venerdì 31 luglio 2020

Fra' Domenico Spatola: Offrì i due pesci e i cinque pani

Udito della morte del Battista,  
altra pista 
Gesù batté e, in barca,  
si ritirò ove più parca 
è la vita: nel deserto.
Qui avrebbe offerto 
il pane
alle più sane 
genti 
che, ingenti 
lo seguirono da città.
Giunte là, 
Gesù n'ebbe compassione 
e a tutte, di guarigione 
diede aiuto: 
sanò il sordo e il muto 
e chi per via,
affetto era da malattia.
Scesa la sera, 
i discepoli, a tiritera,
gli ricordarono il deserto 
e che ognuno al suo coperto
tornasse a mangiare.
Ma Gesù disse di farli accomodare.
"In questi luoghi insani,
non abbiam che cinque pani".
Risposero d'istinto
a Gesù che, più convinto,
li volle come su divani 
per offrir i due pesci e i cinque pani.
Quella folla,
si rialzò satolla.
Posti in fila
di uomini eran "cinquemila",
senza contar però i cammini
delle donne e dei bambini.

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: dipinto del Lanfranco 

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della XVIII domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 14, 13-21

13
 Udito ciò, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto. Ma la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città. 14 Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
15 Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16 Ma Gesù rispose: «Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare». 17 Gli risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci!». 18 Ed egli disse: «Portatemeli qua». 19 E dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla. 20 Tutti mangiarono e furono saziati; e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati. 21 Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Era morto il Battista. Decapitato. In Giudea non tirava aria buona per Gesù. Il segnale "di terrore" lo riguardava. Si trasferì in Galilea. Il lago e l'attraversamento in barca, dovevano richiamare ai discepoli l'esodo di Israele dall'Egitto, al seguito di Mosè, e il passaggio del Mare Rosso. La folla, da ogni angolo della Palestina, accorreva per essere "liberata". Raggiunto il deserto, Gesù ebbe per gli infermi la stessa compassione, che fu di Dio nell'Antico Testamento, e li sanò. Tutti pendevano dalla sua Parola, di cui l'evangelista denunciava la fame. Lo sfondo è tematico, perché eminentemente eucaristico: la "condivisione di pani e pesci" prefigura, anticipandone la narrazione, "l'ultima Cena". Scese la sera e, a interrompere l'idillio con  la folla, ci provarono i discepoli, ancora lontani dal capire. Vogliono imporre a Gesù di smetterla di "nutrirla" con la sua Parola, e di congedarla perché ognuno vada altrove a "comprare" pane da mangiare. Invincibile ideologia meritocratica: tutto va acquistato, non c'era, in loro, spazio per il dono di Dio. Gesù li spinge verso altra rotta: "Date a loro voi da mangiare!". È la sua lezione: anche il discepolo, come il Maestro, si faccia dono ai fratelli. Le disposizioni sono subito impartite: "Fateli sdraiare!" come signori liberi. A servirli saranno Gesù e quanti ne condivideranno il messaggio. I "cinque pani e i due pesci" in possesso dei discepoli, dal Signore sono posti a condivisione per moltiplicarsi. Tutti saziati! Cinquemila i soli uomini, senza contare donne e bambini. Annotazione non peregrina. Il numero "Cinquanta" coi suoi multipli, oltre che indicatore dello Spirito Santo e della maturità nella fede,  è anche numero di completezza perché si possa parlare del "nuovo" culto. Per celebrare infatti quello ebraico necessitavano almeno "dieci maschi". Con "i cinquemila" Gesù ha fatto "il pieno" per il nuovo rito.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Dipinto del Guerrieri 

venerdì 24 luglio 2020

Fra' Domenico Spatola: "Il Regno dei cieli..."


