venerdì 30 giugno 2017

Fra' Domenico Spatola: A tutti il tuo dono, o Signore...

Esigente, Signore, parevi
quel dì che chiedevi
più amore per te.
In conflitto era il cuore, che in sé
sol pensava a quadrare
con i modelli che amava.
"Chi ama il padre e la madre più
di me
- dicevi - non è degno" di te.
Eri tu che chiedevi più amore
a chi dono di vita ci ha dato,
temo ora che sia peccato
non amare come da te
concordato.
"Non è questo il senso a mio dire
- mi dicevi a piegare mio ardire -
perché sentimento per loro io
voglio,
chiedo solo levare l'imbroglio
dell'incompresa mia proposta:
la fede nel Vangelo va riposta
in amore che apre a pienezza
comprendente
non solo familiare carezza
ma coinvolgente
umanità
in divina solidarietà,
che a tutti e a ciascuno perdono
fa generoso specifico dono".
Or comprendo, amato Signore,
mio dubbio è svanito e ti chiedo
che il tuo amore
che ancor pieno non vedo
possa essere ragione di vita
in misura infinita.

Fra' Domenico Spatola.
Nella foto: Volto di Gesù (Rembrandt)



Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XIII del tempo ordinario: Matteo 10, 37-42

37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa.

Commento al Vangelo

Il messaggio ai discepoli sembra strappare dagli affetti più cari: dai genitori o dai parenti, per onorare i quali fu dettato da Mosè il più dolce dei Comandamenti, il quarto. Gesù apre i suoi al nuovo modello per realizzare il Regno dei Cieli, annunciato con le "Beatitudini".
Nulla deve ostacolare il progetto, neppure gli stessi sentimenti più sacri come l'amore per i genitori o i parenti. Senza essere rinnegato, esso va orientato verso la pienezza di vita. Il modello proposto deve liberare il cuore per la sua massima realizzazione, possibile nel grado in cui si è disposti a donarlo. "Perdere la vita", per il Vangelo è perciò trovarla, perché per Gesù si possiede solo ciò che si dona. 
Conseguente è l'accoglienza per la condivisione, con la quale Gesù oppone il suo modello che si rivelava alternativo alle ansie del potere e dell'avidità della cultura del mondo. Il discepolo non è solo, l'accoglienza di lui riconduce a Gesù e al Padre che lo ha inviato. Attenzione dunque ai gesti più semplici che acquistano valore solo se qualificati dall'amore con cui vanno compiuti, come l'offerta anche di un bicchiere d'acqua, dato nel suo nome. 

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Il Cristo (Antonello da Messina).

giovedì 29 giugno 2017

Fra' Domenico Spatola: Santi Pietro e Paolo

Faticava Pietro "il pescatore",
quando  il Salvatore
passando per il lago
dal nome vago
di "Mare di Galilea",
chiese a lui: se avea
voglia di cambiare
e dare sua vita
e rinunciare all'inutile fatica
di dare morte.
Accolse Pietro l'invito
per nuova sorte:
lasciare vivi i pesci
e, in cuor contrito,
prese nuova strada
ignota in tutta la contrada,
ormai esposta
a nuovo annuncio.
Era la risposta
all'antica attesa
di proprio sogno
e a  bisogno
Pietro e compagni
poterono annunciare senza paura,
prendendosi solo cura
di annunciare che il Cristo morto
ormai era Risorto.
Su altra strada, quella di Damasco,
Paolo, contro i Cristiani,
con suoi progetti vani,
 guidava spedizione
allo scopo di attuare carcerazione.
Fu atterrato da sua cavalcatura
e per l'età futura
Cristo lo rese "vaso d'elezione"
indicandogli i luoghi di missione.
Così iniziò il suo cambiamento
Colui che dei Cristiani
era il tormento,
cambiati i panni del persecutore
aveva indossati quelli del predicatore.
Girò il mondo allora conosciuto,
portando a ciascuno inaspettato dono,
ossia di Dio la grazia e il suo perdono,
senza differenza alcuna di etnia,
di religione o di cos'altro sia.
"Il Padre che è di tutti
- egli diceva - vuol salvezza
e ognuno sperimenti sua carezza,
 e contento nessuno abbia intento
se non quello di aver trovato il Padre e il Figlio.
Non volle alcun consiglio
da chi a suo messaggio era contro,
perché Cristo in persona
gli era venuto incontro
inviandolo da apostolo potente
a portare suo Vangelo ad ogni gente.
I due apostoli gloriosi,
ricordati in stessa festa,
ci dicono ansiosi
di iniziare dalla testa
per raccontare con i loro "Atti"
del Cristo non sol parole ma anche i fatti.

