venerdì 27 luglio 2018

Fra' Domenico Spatola: Eclissi di luna

Questa notte riprova,
o Luna, troverai alcova
nella Terra tua madre
che a gioco
ti nasconde non poco
al fulgore del disco solare:
per un'ora durerà tuo amare
in quel grembo che ti volle compagna
e che eclisse
assenza tua lagna
e in danza
che avanza
rende umane
geometriche ellissi
e noi fissi
in cielo a guardare
vostre nozze nell'immenso
più intenso
languore
mentre il cuore
aspetterà tuo risveglio

a vigore. 

Fra' Domenico Spatola 


Fra' Domenico Spatola: Era la tua prima Messa, o Signore

Famelica nel deserto
la folla ti seguiva
Signore, e ambiva
perchè offerto
altro cibo che non il tuo,
e perché suo,
a compassione,
in cinque pani
offrivi essenza
in nuova competenza
della Legge
non più segno
ma d'amore degno
da non meritare
e solo da accettare.
Coinvolgesti i tuoi
a sfamare come vuoi
quella gente,
ingente
per la mensa di cinquemila
che, in fila
e, senza ressa,
parteciparono alla tua prima messa:
pane era il tuo dono
che, a perdono
inusitato,
invitavi ad essere mangiato.
E infin saziati,
dodici, stipati,
empirono cesti
né più mesti
tornarono alle case
a iniziare nuova fase
di loro identità

garantita in libertà.

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: Moltiplicazione dei pani e dei pesci (G. Lanfranco) 


Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XVII del tempo ordinario (anno B): Giovanni 6, 1-15



In quel tempo, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberiade, e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi. Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: "Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?" Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. Gli rispose Filippo: "Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo". Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: "C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?" Rispose Gesù: "Fateli sedere". C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. E quando furono saziati, disse ai discepoli: "Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto". Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: "Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!" Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo.


L'istituzione eucaristica è figurata da Giovanni evangelista nella "moltiplicazione dei pani".  
I temi della narrazione sono gli stessi dell'Esodo di Israele, in fuga dall'Egitto per la libertà.  "Manna" è il "cibo" garantito da Gesù, Messia definitivo e "pane che il Padre darà". Con il "mare" di Tiberiade, attraversato da Gesù, viene evocato il Mar Rosso e l'Israele liberato. "Nuovo  Mosè", e a lui superiore, è Gesù  che dal monte, il suo "Sinai", dona "il suo pane" a superamento della Legge. Fu provocazione di Gesù per il discepolo Filippo, ancorato a logiche di merito: "Dove comprare pane per sfamare tanta gente?".
La verifica produsse in lui indugi: "con duecento denari insufficienti". Andrea propose una timida soluzione. Ricordava dei "venti pani d'orzo" del profeta Eliseo che nell'antichità avevano sfamato cento persone. Presentò "il ragazzo con i cinque pani d'orzo e i due pesci". Immane la sproporzione.
Deciso Gesù si mostrò a scardinare il pregiudizio farisaico per cui "nulla con Dio è gratuito e tutto va meritato" ("comprato"). "Fateli sdraiare! ", disse, "da signori", aggiungiamo noi, "sull'erba abbondante" quella dei tempi messianici.
Quindi "il gesto" che rimarrà riconoscibile dalla Comunità : "Prese i pani e, rese grazie (in greco "eucaristia"), li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero". Lo stesso con i pesci.
I convitati erano cinquemila, un multiplo del "cinque" quanto i libri di Mosè  e del "cinquanta" quanto il numero qualificante i profeti, portatori dello Spirito Santo a Pentecoste.
Di quel pasto avanzarono "dodici canestri" per il "nuovo" Israele, ormai convocato.

Fra' Domenico Spatola 
(Nella foto: Moltiplicazione dei pani e dei pesci di Francesco Bassano 1580)

mercoledì 25 luglio 2018

AVVISO

Domenica 22/07/2018 fra' Domenico Spatola è stato nominato parroco della Chiesa di Santa Maria delle Grazie in San Lorenzo ai Colli - Palermo. Qui, celebrerà la messa tutte le domeniche alle ore 10:30. 
Continuerà inoltre a celebrare la messa delle 12:30 presso la Parrocchia Santa Maria della Pace (Cappuccini). 

venerdì 20 luglio 2018

Fra' Domenico Spatola: Borsellino e la scorta


Ogni anno è rimpianto:
in via d'Amelio è il solito canto
di dolore al ricordo
di un grande che finiva suoi giorni.
Non fu il solo
con lui era la scorta
che fu morta
da umana crudeltà.
Vittima dell'onorata società
che ha mietuto il destino
di Paolo Borsellino
ch'ebbe in Falcone
il suo campione,
e con lui accanto
faceva suo vanto
di debellare  la mafia,
usando la Legge
che qualcuno corregge
a suo favore.
Paolo a rumore
sapeva del danno
che avrebbe creato,
ma fu sua onestà
oltre sua morte
e rimane la sorte
che tocca noi tutti
di un mondo migliore
che rende onore
ai due grandi amici
che ora felici
a noi chiedono
a loro gesto
un passo più lesto.

