domenica 28 maggio 2017

Fra' Domenico Spatola: Fine campionato dramma annunciato. Palermo in B


Angosciati siamo qui,
per il Palermo in serie B.
Il funerale era annunciato:
era grave l'ammalato.
Il presidente tutto l'anno
fu avvisato:
"Provveda, mister, qui c'è danno!".
Ma sordo, Zamparini
ci trattò da cretini,
ci disse "deficienti"
perché incompetenti
ritenevamo
i suoi giocatori
che il pallone,
calciavano a confusione
correndo a casaccio
come a spaccio
di magia
senza gioco e strategia.
Ora lasciateci lagnare
non possiamo sopportare
amarezza e delusione
per questa tragica retrocessione.
Erano anni che, con orgoglio,
venivamo senza imbroglio
allo stadio per tifare
per Palermo incoraggiare,
e con scusa vedevamo
grandi squadre ed eravamo
pur felici ancor cadetti:
che importa?
A giocare qui da noi
costretti
venivano calciatori sol eroi.
Or ci chiediamo se tifare
per una squadra che in mare
ci ha immersi fino al collo
e speriamo che l'ammollo
duri un anno
altrimenti grosso è il danno
se inchiodati  rimaniamo
e la serie A ce la sogniamo.
L' anno scorso  col Verona
abbiamo vinto la corona,
pur giocando per salvezza
la vittoria diede ebbrezza
e congegno fu l'impegno
di mai più patema in cuore,
ma quest'anno è sol peggiore
la sorte del malato ormai defunto,
condoglianze facciamo al suo congiunto:
Zamparini o Baccaglini,
non trattateci da cretini.
Vi promettiamo il nostro tifo,
usciremo dallo schifo,
ma pensate pure a noi,
non trattateci da buoi,
e da tifosi,
chiediamo valorosi
calciatori per il Palermo
che con piede fermo
e con più vita,
glorioso ricominci sua salita.

Fra Domenico Spatola




sabato 27 maggio 2017

Fra' Domenico Spatola: Taormina e i G7

I sette grandi della Terra
si diedero convegno per la
guerra.
Volevano la fame debellare ma
sembrava solo quella loro
perché il mangiare era tutto lì, sul
proprio tavolo da lavoro.
Quando raggiunta la sazietà
si guardarono in viso:
e con gravità
"ma Taormina - si dissero - è un
paradiso, fermiamoci qua",
avevano passato una giornata,
parlando di migranti in mattinata
e a sera degli operai
senza capire i guai
di tanta gente
che non ha niente
e senza lavoro
vive scontenta
ha solo figli da mantenere
e delle tasse
sempre più nere
come matasse del destino
strozzine che affoga
i popoli nel lor cammino
che vedono incerto il lor futuro
che duraturo porterà sol bene a
quei sette là
cui conviene
e a ostentazione
fan solo vedere tanto oro
mentre migliore
sarebbe il mondo
senza di loro.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: 27 maggio 1860. Garibaldi entra a Palermo

Erano mille, tutti eroi, sbarcati il 5
maggio a Marsala
fecero ala
per quell'ingresso
il patriottico coraggio
contro il Borbone ancor
selvaggio.
Primo scontro fu a Calatafimi
dove ebbero la meglio i
Garibaldini
che con il rosso
delle lor camicie
sdentarono il molosso
che retrocesso
lasciava il luogo
al neoprocesso della storia
che gloria
dava al generale di Palermo
divenuta capitale del nuovo
Regno
che presto Garibaldi
avrebbe consegnato
al re sabaudo rimasto incantato
di sua grandezza
e a Teano
ricevette in mano
da Garibaldi il reame
conquistato,
con "Obbedisco"
che suonò come obelisco per la
Storia
del Risorgimento
che ancora riconoscimento di
sua importanza
merita a dispetto dell'altrui
tracotanza.
Palermo fu fiera quel 27 maggio e
al suo generale rese omaggio di
sua fedeltà a condizione
dell'attuazione
della promessa civiltà.

Fra' Domenico Spatola.

Fra' Domenico Spatola: Ascensione

Sul monte degli Ulivi,
ti rifugiasti, Signore,
per il finale agone
a iniziare passione,
rieditasti, da Risorto,
presenza trionfale
della Gloria
dei tempi di Ezechiele,
riconducendo i tuoi
a contemplare estremo
tuo salto dalla Storia
in piena Gloria
stessa che il Padre
ti consegnò.
Ascendevi a riconquista
di ciò che a conquista
donava a noi.
Eri sceso in umanità
che ora conducevi
a più alta dignità
quella divina
che tua Comunità
potè ammirare in fascino di tua
ascesa
e in attesa aspettare discesa
di tuo Spirito a Pentecoste
che continuerà in amore
quanto a noi meritasti a dolore.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: l'Ascensione di Raffaello Sanzio


venerdì 26 maggio 2017

Botteghe letterarie per la via dei librai 6 - Domenico Spatola. Sabato 27 maggio alle ore 17:00

Sesto appuntamento del ciclo Botteghe Letterarie per la Via dei Librai presso:
Libreria Vaccaro - Corso Vittorio Emanuele 441 - Palermo.
Sabato 27 maggio, ore 17:00, "Palermo dono di perle in versi" di Frà Domenico Spatola, frate cappuccino della parrocchia "Santa Maria della Pace" di Palermo.
Il libro comprende una raccolta di poesie dedicate a Palermo, una città dove l'amore per i luoghi, la gente, la storia e le tradizioni si fondono in lodi attente e sensibili, critiche e delicate. Versi pieni di vita a una città che tutto sa dare e tutto sa prendere.