Fra Domenico Spatola
Nella foto: Gesù fra i santi Pietro e Paolo di Lorenzetti

mercoledì 28 giugno 2017

Fra' Domenico Spatola: I 150 anni di Luigi Pirandello

Oggi di Pirandello ricorre
compleanno
non semplice non vario
per tale anniversario
è nostro a lui tributo
dovuto al grande
che dir speciale
è poco: per il contributo
suo mondiale.
Stile di sua vita
in ardita conquista
alla vista della verità
non oggettiva
perché ognuno
ha quella viva
secondo il programma
di Gorgia che a Lentini stesso
messaggio
insegnava anche ai bambini. Egli
tra i Sofisti annoverato coglieva
convenienza
in ogni essenza.
Non così Pirandello
che a onestà
improntò virilità
e sua grande arte
a svegliare parte
che in ciascuno
è viva e a dignitosa coscienza
oltre demenza di prepotenza.
Scrisse di "Mattia Pascal" che fu,
e pur vivo a rivendicare mito
di chi a rito lo ritenne  morto.
E in "Uno, nessuno e centomila"
si prese briga di "ricerca amica
d'autore" che "I sei personaggi"
fecero furore senza mai trovare
quanto cercato.
Eppure morale fu sua vita
insegnando onestà in cammino
con "Pensaci, Giacomino!".
E vennero "Le novelle per un
anno"
a riparare il danno
di demenziale guerra
scoppiata sulla terra:
e Pirandello è ancor là
in bella cera a narrare sornione
quanto vera
è la vita nei dilemmi
nutrita di fascini non flemmi di
sua lettura
di cui fiera va letteratura
non solo nostrana
ma dell'intero mondo.
Pirandello è vivo a tutto tondo
in sua scrittura immensa
e densa a fare ragionare
e a pensare
nostro vivere caro
che egli condisce
anche di suo riso amaro.

Fra' Domenico Spatola

28 giugno 1974. Ricorrenza dei 43 anni sacerdotali di Fra' Domenico Spatola

Il tempo come l'onda
lambisce e non affonda,
accarezza
livellando memoria di mia storia,
in certezza
nostalgica di trascorso
senza alcun rimorso,
perché costrutto
in tanti lustri di tutto
l'ecclesiale servizio,
ricordo ancora inizio
quando Cristo
con suo grande amore
volle affidare a me
suo cuore
a consegnare segni
di sua fratellanza
e perdonanza
a riconciliazione
stessa profusione
in eucaristico
Pane donato
e Vino consegnato
sono parte vitale del mistero:
chiedo a te, Signore
Cuore sincero.

Fra' Domenico Spatola

sabato 24 giugno 2017

Fra Domenico Spatola: San Giovanni Battista


San Giovanni Battista

A vista, il Battista indicò Gesù passante:
"l'Agnello amante
dell'umana gente",
che imminente
a profusione
avrebbe consegnato vita e passione.
Egli sapeva essere lui il Messia
e "non sia -
rispose a chi lo voleva il Cristo -
essere io lo Sposo.
Perché su di lui ho visto scendere ascoso
lo Spirito d'amore
che stupore
fu per me sua illuminazione. Massima fu perciò mia comprensione:
mandato solo per la via
a indicare Colui che è  Messia".
A lui, che chiedeva d'esser battezzato,
Giovanni rispose contrariato che quel battezzo spettava solo a lui
essendo il Cristo
non avendo ancor compreso quanto tristo
fosse finale di sua croce. Diede perciò voce
perché a Gesù volgessero lo sguardo,
per cui ancora ardo
 in mio cuore
con la potenza e la forza del suo amore.
Il Battista fu il più grande dei profeti
di quelli accesi come Elia
e di quelli quieti,
ma non riuscì  a seguire il Messia
perché suo compito
fu chiudere l'Antico
essendo ormai il Nuovo il vero Amico.

