sabato 22 novembre 2025

Fra' Domenico Spatola: "Oggi sarai con me".



Da re, 
chiedevi il perché
morivi da innocente. 
Ma dei due, il più fremente
non perdonava
tuo amore che salvava
altri e non te stesso. 
Il ladrone più dimesso, 
disse all'altro:
"Non far lo scaltro. 
Per riparare il danno, 
meritiamo ciò che fanno. 
Egli invece nulla ha fatto, 
e patisce per l'altrui misfatto". 
Poi disse a te, Gesù:
"Quando sarai lassù, 
ricordati di me!". 
Senza ma e senza se, 
offrendogli un sorriso:
"Oggi - dicesti a lui - sarai con me nel paradiso!". 

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra Domenico Spatola al vangelo della domenica di Cristo Re dell'universo (anno C): Luca 23, 35-43

 Commento di fra Domenico Spatola al vangelo della domenica di Cristo Re dell'universo (anno C): Luca 23, 35-43

35
 Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto». 36 Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell'aceto, e dicevano: 37 «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38 C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.
39 Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». 40 Ma l'altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? 41 Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». 42 E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». 43 Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».

Era una canea. La gente vociava, mentre i capi insultavano sfidando ancora il Crocifisso. La folla delirante, aizzata dai capi, voleva la morte di Gesù. "Re dei Giudei" era la causa apposta sopra di lui, a motivare lo strazio. I religiosi avevano contestato a Pilato la scritta. Ma il riconoscimento della regalità a Gesù era dovuto da "pastore "unico" ("poimèn kalòs"). Egli "dava la vita per il gregge". Da sotto la croce le imprecazioni della folla contagiarono uno dei due briganti, crocifissi con lui. Partecipò alla derisione. Gesù - a suo dire - aveva salvato altri, senza salvare se stesso. Diceva il vero. Era infatti venuto a dare la vita, non a toglierla. Il compagno di pena, prendendo le difese del Signore che pativa senza colpa, diceva che essi soffrivano meritatamente per i misfatti compiuti. 
Poi a Gesù chiese: "Ricordati di me quando sarai nel tuo Regno". A stupore il peccatore,  cacciato dal giardino, ora pentito chiedeva di rientrarvi. La risposta fu di salvezza: "Oggi sarai con me in paradiso!".

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 14 novembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Come finirà?




                Con o senza fede,            
ognun chiede  
dall'antichità:
"come finirà
questo mondo
che danza il girotondo?". 
Il suo finale, 
non sia il male
ma abbia il meglio, 
convien star dunque sveglio
e non poltrire. 
Potrai così udire
che i cieli saràn nuovi
e sulla terra finalmente trovi
l'amore che è il segno
del divin Regno. 

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXIII domenica del tempo ordinario (anno C): Luca 21, 1-19

1
 Alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro. 2 Vide anche una vedova povera che vi gettava due spiccioli 3 e disse: «In verità vi dico: questa vedova, povera, ha messo più di tutti. 4 Tutti costoro, infatti, han deposto come offerta del loro superfluo, questa invece nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere».
5 Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse: 6 «Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta». 7 Gli domandarono: «Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?».
8 Rispose: «Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e: "Il tempo è prossimo"; non seguiteli. 9 Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine».
10 Poi disse loro: «Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, 11 e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo. 12 Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. 13 Questo vi darà occasione di render testimonianza. 14 Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15 io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. 16 Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; 17 sarete odiati da tutti per causa del mio nome. 18 Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. 19 Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime.

All'annuncio di Gesù della futura distruzione del tempio di Gerusalemme, i discepoli non sembrarono spaventati, anzi parvero eccitati dall'idea dell'avvenimento. Chiesero infatti subito, quando sarebbe accaduto tutto ciò e quale ne sarebbe stato il segno premonitore. Il loro entusiasmo nasceva dalla convinzione che, nei momenti di massimo pericolo, Dio si sarebbe fatto presente, come in precedenti occasioni. Ma Gesù non era d'accordo, perché Dio non è mai intervenuto per mantenere istituzioni dispotiche che schiacciano le libertà delle persone. Perciò si premurò di avvertire i discepoli a non lasciarsi ingannare da chi si dichiarava investito di potere  divino, come messia venuto per restaurare il regno di Israele. Gesù invece inaugurava il Regno di Dio, e non intendeva rianimare un Israele defunto. Col linguaggio dei Profeti, il suo messaggio non incuteva paura: "Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzate e levate il capo perché la vostra liberazione è vicina!".   L'annuncio era dunque liberante, anche se le immagini erano di catastrofi: terremoti, carestie, pestilenze e fatti terrificanti. Tuttavia i segni invitati ad attenzionare saranno quelli grandiosi dal cielo, che indicheranno la fine di ogni sfruttamento e schiavitù. Non nascondeva però che seguire lui non sarebbe stato indolore. Gesù col suo insegnamento infatti minava i fondamenti di quella società: Dio, patria e famiglia. Per  Gesù non erano infatti valori corrispondenti al progetto del Creatore sull'Umanità. Con essi si esercitava infatti un potere assoluto. Il Nome di Dio serviva alle ierocrazie, mentre il concetto di Patria ai despoti, e quello della famiglia per il maschio dominatore sulla femmina e sulla prole. Gesù intese  sostituire il concetto del Dio della religione, con quello del  Padre datore della vita. Il termine "Patria" ebbe nuove iridescenze con il Regno di Dio, dove tutti  possono essere accolti e infine anche la famiglia divenuta Comunità dove non i legami di sangue ma quelli dello stesso ideale d'amore, sono quelli sul modello del mistero trinitario.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 7 novembre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il tempio casa di preghiera...

