venerdì 31 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: Lazzaro non è morto ma dorme!

A quella tomba chiusa a
oltraggio
a speranza umana di vita tale
che immortale
annunciava tua Parola,
ti ribellasti, Signore,
con tuo pianto
perché non poteva finire così tuo
vanto
creato a incanto di tua
somiglianza.
"Lazzaro non è morto!"
dicesti "è sol nell'orto,
qual seme
a germogliare futura speme".
T'irrisero per tale sicurezza,
coloro che certezza
avean di morte:
triste sorte
degli umani irrisi dalla beffa che
ideali di vita duratura non è
progettazione sua futura.
Imponesti apertura dell'avello,
era per te fiore all'occhiello,
che il mondo conoscesse
giunto al fine che nascesse
in cuore
che più forte della morte era
l'amore.
Così da quella tomba da quattro
giorni chiusa
poteva solo uscire fetor di morte,
ordinasti con parole corte
che uscisse di Marta il fratello,
or più bello
perché liberato
dai lacci con cui morte l'avea
avvinghiato.
Sol comando lasciasti a tua
Comunità:
nuova solidarietà
a "lasciarlo andare",
perché ormai col Padre egli
poteva stare
in stesso grembo che è del Figlio,
avendone in sua vita preso
consiglio
di condividerne nuova vita
che felice sorte gode infinita.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: La resurrezione di Lazzaro, Guercino 1619

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quinta domenica di Quaresima: Giovanni 11, 1-45

Morte di Lazzaro, amico di Gesù
1 Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
4All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Gesù incontra Marta e Maria
17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Gesù risuscita Lazzaro
38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Congiura dei capi contro Gesù
45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
 
Commento al Vangelo
 
La lezione che Gesù dà alla sua Comunità è sulla morte che non interrompe la vita, ma che chiunque dà adesione al suo messaggio sperimenta la morte come fioritura in pienezza. Il racconto di Lazzaro è sorprendente a riguardo. Betània, distante circa tre chilometri da Gerusalemme, è un villaggio dove forte è l'influenza della tradizione religiosa. Anche la Comunità di Gesù non è esente dalle sue trame.
Lazzaro, gravemente malato, muore senza che Gesù, pur avvertito dalle sorelle Marta e Maria, inspiegabilmente accorra al suo capezzale. Si attarda infatti deliberatamente altri due giorni nel luogo dove si trovava, per invitare, quando ormai è troppo tardi, i discepoli a ritornare nella Giudea, che si era rivelata pericolosa per la sua incolumità, costringendolo a scappare. Dello strano comportamento si lamentarono i discepoli, da lui invitati a fidarsi e a camminare mentre la luce è con loro. Vinse la loro resistenza quando comunicò la notizia della morte dell'amico Lazzaro: "si è addormentato; ma io vado a svegliarlo".
Non usi a qualificare la morte come "sonno", minimizzarono la notizia, ma Gesù fu più esplicito: "Lazzaro è morto... andiamo da lui". Al comune sgomento, ardito si levò l'invito di Tommaso "il gemello" ad andare a morire con Gesù.
Betània è a lutto: da quattro giorno il morto era nel sepolcro. Gesù vi giunse ma senza entrare nel villaggio, modello troppo chiuso di organizzazione non gli apparteneva, anche se la sua Comunità vi era ideologicamente ancora rassegnata.
Fu Marta a corrergli incontro, per rimproverarlo del ritardo, e imporgli di chiedere a Dio, come inferiore al suo superiore, e qualunque cosa otterrà. Non aveva compreso che Dio era Gesù. 
Egli le rivelò da subito la sua intenzione: "Tuo fratello risorgerà!". Come ferita, Marta recita quel che sa, avendolo appreso alla scuola dei farisei: "Risusciterà alla fine del mondo!"
"Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno".
Rivoluzionaria quanto sbalorditiva affermazione: la morte, la risurrezione e la stessa vita hanno nuovo significato, e assurgono a pienezza. La morte non più fallimento della vita, ma suo potenziamento. Gesù chiede solo adesione al messaggio: "Credi tu questo?"
La risposta fu immediata, anche non compresa fino in fondo. Vorrà ostacolare con il suo pregiudizio l'apertura della tomba, perché il morto è lì da quattro giorni e puzza. Gesù le ricorderà che se crede, vedrà.  
E' presente ormai anche la sorella Maria, accorsa all'annuncio che Gesù era venuto al sepolcro. Si è all'apice della narrazione, la tomba ispira a Gesù due sentimenti diversi: sbuffò e lacrimò.
Con il primo testimoniò il disappunto alla sua Comunità ancora soggiogata dalla morte, e con l'altro il dolore del distacco fisico.
Ma ora è il momento della rivelazione su ciò che tocca il mistero dell'uomo nella sua identità. Ingiunse a togliere la pietra, e quindi a gran voce gridò:
"Lazzaro, vieni fuori!".
Fuori non dalla tomba, perché l'evangelista continua a parlare del "morto" che uscì, ma dal cuore della comunità che lo teneva morto e "legato" con i lacci degli inferi. Ma sarà il comando a "lasciarlo andare", a chiarire il senso di quel viaggio che Lazzaro, come tutti, fu chiamato a fare: verso il Padre.
 
