domenica 27 settembre 2020

Fra' Domenico Spatola: Campionato in poesia. Teramo-Palermo 2 - 0



Col Teramo che fai,
cominciamo con i guai?
Siamo approdati in Ci
ma non per restar qui.
Sono tante nostre attese
e iniziamo con le rese?
Tre punti abbiamo perso
e sermone terso
facciamo a te, Palermo:
rendi il tuo piede fermo.
Facci  vibrare il cuore
e del tuo furore 
dacci la gioia,
da un anno cacciam noia.
Fai per noi il più bel gioco
e dei tifosi vedrai il fuoco.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 25 settembre 2020

Fra' Domenico Spatola: "Dei cieli il Regno... conquisteranno a pegno!"

 
A sacerdoti e anziani 
parvero strani 
di Gesù i discorsi
e quel suo a question porsi:
"Che ve ne pare?
Tra cose sue più care
un uomo avea due figli,
e al primo tra i consigli
propose di lavorare nella vigna.
"Non ne ho tigna!"
Pentito, poi vi andò.
Quindi, a messo,
al secondo chiese lo stesso.
Ed egli disse: "Sì, signore!"
Ma alla faccia del pudore,
l'invito disattese e non andò".
Concluse: "Chi si comportò
secondo la paterna voglia?"
Gli risposero: "Chi la soglia
della vigna infin varcò!"
Qui palese fu del Signore
e fulgido il turgore:
"Pubblicani e prostitute
a voi non dietro e mute,
ma dei Cieli il Regno 
conquisteranno a pegno.
Venne Giovanni,
a lavare i panni,
nella giustizia,
ma di nequizia
fu vostra risposta,
mentre tosta
fu dei peccatori
che fiducia in cuori
per lui han coltivato.
Il vostro "sì" allor negato
al pentimento
mantiene contro lui risentimento!"

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXVI domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 21, 28-32

 

«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: «Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna». 29Ed egli rispose: «Non ne ho voglia». Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: «Sì, signore». Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

Tra Gesù e i suoi avversari religiosi, la tensione è alle stelle. L'accusa che rivolge a loro il Signore è la convenienza che li rende sordi a ogni proposta di conversione. Lo stesso Battista aveva provato, con veemenza, a bollarli "razza di vipere", dunque mortiferi.  La parabola dei "due figli", che in modo alternativo, rispondono al genitore che li invia nella sua vigna, denuncia l'atteggiamento ossequioso dei sacerdoti e degli anziani che mirano al proprio tornaconto. Aggiungono disprezzo per pubblicani e prostitute, che responsabilizzano a causa del ritardo del Regno. Gesù capovolgendone la prospettiva, li accusa di incredulità per la mancata conversione, che farà loro perdere di sedersi con Abramo, e il loro posto verrà occupato da coloro che, da essi disprezzati, si sono convertiti. Il figlio, che aveva detto "No", pentito andò a lavorare. Il secondo, che a parole aveva dato l'assenso, 
non adempì la volontà del Padre. La conclusione assume caratteristiche escatologiche: "pubblicani e prostitute vi precederanno nel Regno". Il "precedere" va letto  come "subentro", perché l'esclusione dei benpensanti sarà causata dal loro rifiuto alla conversione, anticipato con il Battista e riconfermato con il Cristo.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 18 settembre 2020

Fra' Domenico Spatola: Palermo 19/09/2020 ore 17.00: Ordinazione sacerdotale in Cattedrale

 

Oggi i Frati cappuccini di Palermo vivono un momento ecclesiale: frate Augusto e frate Luigi, per le mani del vescovo Corrado Lorefice, verranno ordinati Presbiteri. Il ruolo, loro affidato dallo Spirito Santo, li conforma a Cristo Sacerdote, per garantire alla Chiesa fondamento apostolico, unità e pluralità, a impreziosirla nel mondo e per il mondo. 
Agiranno nella "persona" di Cristo, garantendo nel tempo l'Eucaristia, secondo il mandato del Signore: "Fate questo in memoria di me!" 
Rinnoveranno così il memoriale del Nuovo Patto, nel Sangue di Cristo "versato per tutti". 
Nella Riconciliazione offriranno perdono illimitato dal Padre. Evento, dunque, impreziosito da rarità di accadimento e da necessità mai completamente assolvibile per carenza di "operai della vigna del Signore". 
Grazie agli Eletti, per l'impegno dei lunghi anni di studio e la preparazione. Da noi tutti lo stupore incessante per "le grandi cose del Signore in loro". 
Crederanno a ciò che annunciano e attueranno il Vangelo loro affidato. È il nostro fraterno ed entusiastico augurio.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Ai Neo-Presbiteri cappuccini: frate Augusto e frate Luigi (19/09/2020)