Fra Domenico Spatola
Nella foto San Giovanni Battista  (dipinto di Leonardo da Vinci)

venerdì 23 giugno 2017

Fra' Domenico Spatola: Senza paura

Confidenziale era tuo dire,
o Signore,
l'ideale per i tuoi discepoli
che, ansiosi per il futuro,
invitavi a modello più maturo:
senza paura,
perché sicura
era loro vita,
garantita
da Colui che si prende cura
dei fatti brutti o belli
e persino dei capelli
contati con attenzione,
sì che nulla sarà mai
fuori preoccupazione
del paterno affetto di Dio
che, niente all'oblio
abbandona
ma tenerezza dona
e, con somma sua dolcezza,
abbraccia chi asprezza
sperimenta dalla vita,
e da lui prospettata amica
e piena di consolazione.
Geniale a conclusione
fu il paragone
dei "passeri protetti"
dal Padre che solo affetti
sa donare a chi, a consiglio,
non si vergogna
del Figlio
né di suo messaggio prova
gogna,
perché lo stesso Figlio
di lui si prenderà cura:
nessuno dunque abbia più paura!

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola della Dodicesima domenica del tempo ordinario: Matteo 10, 26-33

26 Non li temete dunque, poiché non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. 27 Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti. 28 E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna.

29
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.  30 Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; 31 non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!

 32 Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33 chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.

Commento al Vangelo
Nell'inviare i discepoli ad evangelizzare, Gesù non manda allo sbaraglio, li correda di tante raccomandazioni, e partecipa loro la confidenza nel Padre, in grado di far vincere la paura nei confronti di coloro che li avrebbero combattuti come una minaccia per la società che si fonda sul potere, sull'avidità e sull'arrivismo. Il messaggio affidato da Gesù ai suoi si alimenta di servizio, della condivisione e della ricerca degli ultimi posti nella scala sociale. 
Il conforto che Gesù dà ai discepoli è giustificato dallo splendore che il suo messaggio comporta: "Nulla di nascosto che non sarà svelato". E' l'amore del Padre che li accompagnerà nel cammino, anche di fronte alle persecuzioni di chi potrà accanirsi contro il corpo. E' facile vedere in queste raccomandazioni la situazione in cui versano le prime Comunità, perseguitate perché considerate "eretiche" dal Giudaismo coevo.
In precedenza Gesù aveva infatti parlato delle vessazioni che avrebbero subito anche nelle Sinagoghe. Ma qualunque aggressione non potrà togliere la vera vita, quella indefettibile e che la Geenna non potrà distruggere. Va chiarito che l'immondezzaio di Gerusalemme era nella "terra di Hinnon" (onde "Geenna") diventa sinonimo dell'incenerimento e della distruzione, per il perenne fuoco causato dall'autocombustione. 
C'è per Gesù una vita, che il Padre dona e custodisce, che non può temere la morte. Di questa si prende cura il Padre, che con la tenerezza di una madre si prende cura anche dei capelli, come a conoscerli uno per uno. Ritorna sul tema del coraggio, e vincere ogni paura, vera nemica della nostra crescita. Il richiamo agli stessi passeri, considerati inutili e addirittura dannosi ai contadini, ma dei quali il Padre si prende cura nutrendoli, deve infondere nei discepoli il coraggio per vivere in pienezza la vita illuminata dalla certezza del suo amore. Il monito finale circa il suo disconoscimento dinanzi al Padre di chi lo avrà rinnegato, non è la sua minaccia, ma la costatazione del fallimento di chi non avrà accolto il suo messaggio di vita. 