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: La resurrezione di Lazzaro (Giotto)

giovedì 30 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: Ringraziamenti per gli auguri

A sera della faticosa
raccolta copiosa
degli auguri
inimmaginati in cotale misura:
mi pare
risposta gioiosa
ad arsura
d'affetto
dai tanti
amici festanti
che, a sorpresa,
fan lieve la resa
e il peso degli anni
che compleanni
ormai tanti
costellano vita,
più ardita
da fatica e acciacchi
ma pur sempre fiera
d'ardori e d'impegni
che segni
lascian in ricordi
di sola bellezza
e in gioia
cancellano noia
di mondi giocondi
e sempre freschezza
di messaggi a coraggio
infuso da amici
per non cedere il passo
degli anni ruggenti
che ancor frementi
a conquista
d'ideale la vista
aguzza per novello orizzonte
cui fare fronte
ma ti accorgi
e numeroso ormai scorgi
popolo d'amici
di stesso ideale
che lotta e combatte
perché mai banale
sia sogno
di cose già fatte
e delle altre da fare
tutte attuate
col sol fine d'amare.
Modello in cuore
posto a gemme
da nostro Signore.
Ora son qui a pieno vanto
a offrire a tutti
questo mio canto
che non di addio
né "O sole mio..."
ma di gratitudine
e ringraziamento
perché mi avete fatto
felice e contento.

Fra' Domenico Spatola

martedì 28 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: Tributo d'amore alla mamma

Ogni anno stessa ricorrenza
impone a me magnificenza
tua di madre che mi accogliesti in
grembo
e curasti amore in tanta tua
fatica
e mi iniziasti a vita.
Latte donavi o forse no
perché dicevi non ne avevi tanto
ma trovavi modo per nutrire
d'altro cibo
crebbi sotto sguardo materno tuo
e ricordo tua voce quando mi
chiamavi per aiuto
a soluzione a tema
di qualche tuo problema
sempre com'eri indaffarata
per prole numerosa.
Grazie era il mio a te,
ogni anno
stessa data per stesso
compleanno:
tu da madre e io da figlio.
Ricordo sempre tuo consiglio,
quando ancora infantile mia età
con serietà
mi dicesti quando per altri lidi da
te mi congedavo,
non furono parole ma singhiozzi
in lacrime che tuo irrigavano
viso,
a me turbato però offristi tuo
sorriso
quando dalla corriera ti diedi
ultimo saluto.
Piansi anch'io, fu mio tributo
a distacco da te che sola amavo
ma a quella età incerta già
sognavo
ingenuo mondo che attraeva a
distrazione
poi furon tante occasioni di
incontri forti a tenerezza ma altra
carezza
mi serbasti a vigilia di tuo andare
e quella sera eri tu che partivi
e io a restare
che ti aspettavo,
e ti aspetto ancora vera
soprattutto quando nera
si fa la stagione
e ragione non trovo
che nel ricordo
e ogni anno con te ritrovo
accordo.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Buon compleanno

Un compleanno
non è sol danno
di una età che sfora il tempo
è come un filo sempre più corto
che della vita fa come l'orto
pieno di piante e di ortaggi
sono gli omaggi
che ha coltivato il cuore:
vi è tanta fede
vi è tanto amore,
che cosa manca
forse è ciò che arranca
in una età
che serietà
stessa induce ad onestà
e a guardare con disincanto
quanto di vanto
ognun potrà.
Ami la vita
quella infinita,
ami la gente
e non ti costa niente,
ami candore
e di stupore fai lieto il cuore.
Vivi sol raggio
di tua bontà
che dà coraggio e verità
passa l'età
senza paura
sarà perciò più duratura
vita matura e dignità
e puoi chiamarla felicità.

Fra' Domenico Spatola

domenica 26 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: L'isola che è in te

Sol nel cuore e in desiderio
oltre i muri
e sul sentiero
che lontano porta affanni
e degli anni
fa saggezza,
quando al fin solo dolcezza
si richiede al mondo intero.
Perché l'uomo sia sincero
con se stesso e con la vita
che misura ha infinita
in percorso che prevede
a chi s'avvede
un cammino lungo e corto,
retto e storto,
alto e basso,
con la riga e col compasso
verso dentro e verso fuori
fatto da solo o con tutori
in cima ai monti
o in fondo ai cuori:
navigando in mezzo ai mari
in notti buie o accesi i fari
con le stelle a dir "Perché
cerchi l'isola che è in te?"

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Il viandante al di sopra del mare di nebbia (1818) Schopenhauer

sabato 25 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: L'Annunziata

O Vergine gentile,
amico angelo
lesto fu a darti
suo messaggio:
sapeva quanto gravoso
fosse
e ti fe' coraggio
per abbracciare senza paura
dimensione tua nuova duratura,
quella che Dio chiedeva esser
madre di suo Figlio
e a te chiese consiglio per esser
Sposa
qual rosa
a profusione
di tua bellezza e sua passione.
Accogliesti sua offerta
per la vita
e ciò non fu esente da fatica.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: L'Annunziata di Antonello da Messina

