mercoledì 30 dicembre 2020

Fra' Domenico Spatola: Circonciso, fu chiamato Gesù

Compiuti gli otto giorni,
a Betlemme e nei dintorni 
era obbligo legale
che normale
si celebrasse il rito, 
a testamento avito
del padre Abramo 
per esser in ramo 
suo di filiazione
mediante la circoncisione.
Questa fu fatta anche a Gesù, 
cui fu dato il nome che più 
dava al mondo tenerezza
perché, per etimo, è "salvezza".

Fra' Domenico Spatola
Dipinto di Francesco Curradi

Fra' Domenico Spatola: All'ottavo giorno dalla nascita, fu circonciso e chiamato Gesù

La "circoncisione" era, fin dalla notte dei tempi, il segno igienico-sanitario dei Semiti, divenuto segno religioso di appartenenza alla discendenza d'Abramo. Questi ne conobbe la pratica solo quando giunse in Palestina, e lo interpretò a rito della Alleanza con "El-Eloim" ("Dio degli dèi"), da cui era stato chiamato a uscire da Ur dei Caldei, la "terra  tra i Fiumi"  ("Mesopotamia").
Quel rito marcò la "terza Alleanza", dopo le precedenti  stipulate da Dio con Adamo e Noè. La "Quarta" sarebbe stata quella con Mosè,  cui Iahvè consegnerà la Legge. Gesù è israelita e, secondo i genitori, deve portare inciso nella carne quel segno. Pacificamente il primissimo Cristianesimo, dove i membri provenivano dell'ebraismo o già convertiti a quella religione ("proseliti"), accettò la convivenza della circoncisione ebraica con il battesimo cristiano. Quando però il Vangelo spiccò il volo tra i pagani, e ciò soprattutto per merito dell'apostolo Paolo, il quesito increscioso era se la circoncisione andava imposta ai nuovi adepti, tutti provenienti dal paganesimo. "Quelli di Gerusalemme" contestarono inizialmente Paolo che la riteneva superata, ma si arresero successivamente (Concilio di Gerusalemme). I Giudeo-cristiani, folto gruppo di tradizionalisti ancora legati a Mosè e alla Toràh (Legge), preferirono lo scisma né mai perdoneranno a Paolo il disprezzo di aver chiamato "mutilazione" ("kekatomè"), il simbolo per loro qualificante: la "circoncisione" 
("peritomé"). Radicale infatti fu Paolo nel distacco dal Vecchio, forte dell'idea che nel Nuovo Patto, "in Cristo non c'è né Ebreo né Greco, né schiavo né libero, ma in lui tutti siamo creature nuove".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Dipinto di Rubens

Fra' Domenico Spatola: Fine del 2020

A chiusura di quest'anno,
misuriamo quale danno
principale esso comporta.
Ma ci vuol proprio la sporta,
perche il Covid infernale
ha bloccato l'arsenale
delle idee e degli affari,
desolanti e troppo rari.
È stato l'anno che al chiuso
ha messi tutti in un refuso:
non c'è stata Pasqua alcuna
e di Pasquetta solo la luna.
Tutti i giorni apparsi uguali 
tristi ognora e surreali.
Mascherina sulla bocca,
guai poi a chi ti tocca!
Le distanze misurate
e le mani sanificate.
C'è il gelo nei rapporti
e occhio a come ti comporti.
Questa storia racconterò
di un anno che non so,
quando per tutti finirà. 
Auspico che sia là,
col vaccino ormai testato
e l'entusiasmo rinnovato,
il confine della pandemia
che il Trentuno porti via!

Fra' Domenico Spatola 

sabato 26 dicembre 2020

Fra' Domenico Spatola: Mistero d'amore

C'era Simeone 
davanti al portone 
quando Gesù 
nel tempio lassù 
fu portato a riscatto:
gesto pur matto
per il Figlio che Iddio
mai ha posto in oblio.
Simeone avanza
è un vegliardo che danza
con in braccio il Bambino
di cui dice il destino.
"Questo
fa testo
- dice a Maria -
della luce è la via
che illumina genti
e di gloria portenti
fa in loro cammini
per uguali destini 
con Israele.
A te, Madre, di fiele
sarà il boccone
di chi ti impone
la spada nel cuore!"
A parlare del Signore,
s'aggiunse alla scena
la profetessa che appena 
era arrivata 
Anna, ispirata,
del Bimbo prodezze
narrava a certezze 
a chi voleva da lei.
"Chi sei?"
nessuno le chiese
e ognuno s'arrese
al messaggio
che a coraggio
dava a tutti, con la forza
di Dio, che smorza
odio e timore,
in mistero d'amore.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica nella Ottava di Natale: Luca 2, 22-40

22 Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, 23 come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore24 e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.
25 Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; 26 lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. 27 Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, 28 lo prese tra le braccia e benedisse Dio:
29 «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola;
30 perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
31 preparata da te davanti a tutti i popoli,
32 luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele».
33 Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34 Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione 35 perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».
36 C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, 37 era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38 Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
39 Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. 40 Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.

Due cortei si confrontano. Quello della Legge e l'altro dello Spirito. Il primo nella logica dell'obbligo e della sottomissione, l'altro all'insegna della libertà e novità dello Spirito. Del primo fanno parte i genitori che agiscono secondo la Legge, dell'altro, Simeone ed Anna uomini della profezia. All'ottavo giorno dalla nascita, ogni Ebreo maschio andava, per la Legge di Mosè, circonciso nella carne per essere discendente di Abramo. Regola applicata anche a Gesù né poteva, in quella cultura, essere diversamente. Circa il nome, tuttavia il Padre non transige e gli  impone, fuori la tradizione, quello di "Salvatore", più esplicativo della missione cui è votato.
Altri obblighi di Legge però la santa famiglia riteneva  ancora che andassero assolti. In primis, la "purificazione" della madre, ritenuta per Legge "impura" fino al quarantesimo giorno dalla nascita del figlio, e il riscatto del primogenito.
Lo Spirito santo quel giorno sollecitò il cambiamento con Anna e Simeone. Anziani tutti e due, e profeti. Simeone dichiarava a Dio la sua indisponibilità a morire senza prima vedere Colui che è "luce delle genti e gloria di Israele". Alla porta "di Nicanore", egli prende tra le braccia il bambino e, felice, intona il canto ultimo della sua vita: "Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi hanno visto la salvezza dei popoli e la gloria d'Israele". Poi alla madre proferisce parole inquietanti, relative alla Parola di Dio che, come "una spada ne avrebbe trafitto l'anima!".
Anna arriva in tempo e  parla del Bambino a quanti aspettavano la redenzione, mentre i genitori, pur in apprensione, rimangono osservanti della legge e non cambieranno abitudini. Solo lo  scandalo della Croce, li indurrà a maturare la fede. Sul Golgota, alla madre sarà chiaro il "perché ha creduto".

