sabato 29 agosto 2020

Fra' Domenico Spatola: Ci vuol pazienza...

Ciò che il virus non consente,
si svela a noi fuor di mente:
indossare la mascherina
è difendersi dalla brina,
mentre il caldo imperversa
e la vista non più tersa
a chi indossa spessi occhiali,
appannati e surreali,
e i difficili contatti,
senza abbracci, par da matti!
Quanto dura
questa cura?
È jattura
se quest'altro anno
si rinnova lo stesso danno.
Prevenir calamità
può la buona volontà,
che, ad attivo, quintessenza
è usar tanta pazienza,
così solo si collassa
la terribile matassa
con il virus e i grovigli,
sì che niuno più lo pigli.
Vittoria allor si canterà,
se il virus sparirà.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 28 agosto 2020

Fra' Domenico Spatola: Gesù disse: "se qualcuno vuol venire dietro di me"

Gesù con maniere flemme
spiegò che "a Gerusalemme
doveva andare,
non per regnare
ma soffrire molto,
perché lì sarebbe tolto
dagli anziani e sacerdoti
e da chi avean loro voti
dati alla Scrittura
cioè da Scribi che congettura
errata avean del Cristo.
L'avrebbero trattato in modo tristo
fino a volerlo morto,
ma egli poi risorto
sarebbe al terzo giorno".
Pietro, che a lui stava dintorno,
con sue maniere scarte
l'attrasse a sé in disparte
a minacciargli guai,
gli disse infatti: "Non sia mai!"
Gesù, voltosi a lui in dietro,
disse: "Satana, vade retro!
Tu pensi al tuo io
e non come vuol Dio!"
Allora disse ai seguaci:
"Color che sono audaci
a star con me,
prendan con sé
la croce a mia sequela.
Perché chi vuol far vela
per salvare la sua vita
la farà finita,
mentre chi per me la perderà
la salverà.
Che vale infatti guadagnare il mondo
se suo vissuto mai sarà fecondo?"

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXII domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 16, 21-27


21 Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. 22 Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai». 23 Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
24 Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25 Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26 Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima? 27 Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni.


Gesù, vietando ai discepoli di predicare che egli era "il Cristo", non rinnegava tuttavia di essere "Messia". Il modello del "figlio di David", nell'immaginario collettivo atteso come "il dominatore", non gli confaceva. Egli si identificava piuttosto col "Figlio dell'uomo" che, in pienezza divina, si faceva dono a tutti. A Gerusalemme non sarebbe dunque andato per conquistarla, ma per la missione del "Servo sofferente".
Anziani, capi religiosi e scribi l'avrebbero ucciso, ma "il terzo giorno" sarebbe risorto. E tutto in perfetta sintonia con il Padre ("è necessario"). Pietro non fu d'accordo, si ribellò e, da "pietra per edificare" la Chiesa, si trasformò in "pietra d'inciampo" ("scandalo"). Trasse Gesù in disparte per sgridarlo ed esorcizzarne la possessione diabolica: "Dio non voglia! Non ti accadrà mai!" Gesù ritorse su di lui quell'accusa e lo chiamò "Satana", avversario del progetto divino, ingiungendogli di stare dietro a lui (da discepolo) a sequela: "Vade retro!" A tutto il gruppo  volle immediatamente dettare le severe condizioni per seguirlo: "rinnegare se stessi".  Aggiunse la necessità di "portare la croce", a prova di umiliazione e di vilipendio che comportava la scelta della sua sequela. 

Ma ciò si rivelava l'unica possibilità per non perdersi la tra le lusinghe del mondo e avere la pienezza di vita, come dettato dalle "Beatitudini". La scelta per lui, in definitiva, coinvolgerà, nella gloria del Padre, chi della propria vita fa dono per gli altri, come il "Figlio dell'uomo" dalla croce.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 21 agosto 2020

Fra' Domenico Spatola: "Sei il Figlio del Dio vivente!"