Diceva ai suoi Gesù:
"Il regno ancor di più,
 è un tesoro
dove l'argento e l'oro,
son nella cassa.
Per l'ingente massa,
chi lo trova lo nasconde
ma fa come le onde,
che in spiaggia torna
e suoi beni storna
per acquistare il campo.
Il tutto fa in un lampo.
Il regno è pure perla:
chi cerca per averla
vende tutto ciò che ha
per il valore noto già".
Con altro  segno
parlò del Regno:
"Il pescatore esce
e nella rete accoglie pesce
d'ogni genere e misura,
e poi, con somma cura,
stando a sedere
vuol vedere
i pesci buoni nei canestri
e buttare in mare gli scapestri".
Parlò infine a tutto tondo:
"Sarà così del mondo:
separati i buoni dai cattivi,
finiran bruciati i recidivi,
in fornaci ardenti,
da pianto e stridor di denti.
Se comprendete tali cose,
non vi saràn noiose.
Per questo ogni dottore,
fatto servo del Signore,
è simile a chi cose amiche
fa le nuove e le antiche"

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XVII domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 13, 44-52


44 Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
45 Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46 trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.
47 Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48 Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49 Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50 e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
51 Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». 52 Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».


Soddisfatto dell'annuncio del "Regno dei cieli", in parabole che dicono vitalità del seme in dinamiche sorprendenti di potenzialità, Gesù lo configura infine al "tesoro nascosto nel campo" e alla "perla di rara bellezza", che un uomo, fortunato o in ricerca, ha trovato e, da intenditore, vende quel che ha per acquistarlo. Entusiasmo intende comunicare Cristo ai discepoli per la sua Parola: a meritarla, vale investire tutto! Il messaggio è prospettato in chiave escatologica, da compimento della Storia nella terza similitudine: "la rete" che, calata in mare, raccoglie ogni sorta di pesci. La selezione, operata dai pescatori sulla riva, ha per Gesù altro fondamento che non quello imperato dalla Legge che giudica  su criteri di "puro" o di "impuro"   (Levitico 11,10). A Cristo interessa la scelta di vita di quanti, "pesci buoni" son vivi perché vivificanti; mentre i "marci", perché mortiferi, verranno obliati in mare. 
A conclusione delle Parabole, l'autore offre di sé il ritratto, descrivendosi "Scriba, divenuto discepolo del Regno che, dal suo tesoro, estrae il nuovo e il vecchio, ma questo solo se con il primo si combina".

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 17 luglio 2020

Fra' Domenico Spatola: Parlava in parabole

Come sciabola
Gesù usava la parabola,
per colui che non crede
e cui chiede fede.
Volendo dare un segno,
parlò del suo Regno
ove seminato ha la zizzania
chi ancora nutre smania
di avvelenare il grano.
Volean subito por mano
i servi del Signore
per estirparla con fervore.
"No!" disse "perché maggiore
è il danno del furore.
Crescano insieme
e quando maturi il seme,
separerete il grano
dal frutto insano
che poi brucerete!"
Con altre diete
fece suo discorso:
"Il seme occorso
è la senape in campo
che d'altri semi senza scampo
è il minore,
cresciuto però è di gran cuore
e accoglie tra i rami
gli uccelli dei reami.
Altro modello
del Regno è quello
del lievito, che nella farina
mette la donna di cucina
per far la massa lievitare
e pane poi sfornare".

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Sedicesima Domenica del Tempo Ordinario (anno A): Matteo 13, 24-43


Parabola della zizzania
24 Egli propose loro un'altra parabola dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo, che seminò buon seme nel suo campo. 25 Ma, mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò della zizzania in mezzo al grano, e se ne andò. 26 Quando poi il grano germogliò e mise frutto, apparve anche la zizzania. 27 E i servi del padrone di casa vennero a lui e gli dissero: "Signore, non hai seminato buon seme nel tuo campo? Come mai, dunque, c'è della zizzania?". 28 Ed egli disse loro: "Un nemico ha fatto questo". Allora i servi gli dissero: "Vuoi dunque che andiamo e la estirpiamo?". 29 Ma egli disse: "No, per timore che estirpando la zizzania, non sradichiate insieme ad essa anche il grano. 30 Lasciate che crescano entrambi insieme fino alla mietitura; e al tempo della mietitura io dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano, invece, riponetelo nel mio granaio"».