Fra' Domenico spatola: Sessanta anni di Europa unita

Quel Trattato fu firmato a
Campidoglio:
c'erano tutti a programmare
futuro,
troppo duro
era ancora cordoglio
per le vittime e l'orrore
di Guerra di terrore:
distrutta da leccar ferita
era sogno ineludibile Europa
unita.
Misero i capi di sei Nazioni
fondamento
per l'Unione che da Sessanta
anni,
non sembra vero,
ha permesso all'Europa al mondo
intero
apparire baluardo di civiltà
per professati principi di libertà:
i Paesi son cresciuti,
i confini pur levati,
i giovani ammaliati da cotanta
libertà
poterono girare felici a voluttà.
Vennero Maastricht e Shenghen
a dar misura di unità,
ma la globalizzazione fu letale
perché suo ideale
non erano i popoli e la politica,
ma economia che mefitica
avvelena i pozzi della felicità,
arrivò l'euro che sembrava un
sogno,
mentre nel bisogno
sospinse tanta gente,
che non contenta grida ai
banchieri
lor non sinceri
propositi di bene,
ma solo pene
portato ha questa Europa:
ma non è vero,
non è l'ora della scopa
per far pulizia del grande intento:
l'Unione è il bene e il sol contento
senza alternativa del momento
è solo affetta da malattia retriva
all'uguaglianza nel lavoro e nei
diritti,
perché a Bruxelles non si
cammina dritti,
la gente non vede più l'Unione
con stessa gran passione.
L'immigrazione costante ha fatto
il resto,
in un contesto che paura
anima futura sorte,
che non sarà di morte
se si cambia assetto
e non si vede nel nuovo il
maledetto.
Oggi al capezzale dell'Unione
si riuniscono i capi di governo,
in trepidazione:
manca l'inglese
che altre intese
farà del suo futuro.
Saranno a Roma
a discutere se in coma
o duraturo
sarà il Trattato dell'Unione,
che se mi si permette,
sembra discorra in confusione.
Si cambi strada
si tolga il gelo
si accolga il monito del Vangelo
che fresco fresco
ha loro consegnato papa
Francesco.
Si guardi a Erasmo
con entusiasmo
perché ideale
non è ciò che vale
solo in denaro
ma ciò che fa caro
rispetto libertà e amore
che sol nascono dal cuore.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 24 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: Gesù e il cieco

Avesti compassione di quel
cieco
che della luce non conosceva Tua
frequenza.
Non peccatore,
né lui, né genitori:
volevi sol sfatare
la credenza.
Altri l'avean ridotto
a oscurità:
assurdità
di chi pensa Dio lontano,
e vede nell'uomo sol rivale
accecante in lui Tuo ideale
di somiglianza a Te
che egli sol conobbe
quando gli apristi gli occhi
con il Tuo respiro
inviandolo a lavarsi
in tuo lavacro.
Ora vede
e grida illuminato
tutta sua gioia
di vedere appieno
a quanti lo detestano
perché non pieno
fa della legge
che non lo protegge
e lo vorrebbe "osservante
non vedente".
Ma tu, Gesù, offrivi a lui luce
per svegliarsi da sonno
e in Te mirando
suo stesso volto,
dire sconvolto:
"Io sono!".
Nome stesso di tua Divinità
ora compreso dono a Umanità.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Dipinto di Palma il Vecchio

Commento di Fra' Domenico Spatola al Vangelo della quarta domenica di Quaresima: Giovanni 9, 1-41


Passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Sìloe» - che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: «Va' a Sìloe e làvati!». Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov'è costui?». Rispose: «Non lo so».
Discussione sul miracolo
13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c'era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».
18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l'età: chiedetelo a lui!».
24Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell'uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: "Tu credi nel Figlio dell'Uomo?". Egli rispose: "E chi è, Signore, perché io creda in lui?" Gli disse Gesù: "Lo hai visto: è colui che parla con te". Ed egli disse: "Credo, Signore!". E si prostrò dinanzi a lui.
Gesù allora disse: "E' per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi".
Alcuni dei farisei che erano con Lui udirono queste parole e gli dissero: "Siamo ciechi anche noi?"
Gesù rispose loro: "Se foste ciechi, non avreste colpa; invece dite: "noi vediamo". Così il vostro peccato rimane".  
 
 
Commento al Vangelo.
 
Per esigenze religiose, le autorità d'Israele vogliono che rimanga cieco. Trasgredire la legge del riposo sabbatico è da peccatori. Non importa il beneficio derivato a "colui cui Gesù ha aperto" gli occhi, trasgredendo il divieto più grande di tutta la Legge di Mosè.
Così, nell'indifferenza generale delle autorità religiose, che non ritengono importante il bene dell'uomo mentre si preoccupano perché non venga disattesa anche la più piccola legge, "Gesù, passando, posa il suo sguardo sul cieco e gli apre gli occhi perché veda".
Fu risposta ai discepoli, formati alle logiche rabbiniche, che gli avevano chiesto se per essere nato cieco, avesse "peccato lui (improbabile che l'abbia potuto fare nel grembo della madre) o i suoi genitori". Secca smentita: "Né lui, né i genitori". Viene così negato da Cristo il legame consequenziale tra "delitto e castigo", per cui alla sofferenza andava legata l'idea della colpa da espiare.
"E' per la gloria di Dio", orientando verso altra dimensione l'ermeneutica del racconto. Si tratta dell'Uomo, condannato a cecità circa la sua condizione e il suo destino, da quanti hanno oscurato ai suoi occhi il volto del Padre, proponendosi a interpreti di un legalismo disumano dalle conseguenze distruttive circa la identità e la vocazione divina cui l'uomo alla sua creazione era destinato.
Una religione senza gioia, perché codificata senza imprevisti, quelli di Dio. Il racconto giovanneo scorre in tutta la sua drammaticità, anche se non privo di ironia, laddove lo stesso miracolato sfida gli inquisitori a "divenire anche essi discepoli di Gesù".
Per la gente arruolata a intransigenza legalistica, la "novità" che l'uomo possa vedere, ossia ragionare con la propria e dare il primo posto alla felicità è insopportabile. Il "vedente" non può perciò essere il "mendicante, ma uno che gli assomiglia".
Toccherà a chi "ha avuto aperti gli occhi", dichiararsi.
Con strategia inconfondibile il Quarto Vangelo riproduce nell'uomo liberato dalle tenebre, la stessa autopresentazione del Cristo: "Io sono". E' la traduzione del tetragramma Yahvè.
Solo Gesù per tutto il Vangelo potrà appropriarsi di questo nome, e ora anche l'uomo che, a specchio, sul volto di Gesù ha visto se stesso e la vocazione a divenire divino, come Lui.
 