Fra' Domenico Spatola: Missione.

Era "il tuo Monte" quello indicato,
in Galilea dove narrato
avevi notizia dal nuovo sapore,
non più a terrore
di un Dio sdegnato.
Sua pietà e commozione
rendevi vive a compassione
dell'uomo ingrato e del
peccatore
eri pur sempre il loro Signore.
Vennero gli Undici al tuo ritrovo
sembravi solo
nel tuo splendore
e con amore facesti dono
a conclusione
per nuova missione.
Toccava a loro portare decoro
al neo-messaggio
e con coraggio
narrarlo ancora, senza paura
avendo cura
di non tradire l'annuncio
battezzando ognuno nello
Splendore Santo
del Padre e del Figlio suo tenero
vanto. Incoraggiavi con zelo e
ardore
chi con tua presenza
inviavi a evangelizzare amore.

Fra' Domenico Spatola.
Nella foto: Vocazione degli Apostoli, Ghirlandaio 1481

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Ascensione al cielo del Risorto: Matteo 28, 16-20


Missione universale dei discepoli
16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».




Commento al Vangelo

L'invito del Risorto, mediato dalle donne andate di buon mattino al sepolcro, era rivolto agli Undici discepoli perché andassero in Galilea ad incontrarlo. Gerusalemme dista dal monte indicato quattro giorni di cammino. Sembrerebbe che Gesù non avesse fretta di incontrare i suoi. Oppure è altro il messaggio sotteso.
In Galilea Gesù era salito sul monte da dove aveva annunciato il suo programma: le "Beatitudini".
Gli Evangelisti non raccontano il momento della risurrezione di Gesù, perché a causa della Legge che lo proibiva, nessuno fu testimone oculare dell'evento; essi però ci indicano come fare esperienza del Risorto.
Per Matteo, il "luogo" teologico per tale dimensione è l'accoglimento del "discorso della montagna", dove con le "Beatitudini" Gesù delinea l'identikit del suo seguace. "Il monte indicato" è dunque noto ai discepoli, esso non ha caratteristiche orografiche ma teologiche.
"Al vedere Gesù si prostrarono in adorazione" come avevano fatto i Magi, rappresentativi del pagani che riconoscono in Gesù il loro re e Signore.
La reazione dei discepoli appare incoerente se "dubitavano". Di cosa? verrebbe da chiedersi, dal momento che Gesù è sotto i loro occhi. "Il dubbio", denunciato dal Vangelo, ripropone ancora la resistenza opposta dai discepoli, ogni volta a Gesù, del suo "morire" come passaggio necessario per entrare nella gloria. La loro è paura di non farcela, dopo avere visto i patimenti di Gesù. Ma questi si avvicina per incoraggiarli e infondere in loro fiducia e così superare l'ansietà. Sulle loro potenzialità, umane e di credenti, il Risorto intende investire e, dopo aver ricordato il "potere" che possiede dal Padre in pienezza ("in cielo e in terra"), lo consegna interamente ai seguaci, per l'esercizio di totale amore verso tutti i Popoli.
Superato l'orgoglio nazionalistico della salvezza, inteso quale esclusivo appannaggio di Israele, il messaggio universalistico del Vangelo sarà seguito dall'immersione ("battezzandoli") nell'amore ("nome") "del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".
La conoscenza del messaggio nuovo ha bisogno di fasi e di tempi di approfondimento ("insegnate"), perché possa tradursi in osservanza di tutto quanto Gesù ha comandato. Con straordinaria capacità di concisione, viene richiamato l'intero Vangelo per essere annunciato dalle Comunità ormai responsabilizzate per la "Missione" a tutti i popoli.
Non è più il momento di obiezioni, il Risorto le previene e garantisce i suoi rassicurandoli che "sarà sempre con loro fino al compimento della Storia".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Gesù parla ai discepoli di Duccio di Buoninsegna.



mercoledì 24 maggio 2017

Fra' Domenico Spatola: Il Piave mormorò...

