Palermo città
è bella a metà:
suo cielo è pulito
puoi toccarlo con il dito;
sue montagne sempre in festa
e i palazzi con il sole sulla testa.
Per le camminate
trovi strade intasate.
Ognuna già stretta,
perché sorte in fretta
eran case ad oltranza
anche senza ordinanza,
per cui ghettizzate
sono intere contrade,
e se vuoi fare lesto
svegliarti devi presto,
son barricate tutte le strade
come già visto e pure accade
chè il tram voluto per pochi utenti
automobilisti lascia scontenti
per lunghe ore in colonna
tutti pregano la Madonna
che illumini capi che hanno
deciso fare di Palermo un gran
paradiso
di confusione, aggiungiamo noi
per stessa ragione, che serve a
qualcuno
come Nessuno
che ci rende impotenti
e nullatenenti.
Ci ricordiamo
quando andiamo a votare
ma forse jattura
ce lo fa dimenticare.
Fra' Domenico Spatola
Volli emigrare, lontano, tra stelle, e guardare da quelle la terra vitale: la vidi sbocciare, qual rosa a dolore... e compresi l'amore. - Fra Domenico Spatola.
giovedì 11 maggio 2017
Fra' Domenico Spatola: Lo scirocco. Tratto da: Palermo dono di perle in versi
Lo scirocco.
assimila terra nostrana.
Arsura antica
in messaggi a calura
che vento cerca frescura,
in tempo che unisce
sequenze infinite,
in vite diverse
e spazi più strani,
vento a collegare
confini lontani.
Fra' Domenico Spatola
Fra' Domenico Spatola: Palermo dono di perle in versi.
Raccolta di novantadue poesie sulla città di Palermo ciascuna corredata con foto.
Prezzo di copertina € 13,50 - Acquistando il volume dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it o su Amazon darai un contributo alla Missione San Francesco - Mensa dei poveri
Vento
caldo
da
sponda africanaassimila terra nostrana.
Arsura antica
in messaggi a calura
che vento cerca frescura,
in tempo che unisce
sequenze infinite,
in vite diverse
e spazi più strani,
vento a collegare
confini lontani.
Fra' Domenico Spatola
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martedì 9 maggio 2017
Fra' Domenico Spatola: In memoria di Peppino Impastato
Oggi il ricordo di due vittime
dell'odio
che fu danno
in stesso giorno stesso anno:
Aldo Moro e Peppino Impastato
fratelli per
accomunato loro impegno
a migliorare il mondo
su sponde diverse ma coincidenti
di stesse ambizioni e ideali.
Scosse la morte di Moro
ucciso dalle Brigate Rosse che,
con violenza e oppressione,
volevano la lor rivoluzione.
Peppino nel suo paese
per qualche mese
tenne testa
a quella mafia che calpesta
i diritti vitali della gente
e prepotente
impone sua legge.
Peppino, pur consigliato a restare
calmo,
volle cantare allo zio il suo
salmo: "Tano seduto" lo chiamava
forte per le strade
di contrade.
Rinfacciandogli loschi affari e malefatte
che prigioniere aveva fatte intere
città di Sicilia. Qualcuno
denunciò
ma sol Peppino
con sua radio
e qualche galoppino,
sfidava l'orco fin nel suo palazzo
da apparire agli occhi della gente
solo pazzo.
La madre era in grande
apprensione
e non si dava pace per tutta
l'avversione
che in paese avevano per il figlio,
cui non faceva mancare suo consiglio.
Cercava fino in fondo protezione
perché il figlio non finisse nel
burrone.
Ma il giovane scanzonato e
temerario
osava contrastare il prepotente
attenzionandolo ironico alla
gente
come mafioso, ombroso e
criminale.
Venne il fatale giorno di vendetta,
s'approfittò degli Italiani altra
allerta
quella dell'uccisione di Aldo
Moro, uomo intelligente e dal
cuore d'oro. Mentre veniva
trovato
ucciso in via Caetani
a Cinisi accadevano fatti strani.
Fu il volere dello zio, secondo
l'accusa della madre,
che Peppino venisse massacrato,
s'inventarono un sabotaggio alla
stazione
così che Impastato ch'era già
morto
poterono far credere
e tagliar corto
che si era suicidato.