Parabola del granel di senape e del lievito
31 Egli propose loro un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape che un uomo prende e semina nel suo campo. 32 Esso è certamente il più piccolo di tutti i semi; ma una volta cresciuto è il più grande di tutte le erbe e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a ripararsi tra i suoi rami». 33 Egli disse loro un'altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prende ed impasta con tre misure di farina finché tutta la pasta sia lievitata». 34 Gesù disse alle folle tutte queste cose in parabole, e parlava loro solo in parabole, 35 affinché si adempisse ciò che fu detto dal profeta: «Io aprirò la mia bocca in parabole e rivelerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».


Parabola della zizzania
36 Allora Gesù, licenziate le folle, se ne ritornò a casa e i suoi discepoli gli si accostarono, dicendo: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». 37 Ed egli, rispondendo disse loro: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. 38 Il campo è il mondo, il buon seme sono i figli del regno, e la zizzania sono i figli del maligno, 39 e il nemico che l'ha seminata è il diavolo, mentre la mietitura è la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. 40 Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41 Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, ed essi raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e gli operatori d'iniquità, 42 e li getteranno nella fornace del fuoco. Lì sarà pianto e stridor di denti. 43 Allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi da udire, oda!».


Il "regno dei cieli" può anche subire la disavventura della zizzania, erba mortifera. È il Maligno, a significare ambizione e potere, che la semina nel campo, già arato e seminato a buon grano. La reazione degli operai è sbrigativa e zelante: estirparla! Il padrone del campo è saggio e lungimirante. Frena l'impazienza dei servi, perché ritiene il fanatismo più pericoloso della stessa zizzania. Impone saggezza e i tempi lunghi della maturazione: le spighe dorate renderanno riconoscibile il frumento dalla pestifera zizzania e saranno evitati facili giustizialismi. La parabola della "senape" descrive le attitudini del Regno. Contrapposta al cedro del Libano, che attira attenzione su di sé, il chicco di senape è talmente piccolo da apparire insignificante. Cresce nell'orto di casa, né ha necessità di essere seminato. A ciò provvede il vento. Ma il più piccolo  dei semi, quando matura, acquista dimensione più grande di tutti gli ortaggi. Dei suoi semi sono ghiotti gli uccelli che tra i suoi rami trovano ristoro. Ultima  parabola riguarda il "lievito" per gli effetti del Regno. La massaia ne introduce infatti una minima quantità nella consistente massa di farina. È il dinamismo del Regno la cui efficacia non attira l'attenzione, ma con semplicità opera carsicamente, nelle coscienze, costante conversione.

Fra' Domenico Spatola 

martedì 14 luglio 2020

Fra' Domenico Spatola: Festino 2020 a Palermo e il coravid 19

Del Festino, quest'anno,
il gran danno
non scorderemo.
Non vedremo
della Santa il corteo.
Coravid è reo
d'aver tolto la voglia:
e noi mangiammo la foglia
del tutto in malora!
Pazientato finora
abbiam rassegnati.
Oggi siamo arrabbiati,
perché a noi rivale
è questo male,
che lascia ordinaria
la luminaria,
e niente
consente:
non più bancarelle
di babbaluci e caramelle,
del rosso mellone
e del variopinto torrone.
Assente è la banda
tutto sembra una landa
e colui che comanda
non può neanche dire
ciò che ognun vuol udire:
il "Viva" più fermo
a tutta Palermo
e a Santa Rosalia,
che gridato han per via
Sindaci tanti,
ai quattro Canti
di nostra città.
Stasera siam qua
in piena disfatta.
Ma rendiamo compatta
la nostra preghiera
perché non chimera
ma sia oggettiva
e resa più viva
la nostra speranza
in Rosalia la cui usanza
è d'amore e di fede.
Essa non lede
l'ideale comune
e al virus, immune
farà nostra vita
resa più ardita
da Rosalia la Santa
in modello che incanta
ogni devoto
che a lei il proprio voto
offre da anima pia:
perché di Palermo è santa Rosalia!

Fra' Domenico Spatola

venerdì 10 luglio 2020

Fra' Domenico Spatola: Il seme cadde...