Or son cent'anni
che a natural frontiera
Fiume difese dopo Caporetto
come saputo e letto in ogni libro
di storia
nostra milizia,
privata di ogni boria, stremata
era
mentre l'Austriaco
sua bandiera
issata aveva a primavera
cantando sua vittoria
in quella storia
che tanti morti racconta ancora
di prima Grande Guerra
che sconfinata fu su tutta la
terra.
Il Piave aiutò nostra ripresa,
argine fu contro nemica intesa
che violare voleva
l'italiano orgoglio
e mantenere ancora
quel imbroglio
di sudditanza a impero
che patriottismo sincero
di nostri eroi
del Risorgimento
che, a fine guerra,
ebbe suo compimento.
Il Piave ancora mormora ma non
più vittoria
contro austriaci oppressori
perché oggi altri son dominatori
più sinuosi e votati a prepotenza
e interesse proprio senza più
decenza
cercano a danno della gente che
impotente
si arrende a loro male.
Non ideale ostenta
chi comanda
ma solo tornaconto
a proprio vanto.
Il Piave è ancora là a mormorare
flebile suo canto:
"Ho fatto tanto
- ora a noi dice -
perché ancora infelice
è il popolo depresso,
forse oppresso da altra dittatura.
Coraggio - aggiunge ancora - non
duratura
sarà, perché libertà
è il solo ideale
che a ognuno fa sentire quanto
vale".
"Tanto!" E' nostra aggiunta,
convinti che,
prima o poi,
vera libertà sarà raggiunta.

Fra' Domenico Spatola

martedì 23 maggio 2017

Sabato 27 maggio presentazione del libro "Palermo dono di perle in versi" di Fra' Domenico Spatola presso: Libreria Vaccaro - Corso Vittorio Emanuele 441 - Palermo

Sabato 27 maggio alle ore 17:00 siete tutti invitati alla presentazione del libro di fra' Domenico Spatola: "Palermo dono di perle in versi", la raccolta di novanta poesie (ciascuna corredata da foto) dedicata alla città di Palermo.
L'evento avrà luogo presso:
Libreria Vaccaro - Corso Vittorio Emanuele 441 - Palermo.
Vi aspettiamo.
 
Palermo dono di perle in versi.
Pagine 256 - Prezzo di copertina € 13,00
Acquistando il volume darete un contributo alla Missione San Francesco - Mensa dei poveri.

lunedì 22 maggio 2017

Fra' Domenico Spatola: Ricordando Giovanni Falcone... a 25 anni dalla strage di Capaci.

Ricordo di terrore.
Fu boato!
Sull'autostrada atroce fu il reato.
Orribile morte toccò a Falcone,
Giovanni era suo nome.
Con lui, morta fu la scorta
e la Morvillo, compagna di sua
vita:
finita!
Attonita, Palermo
apprese orrore.
Nota era in città, e non solo,
solerte l'attività del giudice
zelante,
galante nei modi
ma fermo e rigoroso negli snodi
dell'umana convivenza
che appartengono a decenza
e a civile legalità.
Voleva, con sua onestà,
estirpare la trista pianta
della "mafia" che incanta
con suo fascino di potere
assicurando sol chimere
ai suoi adepti.
Falcone, sapendo quanto stretti
fossero i legami
dell'organizzazione,
tentò con cura e attenzione
di penetrare quel mondo di
illusione,
e l'uso del pentito
fu mezzo preferito
per invertire la sorte
di quel percorso seminato a
morte.
Voleva spezzare il laccio
che spaccio faceva non sol di
droga.
Fu contrastato anche da chi
portava toga,
ma non si arrese,
sapeva ormai di avere l'arnese
con cui minare la base
della malavita in ogni fase.
Suo dovere fu lottare
e lottare fino in fondo,
sapeva, nel suo animo profondo,
imminente la sua esecuzione.
Diceva che "la mafia era un
gigante
con la memoria di un elefante".
Volle da eroe sfidare il drago
come il mitico Teseo del vello
d'oro,
ma questa volta a ristoro
gli diedero la morte i criminali,
fatali furono le ore susseguenti:
ci compiansero del mondo tutte le
genti.
Un siciliano anonimo scrisse in
quel momento:
"Ormai speranza è morta!"
Fu il commento
che risorta fece voglia
di continuare lotta
per lo stesso ideale
e stessa meta dove Falcone,
deciso, voleva arrivare.
Ma altro eccidio incombeva sul
cammino,
con la strage che a Palermo in via
D'Amelio
trucidati Borsellino e la sua
scorta.
Stessa sorte preannunciata
in questa terra sentita
abbandonata.
Occupata era sol dai criminali
che ne avevano fatto "sacco",
dando scacco
alle istituzioni.
Ci volle un guizzo di dignità
per poter parlare ancora di
libertà.
Il 23 maggio 1992
fu suo coraggio
a Palermo ritornare,
ma quel giorno nefasto
sua città non fu ospitale.
Fatale per gli onesti,
perché funesti furono gli
assassini,
propensi solo ad osteggiare
cammini,
mentre Falcone potè morire da
eroe,
per dare ai Siciliani nuovi destini.
Ora a distanza di venticinque anni
dall'evento,
siamo ancora a chiederci se il
tempo
ha cambiato un poco questa
città
per il sacrificio di Falcone a
dignità
e garantire pienezza in libertà.