Tutti dovettero accettare la
versione,
solo la madre ardita
e senza confusione
potè, richiesta in tribunale,
puntare il dito contro il criminale.
Ora Peppino è l'ideale d'ogni
eroismo che non teme morte
quando si impone diversa altra
sorte che suona offesa alla
civiltà.
Ricorderemo due
di ideale amico
che sia premessa di civiltà aperta
e non regressa umanità.
Fra' Domenico Spatola
dell'odio
che fu danno
in stesso giorno stesso anno:
Aldo Moro e Peppino Impastato
fratelli per
accomunato loro impegno
a migliorare il mondo
su sponde diverse ma coincidenti
di stesse ambizioni e ideali.
Scosse la morte di Moro
ucciso dalle Brigate Rosse che,
con violenza e oppressione,
volevano la lor rivoluzione.
Peppino nel suo paese
per qualche mese
tenne testa
a quella mafia che calpesta
i diritti vitali della gente
e prepotente
impone sua legge.
Peppino, pur consigliato a restare
calmo,
volle cantare allo zio il suo
salmo: "Tano seduto" lo chiamava
forte per le strade
di contrade.
Rinfacciandogli loschi affari e malefatte
che prigioniere aveva fatte intere
città di Sicilia. Qualcuno
denunciò
ma sol Peppino
con sua radio
e qualche galoppino,
sfidava l'orco fin nel suo palazzo
da apparire agli occhi della gente
solo pazzo.
La madre era in grande
apprensione
e non si dava pace per tutta
l'avversione
che in paese avevano per il figlio,
cui non faceva mancare suo consiglio.
Cercava fino in fondo protezione
perché il figlio non finisse nel
burrone.
Ma il giovane scanzonato e
temerario
osava contrastare il prepotente
attenzionandolo ironico alla
gente
come mafioso, ombroso e
criminale.
Venne il fatale giorno di vendetta,
s'approfittò degli Italiani altra
allerta
quella dell'uccisione di Aldo
Moro, uomo intelligente e dal
cuore d'oro. Mentre veniva
trovato
ucciso in via Caetani
a Cinisi accadevano fatti strani.
Fu il volere dello zio, secondo
l'accusa della madre,
che Peppino venisse massacrato,
s'inventarono un sabotaggio alla
stazione
così che Impastato ch'era già
morto
poterono far credere
e tagliar corto
che si era suicidato.
Tutti dovettero accettare la
versione,
solo la madre ardita
e senza confusione
potè, richiesta in tribunale,
puntare il dito contro il criminale.
Ora Peppino è l'ideale d'ogni
eroismo che non teme morte
quando si impone diversa altra
sorte che suona offesa alla
civiltà.
Ricorderemo due
di ideale amico
che sia premessa di civiltà aperta
e non regressa umanità.
Fra' Domenico Spatola
domenica 7 maggio 2017
Fra Domenico Spatola: Palermo in serie B
PALERMO in serie B
"Palermo calcio in serie B" :
era forse sogno di mister Zamparì.
Ce l'aveva promesso,
ora è successo:
siamo contenti
e ci laviamo i denti.
Avevamo sperato
e non era reato
ma solo diritto palermitano avere la squadra
sopra il divano
come signora
che detta a buonora
tattica di gioco
ma durò poco
"Non sempre si può vincere",
è vero Presidente,
ma con questa squadra, di vittorie non abbiamo visto niente.
Come l'armata di Brancaleone
andavano in guerra col solo bastone
e i piedi convessi
che anziché per davanti,
le punte costanti
eran rivolte all'indietro
verso la porta che più lunga di un metro
sembrava più aperta ad accogliere gol.
Era la nostra abituata ad ospitare
tutti i migranti che vengon dal mare
e ad accogliere i gol
che dal settentrione vengono a farci senza questione.
Chiunque è di casa in questa città
e se di punti avrà
bisogno, come sempre ha fatto,
sì accomoda qua.
Caro presidente, lei ha gabbato
intero popolo innamorato
di questa squadra
e con dignità
ha sostenuto senza viltà, perché cuore ci ha messo, ma lei non ha concesso orecchio ad ascoltare
nostri consigli che erano buoni
ma bravo è sol stato
a cambiare allenatori.
