venerdì 29 settembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Perse il gusto...

Signore, accolse il tuo invito
colui che poi, pentito, 
andò in vigna,
mentre con tigna, 
chi di parola favorevole 
fece solo un convenevole, 
perché non andò. 
La tua Parola riprovò
scribi e farisei
che giudicavano rei
prostitute e pubblicani 
e li tenean lontani
dal tuo Regno,
eppure questi davan segno
di conversione.                         
Allora redenzione 
Signore, non vedesti 
in chi si ritenea giusto, 
avendo di Dio già perso il gusto.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della XXVI domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 21, 28-32

 
28 «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va' oggi a lavorare nella vigna. 29 Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. 30 Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. 31 Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Dicono: «L'ultimo». E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32 È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli.

Sfidò i capi religiosi d'Israele, tentati di anteporre l'interesse alla verità. Li allarmò dell'urgenza  di conversione, provando a schiodarli da false sicumere di privilegi, che li esentavano dall'impegno della giustizia e della verità. L'appartenenza dinastica ad Abramo per dichiararsi "popolo eletto" ed ereditarne i benefici, non era sufficiente senza le opere. Il posto con Abramo perciò non era scontato, lo rischiavano a favore di coloro che essi disprezzavano ma si erano convertiti prima con Giovanni Battista e ora con lui: i pubblicani e i peccatori. Perciò "la parabola dei due figli" che diversificano risposte e comportamenti per la chiamata alla vigna, è denuncia che stigmatizza la doppia condizione. Israele aveva detto "Sì" a parole, ma non si era convertito. I peccatori e i pubblicani, da pentiti, avevano tradotto il "No", iniziale nella totale disponibilità a eseguire l'invito. "Non dunque chi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre!".

Fra' Domenico Spatola

venerdì 22 settembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Avere te...


Signore, cercavi me tra operai, 
all'alba rifiutai. 
Alle nove tornasti a me, 
chiedendomi il perché
della pigrizia. 
Ti dissi che quel lavoro non mi sfizia. 
Ma tornasti ancora
un'altra volta, 
sperando che facessi quella svolta. 
All'ora tarda tuttavia mi arresi:
venni e compresi
chi per te io sono
quando, a compenso, ti facesti dono. 
Non avevi cose da dare a me: 
la mia paga, compresi, è avere te.

Fra Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXV domenica del tempo ordinario (anno A) : Matteo 20, 1-16

 
1 «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2 Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. 3 Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati 4 e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono. 5 Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto. 6 Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? 7 Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.
8 Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi. 9 Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10 Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero un denaro per ciascuno. 11 Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo: 12 Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. 13 Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? 14 Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te. 15 Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? 16 Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi».

La parabola estremizza i due concetti: quello della giustizia umana e l'altro della misericordia divina. Ai farisei, che vantavano meriti da pretendere di obbligare Dio a premiarli, Gesù parla della sua benevolenza unilaterale, a prescindere dai meriti di ciascuno. Gli operai reclutati in tutte le ore del giorno, dall'alba al tramonto, per lavorare nella vigna del Signore, sono gli attori del dramma, combattuto su fronti opposti da Gesù e dai suoi avversari. La meritocrazia ossessionava i farisei, e, a fine giornata, apparirà ingiusta a coloro che li rappresentano da operai della prima ora. I loro parametri di giudizio erano nella Legge con la quale costringevano Dio ad essere giusto e loro debitore. Il Signore li confonde, a fine giornata, con la sua sorpresa. Dagli "operai della prima ora", con cui aveva concordato la paga sindacale di un denaro, non si lascia intimidire. Essi gli contestavano di ricevere quanto quelli che avevano lavorato molto meno, per cui lo ritenevano ingiusto. Scribi e farisei erano da sempre ossessionati dalla Legge, nella quale pretendevano di ingabbiare Dio con l'esserne l'inflessibile esecutore. Ma il Signore, con la parabola, dichiarò di volersi affrancare da tale ideologia, rivendicando la libertà di esercitare il suo amore con il perdono.

