martedì 31 ottobre 2023

Fra' Domenico Spatola: 2 novembre


Si è mesti nel vagare
tra le tombe a ricordare
dei tanti cimiteri, 
dove i morti sono veri.
Mentre in vita si fatica
a immaginare che si dica:
"Ei fu
e non è più!". 
La lezione che qui s'apprende
mette ansia e si comprende
che la vita dura poco
e s'arriva in questo loco
senza mai pensare a quando:
quella data sarà a comando. 
Di chi credi sia il pensiero? 
Fammi uscir dal cimitero. 

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Tutti i Santi

Son Beati
e invocati
a guarire gli ammalati
e a proteggere in Terra 
i poveri della guerra. 
Oggi van tutti ricordati, 
quelli noti che gli scordati. 
A modello li guardiamo
e, se ancor non assomigliamo, 
non dobbiamo disperare. 
Il loro impegno è aiutare
chi non sa ancor andare
per la via di santità. 
Basta avere carità, 
che difficile non è, 
se vuoi sapere il perché,                                    
come a figlio
dàn consiglio
e infondono coraggio per il difficile viaggio
che la vita a ognun prospetta. 
Il finale che ci aspetta, 
a concludere la storia, 
sarà solo di eterna gloria,
e con i Santi in compagnia,
noi saremo e cosi sia!

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: 1 novembre 2023, Solennità di Tutti i Santi: Matteo 1, 12a

1
 Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
3 «Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4 Beati gli afflitti,
perché saranno consolati.
5 Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7 Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8 Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9 Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10 Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

Le "Beatitudini" sono lo Statuto del Regno dei Cieli. Dettate da Gesù sul monte, in sostituzione del Decalogo della Alleanza che fu con Mosè, e con lui ormai obsoleta. Matteo nel Vangelo ripropone stesse movenze dei due fondatori, ma con correttivi vistosi. Gesù, sul monte, siede e non si prostra. Da Maestro. Non riceve le " Dieci Parole", ma detta la sua" in otto proposizioni a omaggio alla Risurrezione. La prima beatitudine interpreta le altre. "I poveri per lo spirito" qualificano maturità, come Dio, che non assorbe, ma comunica energie. Beato chi trova il proprio consolatore se piange, o lo sfama se ha fame, o lo ospita se è senza casa. Il discepolo si fa garante, come Dio per lui, e attesta misericordia o purità di pensieri e diventa costruttore di pace, come "figlio" che assomiglia al Padre. L'ottava beatitudine suggella le precedenti. È la persecuzione del mondo. Non si rassegna a ciò che non lo rappresenta, e perseguiterà chi attua gli ideali, quali il servizio, la condivisione e l'umiltà. Valori portanti del Vangelo che il mondo non può recepire.

Fra' Domenico Spatola

sabato 28 ottobre 2023

Fra' Domenico Spatola: Il comando dell'amore



"Qual della Legge
il comando che la regge?". 
Chiese a Gesù un dottore, 
che però insidia avea nel cuore. 
"Amerai - rispose - Dio fortemente, 
con il cuore, l'anima e la mente. 
Aggiunse che il secondo somiglia ad esso:
"Ama il prossimo tuo come te stesso. 
I due comandi non han divieti
da essi pendono Legge e Profeti".

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXX settimana del tempo ordinario (anno A): Matteo 22, 34-40

34 Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35 e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36 «Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?». 37 Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38 Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. 39 E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». 