Dalla regione cananea
Gesù, giunto a Cesarea,
chiese ai seguaci
d'essere veraci
sul Messia:
"Chi dice la gente chi io sia?"
Chi rispose ad apripista:
"Per alcuni -disse- il Battista;
per altri Elia
o Geremia,
né si vieta
che sia il profeta".
A loro fuori dal vero,
chiese qual pensiero
avessero di lui.
Tra tutti, Pietro fu colui,
che rispose prontamente:
"Tu sei il figlio del Dio vivente!"
"Te, beato!" disse a lui Gesù,
per il di più 
che gli facea piacere:
gli disse esser divin volere
ciò ch'ei avea detto.
A lui diretto:
"Tu sei la Pietra -disse- di mia Chiesa
che mai sarà arresa
a triste morte
di cui cambierà la sorte.
A te - aggiunse a pegno-
do le chiavi del mio Regno.
E di ciò che in Terra aprirai,
le porte in ciel spalancherai".
Poi aggiunse ciò altrove visto:
"Non dite ad alcun ch'io sono il Cristo!".

Fra' Domenico Spatola
Dipinto di Guido Reni

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXI Domenica del Tempo ordinario (anno A): Matteo 16, 13-20

13 Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». 14 Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». 15 Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». 16 Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 17 E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. 18 E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. 19 A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». 20 Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Cesarea di Filippo era città a Nord della Palestina e a confine con il Libano, edificata alle falde dell'Hermon da dove  si origina il Giordano. Gesù vi  condusse i suoi, al riparo dalle influenze farisaiche, per verificarne la consapevolezza messianica. Il suo programma marcava già una svolta importante, maturava infatti lo scenario della Croce. Da poco tornati dalla missione cui erano stati inviati, Gesù chiedeva loro il resoconto. Deludente. "Quale idea, la gente si era fatta del Figlio dell'uomo?" Era il quesito. Strane e strampalate le risposte maturate, non senza la loro complicità: erano tutte in continuità con la tradizione d'Israele. Qualcuno l'aveva l'identificato con il Battista decapitato, o con l'Elia atteso e ritornato, o con il Geremia redivivo, o con il Profeta vaticinato da Mosè. I nominati erano però personaggi del passato: morti e ora, a presunzione, in lui reicarnati. Ritenne urgente Gesù istruirli, dopo aver compreso però cosa essi pensavano di lui: 
"Chi dite che io sia?"
Per tutti, Simon Pietro esclamò: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!" Di tale affermazione, Gesù gradì la seconda parte, mentre per la prima ("sei il Cristo") manifesterà dissenso,  proibendo ai discepoli di andarlo ad annunciare come "il Cristo", atteso dominatore di tutti i popoli, per conto d'Israele. Molto gradì invece essere chiamato "Figlio del Dio vivente", ossia del Padre che comunica vita. Subito dichiarò "Beato", il suo discepolo anche se rivendicò al Padre l'iniziativa della felice dichiarazione. Lo nominò "prima pietra" per l'edificazione della Chiesa, di cui enunciò le qualità vitali, che la morte ("porta degli inferi") non avrebbe mai potuto scalfire. L'affido delle "chiavi" a Pietro sarà  per il futuro garanzia di custodia ("aprire e chiudere") per la sua Comunità.

Fra' Domenico Spatola.
Nella foto: dipinto del Perugino 

venerdì 14 agosto 2020

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della solennità dell'Assunzione di Maria Santissima in corpo ed anima in cielo: Luca 1, 39-56


39 In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. 40 Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo 42 ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43 A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? 44 Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. 45 E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».
46 Allora Maria disse:
«L'anima mia magnifica il Signore
47 e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
48 perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
49 Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome:
50 di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.
51 Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
52 ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
53 ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.
54 Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
55 come aveva promesso ai nostri padri,
ad Abramo e alla sua discendenza,
per sempre».
56 Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.


Il "Magnificat" è il canto della Vergine Maria a Dio che aveva voluto farsi carne nel suo grembo. Lo propiziò la risposta con cui Elisabetta aveva corrisposto al suo saluto: "Beata Te, che hai creduto alle parole del Signore!". Le aveva detto, a primo incontro. Nel suo cantico Maria sviluppò la consapevolezza  delle "grandi cose fatte in lei dal Signore". Egli infatti "aveva guardato all'umiltà della sua serva", ragione per cui le genti l'avrebbero detta "Beata". Compiacenza divina che la Vergine, non trattiene per sé, ma volge su coloro di cui si fa patrocinio: gli umiliati e i poveri della Terra ("anawim") che Dio innalza, rovesciando i troni e i potenti. Siederanno per il pasto messianico preparato abbondante per gli affamati, mentre impoveriti saranno ricchi e prepotenti. Come preghiera sacerdotale, la sua lode supera i confini spazio/temporali, e, di generazione in generazione, si racconterà di Abramo, il padre della fede, fino al compimento iniziato in lei, di tutte le promesse che si fan realtà.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Donna, immensa è la tua fede...

