venerdì 24 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il fariseo e il pubblicano




Il fariseo, che si credeva giusto, 
provava gusto
a elogiarsi, 
fino a farsi, 
nel tempio, 
esempio
contro il pubblicano
che, con sua mano, 
si battea il petto. 
Più retto, 
agli occhi del Signore, 
fu il suo cuore
che, con dolore, 
mostrava pentimento, 
mentre di sentimento
d'arroganza reo
era il superbo fariseo.
Dio al suo grugno
mostrò il pugno,
mentre, al pentito pubblicano, 
porse la mano.

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XXX del tempo ordinario: (anno C): Luca 18, 9-14

9
 Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: 10 «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12 Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. 13 Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. 14 Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».

Due uomini, con la cui tipologia Gesù ebbe a che fare in tutta la vita: il fariseo e il pubblicano. Antitetici. Il primo ostentava devozione a Mosè e alla sua Legge. Stava nel tempio, ritto dinanzi all'altare, elencando i numerosi meriti per cui Dio gli era debitore. 
Mentre il pubblicano non aveva di che vantarsi, perché additato dalla collettività di Israele come ladro e collaborazionista dell'odiato invasore romano. In fondo al tempio, egli se ne stava in ginocchio senza alzare lo sguardo e, battendosi il petto, chiedeva pietà. Il fariseo, pregando, si confrontava con lui ritenendolo "ingiusto e peccatore". Il  pubblicano invece non riconoscendosi alcun merito, si affidava alla bontà di Dio, e chiedeva compassione. A differenza del pio però poté tornare a casa "giustificato" , essendosi fidato di Dio, mentre il fariseo andò via dal tempio colpevolizzato, per averlo sfidato.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 17 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Dio previene il domandare





Quel giudice scorretto, 
Gesù, non fu da te prescelto
a modello di tuo Padre. 
Egli, a vedovella madre
che a lui chiedea giustizia, 
rispondea nequizia
e, sol per insistenza, 
mostrò accondiscendenza. 
Ma il Padre non fa
aspettare
e previene al domandare, 
perché son amore e fedeltà
la cifra di sua paternità.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XIX del tempo ordinario (Anno C): "Luca 18, 1-8"


La vedova e il giudice
1 Propose loro una parabola per mostrare che dovevano pregare sempre e non stancarsi: 2 «In una certa città vi era un giudice, che non temeva Dio e non aveva rispetto per nessuno; 3 e in quella città vi era una vedova, la quale andava da lui e diceva: "Rendimi giustizia sul mio avversario". 4 Egli per qualche tempo non volle farlo; ma poi disse fra sé: "Benché io non tema Dio e non abbia rispetto per nessuno, 5 pure, poiché questa vedova continua a importunarmi, le renderò giustizia, perché, venendo a insistere, non finisca per rompermi la testa"». 6 Il Signore disse: «Ascoltate quel che dice il giudice ingiusto. 7 Dio non renderà dunque giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Tarderà nei loro confronti? 8 Io vi dico che renderà giustizia con prontezza. Ma quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà la fede sulla terra?»

L'insegnamento di Gesù verteva sulla fede. Fiducia nel Padre chiedeva ai discepoli, perché egli potesse realizzare il suo Regno. Sapevano i discepoli che il Padre previene i bisogni dei figli (cf. Lc cap.12). Non dunque insistenti dovevano essere le loro richieste. Solo il Regno era la "società alternativa". Il dio sordo dei pagani, non era il Padre di Gesù, che   realizzava le richieste anche se, all'apparenza, sembravano inascoltate. I discepoli erano sfiduciati nella giustizia, per la cui realizzazione la preghiera poteva diventare il mezzo per attuarla. Gesù chiedeva perciò ai discepoli di collaborare con i poveri e i diseredati. Esempio fu la  vedova umiliata dal giudice iniquo. 
Promuovere i valori del Regno,  che qualificano la società alternativa, con la disponibilità all'umiltà e al servizio. Ciò comportava rottura con i falsi valori della società. Per la severità del problema, Gesù si interrogava, non senza amarezza, se al suo ritorno avrebbe trovato fede sulla Terra.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 10 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il Samaritano grato




Dieci i lebbrosi, 
ma nove furon morosi
a ringraziare. 
Sol uno tornò a gratificare. 
Era straniero, 
dai vincoli leggero, 
poteva perciò  amare
senza una Legge da osservare. 
Ma, tu Gesù, con amarezza, 
notasti la stranezza:
che, dei dieci risanati, 
nove furono gli ingrati. 
Solo il Samaritano, 
non lontano
dal tuo Regno, 
dell'amore tuo comprese il segno.