Fra' Domenico Spatola


Fra Domenico Spatola: Celebrando Santa Rita

Ogni 22 di maggio,
i devoti fanno omaggio
con le rose
alla Santa che delle spose
si fa angelo tutelare,
predisposizione naturale
che è il modo suo d'amare.
Essa ha vinto il male,
superando un brutto scoglio
che di sua vita fu imbroglio,
con l'amore a Gesù Cristo,
che suo sangue fece misto
a sua vita
coniugando santa Rita.
Verso il paese suo natale,
diventato internazionale,
ogni uomo nell'ambascia,
si fa pellegrino fino a Cascia,
a parlare del suo dolore
e ricevere grande amore ,
domandare guarigioni
senza tema d'illusioni.
Santa Rita, cara a Dio,
non è caduta nell'oblio:
Storia volle che sua vita
fosse in grandezza concepita,
pur nel suo mondo che civiltà
discorreva in viltà,
favorendo prepotenza
e ritenendo che violenza
era sol cultura
coerente con natura.
La risposta della Santa
 liberò da tanta
cattiveria come in tempi nostri
dove mostri son gli stessi,
che coltivano interessi,
personali e familiari:
a lor care son le caste
dei privilegi a profusione
sol per loro,
(sia ben chiaro!)
e non si faccia confusione.

Fra Domenico  Spatola
Nella foto: statua di S. Rita nella chiesa di s. Agostino a Palermo

domenica 21 maggio 2017

Fra Domenico Spatola: Palermo in B

Quanta tristezza!
Ho perduto scommessa!
Ero convinto con auspicata magia
che Palermo da lì
mai avrebbe ripreso la via della B.
Eravamo ottimisti
che alla fine venivan gli scquisti,
 giusti a fugare nostra ansietà.
Era onestà di nostro buon cuore
che convinzione sembrava ragione
 e che Zamparini dicesse a gran fiato:
 "abbiami scherzato!
Bisogna salire
e ardire la china
che cosa fina è questo Palermo
e per me puntofermo
 che competitivo é
con la miglior squadra che c'è!".
Cosa è  successo?
Il Palermo è recesso
 in serie inferiore
che giocatori
a occhi bassi
e tanto già scarsi
continuano a dire
che voglia non hanno
di far capodanno
in questa città.
Ci siamo "schifiati",
per dirla in dialetto
 perché nulla perfetto
è solo viltà.
Palermo è  cinese,
 eppur congolese,
 in certi rioni è sol tunisino, se vai al centro c'è il marocchino
e indiani ovunque
è meglio comunque
che non ci metti  piedi, perché scippato fui l'altro ieri:
era rumeno oppure albanese compresi che certo non era irlandese,
me ne accorsi pure io,
e a salvarmi la vita ci pensò il buon Dio.
 Ritornando alla squadra, qualcosa non quadra
per l'anno venturo,
 leggiamo il futuro
 con la maga vicina
chissà se indovina
 e magari da B non scendiamo in C.
Con speranza e amore questo solo si vuole
 tornare nella serie
che fuga miserie
di squadra e d'impresario
cui auguriamo  pesante onorario
per poter raccontare
che Palermo ancor vale.

venerdì 19 maggio 2017

Fra' Domenico Spatola: Promettesti lo Spirito

Era anello tuo nuziale,
Signore, Spirito promesso,
tesoro che vale
a Chiesa tua sposa,
come rosa vermiglia
da sangue d'amante
a consegna sponsale.
Spirito del Padre
sussurro sognante
mondi vitali e infinito respiro a
sostegno tuo vanto
canto eterno di amore
ripete vangelo a coraggio.
Stesso tuo zelo
a mutare di cielo orientamenti
vitali prospettive son quali
messaggio sicuro
a costanza
in speranza di mondo futuro.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Dentro la bellezza Trinità tricefala, affresco IX secolo, chiesa di San Giacomo Urschalling, Prien, Bavaria.

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Stesta Domenica di Pasqua: Giovanni 14, 15-21

Gesù promette lo Spirito Santo
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui.
 
 
Commento al Vangelo
 
Due volte in questo brano Gesù detta le condizioni per amarlo: l'osservanza dei suoi Comandamenti.  Non allude a quelli di Mosè, ma li chiama "miei". Ne aveva tuttavia enunciato uno solo: "amatevi come io vi ho amato". E' amore che viene manifestato in tanti gesti di disponibilità al servizio come la "lavanda dei piedi", proposta a modello ai discepoli.
A risposta di questo amore, Gesù avrebbe richiesto per loro dal Padre "l'altro Paràclito" ossia l'altro "protettore" che sarebbe venuto in soccorso, e avrebbe aiutato i suoi, che non sarebbero restati "orfani" di Gesù, perché egli avrebbe continuato a vivere in loro per mezzo dello Spirito.
Antagonista all'opera dello "Spirito di verità" è il "mondo" che vive di ambizione e di potere e perciò non lo conosce.
Chi invece "lo vede e lo conosce" è chiunque ha scelto di condividere il progetto dell'amore che si fa servizio. L'esercizio abituale di questa proposta consentirà al discepolo di vedere l'immanenza di Gesù nel Padre e in conseguenza dei discepoli nel Figlio.
 
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: La lavanda dei piedi (Giotto di Bondone)

domenica 14 maggio 2017

Fra Domenico Spatola: Candore

Splendore di Fanciulli
in cammino
di festa desiata
e preparata
per cammini di fede.
Ideale a chi crede
vita
condivisa
nel pane spezzato
e nel vino versato:
essenziali al cammino,
in regale incontro
umano e divino
con colui che a consegna
rende degna
natura
di suo
favore incompreso
sol se amore non è appreso.