Fra' Domenico Spatola. 
Nella foto: Gesù parla ai discepoli - affresco di Duccio di Buoninsegna (Duomo di Siena) 



venerdì 16 giugno 2017

Fra' Domenico Spatola: In quel pane e quel vino concentravi amore...

Quel pane che spezzavi,
Signore, era per me.
Vi concentravi l'amore di voi Tre:
del Padre che, tanto
ama, da donare te,
e dello Spirito "Amore"
che ricrea in cuore
stessa mensa
a condivisione intensa
di familiarità,
come nella cena
di quella sera
quando amasti i tuoi
sino alla fine,
e fu senza confine
tuo amore in croce,
onde versasti il sangue
che, a voce,
in vino ad "Alleanza nuova"
facevi scuola
di tua grandezza,
quando a tenerezza,
lavasti in umiltà
i piedi ai tuoi
e paziente a umanità
li accompagnasti ad Emmaus,
l'altra località novella
a rinnovare quella
che sarà eterna tua missione:
spezzare ancora il pane
a compassione.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica del "Corpus Domini": Giovanni 6, 51-58

51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno.
 

Commento al Vangelo

Il capitolo sesto del Vangelo di Giovanni è tutto dedicato alla Eucaristia.
Nella prima parte, vi è il racconto della condivisione dei pani con i tanti venuti da lontano a cercare cibo, simbolo della Parola e della dottrina nuova di Gesù. Nella seconda parte c'è il tentativo della folla, istigata dai discepoli, di farlo re. Fu conseguente l'abbandono di Gesù, costretto alla solitudine per la incomprensione del suo messaggio che vuol essere d'amore e di servizio, per dare la vita ai suoi e non per toglierla come sono soliti fare i dominatori della terra. Infine il recupero dei suoi discepoli che nel frattempo, in barca, tentavano di lasciarlo. 
A Cafarnao ci fu il chiarimento. Gesù spiega il senso di ciò che egli ha compiuto. Il "vero pane" non è la manna che Dio aveva dato ai loro padri nel deserto. La prova è nel fatto "che tutti quelli che mangiarono la manna morirono nel deserto" mentre "il pane vivo, disceso dal cielo" che dà Gesù è in grado di comunicare la vita eterna, perché è "la sua carne". Il termine "carne" indica l'umanità nella sua reale dimensione di debolezza e di relazionalità. E' infatti "la carne" la mediazione del rivelarsi e comunicarsi di Dio. Sacramento e segno oltre che mezzo del suo rivelarsi. E' strumento inoltre della comunicazione dello Spirito, così che, attraverso l'umanità si possa scoprire il "divino che abita in noi. Tanto più si diventa "umani", tanto più si diventa "divini". Discorso inaccettabile da chi vede la contrapposizione tra "carne" e "Spirito", e propone la divaricazione radicale e il reciproco rigetto. Gesù parla invece della "sua carne da mangiare", usando in greco l'equivalente del nostro "masticare", perché l'eucaristia non si riduca ad una elucubrazione mistica: "Se non mangiate la carne del Figlio dell'Uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita".
Il tema della "carne" e del "sangue" rimanda a quello dell'Agnello pasquale, nella "notte della liberazione" dalla schiavitù egiziana. La carne dell'agnello servì a rifocillare il popolo in cammino, e il sangue a preservarlo dalla morte. 

Fra' Domenico Spatola

martedì 13 giugno 2017

Fra Domenico Spatola: Sant'Antonio da Padova

Sant'Antonio alla buonora
venne a Padova da Lisbona.
Era prete agostiniano
ma fu strano
il suo destino.
Da professore della Legge
lo Spirito ne corregge
il cammino.
Vide, al tempo di Francesco,
cinque Frati che sangue fresco
per il Cristo aveano versato
in Marocco, dove evangelizzato
avean con coraggio
e a Cristo reso omaggio.
Loro morte
fu nuova sorte
per Antonio che alla volta
dell'Italia sen partì,
per ricevere un dì
il saio poverello
da Francesco che il più bello
volle offrirgli in carità
per la grande sua umiltà.
Così frate Antonio girò il mondo,
predicando a tutto tondo
conversione e tanto amore
che fa bene tanto al cuore.
Il Signore accrebbe in lui
i suoi doni sopraffini
e con miracoli divini
egli accoglie suoi devoti
che, con preci e loro voti,
vanno a lui, chiamato "il Santo",
per aver donato tanto.

