesù invitò a riflettere con due mini-parabole. Un costruttore, prima di innalzare una torre, deve esaminare se ha mezzi sufficienti per completarla, altrimenti si coprirebbe di ridicolo. Stessa logica nel caso del re che affrontasse con diecimila soldati, chi gli viene contro con ventimila. Si premurerebbe a trovare l'accordo, per non lasciarsi annientare. 
In conclusione, per seguire Gesù necessitano dunque consapevolezza e coerenza.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 29 agosto 2025

Fra' Domenico Spatola: Qual tesoro avrai in cielo...




Gesù, due consigli per la cena, 
desti perché niun passi la pena, 
se invitato. 
Vien da te avvisato
di scegliere il posto che niun vuole. 
Sarà il padrone a dirti che si duole
e t'assegnerà il posto superiore,
dove siederai, ma da gran signore. 
Altrimenti, a gogna, 
ultimo sarai con vergogna. 
L'altro consiglio, 
da padre a figlio, 
lo desti all'invitante:
"scegli - dicesti a lui - tra le tante
persone da invitare
chi non potrà mai ricambiare,
e allor ti svelo
qual tesoro avrai in  cielo".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XXII del tempo ordinario (anno C): Luca 14, 1.7-14

 
Luca 14:1
Un sabato era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo.
Luca 14:7-14
7 Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: 8 «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te 9 e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. 10 Invece quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11 Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
12 Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. 13 Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14 e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».


Fu per bon ton, il suggerire di non occupare da subito i primi posti nei banchetti di nozze? Da Gesù non fu semplice lezione di galateo, anche se lo poteva sembrare, ma insegnamento di umiltà nella casa del fariseo. Da osservato speciale, osservava i commensali che si  accaparravano i primi posti. Sarebbero stati meglio serviti. Gesù invece suggerì di scegliere gli ultimi posti. Ci avrebbero guadagnato perché se meritevoli del posto migliore, lo stesso padrone li avrebbe invitati a salire e con onore. Altrimenti quello accaparrato illecitamente si sarebbe dovuto cedere a qualcuno più degno, per mettersi in coda e con disonore. Un secondo insegnamento, Gesù lo riservò al fariseo, padrone di casa. Gli suggerì di non invitare a pranzo chi potrebbe ricambiare, cioè ricchi o parenti, ma scegliere i poveri che, non avendo come ricambiare, avrebbero consentito a Dio di essergli debitore.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 22 agosto 2025

Fra' Domenico Spatola: Altri... seduti in trono


Signore, dicesti che se la via è retta, 
la porta è stretta. 
Quando si chiuderà, 
chi non la vedrà 
resterà fuori, 
perché 
altri amori avrà inseguito, 
contrari al tuo invito. 
Quanti busseranno, racconteranno
d'aver mangiato con te, Signore. 
Ma tu, con rigore, 
dirai di non saper chi sono. 
Vedranno seduti in trono, 
dall'altro ramo
col padre Abramo, 
venuti dai quattro venti, 
ed essi di Israele i figli saràn gli assenti.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo di Luca della XXI domenica del tempo ordinario (anno C): 13, 22-30

 
22 Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme. 23 Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Rispose: 24 «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. 25 Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. 26 Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. 27 Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d'iniquità! 28 Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori. 29 Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30 Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi».