La donna Cananea
si sentiva rea
della sorte della figlia.
Da Gesù si consiglia,
a Tiro e a Sidone
dove è giunto da predone
perché odiato da sua gente.
E gli dicea: "Poni mente,
o mio Signore,
il demonio ha preso il cuore,
della mia creatura!"
Ma Gesù, dirittura
sua incurante continuò.
Essa gridando come può,
costrinse i seguaci
a farsi audaci
e pretender da Gesù:
"Maestro, ascolta Tu
quanto essa dice,
perché dietro a noi, infelice
vien gridando!"
Ma egli provando
ad esser duro:
"Mandato sono al puro
d'Israele!"
Disse, ma quella di miele
riempì sua bocca:
"È vero non mi tocca
ciò che è dei figli,
ma ascolta i miei consigli:
anche i cagnolini
mangian bocconcini
che cadono dalla mensa!"
Gesù a lei: "Immensa
-disse- è la tua fede,
accada a te ciò che il tuo cuore crede!"
E fu quella parola sua di vita:
e la figlia per la fede fu guarita.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XX Domenica del tempo ordinario (anno A): 15, 21-28


21 Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. 22 Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio». 23 Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro». 24 Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele». 25 Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». 26 Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini». 27 «È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 28 Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita.


Gesù,  per non essere ucciso anzitempo, fuggì all'estero. Tiro e Sidone, città cananee, lo ospitarono. Aveva contestato, alla Legge di Mosè, la distinzione tra ciò che rende "puro" e "impuro". Ideologia che costituiva il caposaldo della dottrina farisaica. Anche ai pagani però Gesù aveva qualcosa da contestare: la condizione di schiavitù, nella quale la classe dirigente teneva il popolo. L'insoddisfazione era rappresentata dalla infermità della figlia denunciata a Gesù dalla donna Cananea. Questa accorsa da lui a chiederne la guarigione non si rendeva conto di essere la causa di quella sofferenza. Gesù, a primo impatto, si mostrò duro, fingendo d'ignorarla. 
I discepoli, sentendosi importunati perché la donna correva dietro al gruppo gridando, volevano tacitarla, perciò implorarono dal Maestro un intervento risolutivo. La risposta di Gesù voleva però essere strategica per iniziare la Cananea a riflettere. Essa infatti trattava la figlia (il popolo), alla stregua di Israele con i pagani, che considerava "impuri" come  "cani". Tenera l'immagine del "cagnolino" che si sa nutrire anche delle briciole cadute dalla mensa dei figli. Attenuò l'indifferenza, la conversione della donna, ormai credente per l'abbondanza della mensa in grado di nutrire ebrei e pagani, perché Dio ne è padre, e tutti i figli sono invitati a sedere alla stessa mensa. La Cananea, guarita,  operò la guarigione della figlia, avendo sperimentato con la fede l'amore liberante.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: A Maria, assunta in cielo.

In ciel l'assunzione
fu l'ovazione
che l'universo,
reso già terso,
diede a tributo
di benvenuto
a te, divina Madre,
resa dal Padre
figlia del Figlio,
e da eterno Consiglio
qual rosa
resa divin Sposa
da umana natura.
Da creatura
offristi tuo grembo 
a terreno suo lembo
e madre ideale
di noi in cui sale
acceso gran foco
del Dio che non poco
in Te pose suo amore.
A lui desti il tuo cuore,
a nome di tutti
e splendidi frutti
a noi immensi riservi.
Madre, noi non più servi,
ma figli d'amore
da te resi nel cuore
fratelli da croce
di chi con sua voce,
disse che noi
eravam figli tuoi.
Madre dal cielo,
togli a noi il velo
del nostro peccato,
e il mondo, che amato
ha il Figlio tuo,
fallo più suo!