Non so se per vostre doti,
sarete sacerdoti,
ma certo per amore
vi ha scelto il Signore.
Offrirete lui, l'Agnello 
che per tutti sarà quello 
del nostro riscatto
e del suo Nuovo Patto
sarete testimoni,
quelli buoni
che portano Novella,
a notizia più bella,
alla Chiesa in ascolto,
e vostro frutto sarà il raccolto
dello Spirito Santo
e il più gran vanto
del vostro servizio,
a distruggere vizio
e garantir perdono,
quando a voi prono
pentito è il peccatore.
E parlerete d'amore
a chi soffre in cuore 
e ogni altra cosa
dovrete alla Sposa
che di Cristo fa voi felici
chiamandovi suoi amici.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: 18 settembre, San Giuseppe da Copertino: il Santo dei voli

 
Volava per diletto.  San Giuseppe da Copertino, sfidando stesse leggi di gravità. Vero (?) il racconto di  lui, svela desideri comuni di spazi liberi, in bisogno di immensità. Non so se anche con il corpo, ma certo con lo spirito, il santo francescano Giuseppe realizzava positivamente il sogno di Icaro. Il mito del figlio di Dedalo, dalle piume legate alle ali con la cera, nei pressi del sole, fallì un sogno, comune e si inabissò. Il Santo frate nel Sole/Cristo, trovò più energia a volare oltre i limiti nel "sogno" cantato da Modugno, ineludibile. Gli spazi del cuore, gli unici veramente infiniti, danno all'amore occasioni di libertà

Fra' Domenico Spatola


Fra' Domenico Spatola: "Sei invidioso perché son generoso?"


A nuovo acconto
fu l'altro racconto
con cui Gesù 
sorprese di più:
"Togliam altri veli
al Regno dei cieli!
È come un padrone
che cerca persone
per lavorare
sua vigna da arare.
Dall'alba, impiegati
saràn ben pagati, 
a fine giornata, 
per l'intera tornata
con un solo denaro.
Non avaro,
torna alle nove
e di là vi rimuove,
altri operai per la vigna
né alcuno s'indigna
per alcun prezzo trattato,
né concordato
fu a mezzogiorno o alle tre.
Senza perché 
vi tornò al tramonto
né parlò lor di sconto.
Ma a sera la paga
fu per gli ultimi saga:
ricevette ognuno 
un denaro ciascuno.
Quei del mattino:
"Sei strozzino 
- dissero - vieta
dar stessa moneta
a chi da caldo e da dieta
la giornata ha sofferto.
Sei troppo allerto!"
Tagliò corto: 
"Nessun torto
-disse- al lagnante
non ripugnante
io sia per te.
Cosa pattuito hai con me?"
"Un denaro"
"Non mi credere avaro,
perché stesso stipendio
altrui ho dato a compendio,
mentre a te quanto spetta.
Rispetta 
mia benignità
verso chi è privo d'amenità.
Non posso del mio
fare ció che vogl'io?
Oppure sei invidioso,
perché son generoso?"

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXV domenica del tempo Ordinario (anno A): Matteo 20, 1-16


1
 «Il regno dei cieli infatti è simile a un padrone di casa, che di buon mattino uscì per prendere a giornata dei lavoratori e mandarli nella sua vigna. 2 Accordatosi con i lavoratori per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. 3 Uscito poi verso l'ora terza, ne vide altri che stavano in piazza disoccupati. 4 E disse loro: "Andate anche voi nella vigna e io vi darò ciò che è giusto". Ed essi andarono. 5 Uscito di nuovo verso l'ora sesta e l'ora nona, fece altrettanto. 6 Uscito ancora verso l'undicesima ora, ne trovò altri che se ne stavano disoccupati e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far nulla?". 7 Essi gli dissero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". Egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna e riceverete ciò che è giusto". 8 Poi fattosi sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e paga loro il salario, cominciando dagli ultimi fino ai primi". 9 E, venuti quelli dell'undicesima ora, ricevettero ciascuno un denaro. 10 Quando vennero i primi, pensavano di ricevere di più, ma ricevettero anch'essi un denaro per uno. 11 Nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa, 12 dicendo: "Questi ultimi hanno lavorato solo un'ora, e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso e il caldo della giornata". 13 Ma egli, rispondendo, disse a uno di loro: "Amico, io non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? 14 Prendi ciò che è tuo e vattene; ma io voglio dare a quest'ultimo quanto a te. 15 Non mi è forse lecito fare del mio ciò che voglio? O il tuo occhio è cattivo, perché io sono buono?". 16 Così gli ultimi saranno primi e i primi ultimi, perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