Come soleva fare
sedette in riva al mare
e, per vedere,
si volle anche sedere
Gesù su una barca,
non essendo ormai più parca
la folla che s'adagia
sulla spiaggia
ad ascoltare
del "Tale che uscì a seminare.
Il seme, caduto sulla strada,
di uccelli di contrada
fu il vitto,
ma anche di quello, che dritto
cadde sulla pietra,
tetra
fu la fine:
mancava infatti la terra
e sul raggio del sol che inserra
e sulle radici assenti
non vi furono commenti:
il tutto si seccò.
Altro seme sui rovi si posò:
crebbero insieme
ma il rovo soffocò il seme.
Un'altra parte,
infine ad arte,
cadde in terreno buono
e la risposta a tuono
fece ognun contento,
perché produsse il cento
e chi vanta
anche il sessanta
e qualcuno
il trenta anche per uno.
Chi ha orecchi ascolti
e suoi dubbi saran risolti!"
I discepoli curiosi
ritenevan misteriosi
tali linguaggi.
"Perché nessun s'adagi!"
fu risposta.
"Solo in voi è infatti posta
mia fiducia sì che da beati
vedete fatti da altrui desiderati.
Ora venite a scuola
a interpretar mia Parola
che se non si comprende
il Maligno se la prende
e la porta via.
Sarà altrettanto ria
la condizione della pietra
ove il seme arretra
nell'incostanza
e stessa devianza
avvien di quello coi rovi
che non più trovi,
per ansie e distrazioni
e le preoccupazioni.
Il seme caduto
sul buon terreno è benvenuto,
perché produce quel tanto
che del seminatore è vanto!"

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quindicesima Domenica del Tempo ordinario (anno A): Matteo 13, 1-23


1 Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. 2 Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.
3 Egli parlò loro di molte cose in parabole.
E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4 E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. 5 Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. 6 Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. 7 Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. 8 Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. 9 Chi ha orecchi intenda».
10 Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?».
11 Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12 Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 13 Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono. 14 E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice:
Voi udrete, ma non comprenderete,
guarderete, ma non vedrete.
15 Perché il cuore di questo popolo
si è indurito, son diventati duri di orecchi,
e hanno chiuso gli occhi,
per non vedere con gli occhi,
non sentire con gli orecchi
e non intendere con il cuore e convertirsi,
e io li risani.
16 Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. 17 In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!
18 Voi dunque intendete la parabola del seminatore: 19 tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20 Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia, 21 ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. 22 Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto. 23 Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».


Centrale, la Parola è  assimilabile al "seme". Se attecchisce, sprigiona nella persona energie vitali imprevedibili. L'insegnamento di Gesù è ai discepoli, perché non si scoraggino se i frutti dell'apostolato si fanno attendere.
Della parabola del "Seminatore", Isaia orienta  all'efficacia della Parola di Iahvè: "Non ritorna a me, senza avere portato frutto".
 "Perché parli in parabole?" chiesero i discepoli al Maestro. La di lui denuncia riguardava l'immaturità del popolo, non ancora in grado di recepire del Padre l'universalismo dell'amore, ritenuto esclusivo da Israele. Previa perciò la conversione al "bene dell'uomo", prioritario e assoluto nell'insegnamento di Gesù. Coloro che avevano fatto la scelta del "Regno", avevano diritto a comprendere. La  "seminagione" preannunciava la fatica dell'apostolato e la "mietitura" la gioia  del raccolto. Il "Maligno" rubando il seme "caduto sulla strada", emulava il potere e l'ambizione, che asservono l'uomo schiavizzandolo. Il seme, "tra i sassi e bruciato dal sole", adombra gli incostanti, pronti ai facili entusiasmi, e a venire meno ai primi imprevisti sfavorevoli. Analoga è la condizione del seme "asfissiato dai rovi", come la persona ostacolata nella crescita dalle cattive passioni e dall'avidità. La speranza viene dal "buon terreno". Le prospettive possono variare dal "cento per uno" a quote più basse,  e pur sempre apprezzabili, del sessanta o del trenta per uno.