Quanti ne ha? più dei calciatori,
perché non pensava a farli giocare
forse ancora potevamo restare
in quella serie che ci ha fatto toccare
in un passato che or più sognato
con dolore e preoccupazione
che ci porteremo nella prossima stagione.
Se sarà lei, mister Zamparini o il suo ineffabile successore gran Baccaglini non lo sappiamo,
sol le diciamo di pentirsi
per aver reso povera questa città
che a lei ha donato gran dignità
e molta ricchezza
e a noi l'ebbrezza
e la gioia,
ma era solo effimera
quella vittoria di tanti anni fa, non accresciuta e neppur mantenuta.
Nel congedarci le diamo il perdono
per la serie B che è stato suo dono.
Fra Domenico Spatola
"Palermo calcio in serie B" :
era forse sogno di mister Zamparì.
Ce l'aveva promesso,
ora è successo:
siamo contenti
e ci laviamo i denti.
Avevamo sperato
e non era reato
ma solo diritto palermitano avere la squadra
sopra il divano
come signora
che detta a buonora
tattica di gioco
ma durò poco
"Non sempre si può vincere",
è vero Presidente,
ma con questa squadra, di vittorie non abbiamo visto niente.
Come l'armata di Brancaleone
andavano in guerra col solo bastone
e i piedi convessi
che anziché per davanti,
le punte costanti
eran rivolte all'indietro
verso la porta che più lunga di un metro
sembrava più aperta ad accogliere gol.
Era la nostra abituata ad ospitare
tutti i migranti che vengon dal mare
e ad accogliere i gol
che dal settentrione vengono a farci senza questione.
Chiunque è di casa in questa città
e se di punti avrà
bisogno, come sempre ha fatto,
sì accomoda qua.
Caro presidente, lei ha gabbato
intero popolo innamorato
di questa squadra
e con dignità
ha sostenuto senza viltà, perché cuore ci ha messo, ma lei non ha concesso orecchio ad ascoltare
nostri consigli che erano buoni
ma bravo è sol stato
a cambiare allenatori.
Quanti ne ha? più dei calciatori,
perché non pensava a farli giocare
forse ancora potevamo restare
in quella serie che ci ha fatto toccare
in un passato che or più sognato
con dolore e preoccupazione
che ci porteremo nella prossima stagione.
Se sarà lei, mister Zamparini o il suo ineffabile successore gran Baccaglini non lo sappiamo,
sol le diciamo di pentirsi
per aver reso povera questa città
che a lei ha donato gran dignità
e molta ricchezza
e a noi l'ebbrezza
e la gioia,
ma era solo effimera
quella vittoria di tanti anni fa, non accresciuta e neppur mantenuta.
Nel congedarci le diamo il perdono
per la serie B che è stato suo dono.
Fra Domenico Spatola
venerdì 5 maggio 2017
Fra' Domenico Spatola: Ti seguii al pascolo anch'io, Signore.
Atteso era tuo ingresso nel
recinto,
convinto
ti aspettava il gregge a notte,
già succinto
a iniziar cammino
albeggiava infatti già nuovo
mattino.
Contavano le pecore le ore
ad ogni canto,
ch'era il sol vanto
del gallo che morte
annuncia della notte
mentre di vita rallegra
giorno.
Pascolo copioso intorno
era promessa anticipata a sera
e frescura vera
ed erba più gustosa
pure ubertosa a sazietà.
Fu festante il belare
alla conta di ogni nome
che tu, Signore,
custodivi nel tuo cuore.
E quando energica risuonò la tua
voce
per seguirti
negli infiniti spazi
per rendere d'amore tutti sazi,
venni anche io,
non so se da pecora o pastore,
certo colto fui da stupore
e, tra i modelli tanti,
più importante mi sembrò
guardare avanti
stessa meta che additavi al cuore
dove volevi spazio a libertà e
amore.
Fra' Domenico Spatola
recinto,
convinto
ti aspettava il gregge a notte,
già succinto
a iniziar cammino
albeggiava infatti già nuovo
mattino.
Contavano le pecore le ore
ad ogni canto,
ch'era il sol vanto
del gallo che morte
annuncia della notte
mentre di vita rallegra
giorno.