Fra' Domenico Spatola


venerdì 15 settembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Sicuro del tuo perdono...


Signore, sicuro del tuo dono, 
chiedo perdono, 
Ma non sicuro
sarai del cuore oscuro, 
che in me non riesco  illuminare. 
Chiedi a me di perdonare, 
le altrui offese
e le futili contese, 
e ai fratelli 
sollevar fardelli, 
come il Padre fa con noi. 
Sicuro che, prima o poi, 
anch'io mi arrenda
e nel tuo perdono metto tenda.

Fra' Domenico Spatola
(Dipinto di Vignon 1629)

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXIV domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 18, 21-35

 
21 Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». 22 E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
23 A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. 24 Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. 25 Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. 26 Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. 27 Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28 Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! 29 Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. 30 Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
31 Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32 Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. 33 Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? 34 E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. 35 Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».

Nel diciottesimo capitolo, Matteo impernia il Vangelo sul perdono. Necessario per ricomporre i dissidi tra i membri della Comunità. Dopo il triplice confronto con il fratello che sbaglia, ma senza riuscire a convincerlo, bisogna amarlo unilateralmente , come faceva Gesù con i pubblicani e i peccatori. Pietro non fu d'accordo. Esibì il tariffario degli scribi, per chiedere a Gesù regole certe e limiti al perdono. "Sette volte?" fu la sua proposta. Convinto di avere esagerato, avendo raddoppiato la cifra dei rabbini, i quali non andavano oltre "tre volte". Ma Gesù preferì il proprio tariffario: perdonare "settanta volte sette". 
La formula era nota agli antichi, come odio senza misura di Lamek, il discendente di Caino, che pretendeva per la sua morte eterna vendetta. Con la parabola, Gesù distingue tra giustizia e compassione. Il re (Dio) condona al funzionario  ("servo") lo spaventoso debito di diecimila talenti, pari a trenta tonnellate d'oro. Mentre la giustizia dell'epoca gli avrebbe consentito di farlo schiavo fino ad estinzione del debito. Ma ci sarebbero voluti 164 mila anni. Prevalse in lui la compassione e gli condonò tutto. Altrettanto tuttavia non farà il servo "graziato" con il compagno che gli doveva cento denari, pari a tre mesi di stipendio. Si avvalse dei diritti che gli consentiva la Legge e lo fece carcerare senza pietà. "Servo maligno" lo apostrofò il re, perché non era stato capace di dare una minima parte di quanto aveva ricevuto. Il "liberaci dal maligno", nella preghiera del Signore, vuole liberarci da chi non conosce il perdono, perché quello di Dio si visibilizza solo nel perdono fraterno.

Fra' Domenico Spatola 
(Nella foto: dipinto di Rembrandt)

sabato 9 settembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Il Perdono

Volevi, tu Signore,
che medicina al cuore
sia il perdono 
e ai tuoi in lotta,
indicasti rotta
con indizi
all'amor propizi.
"Chi commette colpa
il fratello lo discolpa, 
ammonendolo in privato.
Se non l'ha guadagnato
perchè non ascolta, 
querela venga assolta
da una o due perone
per scelte ancor più buone.
Se non ascolterà costoro, 
non sarà disdoro
dirlo alla Comunità
che garante si farà.
Come pagàno l'amerai
o da pubblicano lo tratterai. 
Ciò che in terra da voi legato
dal Cielo sarà imitato. 
Diffidenza levate con l'accordo
e il Padre, non sordo, 
vi concederà
ciò che ognun vorrà. 
Se riuniti nel nome mio, 
in mezzo a voi sarò anch'io". 