La parabola denuncia i pregiudizi di quanti contestano a Gesù la proclamata "misericordia" del Padre. Non irregimentabile nelle dinamiche meritocratiche, essa si fonda sulla infinita sua bontà. Coloro che dissentono, pretendono il comportamento di Dio secondo canoni di legalismo e di umana "giustizia", senza spazi all' imprevedibile sua liberalità che possa favorire digressori o immeritevoli. Tutto infatti, nella loro ideologia, dev'essere meritato. Non così per Gesù. È il senso del racconto. Il Padre non è rapportabile alle logiche egoistiche di quanti  non spingono mai il baricentro oltre il proprio "io". Paradigma è il suo relazionarsi da Padre con i figli. E in esso atteggia sentimenti di magnanimità e di misericordia. "Un denaro" fu paga pattuita, all'alba, con gli operai della prima ora. Potevano ritenersi fortunati perché "scelti a lavorare nella vigna". Ad altri non era ancora capitato. Almeno fino a quel momento, ignari di aspettare l'intero giorno. Il padrone della vigna è singolare. Torna a chiamare. Al suo interesse predilige piuttosto quello degli operai. I chiamati all'alba erano quanti gliene bisognavano, eppure, a cadenza programmata, torna a invitare, fino ad un'ora al tramonto. Non parla con loro di compenso. Gli operai sanno di potersi fidare. All'originale comportamento, a sera si aggiunge la sorpresa della paga. Da scandalizzare ogni "benpensante". Quella degli ultimi è infatti la stessa di quelli della prima ora. Lo sconcerto, in costoro che avevano portato "il peso e il caldo del giorno", è redarguito dal duro e risentito  rimprovero del padrone: "Non posso fare del mio quel che voglio, o sei invidioso, perché io sono buono?"

Fra' Domenico Spatola

martedì 15 settembre 2020

Fra' Domenico Spatola: L'ultimo sorriso, parlando a don Pino

Col sorriso sovrano
da apparire strano,
regale concedesti addio 
a colui che all’oblìo 
volle votar tua vita. 
Era grande la fatica
per strappare a quei pazzi
i tuoi ragazzi,
e vietando l’arroganza
dando a ognuno la speranza 
che Dio li amava
e con tua parola li guidava
a Palermo, nel quartiere di Brancaccio,
ove l’amore fu il laccio
che legava te a quei figli
cui donavi tuoi consigli 
per più nobile destino:
eri per tutti “padre Pino”
Ma quando a sera, 
la tua preghiera
fu a confronto con il lupo
che era cupo
di odio, a lui in viso
mostrasti grande il tuo sorriso. 

Fra' Domenico Spatola



La poesia è tratta dalla raccolta:
Un anno con fra' Domenico. Poesie per ogni giorno dell'anno. 
(Pagine 468, prezzo di copertina € 16,00)
Acquistando il libro presso la missione San Francesco (Via dei Cipressi, trav. piazza Cappuccini) parte dell'incasso è devoluta alla stessa Missione per la mensa dei poveri creata e gestita da fra' Domenico e dai volontari. 
Il libro è disponibile anche dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 