Fra' Domenico Spatola 


Fra' Domenico Spatola: Ebbe compassione

Eran tornati,
contenti e viziati
i discepoli felici
perché tutti amici
avean reso a loro ideale,
ma scacco matto
avevano fatto
al messaggio di Cristo
rendendo misto
il Regno del Cielo
coprendolo col velo
di Davide il re.
Li volle con sé
Gesù nel deserto
ché a loro offerto
venisse suo pane
senza le vane
dottrine insegnate
a genti affamate,
che, numerose,
accorrevano ansiose.
Gesù vista la gente,
affamata e dolente,
venir con ardore
e senza pastore
provò compassione
a quella visione,
e volle egli stesso
a chiaro suo messo
insegnar cose sane

e spezzare il suo pane.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Dipinto del Ghirlandaio.  


Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della XVI Domenica del Tempo Ordinario (anno B): Marco 6, 30-34


Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 32Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.
34Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. 

Baldanzosi, per l'insperato successo, i discepoli di Gesù erano tornati dalla missione.  Li aveva inviati ("apostoli") ad "evangelizzare", ma essi, disattendendo alla missiva, avevano insegnato un messaggio altro da quello affidato. "Evangelizzare" era trasmissione del "nuovo" annuncio, mentre "insegnare" comportava la spiegazione delle Scritture: compito arduo che Cristo riservava a sé. Il "regno" da loro annunciato non era quello "dei Cieli", ma "di Davide" e del Messia "suo figlio", venuto finalmente a combattere i nemici d'Israele, garantendone la supremazia nella Storia. Il resoconto fu deludente e Gesù, per porre rimedio, li condusse nel deserto, lo spazio ideale per ogni processo di liberazione. Ma la gente, irretita dal loro annuncio, accorse precedendo i discepoli nel luogo dove in barca erano diretti. Era un flusso interminabile di gente illusa, da causare in Gesù "compassione perché gregge senza pastore".
Comprese che essa non cercava lui perché non idonea era stata la dottrina annunciata, si fece esclusiva guida e maestro "spezzando" per quelle folle, insieme al vangelo,  il suo pane.

Fra' Domenico Spatola 



domenica 15 luglio 2018

Fra' Domenico Spatola: I babbaluci e u Fistinu

Vitti i babbaluci 'nto tianu,
mi taliavanu comu a dirimi: "Allonga a manu!
Semu ca pi tia
che ogni annu aspetti a Rusulia,
a Santa.
Semu carnusi
e ognunu sinni vanta 
e sapurusi cu sucu o cu pitrusinu
semu vavusi,
ma nostru distinu
è fari priu
a tia e a to' ziu".
"Mi inchiti - rispunnivi -   l'occhi cu vostru aspettu
e vi dicu ca vi portu rispettu 

pi vostri corna,
nisciuti i fora
pi tutti i iorna          
di lu fistinu".
Ripintinu,
rispunniu a nomi di tutti
lu capitanu cu fari asciutti:
"Nui li corna  l'avemo pi fiura,
accura a vui e a vostra signura".

Fra' Domenico Spatola

venerdì 13 luglio 2018

Fra' Domenico Spatola: Li inviò


Non convenzionale
fu chiamata
a stesso ideale:
Gesù li volle con sé
per mandarli nel mondo,
a dare giocondo
messaggio di fraterna uguaglianza
"a due a due" consonanza
e pace donando,
liberando a comando
dagli spiriti impuri.
Li voleva sicuri
con un bastone,
il solo blasone
fiducia nel Signore
riposta nel cuore
e accoglienza donata
da chiunque
senza dunque
obiezione,
mangiando quanto offerto a provvigione 
qualunque vivanda
come in locanda.
Se ci sarà rifiuto,
da muto,
togliere la polvere dai sandali
come con i vandali.
Essi partiron contenti
ma altri intenti
misero a segno
diversi dal Regno
per cui furon mandati
perché d'Israele s'ergevano a vati