Fra' Domenico Spatola

sabato 13 maggio 2017

Fra' Domenico Spatola: Ricordando madre

O madre di te ricordo
tanta tenerezza
e ancor del piccolo memoria in
cuor mi porto,
quando nell'orto
dinanzi casa tua
d'amore spinta,
dietro a mio desìo,
raccoglievi ciliegie
ch'eran rosse
- e lo ricordo bene -
come gote mie
che baciavi tanto colorandole a
volte di rossore
a tepore di tue vermiglie labbra.
Quanto accurata
era tua disinvoltura
e creatura ti amavo più d'ogni
altra cosa
eri una rosa
e io innamorato di tua figura alta
per mia età
e io legato a duratura tua beltà.
Sol ricordi ormai
come nubi in cielo
non più terso
perché sommerso
ora e preoccupato
quel fanciullo
infatti ormai ho abbandonato
a leggiadrìa di sogni e di chimere
quando mi apparivan vere fate e
dame nei recinti
distinti e regali
come ideali di mondo
che or sol confondo
tra onirico e reale.
Madre, ancor vale
tuo nobile consiglio:
vedere figlio
sol felice
per tua bellezza passata
e sempre rinnovata
di te ricordo
in mia anima ammaliata.

Fra' Domenico Spatola





Fra' Domenico Spatola: Un grazie alla mamma

Grazie, mamma, perché la vita tua
non ti appartiene. Grazie perché
fatichi per il bene.
Grazie perché dei figli ti fai
garante
e tante
son tue apprensioni e
preoccupazioni.
Grazie quando indori di bellezza
ciò che tristezza
porta dolore al figlio e lo rendi
sol tuo ovattando il mondo che
urticante mostra pungenti spine.
Grazie perché di fine
tenerezza colmi il figlio
a sol compenso
di sua felicità.
Oggi di beltà cingiam tua testa
è la tua festa perché quale regina
ti sai donare.
Tuo valore soltanto il figlio sa
misurare.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Fatima, 13 maggio 1917

Il tredici maggio di cent'anni fa,
Francesco, Giacinta e Lucia,
ancor fanciulli in tenera età,
in Portogallo, nella cova d'Irìa,
incontrarono Maria, la madre di
Gesù.
Con lei conversarono a tu per tu.
Eran pastori appresso a lor
gregge,
lontano da schegge
della "Grande Guerra"
che impazzava su tutta la Terra.
Veniva da loro "da madre di Dio"
a portare rimedio di pace
a un mondo, che rio
senza conversione verace,
rotolava per altra sciagura
imminente e sicura
se gli Umani ad altro tesoro
non volgevano il cuore.
All'iniziale paura,
pose cura
la "bianca Signora"
che loro vista incantata sembrava
una fata.
"Niente paura,
sono la mamma - assicura - del
Figlio di Dio
ed è compito mio
portare ai miei figli
i più sani consigli,
perché possano amare
e non più odiare
perché la guerra
è solo follia".
Così, con candore,
parlò loro Maria.
Li invitò a tornare
ogni mese:
stesso giorno e stessa ora fino a
ottobre
quando suo "messo" avrebbe
convinto i lontani
con i segni nel cielo più strani.
Quando i fanciulli andarono a
riferire,
furon minacciati
di morte per non dire
e il tredici luglio impediti
di andare.
Quella volta l'apparizione cambiò
data
per nuova missione annunziata
in cui del Signore
la Madre mostrò ai bambini
l'orrore
di chi vuole la morte.
Mentre accorte
furon altre parole
custodite
in inquietanti "segreti"
che per devoti furono divieti
per evitare novella sciagura.
Ora Fatima è meta sicura
per pellegrini che chiedon
carezza
e fortezza
nella lotta al male
riscoprendo che per amare
è la preghiera che vale.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 12 maggio 2017

Fra' Domenico Spatola: Rogo di Roma.

Orrore nella notte.
Grida di terrore:
fiamme fameliche ovunque
e fumo a caligine fitta:
umana sconfitta!
Pianto straziante di figlie
ancor vive, riarse
da chi
di umane doti già scarse,
volle quel vile attentato.
Disumana pazzia di chi,
da criminal odio accecato,
non prova disgusto,
né orror del reato,
né pianto comprende di madre
cui, in un sol colpo rubato,
è il travaglio di mamma
che eterna conquista
con sposo di vita
non oso chiamare "finita".
Bimbe or giocano in Dio,
loro splendido oblìo
per cancellare
triste ricordo di vista
che solo accordo
di pace conquista.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Via fosti per me...

Eri con loro negli ultimi istanti,
erano affranti
i discepoli appresso a tuo dire
che "andavi" e invece "restavi".
Paradosso non convinse
Tommaso che, sol strano,
ti pose domanda
denunciante sconfitta e sua
rabbia,
una fitta per mente confusa,
non adusa
a speranza al "tuo andare",
non sapeva che cosa pensare.
Dichiaravi di essere "Via",
nell'offrire servizio al fratello:
fu il modello di tua maestria
anche quando "Verità" ti dicesti,
aggiungendo che a pienezza di
vita
bastava ardita
ricchezza d'amore.
Pur Filippo volle momento,
non avendo compreso il
commento
che leggeva tue gesta d'amore
come quelle del Dio Creatore.
E volendolo sradicare da
certezza,
gli chiedesti di rifiutare l'ebbrezza
del potere
ch'era invece suo chiodo fisso,
e vedere il Dio Crocifisso.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Ultima cena, di Andrea del Sarto (Firenze)

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quinta Domenica di Pasqua: Giovanni 14, 1-12


Gesù è la via che conduce al Padre.

Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: «Vado a prepararvi un posto»? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».
5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: «Mostraci il Padre»? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.
 
Commento al Vangelo
 
Durante l'ultima cena, Gesù dovette apparire sensazionale ai discepoli nel comunicare il paradosso che, solo morendo, la sua relazione con loro sarebbe stata più intensa. In quel momento però cercava la loro fiducia, nonostante pesasse l'annuncio dell'incombente tradimento di Pietro e dell'immane tragedia che si stava abbattendo sopra di lui.
Chiese dunque il loro ottimismo, prospettando "le molte dimore nella casa del Padre". Di queste si avrà successiva interpretazione laddove dichiarerà: "Se uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e dimoreremo presso di lui" (Gv. 14,24).
Viene dunque prospettato un radicale capovolgimento: non più "il Dio che accoglie", ma "il Padre che chiede di essere accolto". La molteplicità delle "dimore" è giustificata dalla diversità degli uomini e dalle loro situazioni. Quando tuttavia volle responsabilizzare i suoi circa il cammino che egli aveva mostrato lavando i piedi, a testimonianza dell'amore che si fa servizio, ("Dove io vado, voi conoscete la via"), piccato interferì Tommaso: "Non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?"
Folgorante la risposta: "Io sono la via, la verità e la vita".
Ardito ogni commento per la pregnante rivelazione, in contrappunto alla domanda di Filippo, dichiarata "deludente" da Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e ancora non mi conosci? Chi vede me vede il Padre, io e il Padre siamo Uno".
Offrì conferma di tale "unità" appellandosi alle "opere" come quelle del Creatore compiute a esclusivo beneficio dell'uomo, aggiungendo però che stesse potenzialità sono in chiunque condividerà identico progetto.
 
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Ultima cena di Domenico Ghirlandaio (Firenze)
 

giovedì 11 maggio 2017

Fra' Domenico Spatola: Palermo al voto

Palermo città
è bella a metà:
suo cielo è pulito
puoi toccarlo con il dito;
sue montagne sempre in festa
e i palazzi con il sole sulla testa.
Per le camminate
trovi strade intasate.
Ognuna già stretta,
perché sorte in fretta
eran case ad oltranza
anche senza ordinanza,
per cui ghettizzate
sono intere contrade,
e se vuoi fare lesto
svegliarti devi presto,
son barricate tutte le strade
come già visto e pure accade
chè il tram voluto per pochi utenti
automobilisti lascia scontenti
per lunghe ore in colonna
tutti pregano la Madonna
che illumini capi che hanno
deciso fare di Palermo un gran
paradiso
di confusione, aggiungiamo noi
per stessa ragione, che serve a
qualcuno
come Nessuno
che ci rende impotenti
e nullatenenti.
Ci ricordiamo
quando andiamo a votare
ma forse jattura
ce lo fa dimenticare.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Lo scirocco. Tratto da: Palermo dono di perle in versi

Lo scirocco.

Vento caldo
da sponda africana
assimila terra nostrana.
Arsura antica
in messaggi a calura
che vento cerca frescura,
in tempo che unisce
sequenze infinite,
in vite diverse
e spazi più strani,
vento a collegare
confini lontani.

Fra' Domenico Spatola

 


Fra' Domenico Spatola: Palermo dono di perle in versi.
Raccolta di novantadue poesie sulla città di Palermo ciascuna corredata con foto.
Prezzo di copertina € 13,50 - Acquistando il volume dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it o su Amazon darai un contributo alla Missione San Francesco - Mensa dei poveri