Fra' Domenico Spatola: Doveroso ricordo di don Pino Puglisi, 15 settembre 1993

Duplice compleanno festeggia oggi Padre Pino Puglisi. Alla terra e al cielo. Nello stesso giorno consegnava a Dio, con un sorriso ai suoi uccisori, la sua grande anima. 
Era il 15 settembre 1993. 
In quel di Brancaccio, a Palermo, zona insidiata dalla mafia dei Graviano. Così fu detto nei due processi a carico degli assassini, poi pentiti. Il Grigoli Salvatore lo ricorderà "a dono" per la sua conversione, nel momento dello sparo. Ero a Siracusa in pellegrinaggio alla "Madonna delle lacrime". Avevo provato strana sensazione, ma solo a sera compresi il perché. Sul momento mi era parso la Vergine mi volesse far dono di qualche istante del suo dolore. Ma ricondussi il tutto a singolare "sensazione!" 
E la ritenni dono, solo  per me. A sera mi si chiarì la ragione di quel pianto. 
Avrò incontrato, in qualche occasione padre Pino, ma non avrei immaginato che, il 25 maggio 2013, sarei stato tra "i mille" presbiteri a celebrarne alla Marina di Palermo la "beatificazione", ossia la "ragione di fede" per il suo sacrificio. Lessi, a caldo, nei giornali l'efferato episodio di mafia. Ennesimo a Palermo, reso più singolare, dopo le "stragi" di Capaci e di via d'Amelio, che appena un anno prima avevano fatto puntare i riflettori dell'intero Pianeta sulla nostra sventurata Terra. Padre Pino "sacerdote e parroco", assolveva il ministero ecclesiale con il coraggio del "Pastore che espone la sua vita per difendere il gregge dai lupi rapaci". Sottraendo manovalanza alla mafia per gli sporchi interessi di droga e criminalità, si accaniva, non senza le ripetute minacce subite e i vandalismi arrecati alle sue strutture, a curare  giovani e ragazzi, con le sue forze in campo. Poche, ma assolutamente garantite dalla sua fede incrollabile nel Vangelo. Attuò così le evangeliche  "Beatitudini", fino all'ottava: "Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il Regno dei cieli". Tornai in tempo, per l'ultimo saluto nella cattedrale di Palermo, allestita per lui a camera ardente. Mi parve meritata sede della "sua cattedra", a lezione di vita e di fedeltà. Fu immortalato "Pastore", da Cristo che pose al "fedele soldato" la clamide "lordata" del suo stesso Sangue.
Padre Pino - si sa - non fu il solo nella lotta alla mafia. Egli testimoniò la forza del Vangelo, a comune denominatore per i non meno meritori  sacrifici dei tanti (troppi!) che hanno creduto, con la vita e la forza delle idee, di poter cambiare la Società. Padre Pino ha dato al loro eroismo una lettura divina e per l'eternità. 
Come Gesù, han creduto infatti che l'uomo è buono e può cambiare, in meglio. Se lo vuole.

Fra' Domenico Spatola

sabato 12 settembre 2020

Fra' Domenico Spatola: Il nome di Maria

Quel nome fu legge a Dio
a correzion d'oblìo
di tema grande
in tutte lande
ove s'eleva canto
a vanto
dell'Eterno amore:
Di Maria in cuore,
mi consola
Parola
eterna
che a noi squaderna,
l'Angelo a fervore
di celestial colore
e suo mistero
che austero
porge saluto
perché non sia più muto
il Cielo
or che scisso è il velo
del lontano incanto.
Sotto suo manto
è custodita
nostra vita
in disiosa voglia
di superar la soglia 
sorretti da Maria
che larga fa la via.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 11 settembre 2020

Fra' Domenico Spatola: A Willy

Vidi tuo ultimo sorriso.
A te affrettaron Paradiso
violenti,
e deficienti
di ideali
votati ai mali.
Or sali
e da lassù
vedi noi quaggiù,
nel carnevale
vuoto e irreale.
Quando tutto passerà?
Tu or sei là,
dov'è pace,
rendi ognun capace
di costruire
vita e far finire
in terra
di farci guerra.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Perdonare sempre!

Pietro disse a Gesù:
"Quanto di più 
perdonar dovrò al fratello?
Basterà che il suo fardello
porti fino a sette volte?"
"No! Altre svolte
per me saranno lette:
fino a settanta volte sette!"
Aggiunse poi:
"A voi
racconto di quel re,
che chiamò a sé 
i servi a regolare i conti,
e, di un tale, catastrofici eran gli ammonti:
fino a diecimila di talenti
(eran debiti cospicui e ingenti!).
Non potendo ei restituire,
il re volle che a sostituire
venisse fatto schiavo con la figlia,
la moglie e tutta la famiglia.
Si pose il debitore,
con terrore,
a supplicarlo
dicendo che a ripagarlo
del debito ingente
avrebbe provveduto nel frangente.
Commosso il padrone,
n'ebbe compassione
e tutto condonò.
Ma fuori, il servo chi incontrò?
Un compagno
contro cui sferrò il calcagno,
perché a lui dovea denari cento.
Sento 
ancor suo terribile vociare:
'dammi ciò che mi devi dare!'
E, non ascoltato di quello il pianto,
nella prigione lo gettò a vanto.
Tal vista
dei compagni ognun rattrista,
e tutto raccontarono al padrone
che, questa volta, smise quelle buone
di maniere, rese or dure
e con parole oscure.
Rimproverò il servo,
del qual conservo
il ricordo suo spietato:
finì infatti suoi giorni carcerato.
Così anche a voi farà il Padre mio,
se non perdonerete come faccio io!"