Fra' Domenico Spatola
Nella foto, dipinto di El Greco (1545-1614)

Fra' Domenico Spatola: Zurlì, il mago dei bambini

Lo ritenevo tale
a quella età
"Mago immortale",
eppure umano e surreale:
mi incantava
il suo vestito strano
e i modi suoi gentili,
altri usi e altri stili
di un tempo ormai sognato.
Era dai piccoli ammirato
perché usava stessa lente
per la mente
e vedere solo il bene.
Sua compagnia ancor detiene
anche il grigio Topo Gigio
da far sognare magia
i bambini quando ligio
a sua bacchetta
Zurlì dava inizio all'operetta
dell'aureo Zecchino
che incantava ogni bambino.
Fu modello di chi crede
che la vita è favolosa
come panna saporosa
cose belle per bambini,
per amore e senza fini
che non sia di stupore
per intenerire il cuore.
Or si svela quanto umano
fu il suo modo strano
di guardare alla vita
con la guida
dei suoi sogni:
di Zurlì dolcezza agogni
in un mondo che sol guerra
sembra imporre sulla Terra.

Fra' Domenico Spatola

giovedì 23 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: Terrore di morte

Ancora sangue
sull'asfalto
di quanti d'assalto
vittime d'altri destini
ignari di morte
e sorte
diversa consegna a dolore
di coloro che terrore
aspetta insensato:
son tanti i perché
a cercare ragione
di tanto furore
di chi vuol distruzione
e non costruzione
di pace ideale
perché irreale
è ancora giustizia
e di cuori chiusure
ancor durature.

Fra' Domenico Spatola

martedì 21 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: Primavera

Trepido colgo da mandorlo un
fiore,
è suo regalo di novella stagione:
Primavera esplode,
delizia di canto
di uccelli in amore
e di greggi in calore,
belanti candore
a offrir nuovo latte,
e sorgenti
cristallina gorgoglianti
lor acqua,
impetuosa
a nutrir tumultuosa
torrenti scroscianti
e festanti dissetano
campi ricamati da fiori
stessi colori
d'arcobaleno imitati:
magica luce,
tavolozza a pittore,
balocchi per gli occhi,
messaggio
che maggio
rassoda in tepore
e Terra consegna
suoi amori
da grembo con frutti e odori
e colori
per nuovo cammino
in danza
di stagione più degna
che avanza
e calore consegna.

Fra' Domenico Spatola

lunedì 20 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: 20 marzo, festa della felicità


Ma vedi un po'
cosa inventato,
per attuare quanto sognato
ciò che ognun vorrebbe
e perciò si sente
indifferente
a tal proposta
che solo beffa oppur risposta
al desiderio che porta dentro:
esser felice non è solo contento?
E' cosa grande
che prende il cuore,
che ti dà pace
parlando d'amore,
che insegue sogni
sempre più belli
che vede mondi, quelli
dell'Universo non esplorato
e immaginato
"casa comune"
dove sorrisi e i tanti affetti
non son difetti,
e conoscenza
è sol passione
condivisione
che apre suo fronte
a nuovo orizzonte:
Felicità - non so come dire -
è proprio ardire
di libertà
che in beltà
rima con cuore
solo splendore
di esistenza
in quintessenza
di voluttà,
è forse questa felicità?

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Bambini alla fontana, Scuola francese, Fine XVIII secolo

venerdì 17 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: Festa del papà


"Papà" con "mamma"
è parola che infiamma,
balbettata da bambini
pronunciata come "pappa":
fa sicuri i cammini
e di vita i suoi destini.
Il papà è sicurezza,
quando si è colti da tristezza:
egli è fonte d'esistenza
e, con sua fede, convergenza
di un mondo più sicuro
dove impegno sol maturo
è: cambiare per amare.
Il papà è forte,
e accorte
raccomandazioni
a precauzioni
per i figli,
dà consigli
perché li vuole
cresciuti e pronti
agli affronti
della vita.
Il papà è da capire,
quando è solo
e paure sue nasconde:
è umano,
quando anziano
chiede aiuto
quello stesso
ch'egli ha dato,
e, a saluto,
senta i palpiti
del cuore,
che ha allevato con amore.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: dipinto di Guido Reni