martedì 9 maggio 2017

Fra' Domenico Spatola: In memoria di Peppino Impastato

Oggi il ricordo di due vittime
dell'odio
che fu danno
in stesso giorno stesso anno:
Aldo Moro e Peppino Impastato
fratelli per
accomunato loro impegno
a migliorare il mondo
su sponde diverse ma coincidenti
di stesse ambizioni e ideali.
Scosse la morte di Moro
ucciso dalle Brigate Rosse che,
con violenza e oppressione,
volevano la lor rivoluzione.
Peppino nel suo paese
per qualche mese
tenne testa
a quella mafia che calpesta
i diritti vitali della gente
e prepotente
impone sua legge.
Peppino, pur consigliato a restare
calmo,
volle cantare allo zio il suo
salmo: "Tano seduto" lo chiamava
forte per le strade
di contrade.
Rinfacciandogli loschi affari e malefatte
che prigioniere aveva fatte intere
città di Sicilia. Qualcuno
denunciò
ma sol Peppino
con sua radio
e qualche galoppino,
sfidava l'orco fin nel suo palazzo
da apparire agli occhi della gente
solo pazzo.
La madre era in grande
apprensione
e non si dava pace per tutta
l'avversione
che in paese avevano per il figlio,
cui non faceva mancare suo consiglio.
Cercava fino in fondo protezione
perché il figlio non finisse nel
burrone.
Ma il giovane scanzonato e
temerario
osava contrastare il prepotente
attenzionandolo ironico alla
gente
come mafioso, ombroso e
criminale.
Venne il fatale giorno di vendetta,
s'approfittò degli Italiani altra
allerta
quella dell'uccisione di Aldo
Moro, uomo intelligente e dal
cuore d'oro. Mentre veniva
trovato
ucciso in via Caetani
a Cinisi accadevano fatti strani.
Fu il volere dello zio, secondo
l'accusa della madre,
che Peppino venisse massacrato,
s'inventarono un sabotaggio alla
stazione
così che Impastato ch'era già
morto
poterono far credere
e tagliar corto
che si era suicidato.
Tutti dovettero accettare la
versione,
solo la madre ardita
e senza confusione
potè, richiesta in tribunale,
puntare il dito contro il criminale.
Ora Peppino è l'ideale d'ogni
eroismo che non teme morte
quando si impone diversa altra
sorte che suona offesa alla
civiltà.
Ricorderemo due
di ideale amico
che sia premessa di civiltà aperta
e non regressa umanità.

Fra' Domenico Spatola

domenica 7 maggio 2017

Fra Domenico Spatola: Palermo in serie B

PALERMO in serie B

"Palermo calcio in serie B" :
era forse sogno di mister Zamparì.
Ce l'aveva promesso,
ora è successo:
siamo contenti
e ci laviamo i denti.
Avevamo sperato
e non era reato
ma solo diritto palermitano avere la squadra
sopra il divano
come signora
che detta a buonora
 tattica di gioco
ma durò poco
"Non sempre si può vincere",
 è vero Presidente,
 ma con questa squadra, di vittorie non abbiamo visto niente.
Come l'armata di Brancaleone
andavano in guerra col solo bastone
e i piedi convessi
che anziché per davanti,
le punte costanti
eran rivolte all'indietro
verso la porta che più lunga di un metro
sembrava più aperta ad accogliere gol.
Era la nostra abituata ad ospitare
tutti i migranti che vengon dal mare
e ad accogliere i gol
che dal settentrione vengono a farci senza questione.
Chiunque è di casa in questa città
e se di punti avrà
bisogno, come sempre ha fatto,
sì accomoda qua.
Caro presidente, lei ha gabbato
intero popolo innamorato
di questa squadra
e con dignità
ha sostenuto senza viltà,  perché cuore ci ha messo, ma lei non ha concesso orecchio ad ascoltare
nostri consigli che erano buoni
ma bravo è sol stato
a cambiare allenatori.
Quanti ne ha? più dei calciatori,
perché non pensava a farli giocare
 forse ancora potevamo restare
in quella serie che ci ha fatto toccare
in un passato che or più sognato
con dolore  e preoccupazione
che ci  porteremo nella prossima stagione.
Se sarà lei, mister Zamparini o il suo ineffabile successore gran Baccaglini non lo sappiamo,
sol le diciamo di pentirsi
per aver reso povera questa città
che a lei ha donato gran dignità
e molta  ricchezza
e a noi l'ebbrezza
e la gioia,
ma era solo effimera
quella vittoria di tanti anni fa, non accresciuta e neppur mantenuta.
Nel congedarci le diamo il perdono
per la serie B che è stato suo dono.

Fra Domenico Spatola

venerdì 5 maggio 2017

Fra' Domenico Spatola: Ti seguii al pascolo anch'io, Signore.

Atteso era tuo ingresso nel
recinto,
convinto
ti aspettava il gregge a notte,
già succinto
a iniziar cammino
albeggiava infatti già nuovo
mattino.
Contavano le pecore le ore
ad ogni canto,
ch'era il sol vanto
del gallo che morte
annuncia della notte
mentre di vita rallegra
giorno.
Pascolo copioso intorno
era promessa anticipata a sera
e frescura vera
ed erba più gustosa
pure ubertosa a sazietà.
Fu festante il belare
alla conta di ogni nome
che tu, Signore,
custodivi nel tuo cuore.
E quando energica risuonò la tua
voce
per seguirti
negli infiniti spazi
per rendere d'amore tutti sazi,
venni anche io,
non so se da pecora o pastore,
certo colto fui da stupore
e, tra i modelli tanti,
più importante mi sembrò
guardare avanti
stessa meta che additavi al cuore
dove volevi spazio a libertà e
amore.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quarta Domenica di Pasqua: Giovanni 10, 1-10

Io sono la porta
1 «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.
 