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXIV domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 18, 21-35


21 Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». 22 E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
23 A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. 24 Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. 25 Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. 26 Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. 27 Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28 Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! 29 Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. 30 Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
31 Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32 Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. 33 Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? 34 E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. 35 Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».


Pietro non è d'accordo con Gesù per il perdono, incondizionato e unilaterale sul modello di Dio, al pubblicano e al peccatore. Fa la proposta, ai suoi occhi generosa, di perdonare al fratello "fino a sette volte". I numeri, nella cultura ebraica, avevano valenza simbolica. "Sette" eran le vendette invocate per chi avesse ucciso Caino. Mentre per il perdono da accordare, Farisei e Scribi "esageravano" a proporlo  non oltre le "tre volte". Per Gesù il perdono va dato in modo illimitato. Il "settanta volte sette", iperbole per dire "sempre", era stata la cifra esigita, per vendicare Lamec, sanguinario discendente di Caino, se qualcuno ne avesse provocato la morte. In Gesù la valenza è la "misura" del perdono sull'esempio del Padre. La parabola, ad arte sbilanciata per un più icastico confronto tra il debitore di diecimila talenti (trecento tonnellate d'oro o l'equivalente di 164.000 giornate lavorative) cui il re, a compassione condona tutto, e il servo, graziato dalla prigione, che, spietato, fa carcerare il compagno, che ne implorava la clemenza per i "cento denari", pari a tre mesi di stipendio, che gli avrebbe restituito. Dell'accaduto i compagni riferirono al re, il quale, quella volta, pretese da lui, fino all'ultimo spicciolo. La parabola esige perdono tra fratelli ad immagine  di quello del Padre misericordioso. Il contrario decreta la morte della Comunità e dei componenti.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: Balenando il ricordo dell' 11 settembre 2001

Quel giorno mi pareva un lunedì normale. Come i tanti noiosetti di inizio settimana. Avevo, in verità, l'impegno di celebrare un matrimonio, alla Martorana, chiesa nota ai Palermitani per le nozze e il rito bizantino che vi si svolge. 
Alle 15, 00, in macchina,  dalla radio apprendo che qualcosa di grave stava succedendo in America, a New-York.  Non diedi importanza. Finita la celebrazione, una parente degli sposi, mi accennò, concitata, quanto appreso dalla radio durante la Messa e, terrorizzata, mi paventava cose terribili per l'umanità.  
"Esagerazioni!" Pensai, e non vi feci caso. 
Quando però i telegiornali ininterrottamente trasmisero le scene, ormai arcinote, compresi che, "in nome di Allah", terroristi islamici avevano scatenato l'inferno. Il primo aereo, imbucato nel grattacelo, dava la misura della tragedia ma, sotto gli occhi di tutti, e, a proditoria sorpresa, il secondo, a dardo, penetrò il monumento costruito a velleità di eterno. Terrificanti, le conseguenti scene di panico dei residenti, rigorosamente in diretta: i corpi che si lanciavano per la disperazione dagli altissimi piani degli edifici, facevano il surreale dell'apocalisse. "Da film" ascrivibile a quelli degli orrori, era angosciante "cronaca vera", delle più atroci a raccontare. Non si era tuttavia al capolinea: alla catastrofe totale dell'implosione a collasso dei due edifici che trascinarono nel baratro le migliaia di vittime e l'orgoglio americano. In crisi era la fede nel cuore umano! Oltremodo superata la più terrificante immaginazione! Suppongo anche per gli stessi attentatori. 
Si scavò il baratro dell'incertezza e della paura a "incipit" del  Terzo Millennio. L'odio d'ambo le parti  generò altri lutti immani. La "guerra punitiva" fortemente voluta, a riscatto, da Bush produsse nuove tragedie. A diciannove anni dal "fatto", fatico ad accettare quelle sequenze di terrore,  con cui si vollero tacitare le coscienze con la rimozione e gli atti abnormi di giustizialismo. Una voce oggi chiede attenzione: quella di Papa Francesco, che grida, spesso "nel deserto", la conversione a favore dei poveri della Terra, ritenuti i privilegiati destinatari del Vangelo, che gli "oscenamente" ricchi non sanno comprendere.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: 11 settembre 2001

