venerdì 9 febbraio 2018

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Sesta Domenica del Tempo ordinario: Marco 1, 40-45

Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». 41Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». 42E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va', invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». 45Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Commento al Vangelo
L'azione liberatrice di Gesù inizia abbattendo un ostacolo tra i più insormontabili per l'istituzione religiosa: la "purità rituale" per accedere a Dio. Non tutti la potevano vantare. Le leggi farraginose e i molteplici divieti lo impedivano. 
Le esigenze più ordinarie e vitali della quotidianità erano interpretate quali cause permanenti di allontanamento da Dio. 
Anche le malattie e tra questa la lebbra, molto diffusa nell'antichità e simbolo per antonomasia del genere "impuro". Chi ne era affetto, subiva l'emarginazione dalla società, come pregiudicato nemico di Dio. Gesù si ribellava a quella logica. Per dimostrarlo Marco racconta del lebbroso che, avendo sentito parlare di Gesù, che in nome di Dio, non emarginava nessuno,  neppure i peccatori incalliti e nemici di Israele, quali erano considerati i pubblicani, sperava che altrettanta liberalità dimostrasse con lui e con coloro che, affetti dalla stessa malattia, erano condannati alla più spietata emarginazione sociale e religiosa. Gli corse incontro con la speranza del credente e, in ginocchio provava a impietosire sulla sua condizione. 
Gesù provò compassione e, toccatolo, ne fu contagiato da stesso male. Egli è "l'agnello che porta il peccato del mondo". 
Così lo "purificò", condividendone il dolore e la sofferenza. Dopo averlo sanato, gli ingiunse però di recarsi nel tempio per un confronto fra la sua guarigione e le verifiche farraginose e costose di guarigione previste dai sacerdoti e dalla Legge. Ma colui che fu "purificato", fu anche guarito, perché affrancato dai legalismi che lo emarginavano. Poteva così avere parole d lode per Gesù e proclamarne l'azione di salvezza. 
Si invertì la situazione: il divieto per l'ingresso nel villaggio venne fatto a Gesù, costretto a vivere nei luoghi deserti, spazi di sua libertà. 
Fra' Domenico Spatola

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