Fra' Domenico Spatola: Insieme a quel pozzo

Dietro una palma nascosto,
discosto,
ma non troppo lontano,
immerso tra tanto fogliame,
quel mattino di fuoco
mi sembrò reame
quel posto per quel poco
che vidi, Signore:
eri seduto sull'orlo del pozzo
che, chi lo conobbe,
riferì di Giacobbe
esser dono suo antico,
scavato a dissetare popolo
amico.
Eri, Gesù, da fatica provato
per lungo cammino
e, assetato, cercavi
a destino da era lontana
colei che è ricordata:
"La Samaritana".
Con stessa voce
che griderai dalla croce,
chiedevi da bere,
offrendo Tua sete
per guardare altre mete,
non più in quel pozzo,
che è ormai rozzo,
ma ad altra sorgente
che viva offrivi a tua gente,
da troppo obbligata a fatica:
era Tua vita,
donata matura
e duratura
sol rimedio ad arsura
offrivi parola,
che invola
messaggio
a trovare coraggio
a richiesta irruente,
di nuova sorgente,
senza fatica,
per vita novella
che inanella
suo cuore
a cancellar vedovanza
dei mariti distratti,
e nuova sua danza
fatale in anello nuziale.
Vidi, con miei occhi,
e felice ora oso
a tutti annunciare:
"eri Tu suo Sposo".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Gesù e la Samaritana. Dipinto del Veronese.

Commento di Fra' Domenico Spatola al Vangelo della terza domenica di Quaresima. Giovanni 4, 5-42

Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: «Dammi da bere!», tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore - gli dice la donna -, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: «Io non ho marito». 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.
Alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano
31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: «Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura»? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l'altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».I Samaritani credono in Gesù
39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
 
Commento al Vangelo
 
Sicar era una città della Samaria. Gesù vi giunse per un appuntamento "galante". Al pozzo che Giacobbe aveva lasciato a figli ed eredi, veniva in pieno giorno ad attingere acqua una Samaritana.
I discepoli erano andati al villaggio per approvvigionarsi di cibo. La donna non ha nome, perché è colta a simbolo dell'intera regione e di tutti gli eretici che la Samaria rappresenta.
"Dammi da bere" le chiede il Signore.
Sorpresa, lo lascia aspettare: le preme di più sfogarsi e capire. Strategia dell'autore che altro sottintende.
La donna si meraviglia che un "uomo" e "giudeo" rivolga la parola a una "donna" e in più "samaritana". L'evangelista ricorda i tanti dissidi tra i due popoli per ragioni etniche e religiose.
Gesù sorvola secolari dissidi e mira all'offerta che sta per fare: "Se tu conoscessi chi ti parla, chiederesti sua acqua".
I due si confrontano su piani diversi e l'intesa è faticosa.
"Non hai recipiente e il pozzo è profondo", piccata risponde la donna. Aggiunge tuttavia il suo giudizio sulla condizione dei tanti legati alla Legge di Mosè, che devono faticare per attingere acqua.
Tranciante è la risposta di Cristo sulla inutile fatica.
"Chiunque beve di quell'acqua avrà di nuovo sete!" cui fa seguire sua proposta alternativa: "L'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente che zampilla".
A quella stantia, in fondo al pozzo, oppone l'acqua viva per la vita eterna.
La donna subisce il fascino dell'offerta, chiedendo subito quell'acqua che a tutti verrà offerta dal Cristo in croce, quando consegnerà il suo Spirito.
Solo apparente è la discontinuità nel racconto, quando Gesù introduce il tema dei "cinque mariti", a fronte della "vedovanza" denunciata dalla donna ("non ho marito"), che costituiva la ferita "non sanata" della Samaria, da quando era stata invasa e colonizzata dagli Assiri (VIII secolo a.C.).
Per l'imbastardimento delle razze e la confusione religiosa dei culti idolatrici introdotti dall'Assiria, i Giudei nutrivano odio, ricambiato, verso i Samaritani.
Il racconto è inoltre pretesto per superare i fanatismi dei culti e dei santuari. Chiese la donna a Gesù, riconosciuto "profeta": "Dove adorare Dio: a Gerusalemme o sul Garizim?"
"Il Padre - fu folgorante risposta - vuole essere adorato in spirito e verità". Noi traduciamo: "con l'amore fedele del Padre che vuole essere imitato nel dono della vita".
Il frutto è abbondante per la seminagione che altri in passato hanno fatto, ora il riscontro è nella schiera numerosa dei Samaritani che accorrono a Gesù che finalmente professano: "Salvatore del mondo".
La Samaritana è "Sposa": donna che nell'incontro con Gesù sperimenta che Dio è lo "Sposo".
 
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Gesù e la Samaritana. Dipinto del Guercino (1640)
 

martedì 14 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: A Marcello, l'ultimo suo pane

Fu per te pane del viaggio quello
che ti diedi a impulso quella sera,
inconsapevole fu ultima tua cena:
donata a te, per sostegno
a viatico
del cammino lontano in tuo
destino:
Cristo volle offrire a te il suo
dono
e al tuo uccisore il suo perdono.
Ora rimpianto rimane
a tal demenza
in canto di mestizia e di dolore
a ricordar orrore
di quella notte:
stessa che Cristo sperimentò in
sua sorte,
per dare luce Sua a nostra morte.