"Porta stretta" era quella del servizio.  Detta anche "porta del morto". Doveva restare nascosta, come invisibile. Alternativa era la "porta larga", attraversata dai potenti e dai signori. Individuare la "porta stretta" nel linguaggio evangelico vuol dire "farsi servi per gli altri". La salvezza e il numero di quanti si salveranno erano argomenti risolti a favore di Israele, il solo - secondo i farisei - destinato a salvezza. Gesù glissò la domanda di chi gli chiedeva se fossero pochi coloro che si sarebbero salvati. Ovviamente il suo orizzonte era esclusivamente a favore di Israele. Gesù offri per tutti il modo  di come conquistare la salvezza. La "porta stretta", portata a simbolo, indicava la scelta fatta in favore  degli ultimi e saranno coloro che sceglieranno di essere servi di tutti. Quando quella "porta" verrà chiusa, sarà inutile bussare. Non aprirà nessuno. Il Signore dichiarerà di non conoscere coloro che si annunceranno di avere mangiato e bevuto con lui, e avere ascoltato i suoi insegnamenti. La sua risposta inesorabile infatti sarà: 
"Non vi conosco, andate via, operatori di iniquità!". Si tratta dunque di gente che aveva partecipato alle sue catechesi, e condiviso la stessa Eucaristia. Cosa non ha funzionato? Quelle saranno declassate a manifestazioni puramente esteriori, perché  senza l'amore che si fa servizio per gli ultimi. Era considerato privilegio di Israele il culto. Ma Gesù lo dichiara inservibile per la salvezza, se disimpegnato dalle opere di carità. Perciò da lui un nuovo criterio sul tema dell'amore cui anche i pagani potranno prendere parte ed essere accolti per sedere a mensa con Abramo.

Fra Domenico Spatola 

sabato 16 agosto 2025

Fra' Domenico Spatola: Venuto a portar fuoco...

 


Gesù, mettesti poco
a volerlo acceso. 
Eri conteso
perché fosse compimento
e non  fraintendimento. 
La tua non era pace sulla terra, 
portavi infatti guerra
e divisione tra familiari, 
e tra i parenti cari.
Era Spirito d'ardore
il tuo che accende il cuore 
e dona eterna 
vita paterna

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XX domenica del tempo ordinario (anno C): Luca 12, 49-53

49 Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! 50 C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!51 Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. 52 D'ora innanzi in una casa di cinque persone 53 si divideranno tre contro due e due contro tre;
padre contro figlio e figlio contro padre,
madre contro figlia e figlia contro madre,
suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Il mitico Prometeo aveva provato a portare il fuoco agli uomini che egli amava. L'aveva rubato agli dèi, attirandosi l'odio degli stessi che lo inchiodarono in perpetuo sulla roccia. Quel fuoco era necessario perché iniziasse la civiltà sulla Terra. Il poeta Eschilo nel V secolo a.C. ne fece un dramma con la omonima tragedia. Era immane epopea.
La leggenda ci sembra anticipare quanto Gesù rivendicherà: "Sono venuto a gettare fuoco sulla Terra". E, a commento, vi aggiunge "il desiderio che venga acceso". Non da Messia piromane, come predicato dal Battista ("fuoco che brucia la pula"), o invocato dai "Boanerghes", i figli di Zebedeo, sulle città samaritane perché nemiche di Israele. Fuoco di Gesù è lo Spirito Santo. Il suo Dono dalla Croce e, a Pentecoste, manifestato per sostituire la Legge di Mosè. Gesù apriva i discepoli al nuovo sentimento verso Dio: non più giudice e custode implacabile della Legge, ma Padre. Perciò non da servi ma da figli, iniziati alla imitazione ("Siate misericordiosi, come il Padre che è nei cieli"). Era il suo insegnamento che dissolveva il Vecchio, e lo obbligava ad accogliere il Nuovo. Il confronto sarà perciò tra "padri e figli". Sfavorevole ai primi invitati perché condizionati alla novità del Vangelo, il cui garante è lo Spirito Santo, il fuoco che Gesù era venuto a portare sulla terra.

Fra' Domenico Spatola 

mercoledì 13 agosto 2025

Fra' Domenico Spatola: Assunta in cielo

 

Non sali in cielo a mani vuote,
ma in dote
porti al Padre i cuori dei tuoi figli,
qual rose e gigli,
a corona di tua bellezza.
Dài, a dolcezza, 
ciò che ti chiediamo. 
Ci angoscia la guerra
sulla Terra, 
e l'odio tra i fratelli.
Togli le armi e i coltelli, 
e sarà pace, 
e se verace, 
renderà sovrana, 
la preghiera che non resterà vana.