Fra' Domenico Spatola

venerdì 25 dicembre 2020

Fra' Domenico Spatola - Natale 2020: Betlemme addormentata...


I pastori stavano attenti a non svegliare la città addormentata. Non per galateo, ma per paura: terrorizzati di essere braccati nella notte e forse uccisi, molti decreti c'erano contro di loro perché malpagati e ladri. Dichiararono perciò la fretta di andare per ritornare al più presto. Avevano paura, ma non potevano eludere l'invito dell'Angelo ad andare. Armati di roncole, randelli e bastoni nodosi per difendersi. D'intende a prevenzione. "Facciamo presto!" diceva chi si riconosceva il carisma di capo. Betlemme, sprofondata nel sonno, perché colpevolmente ignara e disattenta alle Scritture. Raro si sentiva anche l'abbaiare di qualche cane, in lontananza. Fioche luci di lanterne tremolavano proiettando ombre. Sinistre? Non lo sapevano ancora, ma evitavano il peggio, attenti anche al rumore del calpestio sul selciato. Avanti i coraggiosi, seguiti dagli anziani e dai paurosi. I giovani tenevano per mano mogli e fidanzate. "Anche quelle?" Mi chiederete. Non c'erano regole, tra i pastori, che lo proibissero. E chi le poteva trattenere? Curiose, da mamme o che lo sarebbero presto diventate, volevano vedere quel Bimbo che particolarmente le intrigava. Trovata la via: "accanto alla più grande - era l'indicazione - dov'è la fontanella. A pochi passi, busserete". In loro soccorso venne provvidenziale, in quel momento, un vagito dall'interno, accompagnato dalla nenia della mamma, che provava ad addormentarlo. Origliarono per qualche istante e, dopo, un profondo respiro, il capogruppo bussò. Dall'interno la voce, ansiosa ma energica, era di Giuseppe. Avevano comprensibilmente suscitato sospetto.
"Chi è?"
"Noi!"
"Noi, chi?"
Qualcuno avvertì disagio. Con parole smozzicate lentamente eppure comprensibili, chi aveva bussato mostrò cortesia inusuale da non sembrare più lui:
"Siamo - disse - i pastori del vicino campo, venuti per vedere il Bambino che è nato. Così hanno detto gli Angeli!"
Pesò per un attimo il silenzio, quando dall'interno riprese la voce, accompagnata dai vagiti: 
"Quali Angeli?" chiese.
Legittimamente avrebbe potuto tuttavia sospettare il complotto il povero Giuseppe, se negli ultimi mesi, tra i più inquieti della sua vita,  non avesse anche egli avuto a che fare con queste strane Creature. 
"Che vi hanno detto?" 
"Che questo bambino è nato per salvarci, e dorme nella mangiatoia come i nostri bambini quando nascono". 
Si fece coraggio, tolse il ferro e aprì, anche se non ancora per lui non erano finite del tutto le sorprese di Dio. Restò male alla vista di quei lerci e maleodoranti, ma si commosse al loro sguardo semplice e con in mano i doni che suppose fossero per il Bambino. Sorrise al pensiero che tra poveri si è solidali. Accolti, i pastori vollero intrufolarsi fin nell'interno della casa, nel luogo della mangiatoia, per vedere il Bambino, incuranti persino delle infezioni rituali dalla "impurità" della puerpera, che iniziava  la sua "quarantena" da impura, per la Legge di Mosè. I pastori non avevano pregiudizi, d'altronde per la stessa Legge chi era considerato più impuro di loro?  "Videro... il Bambino nella mangiatoia" e lo adorarono. Poi raccontarono, degli angeli e della missione, a Maria e a Giuseppe, che apprendevano stupìti del Dio che, scompaginando regole, stravolgeva le ideologie umane su di lui. "Aveva avvolto con la sua luce gli irredimibili peccatori!"
Tornarono i pastori alle greggi, col canto degli angeli più vicini a Dio sulle labbra. "E Betlemme?"  chiederete voi. "Ignara e non curante, continuò a dormire".

Fra' Domenico Spatola

giovedì 24 dicembre 2020

Auguri di fra' Domenico

Vorrei più felici
tutti i miei amici 
in questa Notte, 
ché ancor tante son lotte    
che costringono a penare. 
Il Natale è per amare 
e ci vietano i contatti. 
Come matti 
ci guardiamo 
e in maschera ridiamo.  
Quel sorriso vale molto 
perché, se sciolto 
è il bavaglio, 
luminoso è il conguaglio 
con il cuore innamorato 
e ciò  dico autenticato. 
Quest'anno però l'epidemia 
anche la Befana porta via,        
ma se il cuore d'amore è acceso 
non offeso 
mi sentirò. 
Agli amici alfin dirò:
"Grazie e auguri a tutti quanti, 
pregherò del Cielo i Santi,    
perché almeno l'anno nuovo                      
sia, a sorpresa, come l'uovo,      
e a tutti dico a tuono:
sia felice e solo buono...!

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: "È nato il Salvatore!"