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Madonna Assunta ai Cappuccini di Palermo

venerdì 7 agosto 2020

Fra' Domenico Spatola: 8 agosto, San Domenico

È tutto nel nome il suo messaggio:
“essere del Signore”e con coraggio
portò ovunque il vangelo
parlando di Dio e del suo cielo.
Lottò l’eresia degli Albigesi
che usavano due misure e due pesi,
come chi lo gnosticismo
professava
che alcuni affossava e altri li salvava.
Domenico entrava in tutti i cuori
da solo o con i suoi Predicatori,
ch'era l’Ordine da lui fondato
e dalla Chiesa utilizzato
per le Scuole e la dottrina
da diffondere non in sordina
ma con la forza del sermone
e dialettica di persuasione.
Sua attuale eredità
è preghiera e onestà,
e l’amore per il Signore
che accendeva in ogni cuore.
Del cane, a simbolo, colse fedeltà
e nella fiaccola accesa vi pose carità
per portare al mondo intero
il suo annuncio del mistero.

Fra' Domenico Spatola
Poesia tratta dalla raccolta: Un anno con fra' Domenico, poesie per ogni giorno dell'anno di fra' Domenico Spatola. 

Fra' Domenico Spatola: Camminava sull'acqua

Del pane di grazia,
la folla era sazia.
Gesù fe' tornare,
costringendo a remare,
per la riva di fronte,
color che sue impronte
dovevan seguire,
mentre egli salire
volle sul monte a pregare
per la ciurma sul mare.
"La barca dov'era,
quando scese la sera?"
"In piena tempesta, agitata dall'onde
che già d'acqua le sponde
eran piene".
Si chiese se tiene
sì tanta fatica,
la turba sua amica
Gesù che, sul finir della notte,
fece sue stesse rotte
e, sceso sul mare,
cominciò a camminare.
"È un fantasma!" fu da tutti gridato,
perché ognun spaventato
non sapea che pensare.
Ma a confortare
intervenne sua voce,
veloce
e da Dio,
dicendo: "Son io!
Coraggio, nessuna paura,
vostra vita è sicura!"
Pietro allora rispose:
"Se vere son tue chiose,
comanda a me
di venire da te!"
Gesù a lui disse: "Vieni!"
E, di stupore ripieni,
lo videro camminare sull'acqua
senza che suo piede si sciacqua.
Ma forte fu paura
in Pietro che insicura
avea ancor la fede:
così affondava il suo piede.
Gridava "aiuto!" non volendo affogare.
Fu lesto Gesù a donare
sua mano,
rimproverando che lontano
ei tenesse suo piede
dalla sequela di fede.
Saliti sulla barca,
che dell'alleanza fu arca,
i discepoli, prostrati a lui
dichiararono finiti i tempi bui.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della XIX Domenica del Tempo Ordinario (anno A): Matteo 14, 22-33


22 Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. 23 Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù.
24 La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. 25 Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare. 26 I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: «È un fantasma» e si misero a gridare dalla paura. 27 Ma subito Gesù parlò loro: «Coraggio, sono io, non abbiate paura». 28 Pietro gli disse: «Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque». 29 Ed egli disse: «Vieni!». Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30 Ma per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31 E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
32 Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33 Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: «Tu sei veramente il Figlio di Dio!».


