martedì 30 aprile 2019

Campionato in poesia: Livorno-Palermo 2-2

Uno scorno
speravamo al Livorno
lo facesse il Palermo,
per non restar fermo
al palo,
perché il lento scalo
ci dà un punto,
mentre altri han già raggiunto
su le vette.
Il primo goal lo scommette
il rigore di Nestarosky
ma a salvare sará Traiacosky
dalla doppietta del nemico
per un pareggio più amico.
Temiamo tanto i tesori
che mietendo pieni allori
altri accrescono a dispetto
di un Palermo circospetto
che ancora fa più floscia
nostra passione alquanto  moscia.
Cosa a noi darà il futuro
forse è un poco prematuro:
ma a restare tra i cadetti
i calzari ci vanno stretti.
Non rinunciamo all' utopia
del Palermo che ancor sia
sogno e vanto da inseguire
Tale ansia a noi lenire
chi ci pensa?
Della A non può far senza
questa bella gran  città
e la nuova Società
che da squadra prendon vanto:
non toglieteci l'incanto!

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Festa del lavoro

Più dell'oro
è il lavoro.
È ricco
chi ce l'ha
e a picco
va nella vita
chi invano fatica.
E l'impresa
tal da resa
a chi lo cerca
e con la vita alterca.
Il robot fa quello
che cento operai non fanno:
forse è un danno
oppure no.
Il lavoro non può
né deve mancare.
Opportuno è creare
nuove mansioni
non a umiliazioni
della gente
ma in quei campi ove niente
può la robotica
perché  esotica
a sua strutturazione:
ossia l'arte e ciò che è creazione

venerdì 26 aprile 2019

Fra' Domenico Spatola: "Signor mio e Dio mio"

Era la sera del primo giorno
e tutto all'intorno
faceva paura.
Resa sicura
era la porta del luogo
dove sol giogo
era natura.
Fu l'avventura
per i discepoli affranti
e non tutti quanti
eran presenti
mancava per caso
solo Tommaso.
Venne Gesù
che diede di più
la sua pace
che fu capace
di dare a respiro
lo Spirito divo
per il perdono
e l'abbandono
d'inimicizia
e a dovizia
fu grande la gioia,
passata la noia
di quanto accaduto.
Non fu muto
Tommaso
 quando seppe del caso:
"Voglio toccare sue mani
e porre in suoi vani
del cuore mio dito
sarà il mio rito
per credere in lui
e non saranno più bui
i miei pensieri".
Furon severi
i rimbrotti di Cristo
verso quel tristo,
ostinato a negare:
"Mi puoi toccare"
gli disse il Signore
"Ma beato il cuore
che crede
e non vede".
Tommaso ora più pio:
disse: "Signor mio
e mio Dio!".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Incredulità di Tommaso (Caravaggio)

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della seconda Domenica di Pasqua: Giovanni 20, 19-31

19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso incredulo e credente
24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!».27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Sera di paura. I discepoli stavano rintanati a porte sbarrate per timore dei Giudei. Quel giorno, primo della settimana, si stava chiudendo in delusione, quando irruppe in mezzo il Risorto. Il loro timore s'acquietò nel ricevere la sua "Pace". La stessa comunicata prima di "andare" e ora con l'affido di un nuovo mandato per diffonderla con la stessa gratuità con cui l'avevano ricevuta. Si trattava del perdono, all'intera Umanità, mediato dal Risorto. Li inviò missionari, con la stessa delega avuta dal Padre.
Mancava Tommaso. Difficile per lui non pensare che i compagni avessero visto un fantasma. Vorrebbe toccare per credere. L'ottavo giorno (da qui presero cadenza i ritmi della Eucaristia domenicale), Gesù fu in mezzo ai suoi con Tommaso, finalmente presente: "Metti la tua mano nel posto dei chiodi - gli disse mostrandogli le mani - e il tuo dito nel mio costato, e non essere incredulo ma credente". Esplose, in sintesi corretta, Tommaso da credente: "Signore mio e Dio mio!". Ma il Risorto l'ammonì pure per noi:
"Hai voluto vedere per credere; beati coloro che credono senza vedere!".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Incredulità di Tommaso (Verniglio)

giovedì 25 aprile 2019

Fra' Domenico Spatola: 25 aprile, sognando libertà


Oggi è il ricordo della Liberazione
da ciò che fu guerra e distruzione.
Lotte partigiane su ambo i fronti
di una Italia che val si confronti
con gli ideali di libertà che severi
chiede impegni in diritti e doveri.
Non è più nemico il fatale nazista
né il camerata nazionalista,
ma è l'avidità degli egoisti
che vogliono di tutto fare acquisti .
Il 25 aprile è data ideale 
per non dimenticare
che la libertà non è conquista
sempre in pista
e, quando è raggiunta,
mai sia disgiunta
dal rispetto
di ciò ch'è retto
dalla giustizia e dall'equità:
essa si costruisce con solidarietà.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 19 aprile 2019