Augusto imperatore,
non fu signore
quando ordinò il censimento
col solo intento
di far cassa
e favorir chi se la spassa.
Anche Giuseppe, dalla Galilea 
con la sposa in Giudea
venne a Betlemme,
non distante da Gerusalemme. 
Suo casato 
era legato
a davidica promessa, 
quella stessa
del "lontano Nascituro
che rende il trono duraturo".
Mentre eran nel villaggio
e Maria, in casa, ad agio,
mise al mondo il Figlio,
e, a riparo, col consiglio
di Giuseppe, e sua gioia
l'adagiò in mangiatoia.
I pastori eran vicino,
quanto un miglio di cammino,
a guardar il proprio gregge,
quando, dal ciel, accese schegge
venian loro avanti
e, a nome di tutti quanti,
un Angelo parlò:
"Non temete - sussurrò 
parlando al cuore -
vi è nato il Salvatore!
Andatelo a cercare:
vi sorprenderà lui trovare 
in una mangiatoia
sul fieno e sulla stuoia,
come i vostri bambini
in identici destini."
Dettato lor messaggio
ripresero il viaggio
verso il firmamento 
e, con molto sentimento,
intonaro lor canto
che dava gloria al Santo,
e pace ad uomini, salvati
da lui che sempre li ha amati!"
Andati via i messaggeri,
i pastori mattinieri
si chiedean sul da fare:
se andare 
a passo lesto
e tornare al più presto.
Così fecero e trovaro
il Bambino tanto caro:
che, a sorpresa e loro gioia,
era sulla mangiatoia.
Raccontaro del messaggio
e del loro gran coraggio
a Maria e a Giuseppe 
che, stupito da lor seppe, 
e la Madre conservava
quanto Dio in lei operava.
I pastori or contenti,
e con i canti più struggenti
ritornarono felici
perché di Gesù erano amici.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo del Natale del Signore: Luca 2, 1-20



1 In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2 Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. 3 Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. 4 Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, 5 per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. 6 Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7 Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.
8 C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. 9 Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, 10 ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11 oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. 12 Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». 13 E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:
14 «Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama».
15 Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». 16 Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. 17 E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18 Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. 19 Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
20 I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.

Volle l'evangelista Luca che la nascita di Gesù risultasse iscritta nella Storia universale. Augusto era Cesare regnante sul vasto impero romano, mentre Quirinio, da governatore, amministrava la Siria e la Palestina. L'accadimento a Betlemme,  nella religiosa Giudea, fu propiziato dal "censimento", indetto da Augusto a fini fiscali. Luca lo evocò, a pretesto, per la traccia marcata negli Annali con i nomi dei genitori e del Nascituro. Da Nazareth di Galilea proveniva la santa Coppia, a duecento chilometri di distanza, e il viaggio lungo e faticoso fu percorso in tempo utile. Quando Maria compì i giorni del parto, era già allocata in una casa a Betlemme. Questa era la città destinata, perché indicata dal profeta Michea a patria del Messia. Non poteva essere altrimenti,  in essa infatti aveva avuto i natali l'antenato più illustre d'Israele, il re  Davide, mille anni prima. Sul finire dei suoi giorni, ebbe la profezia da Natan che un discendente avrebbe regnato in eterno sul suo trono. Gesù, da Messia non poteva non nascere che a Betlemme. Luca sull'evento non abbonda di notizie, anzi è scarno ed essenziale il suo racconto: "nacque e la madre lo avvolse in fasce e lo adagiò sulla mangiatoia". Nella penna di Luca questo arnese venne sublimato a segnale per i pastori. L'indizio veniva dall'Angelo perché i pastori riconoscessero in Gesù il loro Salvatore, dal fatto che condivideva stesse abitudini. Anch'essi infatti ponevano, per ripararli dal freddo, i loro bambini nella mangiatoia.
Ciò che sembrerà prodigioso l'evangelista lo riservò fuori Betlemme, nel vicino campo dei pastori che vegliavano il gregge. Un Angelo del Signore venne loro incontro: "Oggi - disse - è nato per voi, il Salvatore, che è Cristo Signore!" Il timore iniziale, nei pastori fu superato col richiamo della mangiatoia. e il suo uso non diverso da quello adottato con i loro bambini. L'angelo infine si unì al coro celeste che osannava: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace agli uomini che egli ama!". 
Non elusero l'invito i pastori e andarono in fretta e trovarono la Madre e il Bambino sulla mangiatoia, come predetto dall'Angelo. Fu la prima evangelizzazione  dei pastori all'eccezionale uditorio: Giuseppe e Maria. Ma della Madre, da Luca fu scritto che, stupita, conservava tutto in cuore, anche per noi. Tornarono alle greggi, cantando come appreso dagli Angeli e, a destinazione, quella notte, le pecore, belando, parvero loro più felici.

Fra' Domenico Spatola


sabato 19 dicembre 2020

Fra' Domenico Spatola: "Ave" di Gabriele

Per noi, miele
furon parole di Gabriele, 
quando "l'Ave" a saluto
risuonò a novel tributo
a Colei, cui rischiosa
fe' proposta di "Madre e Sposa"
nientemeno che di Dio!
Di Maria non fu sol pio
il passionale sentimento
ma cosciente intendimento 
per risposta che fu quella:
"del Signor esser l'Ancella".
Chiese a lei il Messo lieve
dell'assenso il più breve:
solo il "Sì" che assicura
al divin Figlio nostra natura.
A capire più profondo,
Maria attese fino in fondo,
ma quanto infin fosse sofferta 
del bel Angelo l'offerta
d'esser Madre anche di noi,
lo comprese molto poi,
quando, ai piedi della Croce 
riudì la stessa Voce,
che, a passione e con consigli,
ci donò a lei da figli.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 18 dicembre 2020

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della IV Domenica di Avvento ( annoB): Luca 1, 26-38

26
 Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». 29 A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. 30 L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34 Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». 35 Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. 36 Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: 37 nulla è impossibile a Dio». 38 Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.