Fra Domenico Spatola

lunedì 12 giugno 2017

Recensione di Fra' Giovanni Spagnolo al libro "Palermo dono di perle in versi" di Fra' Domenico Spatola

Appena lo scorso anno avevamo avuto l'occasione privilegiata di scrivere la Prefazione alla prima raccolta poetica di Domenico Spatola, In libertà d'amore... che i lungimiranti Buoni Cugini Editori hanno voluto far conoscere al grande pubblico letterario e non solo, superando la soglia dell'horto conclusus del convento dei cappuccini di Palermo, il microcosmo in cui da sempre ha vissuto e operato il nostro frate poeta.
Avevamo notato, già allora, come non sfuggissero all'attenzione e alla sensibilità poetica di fra Domenico anche i luoghi della nostra Isola. Trinacria, Conca d'oro, Selinunte, Mothya, tanto per citarne alcuni. In questo nuovo volume l'obiettivo poetico del cappuccino si concentra su Palermo, la sua città.
Il motivo di questa scelta è individuato in una sorta di introduzione dallo stesso poeta nella felice individuazione di Palermo capitale della cultura per il 2018, e giustamente "essendo questa città capitale ideale del Mediterraneo dall'antichità e culla di arti e culture diverse, che tutte hanno lasciato vestigia di gloria in monumenti strategicamente situati a perenne spettacolo per il visitatore, che ignaro ne percorre i cammini in ubriacature di bellezze, che fan sognare senza confronti" (pag. 3)
Subito dopo, in prospettiva ermeneutica, fra Domenico sente il bisogno di riassumere in estrema sintesi poetica Palermo "tutto porto" secondo la sua etimologia, affiancandogli un dipinto ottocentesco di George Loring Brown (p. 11-13) e definendo una tantum il concetto di "bello  a Palermo" (pag. 15-16).
Subito dopo fra Domenico inizia la sua rivisitazione poetica, quasi guidando per mano un ipotetico visitatore, in ogni angolo della Città amata, visitando prima "Il Centro storico" (pp. 17-144) quindi "La periferia" (pp. 145-183) con una sosta al "Museo Pitrè" (pp. 185-193) per addentrarsi poi nei "Dintorni" con lo splendido Tramonto a Cefalù che ci fa assistere, spettatori privilegiati, "alle nozze del sole/e del mare" (pp. 195-219).
Dulcis in fundo, è il caso di dirlo, non è sfuggito a fra Domenico di trasfigurare nei suoi versi poetici la "Palermo da gustare" (pp. 221-251) descrivendo nei minimi particolari, quelle che sono le specialità gastronomiche e dolciarie che rimangono impresse nell'immaginario di chi ha già visitato, o ha in animo di visitare, il capoluogo siciliano.
Il tour poetico di Fra' Domenico non è solo "dono di perle in versi", ma è corredato da uno straordinario supporto iconografico, sia in bianco e nero che a colori, costituito da foto e stampe antiche dei luoghi, cose e personaggi descritti nelle poesie. Una vera gioia per gli occhi e per lo spirito che "vede" e quasi "tocca con mano" lo stupore emanato dai versi a volte con la magia della filastrocca.
Come abbiamo già auspicato per la prima silloge poetica di Fra' Domenico, In libertà d'amore... dunque, anche a questa Palermo dono di perle in versi auguriamo larga diffusione, additandola - perché no? - come prezioso sussidio didattico nelle scuole per tramandare alle giovani generazioni i segreti di una città, Palermo appunto, ricca di storia, fascino e mistero.

Fra' Giovanni Spagnolo



Fra Domenico Spatola: Palermo dono di perle in versi.
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venerdì 9 giugno 2017

Fra' Domenico Spatola: O santa Trinità.