Fra' Domenico Spatola: La morte di Gesù. Tratto da: Vangelo di Marco in versi

(Mc 15, 33-41)
All’ora sesta, il buio sulla terra
fece a luce guerra,
all’ora nona
di Gesù voce risuona
con l’alto grido: “Eloì, Eloì, lemà sabachtàni!”,
che significa: “Dio mio, Dio mio,
perché con me non rimani?”
Alcuni dei presenti, ancora in via,
dicevano: “Chiama Elia”,
mentre un tale correva a inzuppar d’aceto
la spugna, e beffardamente lieto,
come manna
la pose sulla canna
per dare a lui da bere:
“Stiamo a vedere
– diceva – se viene Elia,
a fargli compagnia,
o a tirarlo giù!”
Ma furono le ultime parole di Gesù,
che, a sua Comunità, con alto grido,
dello Spirito Santo diede l’affido.
Ma quella sua morte
dell’Umanità cambiò la sorte,
non più divisore fu del santuario il velo
che fino in basso si squarciò dal cielo.
Il centurione, disse al suo spirare:
“Davvero era il Figlio di Dio da amare!”
Osservavano alcune donne da lontano;
tra queste, che invano
si davan pena,
c’era Maria la Maddalena,
condiviso era dolore dall’altra Maria,
che si dice sia
la madre di Giacomo il Minore,
e dei fratelli Giose e Salome.
Altre donne dalla Galilea seguivano,
e, con amore, lo servivano,
durante i giorni bui,
da quando a Gerusalemme salite erano con lui.


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Fra' Domenico Spatola: La coronazione di spine. Tratto da: Vangelo di Marco in versi

(Mc 15, 16-20)
I soldati, nell’atrio del pretorio,
convocarono a mortorio
la coorte, per irridere regalità
di un re a metà,
perché considerato morto.
Con un mantello corto
lo vestirono di rosso
percuotendo, a più non posso,
le membra sue divine,
e coronandogli il capo con acuminate spine.
Inginocchiati e con ipocrite moine,
lo burlavano: “Salve dei Giudei re!
Ecco a te!”
E con la canna a simil scettro,
usata come plettro
gli facean risuonar la testa
sghignazzando a festa
e, piegando le ginocchia
e, sol per spocchia,
gli sputavano con volgarità
a umiliare sua regale dignità.
Dopo tanti scherni,
da vili e vermi
gli strapparono di dosso
la porpora irridente, appiccicata fino all’osso, 
e gli rimisero le vesti
e, lesti,
lo spinsero senza alcuna compassione
fuori città, per la crocifissione.


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Fra' Domenico Spatola: Gesù davanti a Pilato. Tratto da: Vangelo di Marco in versi.

 (Mc 15, 1-5)
A nuova luce il giorno non avea aperto ciglio,
quando i sommi sacerdoti e il gran Consiglio
di scribi e anziani,
senza più infidi e vani
loro temporeggiamenti,
fremendo, fecero precipitare quegli eventi.
Dopo aver Gesù legato,
prigioniero, lo condussero da Pilato,
che lo interrogò sul “perché?”
e se dei Giudei egli fosse il re.
Gesù rispose: “Perché lo chiedi a me?
Se tu l’hai detto”.
I sommi sacerdoti in grande assetto,
l’accusarono in maniere ingiuriose
e di tante cose.
Pilato tornò da Gesù a interrogarlo,
ma suo silenzio sembrava destabilizzarlo:
“Non ti difendi dalle accuse numerose?”
Ma Gesù non gli rispose
sì che, anche se contrariato
Pilato restò meravigliato.