Il tempo, maturato in pienezza, consentiva il progetto divino definito. La realizzazione richiedeva però attuazione di dettagli precisi, essendo compromesse ambo le parti. Urgeva disponibilità nella Vergine all'assenso. "Si chiamava Maria". Luca aveva raccontato di lei lo sposalizio con Giuseppe, indicando anche il luogo e il tempo dell'accadimento, ritenenuti indizi teologici. "Il sesto mese" dell'incipit infatti non è peregrino, perché "sesto" è il giorno della settimana in cui il Creatore "impastò" terra rossa ("adam"), come il vasaio la creta, per creare l'uomo. Da qui si riparte,  
per la Creazione nuova e definitiva. Nazareth, fu il villaggio prescelto perché marginale ai traffici della Storia. In esso dimorava "Colei che avrebbe nobilitato l'umana natura, sì che il suo Fattore si sarebbe fatto sua fattura" (Dante). A Gabriele, l'angelo il cui compito era di collegare le due Alleanze (Daniele e il Battista) è affidata la missione decisiva della Storia: chiedere e ottenere dalla Vergine Maria il "Sì" nuziale, per conto di Dio, ai cui occhi "aveva trovato grazia!", e divenire Madre del suo Figlio.
È "turbata" dal saluto, mentre  l'Angelo prova a tranquillizzarla chiarendole in sequenza ininterrotta le tappe del Nascituro: "concepirai un figlio, lo darai alla luce, lo chiamerai Gesù". I titoli a corredo sono squisitamente divini: "Santo e Figlio dell'Altissimo. Di Davide riceverà il trono da suo Padre insieme al Regno senza fine". Cercava la Vergine comprensione, ma collaborò al chiarimento: "Quale uomo può essere in grado di fare questo?"
 "Non l'uomo, - fu la risposta - ma Dio stesso sarà suo Padre". E, a descriverne modalità, aggiunse: "Lo Spirito Santo, ti coprirà con la sua ombra, e Colui, che nascerà da te, sarà Santo e chiamato Figlio dell'Altissimo". Nozze dunque con Dio. Il resto servì come prova: "Nulla è impossibile a Dio!" Ne era certa la parente Elisabetta che, sterile e attempata, avrebbe messo al mondo un figlio "e questo - aggiunse - è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile".
Comprese appieno, e accettò, e il "Sì" fu incondizionato da "serva del Signore, perché si compia in me la sua Parola".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Dipinto di Guido Reni

giovedì 17 dicembre 2020

Missione San Francesco: In occasione del Santo Natale dai una mano a chi ha bisogno di te...

Da anni l'Associazione di volontariato Missione san Francesco si occupa dei bisognosi, offrendo ogni giorno (inclusi sabato, domenica e festivi) un pasto caldo, il servizio doccia con un cambio abito e scarpe, il servizio vestiario mettendo a disposizione d
egli indigenti capi di abbigliamento in ottime condizioni, il servizio assistenza medica di base e specialistica su appuntamento, secondo il calendario stabilito dalla Missione e lo Sportello legale, civile e penale gratuito.
I bisognosi sono tanti, ed aumentano sempre più; in questo anno terribile sono tante le persone che si recano al Centro San Francesco per avere una mano. 
Dai una mano anche tu ai volontari della Missione! 
Fai un regalo di Natale a chi ha bisogno del tuo aiuto!
Puoi contribuire con beni necessari al sostenimento dei bisognosi (abbigliamento, scarpe, giocattoli, alimentari e quant'altro). 
Quanti desiderano contribuire economicamente, potranno farlo con un versamento sul c/c della Banca Credito Siciliano ag. n. 4 Palermo all'Iban IT45C030 1904 6040 0000 9122 136.

Ti ringraziamo da adesso e ti auguriamo un Sereno Natale

Fra' Domenico Spatola: Parlando a san Gennaro

Entrai nella chiesa
mi parea offesa 
la sua faccia
dissi a me: "ora mi caccia,
Deve essere arrabbiato
se suo sangue è congelato".
Ero anch'io piuttosto triste
al pensiero delle liste
perché quand'ei non si scongela
la disgrazia mette vela.
Volli allora in cuor pregarlo
"San Gennaro, non devi farlo,
che mi resti così asciutto
per annunciarmi qualche lutto.
Fatti passare questa offesa,
dall'Italia è molto attesa
questa tua benedizione,
sciogli il sangue a profusione
così ci lavi dalle colpe 
e il covid col suo golpe
più scontato fallirà,
e normale ognun sarà".
Mi parve alfin rasserenato,
e, nel profondo, consolato,
san Gennaro mi sorrise,
e mio cuor in pace mise.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Papa Francesco e i suoi anni

In tutti i suoi anni,
provò a riparar danni
di una Chiesa, 
arresa
a chimere 
e potere.
Ora sua vita,
da Dio insignita
di forza e coraggio,
con nuovo messaggio
sconfigge i lupi
dai volti cupi
che minacciano il gregge
con d'infamie non schegge.
Non voglion capire
perché rifiutano d'udire
la sofferta parola
della sua scuola,
che apre al migrante
e a chi di fatiche ne ha tante.
Per costruire la pace
si fa ancor più audace,
e la "novità"
che qualcuno non sa,
perché non vuole sapere,
che per Francesco dovere
è amare il fratello
col discorso che è quello
di Cristo,
ch'egli ha visto
nel Vangelo
con cui scalda dal gelo
il cuor di chi crede,
e in lui già vede
lo stesso Gesù 
disceso quaggiù
a ricordar che l'amore
lo vuole il Signore.

Fra' Domenico Spatola

domenica 13 dicembre 2020

La più bella storia dell'Umanità. La nascita di Gesù raccontata da fra' Domenico ai bambini e non solo...

Tra tutte, la più cara alla pietà cristiana è la Notta Santa nella quale le attese e le promesse dell'Umanità trovano sfogo... Nasce il Salvatore. 
Preparato l'evento fin dai primordi dell'Universo, che anzi fu pensato per il suo accadimento. Entrare nell'impenetrabile mistero per renderlo fruibile anche ai piccoli, rende ardito, ma lo giustifica, il nostro progetto: narrare tra "Mito" e "Storia" la più affascinante avventura dell'Amore di Dio a risposta agli insistenti interrogativi di sempre dell'uomo. 
Per noi è piacere il raccontare...
La più bella storia dell'Umanità.