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: "Campo di grano con volo di corvi". Dipinto di Vincent Van Gogh

martedì 7 luglio 2020

Fra' Domenico Spatola: In ricordo di Ennio Morricone e della sua arte

Ci sembrò dura sorte
la morte
per l'avanzata età
di sua maestà
Ennio, la cui mirabil dote
furon le musicali note:
romantiche e sognanti
in cuori d'amanti,
o nei films qual colonne
d'uomini e donne
che quotidiana parte
fan rivivere nell'arte.
A lui debitori:
tra i signori
il posto ha collocato
e a Mozart sta a lato
echeggiando melodia
e di Schubert l'armonia
con l'intento
del commento
alla vita surreale
oppur normale:
a volte accesa
e di Western compresa
o col Totò che suo viso
dà a "nuovo cinema Paradiso".
Morricone fu campione
in "Gabriel oboe" di "Missione",
e con i cori poderosi
e gli strumenti favolosi
sviluppò sua ampia orchestra
utilizzando i suoni extra
con richiami alla natura
che fan sua arte imperitura.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 3 luglio 2020

Fra' Domenico Spatola: Per ricordare il compleanno dell'ordine dei frati Cappuccini: 3 luglio 1528

Oggi i Cappuccini
festeggiano i cammini
tanti e diversi
ma tutti conversi
all'ideale
che rende attuale
il Vangelo
che, con amore e zelo,
i frati predicaro.
Non sia in noi avaro
quel carisma
splendente come prisma,
offerto alla Chiesa.
Ovunque viene accesa
la fiamma di Francesco,
abbondante si fa il desco
della mistica Parola
che tanti frati, a scuola,
portarono alle genti.
Oggi non pieni son i conventi
perché il messaggio,
a coraggio,
attua la missione
dei Cappuccini che passione
servono i poverelli
che sono sempre quelli
dal Cristo prediletti.
A loro i nostri affetti
per l'ideale sano
e tutto francescano.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Venite a me.

Disse Gesù: "l'anima mia gode
a darti lode,
o Padre del Cielo,
perché hai tolto il velo
del tuo mistero
al misero sincero,
mentre fitto l'hai mantenuto
a chi ha creduto
d'essere sapiente.
Sì, o Padre onnipotente,
così deciso ha tua benevolenza,
facendo Provvidenza
a chi conosce il Figlio
e da lui prende consiglio
su ciò che hai svelato.
Venga l'affaticato
e oppresso
e per lui ristoro sarò io stesso.
Quel che chiedo è poco:
prendete il mio giogo
e da me imparate
mitezza e umiltà a voi insegnate,
e senza più fatica
vi arriderà amica
l'eterna vita,
ché mia dolcezza in voi sarà infinita!"

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della XIV domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 11, 25-30


25 In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. 26 Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. 27 Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
28 Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. 29 Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. 30 Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».


Al rifiuto ideologico dei "sapienti e dottori della Legge", refrattari al suo messaggio, Gesù risponde con un'orazione di ringraziamento al Padre, perché  si è tenuto nascosto agli intellettuali ossessionati dal legalismo giuridico, mentre si è manifestato ai "piccoli", che venivano sfiduciati dalle pretese meritocratiche di una Legge, che imponendo obblighi numerosi e non attuabili da tutti, causava diritti solo ai pochi privilegiati. I "piccoli" da Gesù invece avevano "imparato" l'amore gratuito e incondizionato del "Padre", il quale non chiede ai figli sacrifici ma di essere accolto, per condividerne la benevolenza in favore dell'umanità, assunta quale ambito della sua rivelazione. L'invito a "venire a lui" è perciò rivolto da Gesù agli "affaticati e oppressi" dalle norme eccessive ed esigenti, rese capaci di ostacolare l'incontro con Dio, relegato in zona irraggiungibile.
Risolutivo appare l'invito di Gesù a condividere il suo "giogo dolce e leggero", per assomigliargli nei sentimenti che lo caratterizzano: "miti e umili", gli stessi dei "piccoli fiduciosi in braccio alla madre" (Salmo 131).

Fra' Domenico Spatola