Sento rumori, sento sirene,
grida di chi non sta bene
nell'ultimo canto     
del cigno a suo vanto:
stupisce a terrore
il cacciatore
a destinare
altrui vite a crollare
con le due Torri a morte
in lanci che altra sorte,
segnaron di vite ignare
a danno a volare
in lanci estremi
e senza freni,
a fuga dal fuoco
che alto e non fioco
bruciava i palazzi                                     
in quel giorno da pazzi!             
Crollaron a calore,
senza pudore,
sotto riflettore
che al mondo consente   
di veder solo il niente,
e tutto il sentire
che bisogna morire!
Accorsero in tanti i salvatori,
eran tori
in arena,
né si diedero pena
gli attentatori,
ideatori
del nulla
di chi si trastulla
per dare la morte.
Apriron porte
a tanto inferno,
or fatto perno
in nostra memoria
di quel 11 settembre e sua storia.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 4 settembre 2020

Fra' Domenico Spatola: "Ognor, tra loro, saràn di me i siti"

Disse Gesù:
"Quando il fratello
si relaziona da monello,
da lui bisogna andare
per dialogare.
Se ascolta,
sarà sua svolta
ma, in caso avverso,
bisogna andare verso
lui con uno o due fratelli
sperando che almeno quelli
ascolterà e ogni cosa
senz'altra chiosa
verrà risolta 
Ma se neppure ascolta,
venga accolta
istanza da Comunità,
che dichiarerà
se è pagano
o pubblicano.
Ciò che in terra legherete
stessi nodi in ciel riprodurrete.
Il Padre mio mai sarà sordo
a due che d'accordo
qualcosa chiederanno:
è certo che otterranno.
Se due o tre nel nome mio uniti,
ognor, tra lor, saràn di me i siti".

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della XXIII domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 18, 15-20

15 Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai
guadagnato il tuo fratello; 16 se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni17 Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano. 18 In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.

19 In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. 20 Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».


Dal "non scandalizzare i piccoli", Gesù aveva messo in guardia i suoi. Severe erano state le minacce per i trasgressori (cfr Matteo 18, 6s). Se qualcuno cerca infatti una Comunità dai valori alternativi a quelli del potere e dell'ambizione, professati dal mondo, deve trovare, tra i suoi discepoli, amore e servizio fraterno. Nella odierna pericope, il monito attiene ai rapporti tra fratelli all'interno della Comunità.
Se qualcuno sbaglia, va persuaso, con amorevole discrezione, a superare il dissidio. Chi si ritiene offeso, prenda l'iniziativa ed eviti imbarazzo a chi ha sbagliato.
Se fallisce, chieda collaborazione ai due o tre fratelli, titolati  "costruttori di pace" ("Beatitudini"). Analoga testimonianza è in Deuteronomio 19, 15.
Ultima intervenga la Chiesa. Fallendo tuttavia tale estremo tentativo, l'amore verso chi sbaglia, non sia negato, ma riproposto sul modello del Padre che "fa sorgere il sole" anche "sugli ingiusti" ("pubblicani" e  "peccatori"). 
L'amore fraterno, a quel punto, diventa unilaterale e non attende il contraccambio come per i nemici, per i quali bisogna anche pregare.
Attivato il "perdono", quello di Dio non verrà "legato in cielo", ma "sciolto" e reso fruibile incondizionatamente. L'accordo ("sinfonèo") dei due o più fratelli, riuniti "nel suo nome", con carismi orchestrati dallo Spirito, immedesima in Gesù, del quale assicura presenza e dinamismo di crescita.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: Santa Rosalia