Fra' Domenico Spatola

lunedì 13 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: Fiaccolata di pianto

Sobria e nostalgica
rivincita a vanto
di coscienze che balordo
ha ferito,
con ingordo orror di vendetta
non disdetta
di rusticana pazzia,
gelosia,
primitiva follia
ch'era oltraggio
incapace a coraggio
e a confronto leale
manifesto in surreale
sentenza
di brutale sequenza
che dignità non accoglie
e sovrana coscienza distoglie
a rifiuto di confine irreale
della lotta tra il bene e il male.
Ora qui resta solo a ricordo
lo stupore d'orrore
non sopito da rabbia
e fortuna ancor abbia
numerosi tentativi di pace
che a fatica
rinnovano coraggio
e ora qui a rendere omaggio
a dignità che umana sol vive,
se sovrana e ideale arride
ancor forte in impegno
di valori a rispetto
acquisiti da umano intelletto.

Fra' Domenico Spatola

domenica 12 marzo 2017

Combatti la povertà, dona il tuo 5x1000

Caro amico,
Dai il tuo 5x1000 alla Missione: C.F. 97319880825

La Missione san Francesco", a Palermo, da oltre venticinque anni provvede ogni giorno ad assicurare un pasto caldo ai poveri che chiedono solidarietà alla loro condizione di vita particolarmente difficile, perché spesso privi anche dell'essenziale per sopravvivere.
I valori umani e gli ideali del Vangelo ci hanno motivato a raccogliere la sfida e, contro le difficoltà che tuttavia anziché scoraggiarci ci hanno invogliato, siamo riusciti, fiduciosi nella Provvidenza di Dio e nella bontà dei cuori sensibili, a resistere e a realizzare il nostro sogno: rendere più vivibile la vita di tanti fratelli in difficoltà.
Vogliamo coinvolgere anche te a far parte dei tanti angeli buoni che condividono con noi tale missione.
Il tuo aiuto in denaro o in offerte di generi alimentari, ci potrà essere prezioso per mantenere una "Missione" che, negli anni, all'emergenza ha fatto corrispondere l'efficienza dei cuore e della mente.

Fra' Domenico Spatola
(Direttore responsabile della "Missione san Francesco")

sabato 11 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: Venerdì di passione

Crepitìo di fiamme:
strazio
per occhi increduli
e or tremuli a pianto
immaginazione
ardita non consente
per orrore e terrore
che non espia
dolore
di tragedia
antica di Storia
a vendetta
stretta ai "perchè?"
d'ansia a consolazione
per soluzione
a inquiete domande
nel lutto per tutto
che umano ricorre
sotto la croce
a tentare conforto
nell'orto già aspro
che fatica discorre
e or di sangue
langue
per l'ingiusta sentenza
non doma di pianto
ove scambio
sconfina amore e dolore
in echi e frequenze
che intense
feriscono terra:
guerra nell'uomo
per sua sorte
di morte
in sconsolato
suo pianto
che a sera
solo
acquieta preghiera.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 10 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: La Trasfigurazione

Ascese Gesù con i suoi
l'oscuro monte,
ponte
tra terra e cielo,
a strappare velo
che copriva
dei discepoli la vista:
e fu conquista
a poterli riscattare
a suo ideale,
ove reale
diventa vera gloria
e non più storia
di sola sofferenza
per cui la morte
rivela altra sorte:
in suo volto a brillare
nuovo sole
e vestito di luce
a ricamare.
Anche Mosè stupito
e con lui il profeta ardito
l'Elia che a bruciar col fuoco
provò non poco
quanti nemici avea.
Or venia a chiedere
a Cristo spiegazioni
sul figlio di Davide re
e con Mosè
oppose sue ragioni
in ardori di sentimenti
che fanatici faceano
suoi comportamenti.
Cristo di sua futura croce
messaggio non ascose
ma Pietro per bloccarlo
provò a ritentarlo:
offrendogli una tenda,
ma perché si intenda
la centrale
la serbò al caporale
suo ideale
che era Mosè legislatore
ritenendolo di Israele il salvatore.
Ma il Padre a tal proposta
esplose sua risposta ricordando,
e non a semplice consiglio, di
ascoltare il Figlio.

Fra' Domenico Spatola.
Nella foto: La Trasfigurazione di Carl Heinrich Bloch

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Seconda Domenica di Quaresima: Matteo 17, 1-9

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 6All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti».
 