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Fra' Domenico Spatola: Il rinnegamento di Pietro. Tratto da: Vangelo di Marco in versi

(Mc 14, 66-72)
Pietro intanto si scaldava nel cortile,
quando, impertinente e non leggiadro stile,
una serva del sommo sacerdote
lo fissò e, con parole ormai note,
puntò su lui il dito e senza freno:
“Anche tu – gli disse – eri col Nazareno!”
Ma egli, scoperto e rattristato,
con fare contrariato
negò:
“Non capisco – disse – e non so
quello che tu vuoi dire!”
Era svanito di Pietro il tracotante ardire,
e, appena fuori dal cortile,
non poté non udire il vile
gallo cantare la prima volta.
Ma la serva lo seguì per l’altra svolta,
e, senza titubanza,
ripetè ad oltranza
davanti ai presenti più straniti:
“Anche costui fa parte dei falliti!”
Ma Pietro ripeté suo diniego.
mentre tutti in coro a sussiego:
cantilenavano: “Canta e fai l’Orfeo,
dillo che anche tu sei Galileo!”
Ma egli, imprecò
e spergiurò:
“Non conosco quell’uomo che voi dite,
è troppo mite
per essere il Messia.
Io di lui neppure so chi sia!”
Il gallo, suonò sua tromba,
che ancor quel canto in ogni regione rimbomba.
Per Pietro fu la tomba
della sua caduta,
ricordando la parola di Gesù avveduta:
“Prima che il gallo canterà due volte,
per tre volte, prove saran raccolte
che vita mia da te sarà svenduta”.
E, a conversione già avvenuta,
angosciato suo pianto
fu amaro e tanto.



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Nella foto: dipinto di Caravaggio

Fra' Domenico Spatola: Il tradimento di Giuda. Tratto da: Vangelo di Marco in versi

(Mc 14, 10-11)
Era Giuda un discepolo di Cristo,
e con lui volle fare un grosso acquisto.
“Iscariota” veniva chiamato
e tra i Dodici annoverato.
Egli andò per tradire il Maestro,
che, a suoi gusti, non aveva più l’estro
del Messia da lui immaginato
“vittorioso” e “coi nemici spietato”.
Si recò dai sommi sacerdoti
per saziare d’avidità i suoi moti.
Quelli gioirono per l’inattesa fortuna
come se avessero preso la luna.
Gli promisero parecchio denaro,
ma il prezzo infin si rivelò avaro:
quanto da Giuda venne richiesto
i sacerdoti, nel modo più lesto,
trenta monete gli misero in mano,
sì che ormai ripensamento suo fu vano,
e dal frangente fino al precipizio,
ad arrestarlo cercò tempo propizio.


Il Vangelo di Marco, preferito per strategica essenzialità di narrazione, discorre in elegante sequenza di quadretti o finestre per la luce del messaggio che, anche con simboli, produce ansia di bellezza nella fedeltà al testo. Il libro servirà ai piccoli e agli adulti, e ciò ripagherà la mia fatica e quella degli editori che vi hanno creduto.
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Nella foto: Il bacio di Giuda (Caravaggio)

Fra' Domenico Spatola: ll Cristo, come seme nell'orto

Non dormii quella notte.
Tante eran lotte
nel sonno a tormento.
Non fui lento
ad andare alla tomba,
con il cuore che ancora rimbomba
di dolore e speranza,
che avanza
a paura
di trovare la morte sicura.
E il sepolcro era aperto
e vi entrai circospetto:
vidi i teli e il sudario di morte
ma il Cristo avea già aperto le porte.
Era in strada
e andava in contrada
di Emmaus al villaggio,
facendo coraggio
a due suoi seguaci
dicendo veraci
le Scritture sul suo conto
e, quando fu pronto
a spezzare loro il pane,
non furon più vane
le loro pretese
e, senza più attese
tornarono indietro
dai discepoli e Pietro,
a dir che il seme nell'orto:
è Cristo risorto!

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: La Resurrezione (Rubens)

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della notte di Pasqua: Luca 24, 1-12


1 Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. 2 Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; 3 ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. 4 Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. 5 Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? 6 Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, 7 dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno». 8 Ed esse si ricordarono delle sue parole.
9 E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. 10 Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli. 11 Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse.
12 Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l'accaduto.