Rifocillata la folla, Gesù obbliga i discepoli a dirigersi in barca sul territorio pagano, per rinnovare lo stesso segno di solidarietà dei pani e dei pesci. Essi, in precedenza si erano mostrati ansiosi di congedarla, ora resistevano, per duplice motivo: volevano assaporare i frutti del prodigio, ma soprattutto evitare i pagani per non condividere i benefici d'Israele. Gesù li costringe. Il vento contrario è a simbolo delle  molteplici resistenze registrate tra i primi Cristiani fortemente tentati dalla mediazione giudaica. Gesù è solo. Sale sul monte, che,  per Matteo, è quello delle "Beatitudini". Prega (unica volta, oltre quella del Getsemani) per i suoi, in pericolo. Ma alle prime luci dell'alba, va loro incontro, camminando sul mare: Teofania conosciuta nei Salmi e in Giobbe. Ma i discepoli sono privi di fede, e gridano al "fantasma". Gesù li rassicura: "Io sono! Non abbiate paura". Svelava in tal modo la sua condizione divina. Pietro si propose di imitarlo e, a sfida, come in precedenza aveva fatto il Satana: "Se sei tu - gli disse -, comandami di venire a te sull'acqua!" Cristo gli offrì opportunità di comprendere e ricredersi. Ma il Pietro, che s'incammina sull'acqua, vuole tutto subito e senza lottare. La stessa cosa pretenderà alla Trasfigurazione di Gesù. Ha paura del vento contrario e, vacillando nella fede, affonda come la casa costruita sulla sabbia. Gesù gli aveva chiesto di comunicare vita, ma Pietro non era disposto a morire come lui. Al suo grido d'aiuto, Gesù gli tende la mano. La sperimenta non minacciosa, come era stata quella di Mosè contro gli egiziani, ma salvatrice. Il rimprovero di Cristo a Pietro è monito per tutti:  "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?" Il vento tace e la barca trova pace, quando Gesù vi sale, e la Comunità lo riconosce: "Figlio di Dio!"

Fra' Domenico Spatola 

giovedì 6 agosto 2020

Fra' Domenico Spatola: In ricordo di un grande giornalista

Di Sergio Zavoli mi piaceva la voce, e il modo tutto suo di "raccontare" sublimando, in quasi poesia, l'evento anche più becero o difficile a narrarsi. Mi rasserenava il suo giudizio maturato da umile e penetrante ricerca. Non mi sembrò azzardato, ma compunto e sorpreso egli stesso nel raccontare "la Notte della Repubblica", quella degli "anni di piombo" per intenderci. Mi sembrava profetico atteggiamento il suo nell'indagare in ogni dettaglio la verità. Ampio lo spettro dei suoi interessi culturali, compresi quelli sportivi, e tutti motivati dalla sua passione di "Giornalista". Innata vocazione in lui più che mestiere. Voleva aiutare la sua Nazione e gli affezionati lettori e ascoltatori (tanti e profondamente  attenti anche alla radio o alla televisione) a "capire", quando si tentava a seppellire tutto per "ragione di Stato". Lo sconforto, perché con lui si è spenta una voce, sia superato dall'esempio, a eredità, di inquieto ricercatore, perché ogni "notizia" migliori chi la riceve. Grazie, grande Sergio, che hai saputo lasciare uno stile: il tuo... alla Zavoli.

Fra' Domenico Spatola 


Fra' Domenico Spatola: Beirut martoriata

Non sono lontani i tempi della spartizione cruenta di una città, occhiello di bellezza del Medioriente, magnificata a icona dell'intero Libano anche dalle Scritture sacre.

Oggi Beirut si sveglia con una nuova catastrofe e tanti morti. Gli interrogativi sono tanti e inquietanti: come si lascia dormire una città o un suo quartiere popoloso su una pericolosa polveriera? Il nitrato di ammonio, ritenuto a prima indiscrezione, causa della tremenda deflagrazione, giaceva senza le dovute precauzioni da anni, in zona portuale e quindi di transito e perciò nevralgica della città. La costernazione è dettata dalla superficialità per cui non si prendono serie precauzioni ad evitare possibili tragedie per l'Umanità. Le lacrime successive saranno "da coccodrillo", se al potenziale bellico, anche chimico e batteriologico/virale (il Covid 19 fa testo), non si anticipano valori e ideali di umanità preferendoli ai profitti economici spesso spietatamente disumanizzanti. Accorrere al capezzale di chi soffre è doveroso, oltre ogni ideologia politica o affaristica, ma anche per confessare il "mea culpa" a chi, ignaro e innocente, ha subìto l'ingiustizia dei contrabbandieri cinici e negati a ideale di vita. Doloroso e pietoso va perciò il sentimento di solidarietà alla nobile Nazione libanese, alle vittime e ai tanti cittadini ancor provati oltre la recente Storia di lotte e di ingiustizie subite. Costruire a tutti i costi la Pace, abolendo armi che non sono mai di difesa, perché nel mondo globalizzato non ci saranno più "vinti e vincitori", è  urgente e si impone alla coscienza di tutti i governanti della Terra, altrimenti saremo tutti "perdenti"!

Fra' Domenico Spatola