venerdì 26 gennaio 2018

Fra' Domenico Spatola: Giorno della Memoria.

Giorno di memoria
a ricordare storia
d'infamia e sofferenza
che interroga coscienza
per la ingiusta sorte
e la spietata morte.
Troppi a chiedere il senso
e consenso
di pudore
a non ripetere dolore.
Cenere fu stadio a quiete
di vite senza mete,
razziate
e convogliate
negli sbuffanti vagoni
dal fetore di carboni
e morte:
preludio era triste sorte,
per quella umanità irredenta,
ancora lì, triste e scontenta,
ricorda le umilianti gogne
in quei campi di vergogne
e di massacri
e i fetori dolci e acri
della carne al vento
sola libertà donata al compimento.

Fra' Domenico Spatola.

Fra' Domenico Spatola: Quello che tu insegnavi...

C'ero pure io, seduto in sinagoga
quando, o Signore, con foga
ti gridò a dispetto
quel tale che, a tuo cospetto,
mostrava rabbia e tutto il suo rancore.
Era il furore
di chi non accettava
che tu venivi a rinnovare Patti
non più ostili all'uomo da contratti
di chi voleva del peccatore la morte.
A noi altra sorte
riservavi volendo tutti figli,
perciò davi consigli
al tizio forsennato
perché addomesticato
non parlasse di Dio a furore:
quello che tu insegnavi
era il Padre dell'amore.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della IV Domenica del Tempo Ordinario: Marco 1, 21-28

Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. 22Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. 23Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, 24dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». 25E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». 26E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». 28La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.




Commento al Vangelo. 
I "pescatori di uomini" sono già a lavoro con Gesù. Prima tappa: la sinagoga di Cafarnao. Ambiente di culto, ambito di ossessioni e particolarismi dei fanatici, educati alla intransigenza e refrattari alle novità e ai cambiamenti. 
Maestri sono gli scribi, interpreti indiscussi della Legge di Dio. Gesù ne aveva smascherato l'ideologia, declassandola alla "dottrina di uomini" e le loro usanze a "tradizione degli antichi". 
La folla gremisce la sinagoga, stupita per l'inedito di Gesù. Gli riconosce l'autorevolezza divina, dubitando ormai di quella degli scribi. 
Il confronto provoca reazione. Un fanatico, arrogatosi interprete del presunto corale dissenso, attacca Gesù, ritenendo proditorio il suo intervento avverso a ciò in cui crede. 
Difende la dottrina degli scribi, nella quale è integrato, chiede al "Santo di Dio" (titolo davidico del Messia atteso) di allearsi a favore della causa d'Israele per dominare i popoli. Gesù rifiuta il dialogo e lo libera dalla ossessione. 
Non indolore la cura. E' infatti proposta d'amore, efficace se diventa servizio a favore di tutti gli uomini, senza alibi e senza scarti, sul modello di Gesù. 

Fra' Domenico Spatola.
Nella foto:Gesù nella sinagoga - Dipinto di William Hole (1846-1917). 

venerdì 19 gennaio 2018

Fra' Domenico Spatola: Pescatori di uomini.

Quando il Battista giunse a foce,
Erode, atroce, ne soffocò la voce.
Ricevesti, Signore, dal tuo campione
il testimone
e nel viaggio
ad ampio raggio
annunciasti tuo Vangelo,
togliendo il velo
dal Padre amico,
poco ancor dico,
annunzio del Regno ormai vicino
e suo cammino,
in cerca di futuro
a duraturo
messaggio
che coraggio
dà a nuova umanità
in rinnovata lealtà
per dare non più morte da peccatori,
ma vita e salvezza da pescatori.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Chiamata dei Santi Pietro e Andrea di Luca Giordano.