Pascolo copioso intorno
era promessa anticipata a sera
e frescura vera
ed erba più gustosa
pure ubertosa a sazietà.
Fu festante il belare
alla conta di ogni nome
che tu, Signore,
custodivi nel tuo cuore.
E quando energica risuonò la tua
voce
per seguirti
negli infiniti spazi
per rendere d'amore tutti sazi,
venni anche io,
non so se da pecora o pastore,
certo colto fui da stupore
e, tra i modelli tanti,
più importante mi sembrò
guardare avanti
stessa meta che additavi al cuore
dove volevi spazio a libertà e
amore.
Fra' Domenico Spatola
Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quarta Domenica di Pasqua: Giovanni 10, 1-10
Io sono la porta
1 «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.
Commento al Vangelo
Quale il profilo dei pastori di Israele?
Gesù li dipinse "lupi", nemici proverbiali e non custodi delle pecore. Aggiunse all'affresco già eloquente, coloritura più accesa, qualificandoli "ladri" e "briganti". Rubano perché sottraggono il gregge a Dio e da "briganti", lo sottomettono con violenza.
Gesù, additato da loro "peccatore" perché "trasgressore del riposo sabbatico" avendo dato la vista al "cieco nato" nel giorno vietato dalla Legge di Mosè (Gv 9), ne smaschera le reali intenzioni: il proprio interesse.
Del "pastore vero" vengono descritte le qualità a legittimazione della missione. Gesù le impersona tutte: Egli è "colui che entra nel recinto per la porta", non come "i ladri e i briganti" che sono costretti per altra parte.
"Le pecore ascoltano la sua voce". E' il popolo che riconosce nella voce di Gesù la risposta al desiderio di pienezza di vita. L'intesa conseguente tra pastore e gregge, traduce relazionalità interpersonale: "Chiama ciascuna per nome e le conduce fuori". E' "il nuovo esodo", sullo sfondo di quello attuato da Mosè. Fu sforzo titanico allora come per ogni liberazione da recinti di schiavitù in cui si è costretti dai falsi pastori. La meta proposta non è "un altro recinto", ma gli spazi infiniti del cuore e della vita, nella responsabilità delle scelte che solo persone "maturate nell'amore" intendono.
La sequela di Cristo è ideale condiviso: Gesù che "ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti ad esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce".
Libertà piena che "un estraneo" non sa donare, e le pecore "non lo seguiranno ma fuggiranno da lui".
La "similitudine" è chiara ma i destinatari non la intendono: i farisei "non capirono di che cosa parlava loro".
Non sono loro pecore e non riconoscono la voce. Manca loro stesso desiderio di pienezza di vita.
Si arrovellano in ansie di potere aborrendo ideale del servire; avidamente possiedono e non condividono; sgomitano per salire i gradini sociali, rifuggono dagli ultimi posti. Impongono il loro potere con l'arroganza e il terrore e provano a dominare con seduzioni e lavaggi di cervello.
Il Vangelo è, al contrario, proposto e non imposto, perché la parola di Gesù è convincente e sveglia in ciascuno il desiderio di pienezza di vita. Questa è fruibile sempre, perché la "Porta" in cui si assimila lo stesso Cristo, è sempre aperta: "Se uno entra attraverso di me sarà salvato; entrerà e uscirà..."
Né toglie la libertà, che è dignità e pienezza di vita.
"E troverà pascolo".
E' sua risposta senza condizionamenti a tale bisogno.
Fra' Domenico Spatola
giovedì 4 maggio 2017
Acquistando "Palermo dono di perle in versi" di fra' Domenico Spatola darai un contributo alla Missione San Francesco - Mensa dei poveri.
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Parte dell'incasso sarà devoluto alla Missione San Francesco - Mensa dei poveri.
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Pagine 256 - Prezzo di copertina € 13,00
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Una raccolta di novantadue poesie (ciascuna corredata con foto, molte delle quali a colori) dedicata alla città di Palermo, ai luoghi, alla gente, alle tradizioni...
mercoledì 3 maggio 2017
Fra' Domenico Spatola: Campanile della chiesa di S. Maria dell'Ammiraglio
Campanile normanno
della Chiesa che Ammiraglio
volle elevato a vista,
a conquista
sui minareti
ormai cheti
ad affollare contrade
di Palermo,
mentre or fermo
e svettante di gloria
campanile racconta altra storia
alla Martorana
che vista sana
offre pienezza
al passante non distratto
e al turista reso matto
di sua tanta bellezza.