Avevano sepolto il Crocifisso in tutta fretta, perché  il gran sabato, appena iniziato, vietava il contatto con i cadaveri. L'impurità che si contraeva non avrebbe consentito le celebrazioni pasquali. Le donne avevano visto il luogo della sepoltura di Gesù, ma erano andate via senza imbalsamarlo. Ligie alla Legge, avevano perso anche per noi di assistere alla risurrezione. Il giorno "uno" dopo il sabato, indicativo di nuovo inizio, le donne si recarono di buon mattino al sepolcro. Sorprendente che la pietra fosse rotolata via, e mancasse il corpo del Signore. Due personaggi dalle sfolgoranti vesti come quelle indossate da Mosè e daElia, nel momento della Trasfigurazione, provarono a diradare i loro dubbi, invitandole a "non cercare tra i morti il Vivente". Non dovevano perciò piangere Gesù come morto, ma sperimentarlo vivo. Le invitavano a riandare con la memoria  in Galilea, dove tutto quanto era stato dal Cristo annunciato: il Figlio dell'uomo consegnato ai capi religiosi che, da peccatori, ne avrebbero voluto la morte mediante crocifissione. Ma egli sarebbe risorto il terzo giorno. Le donne presero l'iniziativa di  annunciare agli Undici e a tutti gli altri, l'evento. Non furono credute, perché donne. Pietro stesso volle constatare di persona,  andando a cercare il Signore, dove non andava trovato, ossia nel sepolcro, perché "il Vivente". Luca darà più tardi l'indicazione dove trovarlo: a Emmaus, due discepoli lo sperimenteranno nello spezzare il pane, lasciando a noi il modello per ogni celebrazione eucaristica.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Resurrezione di Cristo di Raffaello Sanzio

giovedì 18 aprile 2019

Fra' Domenico Spatola: Ora dormi tuo sonno

Al sepolcro ti lasciai tutto rotto
e riposi mia speranza di sotto.
Eri morto
Signore, e, nell'orto, 
campione suonato apparivi.
Piansi anch'io fra i retrivi
mia pena,
e con me c'era Maria Maddalena,
alla quale avea ucciso il Signore
gente atroce e priva di cuore.
Ora dormi tuo sonno, Gesù,
e riposa perché presto laggiù
nuove fatiche ti aspettano al varco
per ricondurre i seguaci al tuo parco.
Taci, Usignolo che canti dolore:
dorme infatti il nostro Signore.
Quando del risveglio,
giungerà l'ora, allora meglio
canterai la sua storia.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Il Cristo velato

Fra' Domenico Spatola: Chiedevi a me Cireneo


Non divario
fu il mio calvario:
lo salivo dolente con te
che chiedevi a me
Cireneo
d'aiutarti a salvare il reo
che ti stava uccidendo.
Mi scusavo Signore opponendo
impegni ad oltranza
verso altra devianza.
Mi mostrasti le ferite e le piaghe
le baciai come fossero paghe  
che riscattavano il mio peccato
che avvertii da tua croce annullato.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Cristo in croce di Anthon Van Dyck (1621)

Fra' Domenico Spatola: Alleanza novella.

La tua cena perpetua l' amore
che mischiava ardore e dolore
Signore, quella sera.
Era vera
la tua gioia d'amare
e in fatica regale
lavavi loro i piedi.
Ora siedi
in mezzo ai seguaci
e affettuose son confidenze veraci
e non vane:
per noi ti fai pane
e per nuovo cammino
il tuo sangue è il vino,
a fondare alleanza novella,
quella
che vide te sulla croce
e s'udì la tua voce
a commento narrar la fatica
del tuo pane di vita
e del sangue
versato
per il nostro peccato.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Ultima cena di Valentine de Boulogne 1625

venerdì 12 aprile 2019

Fra' Domenico Spatola: Antica focacceria S. Francesco. Tratto da: Palermo dono di perle in versi

Antica usanza
che mai va in vacanza,
sol palermitana
e per altrui strana:
il pane con la milza
che si sfizia,
lo trovi “maritato”
con formaggio a profusione
o se “schietto”
lo mangi soltanto con il limone.
Ha fiuto ogni palermitano
che, da lontano,
ne coglie irresistibile l’odore
e non lo molla
anche se trova folla
in lunga coda ad aspettare,
e pazienza ostenta
e con audacia tenta
a scavalcare
chi gli sta davanti né sa più aspettare:
l’odore è quello giusto
che titilla il gusto
e appena tocca il turno
ti sembra di svenire
per la gioia che infantile
risveglia i tuoi ricordi
quando svezzato da materno latte
nulla assaporavi di più fresco
della focacceria di San Francesco.