Fra' Domenico Spatola
   Illustrato da Isabella Ceravolo

Prezzo di copertina € 8,00



Il libro si può acquistare alla parrocchia di fra' Domenico Spatola (Parrocchia Santa Maria delle Grazie in San Lorenzo ai Colli) negli orari delle messe del sabato pomeriggio e la domenica mattina. 
Presso il Centro San Francesco (Via dei Cipressi 233 trav. piazza Cappuccini)
Si può prenotare telefonicamente al cell. 3894697296 anche con un messaggio w.a.
Come per tutte le pubblicazioni di fra' Domenico, parte dell'incasso è devoluta in beneficenza alla Missione San Francesco, la mensa dei poveri gestita da Fra' Domenico e dai volontari. 


Poliambulatorio polispecialistico gratuito alla Missione San Francesco

Presso la Missione San Francesco ai Cappuccini è istituito già da oltre dieci anni un Poliambulatorio Polispecialistico (gratuito) gestito in collaborazione col Rotary Club Palermo - Agorà.
L'accesso è libero ma limitato agli indigenti previa prenotazione presso l'Ufficio Parrocchiale 091-212118 nelle ore pomeridiane (16-18).
Chiedere del signor Piero D'Asta

sabato 12 dicembre 2020

Fra' Domenico Spatola: "Viene dopo di me..."

Da campione,
fu testimone 
e ne vestì i panni 
l'uomo Giovanni.
Additò la luce 
che vita conduce,
e senza devianza
fu testimonianza 
la sua, quando i Giudei
gli chiesero: "Chi sei?"
Rispose lor sincero:
"Vi dico il vero:
Non sono il Messia!"
"Sei dunque Elia?"
Risposta fu diniega:
"e neppure il profeta!"
"Dicci allor chi sei, 
per dirlo noi ai Giudei?"
Risposta fu precoce:
"Son la voce 
e, vigile, allerto
ognuno dal deserto:
'Raddrizzate via, 
come disse Isaia!"
Quei Giudei
eran Farisei:
"Perché dunque battezzi
senza i mezzi 
del Messia,
del Profeta o dell'Elia?"
"Mio battesimo è d'acqua
e sol sciacqua.
Ma tra voi risiede
chi non conoscete.
Chiederete voi: 'chi è?'
È più grande di me
e del cui sandalo il laccio,
a slegar non mi spaccio!"

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Terza Domenica di Avvento (anno B): Giovanni 1, 6-8. 19-28

Giovanni 1:6-8

6 Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
7 Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8 Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.

Giovanni 1:19-28

19 E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Chi sei tu?». 20 Egli confessò e non negò, e confessò: «Io non sono il Cristo». 21 Allora gli chiesero: «Che cosa dunque? Sei Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il profeta?». Rispose: «No». 22 Gli dissero dunque: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23 Rispose:
«Io sono voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
come disse il profeta Isaia». 24 Essi erano stati mandati da parte dei farisei. 25 Lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26 Giovanni rispose loro: «Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27 uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo». 28 Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Il "canto" del Verbo, nel Prologo giovanneo, è intercalato da strofe modulate sul "testimone" Giovanni. È "un uomo", vien detto senza allusione al figlio del "sacerdote" Zaccaria con diritto a succedergli nella stessa carica. "È mandato da Dio", apostolo di luce e "testimone". Nella simbolica nuziale della "Incarnazione", è "l'amico dello Sposo", incaricato di attenzionare i preparativi e vigilare sulla intimità coniugale. Mediatore è dunque tra l'attesa e la venuta del Messia, per chiudere il passato e aprire il nuovo, in missione di presentazione al Mondo del Cristo: "l'Agnello che toglie il peccato!"
Sa il Battista di mediare affinché, per mezzo di lui, tutti credano a Gesù "vita per la luce degli uomini". Ribadisce di "non essere egli la luce", in autodenuncia sincera, ai Giudei, venuti da sacerdoti e funzionari del tempio, atterriti dalla concorrenza che Giovanni faceva battezzando nel Giordano e distraendo fedeli e soldi dal tempio, con gravi perdite per l'erario, e mancati introiti per i costosi sacrifici solitamente imposti ai peccatori. I Leviti, poliziotti del santuario, eran con loro, pronti ad arrestare Giovanni. Il testo evangelico appare come un verbale giudiziario. L'inquisito non tergiversa: "Non sono: né il Messia, né l'Elia,  né il Profeta". Figure conosciute per attesi ruoli libertari di dominio di Israele. La replica degli inquirenti è piccata: "Perché battezzi, dunque, senza un mandato né il ruolo?" Giovanni dichiarò che "altri è l'atteso" e, da "Sposo" di Israele, nessuno, neppure lui,  poteva "scalzarlo". Il Giordano, indicato luogo dell'incontro  evocava il "passaggio" del popolo dal deserto nella Terra santa ad opera di Giosuè ma, questa volta, la libertà stava sulla sponda opposta.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: Santa Lucia ci liberi dalla pandemia

In Sicilia, santa Lucia
fa pensare alla cuccìa:
è un piatto
pronto e fatto,
col frumento
e sul momento.
È più ghiotta 
se condita con ricotta
A ricordo della fame,
ch'era nera da catrame 
arrivò misterioso grano
e ognun spiccio vi pose mano.
Quale dono fu pensato,
quando dal mare arrivato
onde vengono i migranti
a noi non proprio benestanti.
Alla Santa i devoti
pronunciaro i loro voti
contro quella carestia
cui poteva sol Lucia
dare piena soluzione.
Oggi altra è situazione,
e più tremenda guastafeste
perchè sosia della peste.
Alla Santa della vista
che di noi fa sua conquista 
rivolgiamo la preghiera
e siam sicuri che è sincera:
sconfigga per noi la pandemia
con il suo nome che è Lucia.