Fra' Domenico Spatola
Tratto dalla raccolta di poesie: Palermo dono di perle in versi.
Novantadue poesie dedicate alla città di Palermo ciascuna corredata con foto.
Prezzo di copertina € 13,00
Se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it parte del ricavato sarà devoluto alla Missione San Francesco - Mensa dei poveri.
della Chiesa che Ammiraglio
volle elevato a vista,
a conquista
sui minareti
ormai cheti
ad affollare contrade
di Palermo,
mentre or fermo
e svettante di gloria
campanile racconta altra storia
alla Martorana
che vista sana
offre pienezza
al passante non distratto
e al turista reso matto
di sua tanta bellezza.
Fra' Domenico Spatola
Tratto dalla raccolta di poesie: Palermo dono di perle in versi.
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Pagine 250 - Prezzo di copertina € 13,00
E' possibile acquistare dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it
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Libreria Sciuti s.r.l. - Via G. Sciuti 91/f - Palermo.
La Feltrinelli Libri e Musica - Via Cavour 133 - Palermo.
Voglia di leggere - Via A. Pacinotti 42 - Palermo
La Nuova Bancarella - Via Cavour (di fronte La Feltrinelli) - Palermo
Libreria Forense - Via Maqueda 185 - Palermo
Libreria Zacco - Corso Vittorio Emanuele (di fronte chiesa del S. Salvatore) Palermo
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Disponibile in tutti i siti di acquisti on line.
martedì 2 maggio 2017
Fra' Domenico Spatola: Palermo, dono di perle in versi.
"Palermo, dono di perle in versi" è la seconda raccolta di poesie di Fra' Domenico Spatola dedicata alla sua città, dove l'amore per i luoghi, la gente, la storia e le tradizioni si fondono in lodi attente e sensibili, critiche e delicate. Versi pieni di vita a una città che tutto sa dare e tutto sa prendere.
Pagine 251 - Ogni poesia è illustrata da foto sull'argomento, molte delle quali a colori.
Prezzo di copertina € 13,00
www.ibuonicuginieditori.it
Pagine 251 - Ogni poesia è illustrata da foto sull'argomento, molte delle quali a colori.
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lunedì 1 maggio 2017
Fra' Domenico Spatola: Primo Maggio
Il primo Maggio
ci dan coraggio
che il lavoro ci sarà
e prima o poi presto verrà.
Lo dicon a tutti
a belli e a brutti
a operai e disoccupati
e ai rottamati di mezza età
che la Fornero senza pietà
e a vilipendio mandò in soffitta
senza stipendio
e neppur pensione
roba non rara
e da imbroglione,
eppure cara
ai nostri politici
che sol discutono
di quanti seggi
d'accaparrare,
e fanno leggi
su come votare
e preferenza a chi donare,
mentre la gente
solo a sperare
un posto fisso
per sicurezza
che dà certezza
a fare famiglia
che ognun consiglia,
perché in Italia natalità
è rarità
e quella futura
di chi sarà?
Ci saranno
Siriani e Tunisini,
i Rumeni e i Marocchini,
e gli Albanesi e i Cinesi
che vengono qua
per comandare
con denaro e potere
a sazietà.
Diciamolo chiaro
anche se amaro:
il solo lavoro
è il vero tesoro
dell'impiegato
che il primo maggio
vien festeggiato.
Fra' Domenico Spatola
ci dan coraggio
che il lavoro ci sarà
e prima o poi presto verrà.
Lo dicon a tutti
a belli e a brutti
a operai e disoccupati
e ai rottamati di mezza età
che la Fornero senza pietà
e a vilipendio mandò in soffitta
senza stipendio
e neppur pensione
roba non rara
e da imbroglione,
eppure cara
ai nostri politici
che sol discutono
di quanti seggi
d'accaparrare,
e fanno leggi
su come votare
e preferenza a chi donare,
mentre la gente
solo a sperare
un posto fisso
per sicurezza
che dà certezza
a fare famiglia
che ognun consiglia,
perché in Italia natalità
è rarità
e quella futura
di chi sarà?