Fra' Domenico Spatola
Nella foto dipinto di Duccio di Buoninsegna


Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XV Domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 6, 7-13

Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. 8E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. 10E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. 11Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». 12Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, 13scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.
Aveva provato invano a coinvolgere Israele nel suo programma del "Regno". Al tentativo fallito, Gesù pensó ai "Dodici" la comunità alternativa alle tribù di Giacobbe.
L'intento si manifesto duplice: "stessero con lui e per mandarli a evangelizzare". 
Dettava così le modalità e le condizioni della missione: fiducia in Dio e negli uomini.
Andare "a due a due" in fraternità e uguaglianza. Solo un bastone nescessario alla lunga ituneranza e null'altro per la fiducia in Dio e negli uomini. Qualunque casa può accoglierli, senza differenze tra pagani ed ebrei. I criteri per definire i lontani verteranno sulla "non- accoglienza" e sulla "non condivisione".
Portatori e comunicatori di pace, la devono trasmettere a quanti accogliendola ne saranno degni. Il gesto di "scuotere la polvere dai sandali" è legata al trauma per il rifiuto della pace.
Partirono baldanzosi, ma - come si vedrà in seguito - con in testa idee contrarie  a quelle dettate da Gesù. Parlarono del regno alla maniera che conoscevano e ad essi più congeniale, enfatizzando
il regno di Israele.

Fra' Domenico Spatola 

giovedì 12 luglio 2018

Fra' Domenico Spatola: Preghiera a Santa Rosalia

O santa Rosalia,
Palermo a te tributa
e mai ogni anno muta
per te suo sentimento
ricorda quel momento
di quando dalla peste
liberasti e, teste
il cacciatore,
asserì che con favore
sul monte Pellegrino
indicato hai  il cammino
Fosti portata per le strade
e altre rade
dove imperversava peste
e a Palermo ormai negate eran le feste
perché il crudele male
era fatale.
E quando fosti portata
Palermo fu liberata.
Ma di quella peste c'è traccia
in altro male che sol tuo amore scaccia
perché  ci affligge non meno della peste
è la mafia che con grinfie leste
uccide vita e convivenza
insediata com'è a sovrintendenza
della politica e socialità
che criminalità
fa d'ogni cosa.
Santa Rosalia,
sei tu la rosa
più bella che città possa vantare,
fa' che Palermo possa profumare
di lealtà quale tu la vuoi
perché ciò che piace a te piace anche a noi.


Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: U jocu ri focu ru Fistinu

Quannu fu a gran parata
di la festa di la Santa
ni scuppiò a masculiata
chi ancora sinni vanta

Prima foru i fuareddi
poi li razzi luminusi
poi fu l'ura di l'aceddi
ca parevanu piatusi

Vinni l'ura di li roti
chi giravano furiusi
e poi tutti quanti i moti
ca sparavanu curiusi

Poi fu l'ura ri paracqua
cu li stiddi chi carianu
era spettaculu ca ti sciacqua
l'occhi puru ca ti frianu

Meravigghia  ca pareva
tuttu u munnu si spicchiava
comu fussi Adamu ed Eva
quannu bonu tuttu annava

Poi fu dunqui a masculiata
un ti ricu a meravigghia
fu sulu na gran bummiata
ca l'aricchi nun s'arripigghia

Era u focu ru fistinu
chi soddisfa a granni attisa
di Palermu chi no vinu

pi du iorni un bada a spisa.

Fra' Domenico Spatola 


Fra' Domenico Spatola: A prucissioni du Fistinu

E nisciu la Santuzza
ni la vara ch'è d'argentu
e ognunu sicci truzza
picchì è grand'eventu.

C'è la banna chi ci sona
i chiù forti e ardenti noti
e ni rici quantu è bona
la Santuzza chi so doti.

Veni appressu lu Pasturi
e poi puri u Cittadinu
cu la fascia triculuri
chi si fa tutt'u camminu.

Veni appressu tanta genti
c'è cu prega e c'e cu chianci
ma un si ricinu scuntenti
sunnu di lu cori lanci

indirizzati a Rusulia
la Santuzza amurusa
speran tutti ca ci sia
vita bedda e pruspirusa

Pi lu Cassaru a prucissioni
canti e preci e litania
riturnello all'orazioni:
"viva santa Rusulia!"