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della domenica XXVIII del tempo ordinario (anno C): Luca 17, 11-19

11
 Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. 12 Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, 13 alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». 14 Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati. 15 Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; 16 e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17 Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? 18 Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse: 19 «Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato!».

Dieci lebbrosi all'interno di un villaggio? La Legge di Mosè, lo vietava, collocandoli severamente fuori. Ma il "villaggio", nei Vangeli, non era un agglomerato di convivenze, ma, simbolicamente, il luogo dove la tradizione attecchiva senza facile possibilità di sradicamento.  Era significata la resistenza alla novità di Cristo. I dieci erano lebbrosi perché stavano dentro il villaggio, infatti, soltanto quando ne usciranno si sperimenteranno guariti. Gesù, cui avevano chiesto compassione, li inviò dai sacerdoti del tempio, 
perché, per essere riammessi nella società, andava verificata la guarigione. Nove di loro, ebrei  osservanti, continuarono il cammino, mentre solo uno, da Samaritano e senza obblighi della legge che non supponeva sentimenti di gratitudine, tornò a ringraziare Gesù. Egli notò come gli altri nove, seppur guariti dalla lebbra, non fossero riusciti ad affrancarsi dal legalismo. Per cui, anche se venivano reintegrati nella comunità di Israele, continuarono ad usare la Legge come uno scudo, per difendersi  dall'amore gratuito che Dio manifestava in Gesù.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 3 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Li volesti amici, non servi




Gesù, della fede
al seguace che crede, 
proponesti 
della senape il granello 
a modello
in piccola quantità. 
"Fatti più in là, 
e piàntati in mare
al gelso potrai comandare!"
Ed esso ossequiente
e intransigente
ubbidirà.
Servirà, 
come chi torna dal campo
e non ha scampo, 
e dovrà in casa servire, 
perché "obbedire" 
è dei farisei
la norma. 
Ma questa non forma, 
come invece il tuo amore, 
che al cuore
non si impone, 
ma si propone 
a seguaci
amici veraci.

Di Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della XXVII domenica del tempo ordinario (anno C): Luca 17,5-10

5
 Gli apostoli dissero al Signore: 6 «Aumenta la nostra fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe.
7 Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola? 8 Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu? 9 Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10 Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare».

La fede non è qualcosa che si possa accrescere, come erroneamente chiedevano i discepoli a Gesù, perché essa è la risposta libera e personale alla proposta di Dio. Perciò Gesù poté loro dire che anche una minima quantità, quanto il granello di senape, sarebbe bastata per imporre al gelso, le cui radici sono profonde, di sradicarsi e trapiantarsi in mare. Il gelso rappresentava il forte radicamento  dei discepoli nella Legge di Mosè e nella tradizione giudaica, senza riuscire a venirne fuori. Prevaleva in loro "il lievito dei farisei", ossia la meritocrazia. La parabola del "servo che, tornando dalla campagna o dal pascolo, doveva ancora lavorare per il padrone", non era nel pensiero di Gesù. Altrove infatti aveva già detto "beato quel servo trovato vigilante dal padrone quando torna dalle nozze. Lo avrebbe fatto accomodare per servirlo egli stesso". Qui Gesù contesta i farisei, che si consideravano "servi della Legge". Gesù ricordava loro che da servi non potrebbero aspettarsi più nulla e dovere dire quando hanno fatto il loro servizio: "Siamo servi inutili, avendo solo fatto ciò che dovevamo". Gesù invece non chiamava i discepoli "servi" ma  "amici", per aver fatto loro "conoscere i segreti del Padre".