Ci saranno
Siriani e Tunisini,
i Rumeni e i Marocchini,
e gli Albanesi e i Cinesi
che vengono qua
per comandare
con denaro e potere
a sazietà.
Diciamolo chiaro
anche se amaro:
il solo lavoro
è il vero tesoro
dell'impiegato
che il primo maggio
vien festeggiato.
Fra' Domenico Spatola
venerdì 28 aprile 2017
Fra' Domenico Spatola: Sul cammino di Emmaus
senza coraggio
fuggivano da sorte
ch'era stata di morte
per loro Maestro
e senza più l'estro
per continuare stesso
messaggio.
Fuggitivi, speravano altrove di
non ritrovare
delusione
che il Cristo
morto in confusione
avea loro indotto.
Quando i pensieri si affollavano a
torto
Gesù in persona fece suo ingresso:
Egli era lo stesso
che Crocifisso aveva donato sua
vita e favore
e or con pudore
cercava il pastore
di ricondurre le pecore
dallo sbando
da quando a comando
missione sua inusitata
e disattesa
altra strada percorsa avea
incompresa dai suoi
che ancora non arresa da vedere
il Risorto perché senza più
speranza morto era lor cuore.
Il cammino pur lungo sembrò più
breve
perché Gesù
con suo parlare
più lieve rese fatica
e disagio infuso pur coraggio a
risanar l'oltraggio nel dono
dell'amore e del perdono.
A Emmaus villaggio
son pieni di coraggio
e ormai conquistati dall'ospite pur
strano
che di ogni brano
di sacra Scrittura
ha fatto lettura
che rende attuale
ideale
che vale
mentre or che il sol tramonta
cenare già conta.
Non vogliono da soli sedersi al
desco:
fresco è infatti il sermone del
Cristo ad amare
volgono a lui l'invito a restare. E
quando, seduti, inizia la cena
fu scena a lor occhi da sempre
nota:
è gesto d'amore che sol Gesù
concede ai suoi
sì che in loro si accende la vista
e scoprono nel gesto l'amor che
conquista.
Finito a stupore lo splendore
si chiedono già se il cuore prima
che la mente
non consentiva d'amare mentre
parlava.
Rifanno a ritroso il cammino
dove ormai non scontroso
è il gruppo divino
che Cristo Risorto
ha risuscitato e non più morto.
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: La cena di Emmaus, Veronese.
Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Terza Domenica di Pasqua: Luca 24, 13-35
Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l'hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l'un l'altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l'un l'altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Commento al Vangelo
Fuggivano da Gerusalemme verso Emmaus due discepoli del Maestro che, a loro dire, li aveva delusi.
Con la folla, appena qualche giorno prima, l'avevano osannato "Messia, figlio di Davide e profeta restauratore degli usi corretti della Legge di Mosè". In lui si erano illusi di individuare colui che avrebbe risollevato le sorti d'Israele.
Con l'amarezza del fallimento, intendevano rifugiarsi a Emmaus, il villaggio dai fasti di Giuda Maccabeo, valoroso guerriero della nazione ebraica che, tre secoli prima, vi aveva riportato una memorabile vittoria sui pagani.
Solo di uno il narratore ci ricorda il nome: Cleopa. Emblematico perché riduzione di Cleopatros, che vuol dire "Del Padre glorioso". Spie ideologiche orientative per riconoscere le loro ambizioni di gloria.
Gesù si accostò manifestando stesso intento di cammino, ma non fu riconosciuto, perché altro è "il luogo", esigito da Luca per fare esperienza del Risorto. L'approccio, non facile, fu tormentato d'ambo le parti.
Alla prima richiesta di Gesù sul "perché dei loro volti tristi", la risposta di Cleopa fu piccata. Gli diede dell'ignorante e del "marziano" se non sapeva nulla di quanto era successo in quei giorni a Gerusalemme.
Continuando a vangare nel loro cuore, perché esprimessero tutto il loro risentimento, domandò: "Cosa?"