Fra' Domenico Spatola

martedì 8 dicembre 2020

Fra' Domenico Spatola: 8 dicembre, Immacolata.

Fu il francescano Giovanni Duns Scoto, nel '300, il difensore dell'Immacolato concepimento di Maria contro l'agguerrita schiera dei negazionisti, capitanati da teologi intransigenti e di grosso calibro (Domenicani). Per loro nessuna eccezione era ammessa, neppure per la Madre di Gesù,  anch'essa bisognosa della redenzione del Figlio. Non negava questo il francescano, ma parlava di prevenzione, per Maria "risparmiata" a causa della missione che la riguardava, di Madre del Signore. Era "decoroso" ("decuit") per Duns Scoto che Dio preservasse da ogni colpa Colei che avrebbe concepito nel suo grembo Gesù ("potuit ergo fecit"). Pur col sillogismo perfetto, la querelle nei secoli si protrasse senza soluzione fino all'8 dicembre 1854 quando Pio IX, ascoltando il "sentire" dei fedeli che insistevano per il definitivo chiarimento, ne proclamò il dogma, a proposta solenne e inconfutabile. La gioia non fu solo dei Francescani ma di tutta la Cristianità e degli stessi oppositori, che si sentirono sollevati dallo scrupolo di "dover negare". Con equivalente titolo la Chiesa d'Oriente aveva già invocato Maria: "Panaghia" ossia "Tutta Santa". L'Immacolata stessa si dichiarerà, con questo titolo il 25 marzo 1858 a Lourdes, a Bernadette che le chiedeva il nome. Il suo "Concepimento immacolato" era suo tributo a vittoria del Verbo eterno, in lei fatto carne.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto dipinto di Leonardo da Vinci

Fra' Domenico Spatola: A te, o Vergine Immacolata

L'Ave dell'Angelo a te,
rispose ad uman "perché?" .
Fu il riscatto,
del nuovo Patto
che iniziò in tuo cuore
lo Sposo tuo Signore.
Fu offerta di rosa
a te, sua Sposa,
con la proposta 
cui, a risposta, 
t'accettavi Madre 
del Figlio che il Padre
a te donava,
mentre da te accettava
il "Sì" richiesto 
e di  questo
a noi facesti dono
e, Madre del perdono,
in candida dolcezza
offristi a noi ebbrezza 
tanta,
da Immacolata e Santa,
e rinnovato amore
in fede al tuo Signore.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto dipinto di Antonello da Messina 

sabato 5 dicembre 2020

Fra' Domenico Spatola: Vi battezzerà in Spirito Santo

Nel tempo già propizio,
al Vangelo diede inizio
Marco che, nella lista,
è secondo Evangelista.
Su Gesù Cristo
parlare suo fu misto:
umano e divino,
nel racconto del cammino
che il Figlio, dal Giordano,
fe' lontano
fin sulla Croce,
dove, sua morte atroce,
riscatterà il mondo
dall' immondo 
peccato
e strappato
sara uom da morte eterna.
Col Battista, Marco squaderna
suo racconto,
riesumando acconto
di Isaia,
che al Messia
il messaggero 
facile sentiero
preparerebbe nel deserto.
Fu come Elia coperto
di peli di cammello,
e tal lo descrisse
Marco che a tutti disse
ch'era il Battista
e apripista,
avrebbe battezzato
e in tal modo preparato
le vie al Signore.
A tutte l'ore
accorrevan dalla Giudea,
e Jerusalem fremea,
per l'invito novello
annunciante l'Agnello 
che Giovanni non volea scalzare,
non toccava a lui sposare
infatti  l'umana gente
ma a Chi offerente
era di vita sua immortale:
a Cristo, che speciale avrebbe dato tanto,
battezzando, non in acqua, ma in Spirito Santo.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Seconda Domenica di Avvento (anno B): Marco 1, 1-8

1
 Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. 2 Come è scritto nel profeta Isaia:
Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
egli ti preparerà la strada.
3 Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri,
4 si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5 Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6 Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico 7 e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. 8 Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo».

"Divino abbreviatore" fu ritenuto nell'antichità. Marco evangelista ideò il genere "Vangelo". 
Il suo annuncio essenziale, in sedici brevi capitoli, è ammaestramento su Gesù Cristo, Figlio di Dio. Avendone compreso il detto che "vino nuovo va in otri nuovi", il suo è racconto dell'inedito non riscontrabile nelle Scritture antiche.
Ignora Mosè e la Legge, perchè, per lui, con Gesù ri-inizia la creazione.  Il Battista fu arruolato a "precursore", come da profezia di Malachia che in Elia prevedeva il "battistrada" del Messia venturo. Identici sono descritti il vestito di "peli di cammello" e la "cintura di cuoio". Il deserto fu stesso "spazio" di libertà, sperimentato in fuga da schiavitù. Da lì Giovanni gridava conversione, come Isaia aveva fatto in passato e del nomade fu il suo cibo: cavallette e miele selvatico. A comodità scelse la riva del Giordano, per la missione di Battista col rito dell'acqua che dava morte al passato, assicurando conversione e nuova vita ai richiedenti. Numerosa gente accorse da Gerusalemme e dall'intera Giudea. Sperava nell'alternativa ai costosi riti del Tempio, imposti da sacerdoti e leviti, mai sazi di purificazione. Giovanni convinceva, e a molti appariva il "Messia" atteso. Onesto, non approfittò della popolarità, e si schermì con la parabola dello "scalzamento". Con essa rivendicava al "vero Sposo" il diritto d'impalmare la Sposa, dichiarando che "vero" battesimo non era  il suo, ma quello di Chi avrebbe "battezzato nello Spirito Santo".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Il Battista (Leonardo da Vinci)

venerdì 27 novembre 2020

Fra' Domenico Spatola: Maradona, del calcio fu un mito

"Maradona o Pelè
- qualcun chiese a me  - 
chi dei due la storia,
a memoria,
ricorderà?"
Questa domanda non si fa!
Morto ora è Maradona
(e la morte non perdona!)
"Ci sarà un nuovo astro
che del pallone sia " Mastro"
e in campo
come lui sia lampo
che sorprende?"
Qui forse ognun s'arrende,
perché gigante della palla
ancor agli occhi di tutti balla,
e non scorda chi l'ha vista
del gran Diego ogni conquista,
negli stadi osannanti
e con tifosi deliranti.
Maradona fu il mito,
che di trofei ha insignito
Napoli e appassionati
che ora piangono addolorati.
Ma, se ideale in campionato,
nella vita fu sregolato,
cosa che a lui costò cara
con la fine precoce e amara.
Ma or riposi, per il gran giorno,
quando, con luce a lui d'intorno,
apparirà a dire al mondo
che col pallone tutto tondo,
e con i tiri e le sue mire,
ha fatto tutti divertire.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: "Vegliate!"