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della XXIII domenica del tempo ordinario: Matteo 18, 15-20

 
15 Se poi tuo fratello ha peccato contro di te, va' e riprendilo fra te e lui solo. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello, 16 ma, se non ti ascolta, prendi con te una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni. 17 Se rifiuta di ascoltarli, dillo alla chiesa e, se rifiuta di ascoltare anche la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18 Io vi dico in verità che tutte le cose che avrete legate sulla terra, saranno legate nel cielo e tutte le cose che avrete sciolte sulla terra, saranno sciolte nel cielo. 19 E anche in verità vi dico: Se due di voi sulla terra si accordano a domandare una cosa qualsiasi, quella sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. 20 Poiché dovunque due o tre sono riuniti nel nome mio, io sono lì in mezzo a loro”.

Gesù assicura la sua presenza se i discepoli restano uniti nel suo nome. Da qui il perdono incondizionato al fratello per qualunque colpa. E' l'offeso chiamato a ricomporre il dissidio. In silenzio. Ma, se non ascoltato, può invocare la testimonianza di due o tre persone, per convincerlo alla pacificazione. In ultima istanza venga coinvolta la Comunità, a integrare con autorevolezza il dissociato. Era cassazione, che, se non accolta come mediazione, la Comunità era chiamata a trattare il reo come pubblicano o peccatore, ossia con la stesse benevolenza unilaterale, come li amava Gesù, cioè senza attendere il contraccambio. Poichè compito della Chiesa è "legare e sciogliere" sulla Terra, come lo sarà in cielo. Tale affido, già consegnato a Pietro, in termini di perdono renderà operativo quello già accordato dal Padre.

Fra' Domenico Spatola

sabato 2 settembre 2023

Fra Domenico Spatola: "Dovrà soffrire... ma risorgerà".

Parlavi dei dolori
che i tuoi assalitori
ti avrebbero approntato, 
quando, contrariato, 
Pietro avverso a te si volse, 
perché colse
del discorso solo morte, 
senz'altra sorte
di risurrezione.    
Volendo correzione, 
t'intimò di non parlare, 
perché non tocca fare
al Messia sì brutta fine, 
poiché non ha mortal confine
chi vive di gloria.
Per tale boria
comandasti a Pietro
di porsi indietro
e, a lui maldestro, 
gli dichiarasti essere il Maestro.
Poi anticipavi a tutti
gli umani lutti
e, a chi ti segue, 
lotte senza tregue, 
ma a chi solleva croce
desti voce
che a lui accadrà
che con te risorgerà.

Fra Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXII domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 16,21-27

21
 Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. 22 Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai». 23 Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
24 Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25 Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26 Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima? 27 Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

Dopo i fatti di Cesarea di Filippo, Gesù ritenne giunto il momento di chiarire a tutti il suo prossimo destino. A Gerusalemme, il sinedrio con i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi, lo avrebbe fatto arrestare e  uccidere. Morte non definitiva però sarebbe stata la sua, perché, al terzo giorno, sarebbe risorto. Quel discorso dispiacque a Pietro, perché vanificava i suoi sogni di potere da condividere con il "Cristo, figlio di Davide". Si ribellò con  qualcosa di imperdonabile per un discepolo. Trasse Gesù in disparte e provò a esorcizzarlo: "Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai!". Ma severo  Gesù, lo definì "satana" (avversario), perché pensava come quegli uomini che lo avrebbero ucciso e non secondo Dio. Da "prima pietra", lo squalificava a "pietra di scandalo", indicandogli di andare al posto che gli spettava, da discepolo, dietro a lui. Poi invitò chi voleva salvare la pelle, a ritirarsi perché egli non prometteva trionfi e incitava a "rinnegare se stessi e sollevare la croce". Spiegava tuttavia che quella scelta non avrebbe procurato vita vera, perché questa non si conquista possedendo il mondo, ma sacrificandosi come farà lui dalla croce. A dar coraggio a quanti saranno disposti a seguirlo, disse che a loro si sarebbe manifestato dalla Croce, e nella condizione divina, come indicava il profeta Daniele nella figura del "Figlio dell'uomo", che Gesù aveva adottata per sé.