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 26 settembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il ricco disattento

 
Il ricco non vede l'orme
del povero che dorme, 
davanti alla sua porta
perché ha vista  corta. 
Neppur briciole di pane
ma solo un cane
lecca sue ferite
di piaghe ormai avite.
Morì Lazzaro e d'Abramo in seno
trovò il riposo pieno, 
mentre nell'orto
fu sepolto il ricco morto.
Dal fondo dei tormenti
l'epulone i suoi lamenti
fece giungere ad Abramo:
"Acqua io bramo
gli disse - e Lazzaro disseti
senza che alcun gli vieti
di portarmi in bocca
l'acqua dalla brocca". 
Abramo a lui rispose:
"Tu molte cose
avesti in vita, 
vedi come ti è finita? 
Lazzaro è consolato
e tu resti sempre l'assetato. 
Non nutrire perciò speranza
per l'impossibile distanza, 
tra i felici che siam noi
e gli infelici che siete voi". 
"Mandalo dai miei fratelli
perché non finiscano tra i fornelli". 
"Han Mosè e i profeti
osservino le leggi e i divieti". 
"No" rispose il ricco desolato, 
"Ma se gli appare Lazzaro risuscitato, 
senza più danno 
essi crederanno" 
"Se non credono a Mosè e ai profeti
neanche se risorti farànno lieti!".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXVI domenica del tempo ordinario (Anno C): Luca 16, 19-31

19 C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. 20 Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, 21 bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. 22 Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23 Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. 24 Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. 25 Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. 26 Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. 27 E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, 28 perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento. 29 Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. 30 E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. 31 Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi».

"Non si possono servire due padroni: o Dio o il denaro!". Aveva detto Gesù. Sulla radicale polarizzazione  della scelta, i farisei lo deridevano. Il denaro era infatti il loro dio. La parabola del "ricco che non si accorse del povero" servì a Gesù per raccontare il dopo morte. Il ricco egoista non si accorse mai di Lazzaro, il povero coperto di piaghe, che giaceva alla sua porta. Da epulone aveva mangiato e bevuto indossando le migliori marche di vestiti, mentre Lazzaro aspirava invano alle briciole di pane che potessero cadere dalla sua mensa, ma nessuno gliene dava. Solo i cani, gli davano sollievo leccandogli le ferite. Morì Lazzaro e salì in cielo, accolto da Abramo. Anche il ricco morì e fu sepolto. Dal fondo dello "sheòl" (la caverna sotto terra, abitata dai morti) vide Lazzaro che era felice con Abramo. A questi chiese di mandarlo da lui con il dito, intinto nell'acqua, per rinfrescargli la lingua, arsa di sete. Il patriarca gli ricordò che i due mondi erano incomunicabili, ed era ormai tempo di alternanza: Lazzaro in vita aveva avuto i suoi mali e ora, da morto, era felice, mentre il ricco, disattento ai bisogni del povero, pativa per quanto aveva meritato.  Rassegnato, tornò a supplicarlo di inviarlo almeno ai suoi cinque fratelli per convincerli a cambiare vita, e non rischiare la stessa sua condanna. "Hanno le Scritture!", gli rispose Abramo. Ma quello insistette perché lo mandasse lo stesso ad ammonirli. 
"Se non si convertono per le Scritture, neppure  se risuscitano i morti". Fu sentenza di Abramo, definitiva e senz'appello.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 19 settembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Migliore investimento



L'amministratore fu arguto, 
quando seppe che risaputo
era il suo imbroglio. 
Per superar lo scoglio
se licenziato
senza un futuro assicurato, 
fece ai debitori del padrone
ampi sconti sulla provvigione. 
Il Signore lodò  l'impiegato,
lamentando di non aver trovato, 
stessa arguzia nei figli della luce. 
La ricchezza se
si vuol, conduce
alla dimora eterna
quando è paterna
la cura ai bisognosi
che per la salvezza saranno operosi.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XXV del tempo ordinario (anno C): Luca 16, 1-13

1 Diceva anche ai discepoli: «C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2 Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. 3 L'amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. 4 So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. 5 Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: 6 Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d'olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. 7 Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. 8 Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
9 Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
10 Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto.
11 Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera? 12 E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
13 Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona».