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Terza Domenica del Tempo Ordinario: Marco 1, 14-20

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
GESU' IN GALILEA
I primi quattro discepoli
16Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch'essi nella barca riparavano le reti. 20E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

Commento al Vangelo
Erode Antipa esercitava il potere costringendo al silenzio Giovanni Battista, che ne denunciava gli illeciti. Credeva, carcerandolo, di avere tacitato il temibile rivale, quando un'altra Voce si levava più potente: quella di Gesù che, con la potenza dello Spirito, proclamava il Vangelo nella multietnica Galilea, per lui più sicura della ortodossa e permalosa Giudea. "Il tempo ormai maturo e il Regno di Dio vicino" era il nuovo messaggio, dove l'amore del Padre era annunciato a tutti "gratuito" e "incondizionato". Richiesti erano l'ascolto e l'accoglimento della sua Parola con la conseguente conversione all'amore. 
L'ampiezza della missione suggeriva a Gesù la scelta di collaboratori. Li reclutò sulla riva del lago di Tiberiade, denominato, non senza esagerazione, "mare" per la sua vocazione universalistica. Destinatario infatti dell'annuncio era ogni popolo. I primi discepoli reclutati furono i fratelli Simone e Andrea. Li invitò alla missione di "pescatori di uomini". Mestiere da "bagnini", idoneo a salvare dai gorghi del male. L'altra coppia erano i fratelli Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo. Stavano, nel chiuso della barca con il padre e i garzoni, a organizzare il lavoro, quando li raggiunse l'invito alla sequela. Lasciarono tutto e lo seguirono. 

Fra' Domenico Spatola. 
Nella foto: Pesca al lago di Tiberiade di Pietro Cortona. 

lunedì 15 gennaio 2018

Fra' Domenico Spatola: 25 anni, o madre, dal tuo addio.

Ormai tuo sguardo
a traguardo
custodisco di ideale
e stella
scelsi la più bella,
era normale,
ma anche quella
mi sembrò opaca
a tuo confronto:
affronto
a tuo splendore;
ammetto ch'era mio cuore
che il tuo trasfigurava;
eri bella,
quando la carrozza cigolante
andava
e tu dall'alto, mia regina,
additavi a me china
altra meta.
Piansi e non quieta
fu di mia anima tormenta,
or che cinque lustri
ormai da quella resa
mi sembrò offesa,
o madre, l'andare tuo lontano,
senza paura mi dicesti,
e, dandomi la mano
quel tuo calore
lo serbo ancora in cuore.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: A 50 anni dal terremoto

Valle dal Belice irrigata
e di lacrime segnata
da terra,
cui grembo fa guerra.
Furon boato
e urlo accorato
non da parto di vita
ma di folle,
avvezze alle zolle
e di gente
senza più niente,
scampata ai morti
giacenti negli orti.
Dieci i lustri
ancor frustri,
che amara ricorda
Demetra,
mai tetra
madre dei campi.
Essa accorda suoi ampi
spazi
d'infinito mai sazi
in ricordo passato
a mai scemato
dolore
e ne parla dal cuore
in ridente contrada
offesa e rinata,
per un sogno
di speranza
che il vento
del tempo contento
ne sparge vitale
seme nuovo e fatale.

Fra' Domenico Spatola.

venerdì 12 gennaio 2018

Fra' Domenico Spatola: Il passaggio

Passavi ancora Signore
e il Battista contava le ore:
solo due,
le ultime a finire del suo giorno,
perché tu già ne rilevavi intorno
discepoli, accorsi appresso a te,
dove abitavi, e tu da re,
li invitavi nelle dimore
del tempo tuo verace
che in nostra storia
porta pace
del Padre che di te ne fa messaggio
a noi, liberati dal tuo passaggio.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Gesù e gli Apostoli (Duccio di Buoninsegna)

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Seconda Domenica del tempo ordinario: Giovanni 1, 35-42

Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» - che significa Pietro.

Il popolo di Mosè aveva consumato l'agnello per fortificarsi prima di intraprendere il cammino di liberazione dalla schiavitù egiziana. Il sangue, sugli stipiti delle case di Israele, l'aveva salvato dalla furia dello Sterminatore. 
Dall'altra sponda del fiume, da lui mai guadato, il Battista fissò Gesù mentre passava, additandolo ai discepoli: "Agnello di Dio". Due di essi lo seguirono. Voltandosi, Gesù domandò loro: "Cosa cercate?". La risposta fu quella attesa: "Maestro, dove dimori?".
Invocarono l'esperienza con lui. Li accolse. Più tardi chiederà di ricambiare l'ospitalità: "Il Padre e io verremo a lui e dimoreremo in lui" (Gv 14,23).
Accadde al tramonto: erano le quattro del pomeriggio del giorno prossimo al nuovo che stava per iniziare alle diciotto, per accogliere il vecchio testimone. 
Andrea era dei due. Il nome lo indicava già maturo nella fede. Incontrò Simone, suo fratello, e lo condusse dal Messia, che subito lo identificò "figlio di Giovanni", riservando per lui l'eloquente soprannome di "Pietro". 
Evocava nell'appartenenza di "figlio di Giovanni" il trascorso dell'irriducibile discepolo e, nel soprannome "Pietro", il futuro della sua resistenza alla sequela di Gesù. L'invito "Seguimi!" per lui tarderà, giungendo solo alla fine. 