Gli avversari di Gesù, offesi perché li aveva definiti "ladri e assassini", provano a diffamarlo per fargli perdere il consenso della gente. Gli costruiscono trappole, ma vi rimangono intrappolati. Ultimo della serie è di un dottore della Legge, esperto e detentore del divino mandato. Lo tentò sul comandamento più grande". Gli volle fare da esaminatore. All'epoca l'argomento era animatamente dibattuto tra le Scuole rabbiniche, che mediamente concordavano su quello stesso osservato anche da Dio: il riposo sabbatico. La trasgressione di tale comando veniva punita con la morte, perché comprensivo di tutta la Legge. Il dottore era dunque lì per controllare se l'insegnamento di Gesù fosse nell'alveo della ortodossia. Ma Gesù lo corresse, dichiarando che la relazione con Dio non si doveva basare sulla osservanza della Legge di Mosè, ma sull'accoglienza e la somiglianza al suo amore. Richiamò lo "Shemà Israel" (ascolta Israele). Era il "credo" di Israele: "amerai il Dio tuo, con tutto il cuore, l'anima e la mente". Quest'ultima parola sostituiva la  precedente "forza". Per Gesù, Dio infatti non assorbe le energie dell'uomo, ma gli comunica le sue, dilatando di lui la capacità di amare. Al primo comando, aggiunse un secondo: "simile a questo". L'amore per il prossimo, da semplice precetto, veniva da lui elevato a comandamento, perché l'amore per Dio si traduca in amore per il prossimo. "Da qui dipende tutta la Legge e i Profeti". La risposta tuttavia non esprimeva il pensiero di Gesù. Ai suoi detterà nuovo il suo comandamento: "Amatevi, come io vi ho amati, e da questo vi riconosceranno miei discepoli".

Fra' Domenico Spatola

sabato 21 ottobre 2023

Fra' Domenico Spatola: Date a Dio quel ch'è di Dio



Gesù, sul denaro 
non fosti avaro. 
Dicesti sol di dovere, 
a chi ha il potere, 
ciò che è suo. 
Ma ragionamento tuo 
tolse ad avversari oblio
e ricordò che a Dio
restituissero il rubato
cioè il popolo umiliato
e che solo Dio consola
mediante tua Parola.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXIX domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 22,15-21

 15 Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16 Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. 17 Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?». 18 Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché mi tentate? 19 Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20 Egli domandò loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?». 21 Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Accusati da Gesù come ladri e assassini, i capi religiosi di Israele arretrarono a preparare nuove trappole per screditarlo e  accusarlo. Primi a tentarlo furono i discepoli dei farisei, in combutta con gli erodiani, militari a servizio di Erode. Dinanzi al comune pericolo  dimenticarono l'antica inimicizia. Ossequiosi e curiali, lo adularono chiamandolo "maestro veritiero", ma senza alcuna intenzione di seguirlo. Il parere, a lui richiesto, era una trappola: "È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?". Si trattava della odiosa tassa annuale, che era stata imposta dai Romani nell' anno sesto dell'era corrente e contro la quale il popolo si era ribellato. La risposta di Gesù, se favorevole, lo avrebbe reso impopolare. Ma altrettanto rischiosa sarebbe stata la sua negazione. Gli erodiani l'avrebbero ammanettato per insurrezione contro l'imperatore. Gesù, dopo averli smascherati pubblicamente come "ipocriti", chiese che gli mostrassero la moneta del tributo, nelle cui facce figuravano rispettivamente le effigi dell'imperatore Tiberio e di sua madre. Gliela ostentarono prontamente perché la detenevano nelle tasche, contravvenendo al divieto che circolasse nell'area del tempio a motivo delle immagini vietate. Gesù fece loro un ragionamento tale da potere, da sé, tirare la conclusione. Accettare onòri e utili dall'imperatore, li obbligava a subirne anche gli òneri. Ma a Gesù premeva piuttosto denunciare il furto sacrilego del popolo che essi avevano fatto a Dio, per cui li obbligava urgentemente a "restituire a Dio quello che era di Dio".

Fra' Domenico Spatola

sabato 14 ottobre 2023

Fra' Domenico Spatola: Le nozze del Figlio

Per le nozze di tuo Figlio
non cercasti altrui consiglio
ma attuasti ciò che in testa
per lui pensavi in grande festa. 
Grasso il vitello già imbandito
quando inviasti il nuovo invito. 
Si scusò di non venire
chi buoi avea da nutrire, 
o un campo da arare
o sue nozze da festeggiare.  
Riferita a te la resa, 
grande fu per te l'offesa. 
Inviasti a cercare
chi sen stava ad aspettare
quel invito
tanto ambito. 
Si empì allor la sala 
sia nel centro che nell'ala
e il pantacruelico banchetto
rese magnifico il progetto. 
Ma con chi vestia feriale
e non nuziale
era sua veste, 
come con chi ha la peste
ti adirasti
e nel buio lo gettasti, 
per aver colui ardito
profanar tuo nuziale rito.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXVIII domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 22,1-14