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Fra' Domenico Spatola: Franco Franchi e Ciccio Ingrassia

Franco Franchi e Ciccio Ingrassia
furono comici sulla scia
di Ollio e Stanlio con l’aggiunta
all’ironia della facile furberia.
Abbinati a spalleggiarsi
surreali nell’impiccio
Franco e Ciccio a sbellicarsi
inducevano ideale
loro battuta surreale.
Erano comici d’altri tempi
quando la vita era ridente
si sognava con la mente
nuovo mondo da ammirare.
Ora guerre e paura
che insicura
fanno la vita
che non riso ci consente
ma una smorfia infinita.




Fra' Domenico Spatola

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Fra' Domenico Spatola: Urna di S. Rosalia. Tratto da: Palermo dono di perle in versi

Scrigno di fede
l’argentea urna
di Rosalia la Santa
che a Palermo
sconfigge peste
e dagli altri guai
protegge e mai
abbandona chi lei
prega
per ammalati
e affamati
e i tanti disoccupati
nell’urna
a custodire
e benedire
soprattutto nei giorni
portata nei dintorni
da chi spera grazia
nel giorno del Festino
e porta vanto
il proprio canto
alla Santuzza
affidano preghiere
e lacrime sincere.

Fra' Domenico Spatola



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Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica delle Palme: Luca 19, 28-40

28 Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme.
29 Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: 30 «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; scioglietelo e portatelo qui. 31 E se qualcuno vi chiederà: Perché lo sciogliete?, direte così: Il Signore ne ha bisogno». 32 Gli inviati andarono e trovarono tutto come aveva detto. 33 Mentre scioglievano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché sciogliete il puledro?». 34 Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».
35 Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. 36 Via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. 37 Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:
38 «Benedetto colui che viene,
il re, nel nome del Signore.
Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!».
39 Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». 40 Ma egli rispose: «Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».


Ne aveva parlato cinque secoli prima il profeta Zaccaria: "umile cavalca un asino il tuo re, o Gerusalemme" (Zc 9,9).
Tale profezia era stata dimenticata ("legata"), per l'altra più gloriosa del "Figlio di Davide", messia vittorioso che cavalca la guerra.
Gesù inviò due discepoli nel "villaggio di fronte". È Gerusalemme, zoccolo duro della tradizione che rifiuta la novità di Gesù: sarà la città assassina.
"Slegare l'asinello", e agli obiettori rispondere: "Il Signore ne ha bisogno!", fu l'indicazione del Maestro.
Inizia il corteo, a corto di trionfalismo, e ciascuno vi si relazione secondo il proprio credo: "chi getta i mantelli sul puledro", a sintonia col progetto evangelico e chi invece ritiene Gesù "il re atteso" e stende il mantello ai suoi piedi in segno di prostrazione. La scena festosa è commentata dall'osanna della gente: "Benedetto chi viene nel nome del Signore", accompagnando la lode, con le parole degli angeli a Natale: "Pace in terra e gloria nel più alto dei cieli!".
Contrariati i farisei, tra la folla, pretendono dal Maestro che zittisca tutti. "Anche le pietre grideranno!" fu la risposta del Cristo: tranciante e senz'alibi.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Entrata di Gesù in Gerusalemme (Giotto) 

Signore vieni re... vieni per me!

Signore, volesti sciogliere
il puledro, per farci cogliere
la tua umiltà
di mitezza e carità:
non il cavallo, né il destriero
o un altro animale fiero
ma dimessa fu tua cavalcatura,
caricatura
della boria
di davidica memoria
in baldanzoso orgoglio.
Dicesti: "Voglio
servire e non essere servito,
sia per voi il mio nuovo rito".
E quando vi salisti,
ti copristi
di vanto
da chi suo manto
gettava sull'asinello
mentre lor mantello,
altri stendevano sulla tua strada.
Quando vicino fosti alla contrada,
che del monte degli Ulivi prende nome,
tutti gridarono siccome
fossero uno
e di quella lode restò muto alcuno:
"Benedetto il re,
che viene a me,
nel nome del Signore,
che sol parla d'amore!
La gloria nel più alto dei cieli
pace a noi sveli!"
Alcuni farisei tra la folla
dissero: "Maestro, non molla
il tuo seguito nel gridare:
fallo dunque tacitare".
Ma a loro rispondesti
con motteggi spicci e lesti:
"Se questi taceranno,
le pietre stesse grideranno!".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Entrata di Cristo in Gerusalemme (Ademollo - Galleria degli Uffizi)

venerdì 5 aprile 2019

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quinta domenica di Quaresima (anno C): Giovanni 8, 1-11