Ancora un alto monte. Non quello dove il Satana offriva a Gesù la condizione divina con l'esercizio del potere, ma la dimostrazione di quello che per Cristo costituisce il vero trionfo, non nutrito di arroganza e violenza, ma dell'amore che si fa servizio.
I discepoli prescelti per accompagnarlo, sono quelli più affascinati dal potere e refrattari alle logiche del Maestro: Pietro, rimproverato severamente ("vade retro Satana") perché contrastava Gesù all'annuncio della sua morte, e i fratelli Giacomo e Giovanni ambiziosi e arroganti "figli del tuono".
La "trasfigurazione" doveva testimoniare ai discepoli riottosi che la morte del Messia non aveva come conseguenza il fallimento ma il fiorire della vita in pienezza.
I discepoli videro "brillare il volto di Gesù come il sole e il suo vestito apparire candido come la luce".
Espressioni per descrivere la condizione divina, disponibile per tutti coloro che a somiglianza riprodurranno stesso modello. Accanto a Gesù apparvero Mosè ed Elia, rispettivi rappresentanti della Legge e della Profezia. Conversavano con Lui. La scena eccitò Pietro, suggerendogli la proposta di fissarla con la costruzione di tre capanne. Si sarebbe evitato in tal modo il passaggio attraverso la morte.
Ancora una volta Pietro osava ostacolare il Maestro e il suo annuncio del "Messia sofferente e destinato a morire". Inoltre nella sua esternazione aveva ricondotto il ruolo di Gesù a quello di gregario e di seguace di Mosè, cui aveva destinato il posto centrale. Era troppo perché il Padre non intervenisse a ricomporre la gerarchia: "Questi è il Figlio mio, l'amato: in Lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!".
E' Gesù dunque "l'immagine" del Padre (figlio), l'erede (amato) e il suo "compiacimento".
Stesse attestazioni che furono udite dal battesimo del Giordano, ora risuonavano a testimonianza della sua fedeltà.
Il comando non poteva essere più perentorio: "Ascoltatelo!". Solo Gesù dunque è l'interprete del Padre.
La caduta "a faccia a terra" dei discepoli è un artificio letterario per dichiarare la sconfitta della loro ideologia circa l'immortalità e l'invincibilità del Messia. Più tardi impareranno che la morte di Gesù non è il suo fallimento ma il fiorire della vita nella modalità appena intravista nel volto e nel vestito del Cristo "trasfigurato".
 
Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: la Trasfigurazione di Giovanni Gerolamo Savoldo

mercoledì 8 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: Donna sei tanto grande e tanto vali...

Con tali parole
per noi sintetizzò di te
o Madre del Signore,
di tuo valore.
Il sommo Dante
per te trovò sue parole tante.
Tutte sublimi,
come di te conviene,
che da nostri limi
ci sollevi forte
tuo conforto
a modulare sorte
con tuo sostegno:
"Madre sei
e pur figlia del tuo figlio"
a creatura
dignità di donna duratura
nobiltà
da innamorare di nostra Umanità
stessa sua Divinità
che in te Bambino,
si fece a destino
comune a noi
e tu latte donasti
a creatura tua
e or nostra, che a fratello a noi
donasti.
Incarni sol bellezza
e tenerezza a servizio
amore, mai vizio,
in ogni donna.
Materna adorni di bellezza
ciò che a carezza
dai a cuor ferito
e a mito offri tua dolcezza
a disintegrare durezza in nostra
vita
con stessa tua forza ardita. A te
del cuore
il fiore che Umanità oggi osa
offrire a te come alla sposa.

Fra' Domenico Spatola.
Nella foto: La Madonna dei Fusi di Leonardo da Vinci.

Fra' Domenico Spatola: Festa della donna

Vive grazie a ogni donna,
nel ricordo annuale,
ideale
come madre, o figlia,
o compagna o sposa. La donna
non è cosa,
è signora:
essa è dono
del Creatore
a chi aveva spento il cuore.
Senza di lei monotonia,
essa è pura fantasia:
la donna è estro;
è armonia;
è mistero vero
anche a se stessa;
è visione di magia;
è bellezza;
è concretezza;
ossimoro inquietante
di madre e creatura,
di sposa amorosa,
eppur gelosa,
portatrice di vita
che infinita
accompagna
in nascituro,
di cui sogna sempre
felice il futuro
in cui crede
e concede
or con garbo
or con fermezza
ama molto la carezza
se sincera
e che essa
sa donare
perché lei vuol solo amare.
E' incompleto il mio elogio
non è sfoggio
di bravura
esso è solo come un fiore
regalato a nome di tutti
con amore
a ogni donna
che la storia
quella bella o brutta
ha segnato il suo destino
che non può non essere divino.

Fra' Domenico Spatola

domenica 5 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: Menzione al Premio letterario artistico internazionale Mario Biondo

Premio letterario artistico internazionale Mario Biondo
Tre le menzioni alto merito assegnate:
Menzione alto merito letterario, menzione alto merito artistico, menzione alto merito culturale, assegnate a:
Spatola Domenico con "Pinocchio" ...
Angelo Abbate con "A Giulia"
Antonio Sbarra con "Cortina d'Autunno"
Sedici i premiati su 327 poesie giunte.




venerdì 3 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: Ricordando Lucio Dalla

Fu menestrello
di amore alla vita quello
che cantò a favola
di sua nascita
quel "4 marzo del 43".
Del bel canto fu vero re
pur in canzoni di taverna
che madre sedicenne
esordì in ninna nanna.
Scelse Piazza Grande
a sua dimora
condivisa con i tanti
cui "santi
che pagano il pranzo
non ce n'è",
e il mare e le sue profondità
volle ricordare
al mondo come a guardare
abissi del cuore
e ai bimbi come nelle fiabe
attenzionò il lupo.
Ipotizzò l'anno che verrà
all'amico cui scrisse, che sarà
tre volte Natale
e festa tutto l'anno
ingenuo cantore
di gioia disilluse
dichiarando il doversi inventare
quante cose
per amare e colorare
grigior.
Volle cambiare il mondo con
l'amore
e suoi sogni sulla scia di un'elica,
inseguendo per buon uso Caruso
emigrante
e Orfeo incantante
con sue note la Terra
per strapparla alla guerra.
Vivace musica in ritmi sempre
nuovi:
amò affinché giovi
la melodia all'energia indomita
di sua passione.
Resta a consolazione
nel cuore in pianto
che suo canto
continua a distillare amore.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Per me lottasti, Signore.