Commento al Vangelo
 
Quale il profilo dei pastori di Israele?
Gesù li dipinse "lupi", nemici proverbiali e non custodi delle pecore. Aggiunse all'affresco già eloquente, coloritura più accesa, qualificandoli "ladri" e "briganti". Rubano perché sottraggono il gregge a Dio e da "briganti", lo sottomettono con violenza.
Gesù, additato da loro "peccatore" perché "trasgressore del riposo sabbatico" avendo dato la vista al "cieco nato" nel giorno vietato dalla Legge di Mosè (Gv 9), ne smaschera le reali intenzioni: il proprio interesse.
Del "pastore vero" vengono descritte le qualità a legittimazione della missione. Gesù le impersona tutte: Egli è "colui che entra nel recinto per la porta", non come "i ladri e i briganti" che sono costretti per altra parte.
"Le pecore ascoltano la sua voce". E' il popolo che riconosce nella voce di Gesù la risposta al desiderio di pienezza di vita. L'intesa conseguente tra pastore e gregge, traduce relazionalità interpersonale: "Chiama ciascuna per nome e le conduce fuori". E' "il nuovo esodo", sullo sfondo di quello attuato da Mosè. Fu sforzo titanico allora come per ogni liberazione da recinti di schiavitù in cui si è costretti dai falsi pastori. La meta proposta non è "un altro recinto", ma gli spazi infiniti del cuore e della vita, nella responsabilità delle scelte che solo persone "maturate nell'amore" intendono.
La sequela di Cristo è ideale condiviso: Gesù che "ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti ad esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce".
Libertà piena che "un estraneo" non sa donare, e le pecore "non lo seguiranno ma fuggiranno da lui".
La "similitudine" è chiara ma i destinatari non la intendono: i farisei "non capirono di che cosa parlava loro".
Non sono loro pecore e non riconoscono la voce. Manca loro stesso desiderio di pienezza di vita.
Si arrovellano in ansie di potere aborrendo ideale del servire; avidamente possiedono e non condividono; sgomitano per salire i gradini sociali, rifuggono dagli ultimi posti. Impongono il loro potere con l'arroganza e il terrore e provano a dominare con seduzioni e lavaggi di cervello.
Il Vangelo è, al contrario, proposto e non imposto, perché la parola di Gesù è convincente e sveglia in ciascuno il desiderio di pienezza di vita. Questa è fruibile sempre, perché la "Porta" in cui si assimila lo stesso Cristo, è sempre aperta: "Se uno entra attraverso di me sarà salvato; entrerà e uscirà..."
Né toglie la libertà, che è dignità e pienezza di vita.
"E troverà pascolo".
E' sua risposta senza condizionamenti a tale bisogno.
 
Fra' Domenico Spatola

giovedì 4 maggio 2017

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Una raccolta di novantadue poesie (ciascuna corredata con foto, molte delle quali a colori) dedicata alla città di Palermo, ai luoghi, alla gente, alle tradizioni...
 
 

mercoledì 3 maggio 2017

Fra' Domenico Spatola: Campanile della chiesa di S. Maria dell'Ammiraglio

Campanile normanno
della Chiesa che Ammiraglio
volle elevato a vista,
a conquista
sui minareti
ormai cheti
ad affollare contrade
di Palermo,
mentre or fermo
e svettante di gloria
campanile racconta altra storia
alla Martorana
che vista sana
offre pienezza
al passante non distratto
e al turista reso matto
di sua tanta bellezza.


Fra' Domenico Spatola
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Novantadue poesie dedicate alla città di Palermo ciascuna corredata con foto.
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Libreria Zacco - Corso Vittorio Emanuele (di fronte chiesa del S. Salvatore) Palermo
Disponibile in tutti i siti di acquisti on line.
 

martedì 2 maggio 2017

Fra' Domenico Spatola: Palermo, dono di perle in versi.

"Palermo, dono di perle in versi" è la seconda raccolta di poesie di Fra' Domenico Spatola dedicata alla sua città, dove l'amore per i luoghi, la gente, la storia e le tradizioni si fondono in lodi attente e sensibili, critiche e delicate. Versi pieni di vita a una città che tutto sa dare e tutto sa prendere.
Pagine 251 - Ogni poesia è illustrata da foto sull'argomento, molte delle quali a colori.
Prezzo di copertina € 13,00
www.ibuonicuginieditori.it

lunedì 1 maggio 2017

Fra' Domenico Spatola: Primo Maggio

Il primo Maggio
ci dan coraggio
che il lavoro ci sarà
e prima o poi presto verrà.
Lo dicon a tutti
a belli e a brutti
a operai e disoccupati
e ai rottamati di mezza età
che la Fornero senza pietà
e a vilipendio mandò in soffitta
senza stipendio
e neppur pensione
roba non rara
e da imbroglione,
eppure cara
ai nostri politici
che sol discutono
di quanti seggi
d'accaparrare,
e fanno leggi
su come votare
e preferenza a chi donare,
mentre la gente
solo a sperare
un posto fisso
per sicurezza
che dà certezza
a fare famiglia
che ognun consiglia,
perché in Italia natalità
è rarità
e quella futura
di chi sarà?
Ci saranno
Siriani e Tunisini,
i Rumeni e i Marocchini,
e gli Albanesi e i Cinesi
che vengono qua
per comandare
con denaro e potere
a sazietà.
Diciamolo chiaro
anche se amaro:
il solo lavoro
è il vero tesoro
dell'impiegato
che il primo maggio
vien festeggiato.

Fra' Domenico Spatola