Gesù, a previsione,
ai suoi: "Fate attenzione,
- disse
- e vigilate
non conoscendo date
di quel momento,
come l'evento
dell'uomo ch'è partito,
avendo lasciato a rito
casa e potere ai servi,
e chiesti saldi nervi
al Portiere nel vigilare:
svegli ad aspettare,
ché non sapete
quando vedrete
Colui che ritorna.
Nessun dorma!
e sarà il vostro bene
se, a sera, viene
o a mezzanotte,
o quando il gallo, in lotte,
suo canto intonerà,
e giorno inizierà.
Sia a vigilanza 
l'attesa di speranza:
e, se all'improvviso, 
non trovi vostro viso
addormentato.
A ciò, invito mio è rinnovato!"

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della prima Domenica di Avvento (anno B): Marco 13, 33-37

Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. 37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

L'invito a "vigilare" è motivo ricorrente nelle quattro Domeniche d'Avvento, in vista del Natale. Il contrario è lasciarsi addormentare dagli idoli del potere e della avidità,  che come droghe ossessionano fino a far perdere lucidità per ciò che conta. Tematico  dunque nel Vangelo il "Vegliate!" in triplice proposta. Gesù aveva invogliato i suoi (Marco 13, 32) alla confidenza nel Padre che conosce il "momento" del suo ritorno per salvarci. "Stare svegli" dunque e non sciupare l'occasione ("kàiros") del Regno. Momentanea sarà la sua assenza, a seguito della consegna di autorità fatta ai "servi", col dono dello Spirito Santo in carismi e ministeri. Tra questi eccelle, per ruolo di responsabilità, quello del "Portiere", chiamato a vigilare per la sicurezza di quelli della casa. Stessa consegna tuttavia è affidata all'intera Comunità, per custodirla e farla crescere fino al suo "ritorno", previsto indecifrabile perché potrà accadere in qualunque ora del giorno o della notte. Ciò non comporta tuttavia una minaccia, né viene dettato a paura. Al contrario sarà con piacevole sorpresa, se il Signore troverà generoso servizio tra fratelli.

Fra' Domenico Spatola
(dipinto di Antonello da Messina)

mercoledì 25 novembre 2020

Fra' Domenico Spatola: 25 novembre, giornata mondiale contro le violenze sulle donne.

Ricorrenza che non dovrebbe essere da calendario, perché ogni violenza è disumana. Eppure oggi va ricordato al maschio  violento che "amare non significa possedere l'altra". La "Donna", nella Bibbia è  il "dono" di Dio ad Adamo, che riconosce in lei "la carne della sua carne e l'osso delle sue ossa".
Ogni donna, potenziale madre e sposa, gode di carismi ineguagliabili relativi alla duplice missione  necessaria per la continuità della specie umana. Ciò basterebbe a far meritare loro già tanto rispetto. Va tuttavia ricordato che ogni donna è principalmente  una "persona", e perciò libera perché in grado di autodeterminarsi. Il suo ruolo di "partner" dell'uomo comporta uguaglianza di diritti e doveri.
Progettata per il bello, la donna tuttavia non esaurisce negli estetismi esclusivi le sue potenzialità. In lei eccelle propensione innata al servizio incondizionato, nel quale trasfonde tutto l'amore per coloro che ama. La Bibbia ne fa l'elogio, dichiarandola: "perla d'inestimabile valore". Eppure la Storia, e non solo quella antica, registra misfatti orrendi e abusi, perpetrati dai maschi nei loro confronti, per affermare un potere sul loro corpo, perchè incapaci di conquistare la fiducia del loro cuore. Oggi la denuncia è planetaria, e soprattutto per quegli Stati, dove la cultura, anche  quella religiosa, assoggetta le donne a vissuti subumani e da autentica schiavitù.
Doverosa è perciò la riconciliazione, chiedendo scusa alle donne per non averle comprese, violandone spesso  bellezza e identità. La missione della donna ritorni a riconoscersi nel fascino dell'amore, mai bastante.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 20 novembre 2020

Fra' Domenico Spatola: "Ho avuto fame..."

Quando verrà in gloria il Figlio,
radunerà Angeli a Consiglio 
e, seduto, in trono
verificherà chi dono
avrà fatto di sua vita.
Sede ambìta
sarà a destra
dove ei porrà
pecore che loderà,
e delle capre all'altro lato,
sarà molto rattristato.
Dirà a quelli posti a destra:
"Non scapestra
è stata vostra vita,
perché insignita
d'ogni buona azione.
Di me avete avuto compassione:
avendo a me assetato
e affamato 
dato acqua e pane
e altre cose sane.
Di me nudo o carcerato
nessuno s'è scordato.
Entrate nel regno di Dio,
ch'è l'eredità del Padre mio!"
A lui risponderanno i giusti:
"Scusaci, ma i tuoi gusti
mai abbiamo conosciuto,
e tu dici che t'abbiam pasciuto?"
A loro il Re risponderà:
"Sta proprio qua
il mio segreto:
che mai veto
avete posto al mio fratello:
ed io ero quello.
Or parola mia di Re:
l'avete fatto a me!"
Rivolto a quelli di  sinistra
"È molto trista 
vostra reputazione, 
perché mai compassione
avete avuto del bisognoso,
e sempre più rognoso
è stato vostro agire,
ma volto ad altre mire
il vostro sguardo.
Or, giunti al traguardo,
siete confusi
e lunghi i vostri musi
per il totale fallimento:
né alcun ripensamento 
ci sarà,
a rivoluzionar vostra infelicità!"