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: dipinto del Ghirlandaio. 


Fra' Domenico Spatola: San Bernardo cappuccino

San Bernardo da Corleone
di virtù fu gran campione.
Da valente spadaccino
divenne Frate cappuccino.

Era buono con la gente,
non sopportò il prepotente
duellando con il Canino,
millantato spadaccino.

Del Canino era annunciata
la tragedia già segnata.
Ma Bernardo al fin pentito
sceglie di mutar vestito.

Bussò alla porta del convento,
ottenne il saio tutto contento.
I Cappuccini eran severi
e, tra i tutti, i più austeri.

Di Bernardo, straordinario
fu il cammino fin al Calvario,
e il Crocifisso l'arma sua forte,
con la quale aprì le porte.

Soprattutto quelle del cuore,
sua preghiera invitava all'amore
verso i poveri e gli ammalati,
la gente triste e i disoccupati.

Per ognuno fu provvidenza,
nessuno partì da lui senza
aver dono e benedizione
che a tutti dava a compassione.

Molti bussarono al convento,
ognun teneva stesso intento:
poveri, ricchi, nobili e prelati,
tutti da lui furon consolati.

Volò in alto fino al Crocifisso
restò di Gesù l'amante fisso,
offrendo a lui, nostro Signore,
per tutti quanti vita e amore.

Ora là nella chiesa aspetta
volendo a tutti dare retta,
e di ciascuno la preghiera,
sua protezione fa sincera.

Fra' Domenico Spatola.

venerdì 5 gennaio 2018

Fra' Domenico Spatola: Filastrocca della Befana

Parliamo della Befana
e delle calze sue di lana:
piene di ricchi doni
o di carboni.

Ha il fazzoletto tutto rosso
e il naso grosso grosso,
dalla scopa per volare
aguzza gli occhi per guardare:

dove sono i bimbi buoni
per premiarli con i doni,
che essa tiene in un gran sacco
dove ha messo ogni pacco

per le richieste dei bambini
che hanno espresso in pensierini.
Vola svelta e ancor decisa
sbrigativa e molto concisa

vuole fatti e non le parole
e per questo tesse spole
e, in ogni parte della Terra,
predilige i bimbi in guerra.

Essa è buona per natura
ma sformata da struttura
così la bella Epifania
è un miracolo che ancor sia

ricordata come festa
da un'Italia molto mesta
trasformata in Befana
da una politica più strana.

Non può perdere però creanza:
la giovanile Italia avanza
fiduciosa che migliorerà
entro l'anno che verrà.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Il Battesimo di Gesù

Quel battesimo di morte
non era sorte
del Messia
che volle immergersi nell'acqua
per far monda la mia macchia.
E Giovanni non distoglie
le sue voglie
e facilita il dolore
che si svelerà d'amore
sulla croce,
donde voce
lo addita "figlio prediletto
e di compiacenza
a noi efficienza
di salvezza
con suo Spirito a pienezza.

Fra' Domenico Spatola

Nella foto: Battesimo di Gesù (Guido Reni - 1623)

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica del Battesimo di Gesù: Marco 1, 7-11

E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Battesimo di Gesù
9Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10E subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. 11E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».
 