Fu evidente escamotage psicologico, condotto con socratica maieutica, per farli collaborare alla soluzione del loro problema. Cleopa cominciò a raccontare la sua delusione su "Gesù, il Nazzareno, profeta potente in opere e in parole, crocefisso e sepolto". Fu tuttavia quando esternò il senso del fallimento: "Noi speravamo che fosse lui a risollevare le sorti di Israele", che Gesù intervenne con fermezza appellandoli "stolti e tardi di cuore nel credere a Mosè, ai Profeti e ai Salmi".
Come ermeneutica, offrì il metodo dell'amore, il solo, per Gesù, in grado di consentire delle Scritture la corretta interpretazione.
Frattanto, coperta la distanza degli undici chilometri, quanti ne occorrevano per raggiungere la destinazione, Gesù ostentò l'intenzione di volere andare oltre: era il "nuovo", il suo spazio di libertà.
"Resta con noi" fu l'invito pressante dei suoi.
"Entrò", laconico sintetizza il narratore, senza allusione al villaggio.
A cena "si aprirono i loro occhi", ricordando lo stesso "gesto dello spezzare il pane", compiuto da Gesù nell'ultima cena. Ottenuto l'effetto della loro fede, il Cristo si rese invisibile, ma non assente, così che per la Comunità il Risorto è sperimentabile in ogni Eucaristia.
E' il "vangelo" che, per l'intero racconto, esplicita il senso della "consegna" di Gesù ai suoi nella istituzione eucaristica: "Fate questo in memoria di me", testamento registrato, tra gli Evangelisti, dal solo Luca.
Consequenziale è la missione. I due, fatta esperienza del Cristo, corsero ad annunciare agli "Undici" il Vangelo della vita che non muore. Ma già erano stati preceduti dal Risorto "apparso a Simone".
Fra' Domenico Spatola.
Nella foto: Cena di Emmaus, Tiziano.
martedì 25 aprile 2017
Fra' Domenico Spatola: 25 aprile 1945, festa della liberazione
Oggi commemorazione
dei Partigiani eroi
e dei tanti che resero all'Umanità
il più bel dono: la libertà.
Con sacrificio della vita
(sia resa a loro gloria infinita!)
liberarono l'italico suolo
da triste ruolo
di schiavitù e morte,
sorte
cui relegato
avea lo scarpone chiodato
del nazista odiato,
già razzista,
a quanti non ariano
ma altro sangue vano
scorreva nelle vene.
Furono pene
di terrore e di male
che decretò il caporale
Hitler che, confuso
da sua tracotanza,
illuso e con baldanza
si esercitò a dominare il mondo.
Di quanti morti e prigionieri
feriti
si perse il conto.
Tutti i diversi
furon conversi
dal dittatore
in disumani luoghi dell'orrore.
Maggiore fu il terrore
contro l'Italia,
che sol da balia
poteva offrir servigi
impreparata com'era agli armigi,
quando l'otto settembre del
quarantatré
l'armistizio fu imposto dal re.
L'Italia fu divisa.
Del tedesco il furore
fu più acceso
contro l'Italia, ormai ostaggio
preferito dal germanico
pestaggio.
Vennero gli Americani
che conquistarono Sicani
e il meridione
e Cassino segnò la linea
che divise dal settentrione,
ove nel frattempo Mussolini
riparò
per fondare lì la Repubblica di
Salò.
Fu fratricida lotta senza quartiere
perché ancora più fiere
furon sevizie e rabbia del tiranno: ù
dalle Fosse Ardeatine già tutti
sanno
e Marzabotto
e dei tanti altri eccidi
che più corrotto
mostrò il cuor di pietra
del disumano nemico
che non arretra.
I Partigiani rischiaron grosso
portando a più non posso
messaggi a guida
per favorire chi d'altre parti
veniva ad aprire, con nuovi
sbarchi,
varchi sicuri di libertà
che fu conquista però solo a
metà,
se ancora oggi con tanta storia
dei tanti morti senza memoria
non è pace
lezione sol verace
che non si apprende
se si vendono armi
che per provarle
bisogna far la guerra.
Delusi ci chiediamo:
quando sarà vera pace sulla
Terra?
Fra' Domenico Spatola
dei Partigiani eroi
e dei tanti che resero all'Umanità
il più bel dono: la libertà.