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Festa di Cristo, Re dell'universo, XXXIV domenica dell'anno A: Matteo 25, 31-46

31
 Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 32 E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, 33 e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. 34 Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37 Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39 E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. 41 Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42 Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43 ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. 44 Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? 45 Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. 46 E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».

L'usanza dei pastori palestinesi, che a sera separavano negli ovili le pecore dalle capre, offre a Cristo l'idea per dettare il nuovo criterio per il "giudizio escatologico" della Storia. La trama era conosciuta in ambienti rabbinici (Talmud) e anticipava la modalità del giudizio del Dio di Israele sui pagani. Iahvè, infatti, assiso in trono, avrebbe posto la "Torah" (la Legge di Mosè) sulle ginocchia e, sulla base dei comandamenti ivi espressi,  avrebbe giudicato, condannandoli, gli inadempienti, ovvero tutti i nemici d'Israele.  
Gesù rifonda il criterio del discrimine, e, a base, pone la compassione per gli ultimi e gli infelici della Terra: "affamati, assetati, nudi, forestieri, ammalati e carcerati". Strategica la collocazione alla sua destra perché hanno condiviso con lui stessa responsabilità. Il Re dichiarerà infatti, come fatto a sé, tutto quello che essi hanno operato a beneficio dei "fratelli" bisognosi. Sorpresi, perché mai intrigati in fatti di religione, candidamente dichiareranno di non averlo mai conosciuto. Ma l'invito a entrare nell'eredità eterna per loro "benedetti dal Padre", sarà la loro piena gratificazione. Avverso il giudizio per coloro che si saranno dimostrati indifferenti alle altrui disgrazie. Verrà dichiarato fallace il loro "servizio" di Dio, perché mai tradotto in opere di compassione a favore dei fratelli. Amara perciò la conclusione inesorabile: il fallimento dell'intera esistenza: "Via, maledetti...!"

venerdì 13 novembre 2020

Fra' Domenico Spatola: "Servo buono e fedele!"

Un tal, partendo per viaggio,
ardì e con coraggio,
affidò suoi beni ai servi,
alfin che niun conservi
ma li ponga a trafficare.
Cinque talenti a uno volle dare,
e due ad un altro,
mentre, a chi non ritenea scaltro,
ne diede uno,
secondo la capacità d'ognuno.
Chi cinque ebbe di talenti,
raddoppiò gli emolumenti.
Chi n'ebbe due, fè quaterna,
mentre tristemente alterna
fu la sorte di chi uno solo:
ei fè una buca al suolo
e nascose il denaro del padrone.
Fu decisione,
di lui al suo arrivo,
fare i conti di ciò di cui privo
s'era fatto per l'investimento.
Il primo fu contento
di mostrare il doppio
col visibilio dell'occhio
del padrone,
che disse a lui: "Entra, campione,
e godi, a tutte l'ore,
la gioia del Signore!"
Toccò poi al secondo,
anch'ei fu giocondo,
d'aver fatto quaterna 
di ciò che faticato fu a lanterna.
Toccò a chi a rimuginare 
stava e rivangare 
sospetti sul padrone
muovendo a lui accuse affatto buone:
"Vuoi raccolto
e anche molto
dove non hai seminato.
Fui terrorizzato
e nascosto ho il tuo talento.
Ti garantisco che non mento:
fu per evitar con te la guerra
che l'ho nascosto sotto terra".
Avendo di parlar datogli agio:
"Servo malvagio!"
disse perché offeso,  
e non compreso: 
"Sapevi che ho mietuto
dov'ho voluto
e mai seminato,                            
almeno in banca, trafficato
andava quel talento,
così l'avrei riscosso con l'aumento!"
Poi ai servi: "toglietegli quel mio
- disse - e datelo a chi dico io,
cioè a chi di talenti ne ha di più,
così andrà più sù
e sarà nell'abbondanza!"
Poi fuori stanza
cacciò colui
nei luoghi bui 
dei fallimenti,
dov'è pianto e stridor di denti.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXIII domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 25, 14-30

 Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: «Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque». 21«Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone». 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: «Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due». 23«Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone». 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: «Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo». 26Il padrone gli rispose: «Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti».

Un tale ricchissimo, prima d'intraprendere un lungo viaggio, trasferisce ai "servi" ingenti somme. Le diversifica in base alle capacità di ciascuno. Al primo, consegna cinque talenti, pari a trentamila denari o a 150 kg in oro. Al secondo due, e al terzo uno. Anche di quest'ultimo la cifra appare esorbitante,  poichè equivale a venti anni lavorativi. Non li vorrà indietro, ritorna per la soddisfazione di verificarne l'andamento, gli preme infatti di più la crescita di ciascuno. Così si mostra felice dell'esito del primo, che, a premio, coopta nella sua amministrazione. Stesso comportamento adotta con il secondo, che, come il collega ha valorizzato il dono raddoppiandolo. Il dramma inizia col terzo "servo" che, con mentalità servile bloccata da paura, manifesta il suo pregiudizio verso il padrone, accusandolo di avidità e di prepotenza. Intatto gli restituisce il talento, incapace di comprendere che gli era stato donato  senz'obbligo di resa.
L'ha seppellito, come morto, per non correre rischi. "Pigro e inutile", non meriterà la gioia, intonata dal padrone ai compagni, che si erano fidati  "rischiando". Da codardo, non trovò alternative, né una banca ove farlo fruttare. Fu il rimprovero estremo del padrone. La parabola insegna l'idea corretta di Dio. Quando infatti non lo si pensa "padre" attento alla felicità dei figli, viene temuto come un tiranno che può raggelare le capacità creative, consentite solo dalle dinamiche d'amore.

Fra' Domenico Spatola