 1 Gesù riprese a parlar loro in parabole e disse: 2 «Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. 3 Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. 4 Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. 5 Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6 altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
7 Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8 Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; 9 andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. 10 Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. 11 Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, 12 gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì. 13 Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. 14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Il motivo per cui il Regno dei Cieli verrà tolto ai capi dei sacerdoti e ai farisei, venne spiegato da Gesù con la parabola della "nozze del figlio del Re". Quella festa doveva essere memorabile, perciò non si era badato a spese. Figuravano il bue grasso e le vivande prelibate e succulenti. Nessuna figuraccia dinanzi agli invitati che egli stimava. Ma si era illuso! Avvisati, quelli preferirono fare altro, ritenuto più conveniente. Ipocritamente dispiaciuti, si scusarono coi servi. Chi si recava al campo e chi ai propri affari. Insistette il re con nuovi invii, ma quelli si resero criminali insultando e uccidendo i messaggeri. Il re, indignato, mandò le truppe a radere al suolo la loro città. Gerusalemme infatti cadrà ad opera dei Romani nell'anno 70, per non avere accettato le proposte di pace che aveva dettato Gesù. L'invito fu perciò rivolto ai nuovi destinatari, oltre i  confini del regno e per i sentieri del mondo. Reclutarono "cattivi e buoni". Su cui, senza distinzione, il Padre faceva "sorgere il sole o piovere dal cielo".  Se ormai nel Regno potevano entrare tutti, il re si mostrò intransigente con l'unico commensale che non indossava la veste nuziale. Era la sua condizione ineludibile, perché era simbolo della conversione del cuore. Fu la nota stonata di quella magnifica festa.

Fra' Domenico Spatola


sabato 7 ottobre 2023

Fra' Domenico Spatola: Non vollero udire

Abusò, Signore, 
chi, con livore, 
uccise i messaggeri
da te mandati a rilevar tuoi averi.  
Furon Profeti di conversione, 
ma uccisi, anticiparono passione
del Figlio, 
contro cui acuirono l'artiglio, 
sacerdoti e capi giudei
col favore di scribi e farisei. 
L'uccisero fuori la vigna, 
e l'offesa il Padre indigna, 
e, a punizione, 
li dannò a distruzione. 
Tua parola li poteva convertire, 
ma retrivi essi non vollero udire, 
e decretarono del Figlio la morte, 
che per lor si rivelò tremenda sorte.

Di Domenico Spatola

Commento al Vangelo della XXVII domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 21, 33-43

 33 Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò. 34 Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. 35 Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono. 36 Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. 37 Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! 38 Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. 39 E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero. 40 Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?». 41 Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo». 42 E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
La pietra che i costruttori hanno scartata
è diventata testata d'angolo;
dal Signore è stato fatto questo
ed è mirabile agli occhi nostri?
43 Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare.

 La vigna è Israele. Il padrone è Dio. Gesù con la parabola ne narra la storia. Dalle origini. Il linguaggio è allegorico. Ad ogni personaggio del racconto corrisponde  quello reale. L'amore del padrone per la vigna è presto rivelato. Impressiona tuttavia che altrettanto sentimento non provino i capi dei sacerdoti e gli anziani, cui è affidato il popolo/vigna. Li chiede come collaboratori ma essi se ne appropriano per proprio interesse. E quando viene il tempo di rendere i frutti, uccidono i messaggeri venuti a rilevarli. Tutti i profeti hanno avuto triste sorte. Chi malmenato, chi ucciso. Inguaribile ottimista, Dio continua a dare credito ad oltranza, fino a mandare lo stesso suo Figlio  l'unico erede. Precisazione non secondaria del narratore, perché ecciterà le voglie omicide dei coloni che, uccidendolo, potranno impossessarsi della eredità, e la legge lo consentiva. "Lo cacciarono fuori della vigna e lo uccisero".  Da Gesù risuonò il fallimento di Israele, rinunciatario alla condizione di "popolo eletto". La sentenza di condanna se la emetterano inopinatamente gli stessi coloni, per la trappola tesa da Gesù: "quei malvagi, li farà morire miseramente, e darà in affitto la vigna ad altri contadini". Alla pena autocomminatasi Gesù sentenziò senza appello: "vi sarà tolto il Regno di Dio e sarà dato ad un altro popolo". Per la pietra da loro scartata, e da Dio scelta a pietra d'angolo".

Fra' Domenico Spatola