O Santa Trinità,
amica mia di idealità:
tuoi sono gli spazi immensi
e quelli intensi
dei miei desideri,
veri e sinceri.
Sei tu, meta agognata,
dai percorsi infiniti
che arditi
inizi hanno nell'onirico del tempo,
quando lento
era in progresso del creato,
a noi consegnato
in stelle e abissi
e in pensieri fissi
di sogno,
e quello mio
da asfittico bisogno
sollevato
e ora avviato
nel rutilante divenire
per far gradire
mio voto d'esistenza,
a tua presenza
nella stessa mensa
dove il Padre a passione
consegna
in commozione
al Figlio amore.
Questi per sé non serba
ma per Te, a noi consegna
dono di Spirito sublime
che divino e luminoso
ad anima si offre caloroso
in spazi di sua luce mai sazi.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Icona della Trinità di Andrej Rublev

Fra' Domenico Spatola: Il dubbio di Nicodemo.

Nicodemo era fariseo
e per lui, reo
era chi gratuità d'amore
annunziava.
Cercò di notte
Gesù che dava
testimonianza inaudita
per la vita:
amore del Padre,
che, senza domandar consiglio,
mandò suo Figlio
a liberare da Legge e da paura
per più matura
sua offerta di vita,
infinita,
da lui chiamata "eterna"
perché da morte non scalfita.
Era il suo dono,
che non solo perdono,
offriva
ma se stesso.
Tale messo,
stupore fu
per l'interlocutore:
"Con così poco
tanto amore?
- disse dubbioso -
ad accettare non oso".
E senza altre lotte
tornò nella sua notte.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica della Ss. Trinità: Giovanni 3, 16-18

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.

Commento al Vangelo

Nicodemo era, tra i farisei, uno dei capi. Aspettava come i tanti in Israele il "Messia riformatore". Era stato spettatore compiaciuto di quanto Gesù aveva compiuto nel tempio, interpretando il suo gesto come di "purificazione del santuario" la cacciata di venditori e di compratori. Pensò che Gesù avesse le carte in regola per incarnare il ruolo del Messia atteso. Volle incontrarlo, ma di notte. Questa per l'Evangelista segnava il simbolo dei tanti rifiuti opposti a Gesù durante e dopo l'incontro. Il dialogo si trasformò da subito nel monologo rivelatore, con al vertice l'affermazione che stravolgeva le prospettive e le aspettative di Nicodemo e dei tanti "benpensanti" alla sua stregua.
"Dio ha tanto amato il mondo da mandare il Figlio unigenito". Questa è l'affermazione di Gesù che avrà mandato in tilt il suo interlocutore, il quale, da "maestro di Israele" non avrà creduto ai suoi orecchi. Avrà considerato rivoluzionario e inaccettabile il suo pensiero, da lui ritenuto fuori da ogni logica tradizionale. Aveva infatti sempre saputo e insegnato che tutto con Dio va "meritato", e solo con l'osservanza della Legge di Mosè si poteva aspirare alla compassione divina. Per lui, Gesù  farneticava, parlando dell'amore di Dio, che non rispondeva a criteri del merito e che non voleva in cambio, se non che si accettasse il suo dono: il Figlio, da lui mandato non per giudicare e condannare, ma per salvare e dare a tutti la vita eterna.
Ingiustificabile per Nicodemo, perché contro le regole della giustizia, un amore non comprato né meritato, ma semplicemente accolto e condiviso. E, come conseguenza, la vita eterna, senza che la morte la possa scalfire, gli pareva un assurdo ideologico. 
Scompare perciò nelle tenebre da dove era venuto, non avendo accettato che tra i meriti per ricevere l'amore c'è soprattutto quello di non poterne vantare, perché esso è grazia.

domenica 4 giugno 2017

Fra' Domenico Spatola: La Pentecoste

Festa di raccolti e di messi,
connessa a dono di Legge
di Mosè che d'Israele protegge
alleanza e vita.
Ardita fu la salita sul Sinai,
ma in contrappunto fu felice
discesa dello Spirito
non mito
ma reale
e in lingue parlate ideale
linguaggio
e coraggio
infondendo in seguaci
che annunzianti di Cristo
messaggio
in diverse e copiose
faville
di fuoco non poco
né più misteriose
agli uomini resi fratelli
nei diversi modelli
che specializzano culture
d'amore sicure,
a vangelo del Figlio votate
e dallo Spirito del Padre
or consolate.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Mosaico bizantino al Duomo di Monreale

venerdì 2 giugno 2017

Fra' Domenico Spatola: Pentecoste.