Di Palermo è la Signora
e dai devoti pregata ognora:
il suo nome è Rosalia,
la migliore e la più pia.
Visse alla Quisquina
nella grotta piccolina.
Vi pregava notte e giorno,
e silenzio regnava intorno,
ma ciò che vale
fu suo desio vitale
per il Cristo
del cui amore acquisto
ella fece
e, in sua vece,
operò le guarigioni.
Con la forza dei cannoni
girò quella notizia
e il padre, cui non vizia
la prepotenza,
volle portarla via con violenza.
Ma il Signore le venne incontro,
e poté evitare il paterno scontro,
e s’incamminò verso Palermo
e, col proposito fermo
di non farsi ricordare,
nello speco si volle ritirare.
Il cammino
la portò sul monte Pellegrino,
ove un mattino
trovò una grotta
e quivi fece lotta
contro il male
e, da mortale
a evento prodigioso,
si consegnò a Cristo sposo.
Scoppiò intanto l’epidemia di peste,
finirono le feste
e sol tristezza
copriva ampiezza
della gran città
in siccità
con gente morente
e con chi più niente
poteva ormai vantare.
La santa allor compare
a un cacciatore
perché prenda a cuore
tal problema
e, ad emblema,
indica il posto
dove il suo corpo era riposto.
Circolò il corpo della Santa,
e per Palermo tutta quanta
dove essa passava,
la peste arretrava
né più sarebbe ritornata,
e la città salvata
da Colei che, liberando da ogni malattia,
è invocata da tutti “santa Rosalia.”



Fra' Domenico Spatola.
Tratta da: Un anno con fra' Domenico, poesie per ogni giorno dell'anno.
Il libro, dal costo di copertina di € 16,00 è disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito ibuonicugini.it, oppure alla Missione San Francesco, Via dei Cipressi (trav. Piazza Cappuccini)

Fra' Domenico Spatola: Quella sera... 3 settembre 1982

Ho atteso stessa ora per riprovare l'emozione di 38 anni fa. Ero in terrazzo del convento. La serata fresca di fine estate consentiva di attardarsi prima di ritirarsi in camera per il riposo notturno, quando frate Mario da Baucina venne a dirci che da una amica al telefono apprendeva degli spari di via Isidoro La Lumia. Pensai a qualcosa di grave. Per istinto. L'ultimo 30 aprile era stato falcidiato il sindacalista onorevole Pio La Torre. Palermo da qualche tempo viveva il far West con morti eccellenti per mano mafiosa. Il generale Dalla Chiesa, nuovo prefetto, anticipò la sua venuta a Palermo per l'occasione. Erano passati cento giorni. Non pensai immediatamente a lui. Mi fermai paziente alla televisione aspettando quale  notizia. In sovrimpressione vidi scorrere dopo pochi minuti la notizia: morto proprio lui, con la neomoglie Emmanuela Setticarraro e l'unico poliziotto di scorta. Tremò la città,  presaga dell'invincibilità della piovra che con i suoi tentacoli asfissia senza speranza. L'indomani fece la coda al palazzo Witaker, per un omaggio floreale alle due bare in parallelo. E alle 15.00 suonai l'organo nella Chiesa di san Domenico, il Pantheon degli uomini illustri palermitani. Basiti rimasero i politici in prima fila con Spadolini presidente del Consiglio, quando il compianto cardinale Pappalardo, pronunciò senza mezze verità,  l'accusa. A stigmatizzare l'evento nella memoria collettiva, geniale la citazione di Sallustio: "Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur!" L'accostamento  a Palermo fu consequenziale,  con la commiserazione d'obbligo: "Povera Palermo!"
Si comprese che la paura attanagliava, chi avrebbe potuto e dovuto combattere. Ma i migliori di questa Terra, pagheranno in solitudine un prezzo troppo alto. Avremo meritato tanto sacrificio?

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: Monte Pellegrino (4 settembre 2020): Salita ("acchianata") negata

Saliva il "Pellegrino",
monte del suo cammino.
In cuore avea il sogno
del più felice agogno:
esser di Gesù la Sposa,
a rinuncia d'altra cosa,
perché le ardeva in petto
amore per il Diletto.
Sulla rocca dei silenzi
e in fenditure di consensi,
mistica sfociò la via
di santa Rosalia
che dritta se ne andava
verso Colui che amava.
E in stessa grotta,
essa ancor lotta
contro i mali
a noi fatali.
Celesti canti,
si elevino da amanti,
con desii di speranza
che tanto avanza
in noi d'Assoluto pellegrini,
cui però i cammini
quest'anno son vietati,
per non esser contagiati.
In passato altra era lettura,
a liberar da peste, andatura
era a pregare la santa Rosalia
perché Palermo ritrovi la sua via.

Fra' Domenico Spatola