Con sacrificio della vita
(sia resa a loro gloria infinita!)
liberarono l'italico suolo
da triste ruolo
di schiavitù e morte,
sorte
cui relegato
avea lo scarpone chiodato
del nazista odiato,
già razzista,
a quanti non ariano
ma altro sangue vano
scorreva nelle vene.
Furono pene
di terrore e di male
che decretò il caporale
Hitler che, confuso
da sua tracotanza,
illuso e con baldanza
si esercitò a dominare il mondo.
Di quanti morti e prigionieri
feriti
si perse il conto.
Tutti i diversi
furon conversi
dal dittatore
in disumani luoghi dell'orrore.
Maggiore fu il terrore
contro l'Italia,
che sol da balia
poteva offrir servigi
impreparata com'era agli armigi,
quando l'otto settembre del
quarantatré
l'armistizio fu imposto dal re.
L'Italia fu divisa.
Del tedesco il furore
fu più acceso
contro l'Italia, ormai ostaggio
preferito dal germanico
pestaggio.
Vennero gli Americani
che conquistarono Sicani
e il meridione
e Cassino segnò la linea
che divise dal settentrione,
ove nel frattempo Mussolini
riparò
per fondare lì la Repubblica di
Salò.
Fu fratricida lotta senza quartiere
perché ancora più fiere
furon sevizie e rabbia del tiranno: ù
dalle Fosse Ardeatine già tutti
sanno
e Marzabotto
e dei tanti altri eccidi
che più corrotto
mostrò il cuor di pietra
del disumano nemico
che non arretra.
I Partigiani rischiaron grosso
portando a più non posso
messaggi a guida
per favorire chi d'altre parti
veniva ad aprire, con nuovi
sbarchi,
varchi sicuri di libertà
che fu conquista però solo a
metà,
se ancora oggi con tanta storia
dei tanti morti senza memoria
non è pace
lezione sol verace
che non si apprende
se si vendono armi
che per provarle
bisogna far la guerra.
Delusi ci chiediamo:
quando sarà vera pace sulla
Terra?
Fra' Domenico Spatola
sabato 22 aprile 2017
Fra' Domenico Spatola: 22 aprile 2017. Ai tre novelli Presbiteri cappuccini.
Disse Gesù ai suoi:
"Date loro da mangiare".
Essi si chiesero come fare
e Gesù a loro titubanza
offrì sua proposta a nuova
usanza:
si fece pane egli stesso
e a suo messo
chiese loro, nella storia,
di continuare sua memoria.
Ora tocca a voi,
Presbiteri vocati,
selezionati
perché unita
sia vostra vita
a quella del Signore,
sol così nutrirete dei fedeli
mente e cuore,
con sua Parola liberante
e amica
e l'Eucaristia che sol fatica
richiede a farsi "pane",
offerta immane
che mistero
impone cuor sincero.
Ricorderete don Corrado,
Vescovo ordinante,
amato insegnante,
ma prima ancora praticante
carità,
che in umiltà
affida a voi messaggio
il cui coraggio
vi viene sol da Cristo:
sia dunque misto
al suo vostro ideale
da essere sponsale
il vostro "Sì",
e, da oggi in poi, ogni dì
sarà buono
a rendere speciale il vostro dono.
Ad multos Annos.
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Cena in Emmaus - Caravaggio
"Date loro da mangiare".
Essi si chiesero come fare
e Gesù a loro titubanza
offrì sua proposta a nuova
usanza:
si fece pane egli stesso
e a suo messo
chiese loro, nella storia,
di continuare sua memoria.
Ora tocca a voi,
Presbiteri vocati,
selezionati
perché unita
sia vostra vita
a quella del Signore,
sol così nutrirete dei fedeli
mente e cuore,
con sua Parola liberante
e amica
e l'Eucaristia che sol fatica
richiede a farsi "pane",
offerta immane
che mistero
impone cuor sincero.
Ricorderete don Corrado,
Vescovo ordinante,
amato insegnante,
ma prima ancora praticante
carità,
che in umiltà
affida a voi messaggio
il cui coraggio
vi viene sol da Cristo:
sia dunque misto
al suo vostro ideale
da essere sponsale
il vostro "Sì",
e, da oggi in poi, ogni dì
sarà buono
a rendere speciale il vostro dono.
Ad multos Annos.
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Cena in Emmaus - Caravaggio
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