sabato 25 marzo 2017

Fra' Domenico spatola: Sessanta anni di Europa unita

Quel Trattato fu firmato a
Campidoglio:
c'erano tutti a programmare
futuro,
troppo duro
era ancora cordoglio
per le vittime e l'orrore
di Guerra di terrore:
distrutta da leccar ferita
era sogno ineludibile Europa
unita.
Misero i capi di sei Nazioni
fondamento
per l'Unione che da Sessanta
anni,
non sembra vero,
ha permesso all'Europa al mondo
intero
apparire baluardo di civiltà
per professati principi di libertà:
i Paesi son cresciuti,
i confini pur levati,
i giovani ammaliati da cotanta
libertà
poterono girare felici a voluttà.
Vennero Maastricht e Shenghen
a dar misura di unità,
ma la globalizzazione fu letale
perché suo ideale
non erano i popoli e la politica,
ma economia che mefitica
avvelena i pozzi della felicità,
arrivò l'euro che sembrava un
sogno,
mentre nel bisogno
sospinse tanta gente,
che non contenta grida ai
banchieri
lor non sinceri
propositi di bene,
ma solo pene
portato ha questa Europa:
ma non è vero,
non è l'ora della scopa
per far pulizia del grande intento:
l'Unione è il bene e il sol contento
senza alternativa del momento
è solo affetta da malattia retriva
all'uguaglianza nel lavoro e nei
diritti,
perché a Bruxelles non si
cammina dritti,
la gente non vede più l'Unione
con stessa gran passione.
L'immigrazione costante ha fatto
il resto,
in un contesto che paura
anima futura sorte,
che non sarà di morte
se si cambia assetto
e non si vede nel nuovo il
maledetto.
Oggi al capezzale dell'Unione
si riuniscono i capi di governo,
in trepidazione:
manca l'inglese
che altre intese
farà del suo futuro.
Saranno a Roma
a discutere se in coma
o duraturo
sarà il Trattato dell'Unione,
che se mi si permette,
sembra discorra in confusione.
Si cambi strada
si tolga il gelo
si accolga il monito del Vangelo
che fresco fresco
ha loro consegnato papa
Francesco.
Si guardi a Erasmo
con entusiasmo
perché ideale
non è ciò che vale
solo in denaro
ma ciò che fa caro
rispetto libertà e amore
che sol nascono dal cuore.

Fra' Domenico Spatola

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