Di barcuna su affacciati 
picciriddi e tanti anziani
ci su puru i dispirati
abbannianu cosi vani

Ma si viri chi hanno fidi
pi li figghi carcerati
e pi chiddi chi hannu i nidi
ne i parenti disoccupati

A Santuzza tutti ascuta
puru si passa tisa tisa
ca v'assicuru pari muta
ma cu Signuri sinni spisa.

Caminannu caminannu
Palermu è tuttu visitatu
dalla Santa ca lu dannu
voli subitu livatu

Idda voli ca i fedeli
chiddi nichi e chiddi granni
pronti fussiri pi i celi
e in terra senza danni

Ni lu munti Piddirinu
panorama chi s'ammira
è incantu cchiù divinu
a Santuzza si ritira

e di là prega u Signuri
lu so sposu amurusu
pi Palermu chi a tutti l'uri

prega a Santa fiduciusu.

Fra' Domenico Spatola 


Fra' Domenico Spatola: Mi vitti u' Fistinu


U misi di lugliu
Palermu è in subbugghiu   
pirchì lu fistinu 
s'annaffia cu vinu. 
Muluni agghiacciati,   
stigghiola affamati,  
babbaluci a picchi pacchi,  
e simenza rintra i sacchi.      
Gelatu nni Ilarda                      
e involtini ca sarda.              
U scacciu abbrustulutu       
e resti alluccutu                     
pi tutta a luminaria               
e puru a ciumara                   
di genti chiù seri                    
chi dicinu prigheri                 
appressu a lu carru              
di nostra Santuzza               
che accetta anche a puzza    
di chista città         
picchì i cassonetti profumano ri baccalà.                               
Quannu a quattro canti      
arriva lu carru allura t'incanti                                   
pirchì è u momentu, ed è  giustu ca sia,
lu sinnacu cuntentu: "viva Palermo - grida - e Santa Rusulia !"

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 6 luglio 2018

Fra' Domenico Spatola: Non compresero.


Gesù venne in sua patria inatteso                                   
ma in sinagoga livore gli fu  reso                         .          
per il suo insegnamento     
ove commento             
era il dubbio delle cose           
che, ancor meravigliose, 
destavan stupore                  
contro il Signore:                  
come se ria                            
"del figlio di Maria"  
fosse sapienza              
e "non conoscenza"  
osavan  definire 
al solo udire                           
parole da incanto.                  
A vanto                                    
diedero tromba
che ancor rimbomba
di "togliergli il sandalo"
motivo di scandalo
ché non può essere Messia     
"il figlio di Maria".
Di lui tutto sapevano
e non concedevano ascolto.                                   
Gesù, amareggiato e disinvolto,     
insegnava intorno
sorpreso che luce del suo giorno                                      
i compatrioti  non  coglievano 
e, vuoti, non volevano 
donata
la vita da lui annunciata.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XIV Domenica del Tempo Ordinario (anno B) Marco 6, 1-6

Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 4Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6aE si meravigliava della loro incredulità. 

Di sabato la sinagoga è  affollata per i riti di preghiera e di ascolto. Laconico l'evangelista Marco nel presentare Gesù che insegna, senza fornirci dettagli sui contenuti e sulla modalità. Proviamo a indovinare dalla reazione dei presenti. Non si odono gli elogi espressi a Cafarnao, dove la gente era stupita dall'autorevolezza dell'insegnamento con cui Gesù superava gli Scribi. Il confronto aveva in costoro maturata una reazione. Avevano scelto di  calunniarlo additandolo "collaboratore di Belzebul" anche quando guariva. Dichiaravano "trucchi di magia" i suoi interventi a favore dei sofferenti con conseguente divieto di seguirlo. Il dictat era arrivato a Nazareth "sua patria", qui la folla ripeteva acriticamente quanto imposto dai loro maestri.
"Donde gli vengono tali cose?" era interrogativo retorico. Presumevano la risposta: "Quella sapienza", non autorizzata da nessuna scuola, e "quei segni compiuti" testimoniavano l'opera del maligno. A loro bastava il pregiudizio di conoscerlo "figlio di Maria" e di sapere dei fratelli e delle sorelle che stavano con loro, per rigettarne il messaggio.
Si preoccupavano i capi della istituzione religiosa di perdere adepti, e perciò  imponevano le proprie ossessioni.
Amaro il commento di Gesù su tanta ostinazione : "Un profeta è disprezzato proprio da quelli di casa sua!".
E costretto dagli eventi provò altri campi per la seminagione della Parola.

Fra Domenico Spatola