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Assunzione della Beata Vergine Maria: Luca 1, 39-56

39
 In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. 40 Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo 42 ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43 A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? 44 Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. 45 E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».
46 Allora Maria disse:
«L'anima mia magnifica il Signore
47 e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
48 perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
49 Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome:
50 di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.
51 Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
52 ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
53 ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.
54 Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
55 come aveva promesso ai nostri padri,
ad Abramo e alla sua discendenza,
per sempre».
56 Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.

Maria, annunziata dall'Angelo, con il "Sì" divenne madre del Figlio di Dio. Restando Vergine. Prodigio, altrettanto non impossibile a Dio, di quello accaduto a Elisabetta, che divenne madre del Battista, pur attempata e sterile. Da sei mesi portava in grembo Giovanni.  Maria, per la via più breve, dalla Galilea raggiunse la Giudea. Il saluto fu esclusivo fra le madri. Trasmetteva lo Spirito Santo e Giovanni ne fu pieno e, in grembo, danzò. Stesso entusiasmo con cui mille anni prima, Davide aveva salutato l'Arca santa, il tabernacolo di Iahvè. "Beata, perché hai creduto!", la riconobbe la  parente Elisabetta e, a risposta, la Vergine intonò il suo Cantico. "Magnifica l'anima mia il Signore!". Esaltò in sette verbi le potenti  opere dell'Altissimo. Le dichiarò "grandi" e tutte a favore degli ultimi, quegli "anahwim" prostrati dalla Legge e quelli umiliati dalla Storia. "Depose i potenti dai troni, e ha esaltato gli umili".
Fu la sua sentenza, cantata in speranza valida anche per la nostra inquieta età.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 8 agosto 2025

Fra' Domenico Spatola: Quando verrà...



"Quale fu il paterno  segno?
Aver dato a voi il Regno".
Dicevi, Gesù, ai seguaci
che volevi più capaci
di dar gioia
a quanti affetti dalla noia, 
ponevano il lor cuore
dove il tesoro muore
e si consuma. 
"Ognun di voi assuma
vesti strette ai fianchi, 
-dicevi- né siate stanchi
quando il padrone arriva. 
Beati i servi che viva
manterràn l'attesa. 
Con voi farà contesa
e si metterà a servire, 
se non vi troverà a dormire". 
A definire il quadro, 
il Figlio sarà qual ladro
a chi non l'ha aspettato
né suo servizio ha espletato.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XIX del tempo ordinario (anno C): Luca 12, 32-48

32
 Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno.
33 Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma. 34 Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
35 Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; 36 siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. 37 Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38 E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro! 39 Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40 Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate».
41 Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 42 Il Signore rispose: «Qual è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? 43 Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. 44 In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45 Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46 il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli. 47 Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48 quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

Quale la nuova realtà del Regno? Chiunque si prenderà cura dei fratelli, permetterà a Dio di essergli Padre. Gesù toglie così l'ansia ai suoi, che seppure appare come "piccolo gregge", si arricchisce della grandezza del Regno di Dio. Per parteciparvi, Gesù propone tre imperativi: "vendete ciò che possedete", "date in elemosina" e "fatevi borse che non invecchiano". Il discepolo sa che "dare" non significa "perdere", ma "porre fiducia nel Padre". Il tesoro è dov'è il cuore e questo, per il semita, era sede dei pensieri e della sua vita. Le "vesti strette ai fianchi" sono  dell'operatore quando è in servizio, e tale atteggiamento deve contraddistinguere la Comunità di Gesù. La "lampada accesa" è nel santuario a rappresentare la presenza di Dio. Gesù lo sposo della sua Comunità al suo arrivo, a qualunque ora della notte, bussa e chiede che gli si apra. "Beati" quanti troverà svegli, e in atteggiamento di servizio. Come una parafrasi è simboleggiata l'Eucaristia, non culto, ma ristoro d'amore. Gesù è infatti colui che passa a servire. "All'improvviso" dice disponibilità ad ogni urgenza e necessità. Prepotenti e arroganti non  potranno prender parte al Regno.