E Gesù se ne andò al monte degli Ulivi. 2 Ma sul far del giorno tornò di nuovo nel tempio e tutto il popolo venne da lui; ed egli, postosi a sedere, li ammaestrava. 3 Allora i farisei e gli scribi gli condussero una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, 4 dissero a Gesù: «Maestro, questa donna è stata sorpresa sul fatto, mentre commetteva adulterio. 5 Ora, nella legge Mosè ci ha comandato di lapidare tali donne; ma tu, che ne dici?». 6 Or dicevano questo per metterlo alla prova e per aver di che accusarlo. Ma Gesù, fingendo di non sentire, chinatosi, scriveva col dito in terra. 7 E, come essi continuavano ad interrogarlo, egli si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». 8 Poi, chinatosi di nuovo, scriveva in terra. 9 Quelli allora, udito ciò e convinti dalla coscienza, se ne andarono ad uno ad uno, cominciando dai più vecchi fino agli ultimi; così Gesù fu lasciato solo con la donna, che stava in mezzo. 10 Gesù dunque, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: «Donna, dove sono quelli che ti accusavano? Nessuno ti ha condannata?». 11 Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». Gesù allora le disse: «Neppure io ti condanno; va' e non peccare più».


Pagina estrapolata dal Vangelo di Luca 21, 38. Scabroso brano per gli uomini delle prime Comunità cristiane, che non l'accettavano, ritagliandolo e inviandolo alle altre, finché venne accolto dalla Comunità giovannea, che lo inserì nel Vangelo al capitolo ottavo versetti 1-11.
Gli Scribi e i Farisei, volendo screditare Gesù agli occhi della gente, gli tesero una trappola. Come in un dilemma Gesù poteva venire incastrato, nell'uno o nell'altro caso: se avesse accolte le loro richieste di condanna l'avrebbero sminuito agli occhi della gente in quanto disumano;  se, nel caso contrario avesse negato, sarebbe apparso per la religione un  blasfemo e dissacratore della Legge. All'alba, era stata sorpresa dalla loro ronda, una ragazza in flagranza di adulterio. Per una colpevole del genere, la Legge decretava "la pena di morte per lapidazione". Gesù, provocato a dire la sua,  rispose col gesto già noto nel profeta Geremia: "tocca la polvere, perché i loro nomi sono scritti nella morte". I provocatori insistono, e Gesù li sfida apertamente: "Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei". Morte per lapidazione dunque destinata alle adultere che non avevano ancora maturato la seconda fase delle nozze, altrimenti la morte sarebbe stata per strangolamento. Certi dunque i dati dell'età della ragazza: dai 12 ai 13 anni.
Nessuna risposta. Gesù  si china e riscrive nella polvere. Confusi, gli accusatori vanno via. Rimasto Gesù solo con la donna in mezzo: "Nessuno ti ha condannata?" Le chiede.
 "Nessuno, Signore". "Neanche io ti condanno".
L'incontro tra la "Misera" e la "Misericordia", ha sortito l'effetto:
"Va' e non peccare più!".

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: Gesù e l'Adultera di Jacopo Tintoretto

Fra' Domenico Spatola: La vuoi come sposa

Incontrasti la misera
Gesù misericordioso,
e a lei pietoso
offristi il perdono:
non era l'intento dei tuoi oppositori
che tra i peccatori
volevano lei,
scribi e farisei
senza pietà,
e allo scopo condotta l'avean là                                                   
dove insegnavi.
Fu monito nuovo che
a tutti lasciavi:
"Chi non ha peccato
- dicesti seccato -
scagli sua pietra!".
Ognuno arretra
a tale proposta
e, senza risposta,
in polvere di morte,
scrivesti lor sorte.
Andarono via,
lasciando la ria
dinanzi a te,
la trattasti da re
e senza condanna
l'Umanità non si danna
perché sopra ogni cosa
la vuoi come sposa.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Dipinto di Jacopo Bassano (1528)