Erano cinquanta i giorni risaputi
da quell'evento che distrutto
morte
or nuova corte
i convenuti non più a paura
accorti
matura è ormai la loro fede
propensa a rafforzar chi crede
che il Risorto,
volato in cielo,
accorto
dona soffio suo vitale,
ideale per amare
così che la Chiesa
da Spirito animata,
sanata è umanità redenta,
contenta per legge di Mosè
che non costringe
ma che nuovo modello spinge
a pienezza ardente
che in lingue di fuoco
e non poco accende vita.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: La Pentecoste di Giacomo Serpotta (Oratorio santa Cita, Palermo)

Commento al Vangelo della Domenica di Pentecoste: Giovanni 20, 19-23

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Commento al Vangelo
Gesù aveva offerto la sua vita per assicurare quella dei discepoli, anche essi destinatari del mandato di cattura. La sera di Pasqua, come il buon Pastore, va in cerca dei suoi. Essi, terrorizzati e nascosti, andavano snidati e liberati. A loro il Risorto consegna il suo dono: la pace che, nell'accezione di "Shalom" comporta la felicità. Tale dono è garantito dal suo amore immortalato dai segni della passione: le cicatrici delle mani e del costato che egli mostra loro. Sono i segni del costante amore che Gesù nutre per i suoi, accrescendo la loro capacità di amare. Al timore iniziale subentra la gioia, così che Gesù può comunicare loro di nuovo la sua pace come conseguenza dell'amore del Padre per lui e attraverso di lui ai suoi per la missione di manifestare visibilmente l'amore del Padre.
Il "soffio" di Gesù che comunica lo Spirito riproduce le stesse azioni di Dio sul primo uomo. Gesù completa la creazione, comunicando la stessa capacità d'amore del Padre comunicato al Figlio, e ora da lui a quanti accolgono il suo invito a prolungare il suo amore, attraverso la "liberazione dei peccati", intesi come direzione sbagliata di vita.
La comunità diventa quella energia di luce in grado di diffondere l'amore divino, e quanti si sentono attratti da questa luce e vi entrano, hanno il passato ingiusto cancellato.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Pentecoste di Giotto di Bondone

Fra' Domenico Spatola: L'Italia

L'Italia è il bel Paese,
senza pretese
che non siano di bellezza:
quanta carezza agli occhi...
quanto vale?
E' uno stivale...
l'altro, chi lo ha rubato?
E' sol fatato
quello che dalle Alpi
alla Calabria
e alla Sicilia che fa da sponda
in cresta d'onda
e la Sardegna
degna anch'essa
di storia sopraffina:
l'Italia è divina
tra le Nazioni
per sua posizione
in mezzo ai mari
ad attirare popoli vari
in culture diverse e durature
ora in misture
hanno occupato
portando essere e benessere.
Provarono a unificarli
i Romani che costituirono in
grande impero,
che fiero resse fino ai Longobardi
e altri alteri invasori a divenire:
Arabi, Svevi e Normanni,
ma con gli Spagnoli ci furono più
danni
per carestia e povertà
con Garibaldi e i Savoia
ci fu più civiltà.
Poi ci furono le grandi Guerre
che devastarono le terre.
Ma alla fine a monarchia
seguì per altra via
Democrazia repubblicana,
ancor mito e libertà
anche con i danni che il suo
Parlamento fa.
Amiamo dunque il nostro Stato
che sempre è il più bello
anche se malato.

Fra' Domenico Spatola