Fra' Domenico Spatola 


venerdì 1 agosto 2025

Fra' Domenico Spatola: La cupidigia non dà felicità



Gesù, diffidasti i tuoi dall'avidità,                   
perché non dà felicità.
Dall'abbondanza
né da ciò che sopravanza, 
la vita non dipende da ciò che si possiede, 
ma dai valori in cui si crede. 
Per un ricco fu cuccagna
il raccolto di sua campagna, 
e pensò di costruire 
magazzini che volea riempire.                                  
Disse tra sé parole di allegria: 
"Anima mia, riposa, mangia, bevi e così sia!".
Ma la notte richiesta gli fu la vita:
"Dove sarà finita
la ricchezza
accumulata?" 
La parabola insegnata
avea lo scopo
di cercar
ricchezza in Dio, 
per non finire nell'oblio.

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XVIII del tempo ordinario (anno C): Luca 12, 13-21

 

13 Uno della folla gli disse: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità». 14 Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15 E disse loro: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni». 16 Disse poi una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. 17 Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? 18 E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19 Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. 20 Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? 21 Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio».

Gesù aveva dissuaso i discepoli dalla cupidigia. La ricchezza non dà felicità, perché è effimera. Un tale provò a coinvolgerlo in una spartizione di eredità tra fratelli, ma Gesù prese le distanze e raccontò la parabola del ricco che aveva visto aumentare i suoi raccolti. Certamente non pensò di condividerli con i poveri, cosa che per lui sarebbe stato il miglior investimento. Invece progettò nuovi e più grandi magazzini che gli avrebbero garantito la vecchiaia. "Anima mia, mangia, bevi, dormi e vivi per molti anni!", così, gongolante, recitava a se stesso. Ma Dio gli scombussolò i piani: "Questa sera ti sarà richiesta la vita, e i tuoi beni a chi apparterranno?". L'ineluttabilità della morte per Gesù, secondo Luca, può essere "extrema ratio", da motivare l'urgenza della conversione.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 25 luglio 2025

Fra' Domenico Spatola: Quando pregate, dite "Abbà" ...



Volesti assecondare
la voglia di pregare 
Gesù, ai tuoi seguaci. 
Li facesti audaci
del dono
di preghiera col  perdono. 
Il Padre invocavi, 
e a loro insegnavi
che non è solo paterno, 
ma ancor materno
è il suo amore per i figli,
cui generosi dà consigli:
"Amare anche i nemici, 
da renderli amici". 

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XVII del tempo ordinario (anno C): Luca 11, 1-13

1 Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2 Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre, sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
3 dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
4 e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,
e non ci indurre in tentazione».
5 Poi aggiunse: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, 6 perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; 7 e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; 8 vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza.
9 Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10 Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. 11 Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? 12 O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13 Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!».

Il "Padre nostro", in  versione lucana, è diverso da quello di Matteo e della Didaké.  Originale, perché in forma più breve. Accomuna tuttavia le tre redazioni, l'invocazione a Dio come "Padre", in nuovo rapporto di intimità e confidenza, prima sconosciute. "Abbà" corrisponde infatti al nostro "papà". Il mondo lo riconosca e lo santifichi così e accolga il suo Regno d'amore e di servizio tra fratelli, in alternativa a quello del potere e del possesso. È richiesto al Padre di anticipare il Pane "sovrasostanziale". Speciale dunque, perché è l'Eucaristia che, nel quotidiano, dà la vita del futuro. Il perdòno e la remissione dei debiti sono accordati, quando si perdonano e si condonano i fratelli. È lo Spirito Santo da chiedere per condividere, con il Padre e con il Figlio, la stessa vita divina.

Fra' Domenico Spatola