Commento al Vangelo
 
Apripista di Gesù è il Battista. Venuto a iniziare modello nuovo per incontrare Jahvè. Sa bene che il tempio di Gerusalemme non risponde alle esigenze che nascono dalla gente e dalla storia. Il messaggio che egli porta è il perdono, conseguente alla conversione da lui predicata. Chiede ai molti che a lui accorrono solo la nuova rotta della vita: non rubare, non dire il falso... ma soprattutto ritiene urgente affrettarsi perché "il Regno è vicino" e urge il cambio di testimone. Non bisogna perciò farsi trovare impreparati. Il messianismo del Battista è tuttavia tarpato dall'idea del Messia giudice imminente e inesorabile. Sa che "colui che viene dopo di lui è più forte e non scalzabile dal ruolo di sposo", e perciò comunicatore del vero battesimo, quello dello Spirito Santo, al confronto del quale il Battista ritiene il suo d'acqua e di morte al passato. Gesù disattende tuttavia l'indicazione del suo alfiere fino a spiazzarlo. Arriva al suo battesimo come i tanti penitenti, accettando, con il battesimo d'acqua, la morte sua futura in croce quale offerta della sua vita per l'umanità. Ma l'acqua di morte lo respinge, come la morte farà al sepolcro, e i cieli si squarciarono irrimediabilmente, come accadrà col velo del tempio alla sua morte in croce, senza più ostacolo alla comunione con il Padre.
Lo Spirito scende a consacrare Cristo per la missione che stranizzerà il Battista perché Gesù viene a salvare più che a sconfiggere i nemici.
 
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Battesimo di Gesù (Leonardo da Vinci - 1470)
 


giovedì 4 gennaio 2018

Fra' Domenico Spatola: I Magi

I Magi da lontano,
venuti invano
a cercare da Erode,
che geloso ancor si rode,
Gesù a Betlemme nato.
Il tiranno è appoggiato
da Gerusalemme in gran paura,
perché non si sente più sicura
ed Erode, a dissenso,
cerca dai suoi novel consenso:
è lui infatti il vero re
e, come lui, nessuno c'è.
Stella apparsa sul cammino,
guida i Magi a destino:
quello che umana sorte
muta e libera da morte.
A stella ricomparsa
la fiducia è riapparsa:
e a Gesù, regal tesoro
offrono con l'oro,
e con l'incenso
il profumo intenso
alla Divinità,
ma è la mirra
che, in amore e morte,
ricorda a tutti sua Umanità.

Fra' Domenico Spatola.
Nella foto: Adorazione dei Magi di Jacopo da Bassano (1562)

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Epifania del Signore: Matteo 2, 1-12

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». 3All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
6E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda:
da te infatti uscirà un capo
che sarà il pastore del mio popolo, Israele
».
7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».
9Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
 
Commento al Vangelo
I Magi non erano tre e neppure di condizione regale. Matteo li presenta maghi o indovini. La tradizione medievale successiva ne dichiarerà la regalità, a legittimare, sulla loro tomba nel duomo di Colonia, l'incoronazione dei re e degli imperatori. Per l'evangelista vengono da dove sorge il sole, e inseguono a miraggio la loro stella. La stessa intravista dal Vate di Israele, secoli prima, nelle trame del suo popolo, a speranza del trono che esso avrebbe elevato a dominare le genti.
Sbandarono e, a Gerusalemme da Erode, pretesero sapere del rivale neonato Re dei Giudei. Nella penna di Matteo il tiranno reinterpretava la furia omicida del Faraone del tempo di Mosè. Identica la gelosia che lo muove al misfatto: la strage degli innocenti.
I nostri pellegrini ascoltarono, dai dottori della Legge, il profeta Michea sul Messia e su Betlem, stessa città che diede i natali al re Davide. Ripresero il cammino, entusiasti nel rivedere brillare la stella, negata a Gerusalemme, città assassina. Trovarono il Bambino e la Madre (forma di governo surretizio fino alla maggiore età del figlio) e, prostrati, lo adorarono. Aperti i loro scrigni, offrirono l'oro, a riconoscimento della regalità di Gesù, l'incenso a professione della sua divinità e la mirra alla condivisa umanità. Le citazioni continue del Vecchio Testamento, orientano a Gesù quale compimento.
Sui nomi dei Magi, la nostra curiosità non è appagata. L'anonimato, voluto da Matteo, legittima i popoli della terra, invitati ad entrare nel Regno, appena inaugurato.
 
Fra' Domenico Spatola
 
Nella foto: Adorazione dei Magi - Giotto.