Il denaro quando diventa "idolo", fa da padrone e si oppone come "mammona" a Dio. 
Sul come impiegarlo utilmente, senza restarne schiavi, Gesù dà consigli. Per lui dichiaratamente la ricchezza è sempre disonesta. Il Vangelo, con una parabola, offre opportunità di riscatto. Un ricco proprietario seppe della disonestà del suo amministratore. Lo intendeva licenziare, ma il reo si fece scaltro abbuonando ai debitori del padrone parte di quanto essi gli dovevano. A chi "cento barili d'olio", fece scrivere "cinquanta", e a chi "cento staia di grano", "ottanta". Le cifre sono  considerevoli, talmente che gli abbuonati se ne dovranno ricordare quando egli verrà licenziato. Si dichiarava infatti "inetto a zappare", o "si vergognava a mendicare". La sua speranza era di avere un futuro nelle loro aziende. I soldi provenivano dalla sua provvigione, facendo così un investimento. Per questo il Signore ("Kyrios"), lo elogiò: "I figli delle tenebre sono più lungimiranti di quelli della luce". 
Favorire i poveri, per Gesù, è dunque l'investimento più sicuro per la vita eterna.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 12 settembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Ha mandato il figlio per salvare



Gesù, giunto a foce, 
parlasti della croce
a Nicodemo, 
apparso scemo
da non capire. 
A lui facesti udire
che Mosè l'avea innalzata nel deserto, 
qual dono offerto
a chi dal serpente morso, 
e stesso occorso
sarebbe a chi al Figlio, in Croce alzato, 
avesse fede dato
e, con certezza, 
guadagnato 
avrebbe la salvezza. 
Perché al mondo amato
suo figlio, Dio ha mandato
non già per condannarlo
ma solo per salvarlo. 

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Esaltazione della Croce (domenica XXIV del tempo ordinario, anno C): Giovanni 3, 13-17

13
 Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo. 14 E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, 15 perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17 Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

Nicodemo davanti a Gesù per interrogarlo. Visitatore notturno e capo fariseo riformista. Lo aveva ammirato nel tempio, mentre cacciava i venditori. Pensò a lui come all'uomo che cercava, o magari al "Messia figlio di David", dal momento che "nessuno avrebbe potuto fare le cose che faceva, se Dio non fosse stato con lui". Venuto dunque per sedurlo, ma Gesù non si lasciò incantare. Il ruolo, che gli prospettava il fariseo, era da "riformatore della Legge di Mosè". Non lo riguardava, perciò Gesù raffreddò gli entusiasmi dell'interlocutore, con la controproposta: "devi rinascere, se vuoi vedere il Regno di Dio". Non era rinascita biologica, ma "in acqua e Spirito Santo". Nicodemo ammutolì e Gesù gli parlò di "cielo". La sua sfera, che né Nicodemo né Mosè avevano considerato. Da quella era disceso e vi sarebbe risalito, non da solo  ma con gli uomini per  la salvezza dei quali da Figlio unigenito, "per amore Dio lo aveva mandato". Ragionò della sua crocifissione, e per spiegarne il valore salvifico, la confrontò con l'innalzamento del "serpente di bronzo"  ad opera di Mosè, a beneficio dei morsicati dalle aspidi nel deserto. Il tema, familiare a Nicodemo, servì a Gesù per parlargli di se stesso che, innalzato sulla croce, avrebbe dato la vita eterna a coloro che, con fede, l'avessero guardato. Era la proposta di Dio: "il Figlio unigenito, mandato per salvare e non per giudicare il mondo".

Fra' Domenico Spatola 


sabato 6 settembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Amore previggente



Amare te, Signore,
è scelta dell'amore
dove l'altro
non da scaltro
va usato, ma amato.
Questa misura hai dato
con la scelta di servire
per non finire
la vita in fallimento.
Tuo sentimento
è come seguirti
e, nel servirti
nei fratelli, 
togliere altrui fardelli.
La previggenza
fa di tua previdenza
ciò che sapienza detta
al cuore
fonte dell'amore.

Di Domenico Spatola