Signore, era mio spazio
il deserto calcato da tuoi piedi
su umane orme
che guerra a sconfitte
di vita a sudore
per condanna del cuore
a fatica lontana
senza scampo
ove ira e famelici inviti
a rinuncia di libero cuore, solidale
a me fosti, Signore,
a levar disincanto d'egoismo e
mio vanto piegavi poteri
falsanti viltà.
Così a vanto di Umanità
recusasti offerte del male
e offristi a ideale
tuo dono
condiviso a perdono.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Le tentazioni di Cristo di Sandro Botticelli (Cappella Sistina, Roma)

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della prima domenica di Quaresima: Matteo 4, 1-11




Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. 2Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. 3Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane». 4Ma egli rispose: «Sta scritto:
Non di solo pane vivrà l'uomo,ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».
5Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio 6e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti:
Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardoed essi ti porteranno sulle loro maniperché il tuo piede non inciampi in una pietra».
7Gesù gli rispose: «Sta scritto anche:
Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».
8Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria 9e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». 10Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti:
Il Signore, Dio tuo, adorerai:a lui solo renderai culto».
11Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.
 
 
Commento al Vangelo
Il deserto di Giuda, a sud di Gerusalemme, fu lo spazio ideale per simboleggiare la titanica lotta dispiegata per l'intera sua esistenza, tra Gesù e il Seduttore.
L'esperienza del Giordano per gli Evangelisti era stata la svolta decisiva della vita di Cristo che, nelle acque del fiume, aveva cercato dal Battista il pieno riconoscimento della sua totale integrazione con la nostra condizione umana, nel dolore e nella morte.
Il Precursore aveva espresso la sua contrarietà, tentando di impedirgli quella accettazione di morte. Per lui "il Messia, figlio di Davide" non poteva morire. Sarebbe stata una jattura esecrabile perché avrebbe causato il fallimento di Israele.
Nel deserto, il tentatore, fantasista di seduzione, offrì "pietre" al Messia per un beneficio non sudato, dal significato di privilegio, sprezzante dei comuni destini ed esplicativo del messianismo funzionale a esclusivo interesse.
Pacata ma ferma, fu la risposta: "Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". Il Salvatore rivendicò di Dio il diritto di nutrire con il "vero" pane.
Il Satana, insolente, altre sue offerte aveva in serbo: il fascino della sacralità e del suo potere.
Condusse il Messia all'apice del tempio di Gerusalemme, in delirio su abissi a inebriarsi di onnipotenza e a proposta di lievitare sospeso, in mirabolante altalena, per scorciatoie a disimpegno.
La folla, in attesa e stupita, avrebbe apprezzato l'esercizio circense.
Anche quella volta il rifiuto del Cristo fu senza alibi e perentorio l'invito a "non tentare il Signore" e piegarlo a propri egoistici interessi.
La provocazione al "mirabolante" spettacolo verrà reiterata, come ultima tentazione, quando chiederanno al Crocifisso morente di schiodarsi e scendere per dare prova di onnipotenza e di credibilità.
Sul "monte", luogo immaginato del potere divino, a Cristo venne chiesta complicità, per esercitare il potere terrorizzando con castighi i sudditi o blandendoli con privilegi. Ma la proposta di Cristo offriva a modello l'amore del Padre che si fa servizio e condivisione.
Orrendo e inaccettabile fu il messaggio per il Seduttore che del potere e delle blandizie faceva strumento per schiavizzare.
 
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Gesù nel deserto di Ivan Kramskoy

mercoledì 1 marzo 2017

Fra' Domenico Spatola: Le ceneri

Severo rito,
ogni anno,
rinnova grido
di Vangelo
a conversione,
in spazi del cuore
deserti a passione
e per amore
asserti silenzi
ad ascoltar profeti
messaggeri
di Scrittura:
duratura
promessa
di libertà matura.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Le ceneri

E' il primo giorno della "Quaresima" che prepara alla Pasqua. Durante il rito liturgico vengono imposte le ceneri sul capo dei fedeli.
E' l'austero segno che si traduce in invito alla conversione. Il modello evocato è presente in tanti episodi della Sacra Scrittura. La frase del ministro esplicativa del gesto è: "Convertiti e credi al Vangelo". Esprime il senso del rito. Chiede di "convergere" verso il "luogo" dove Cristo diede l'appuntamento ai suoi per poterlo incontrare.
Esso è simbolicamente "il monte delle Beatitudini", da dove Gesù dettò le condizioni che consentono il vero cambiamento della vita, perché le sole capaci di restituire all'uomo le autentiche potenzialità per essere felice come Dio, rivelato da Gesù come Padre che si comunica interamente ai figli.
Imitare tale amore verso i fratelli permette a Dio di prendersi cura di noi.
E' nella prima delle otto Beatitudini la chiave di tutte le altre e il senso dell'alternativa di Gesù alle logiche del mondo che si nutrono di potere e di avidità, alienati dalla "divinizzazione" (piena somiglianza divina) cui è destinato l'uomo per sua vocazione strutturale.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Il rito delle Ceneri - Acquarello di Julian Farat 1881