Il tempio reso mercato, 
da Gesù non tollerato,
il perdono, 
paterno dono, 
non è commercio, 
che rende lercio
il luogo del Signore. 
Zelo dunque e ardore
furon l'arma:
sferza che disarma
i mercanti, 
ch'eran tanti
venditori 
di colombi e tori. 
Di loro rovesciò i banchi, 
e li percosse ai fianchi, 
con la frusta, 
il cui dolor disgusta. 
"Avete fatto, con peccato, 
del tempio un mercato!". 
Ai Giudei credenziali, 
offrì sue fatali:
"Distruggete -disse- il tempio, 
e diverrà esempio
di mia Entità
che in tre giorni risorgerà". 
Il mistero, ch'era fitto, 
si squadernerà a profitto 
ai seguaci, quando morto, 
lo rivedràn risorto.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della "Dedicazione della basilica lateranense": Giovanni 2, 13-22

13 Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14 Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. 15 Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi, 16 e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». 17 I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora18 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19 Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20 Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22 Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Era la Pasqua dei Giudei. Gesù salì a Gerusalemme e, nell'area del tempio, trovò gente numerosa, venuta da ogni parte della Nazione, per i riti annuali di purificazione. Si consumava il sacrificio degli animali. Durante le tre settimane di festività, si calcolava il sacrificio di oltre diciottomila capi di bestiame. Venivano venduti nel tempio ma provenivano dagli ovili del Monte degli Ulivi, che erano proprietà del sommo sacerdote Anania e dei suoi figli. Non era  ammesso, per sacrificarlo, bestiame da altre provenienze. Contro la legge di mercato, non era ammessa la concorrenza. Erano buoi, pecore e colombe. I cambiamonete essenziali, perché non poteva circolare la moneta romana con l'effigie di Tiberio. Considerata infatti sacrilega anche per la scritta: "divino imperatore". Gesù con una frusta, di cordicelle, cacciò i mercanti e rovesciò i banchi dei cambiamonete. Il gesto, che aveva valenza messianica, era atteso, perché preannunciato dai profeti, che avevano tratteggiato il Messia, come "riformatore del tempio e del clero". Cacciando i mercanti, Gesù motivava il suo gesto: "non trasformate in mercato, la casa del Padre mio!". Le reazioni dei presenti furono diverse. I discepoli inizialmente vi lessero lo "zelo per la Casa del Padre", mentre i capi giudei chiesero legittimazione con un segno, contro i pagani, come quello di Mosè contro i primogeniti degli Egiziani. Ma la risposta di Gesù sarà compresa dai discepoli solo dopo la sua risurrezione: "Distruggete questo tempio, e io in tre giorni lo farò risorgere!". Non si capacitavano, perché quarantasei erano stati gli anni per costruirlo. Ma Gesù parlava del suo Corpo.

Fra' Domenico Spatola 


venerdì 31 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: 2 novembre

Percorsi i viali severi, 
con sentimenti sinceri
per i ricordi spezzati
da dolor suscitati. 
Il viale indicato, 
dai cipressi vegliato, 
portava alla tomba che m'ero prefisso, 
ma fu il Crocifisso
dal loculo sporgente, 
che immantinente
richiamò mia attenzione. 
Con gran devozione, 
gli volli parlare, 
provando a dettare 
a lui miei pensieri. 
Eran sinceri, 
almen quella volta. 
Coinvolta
fu tutta mia vita, 
che, per l'età, è quasi finita:
"Tu Gesù -pensai 
o parlando esclamai-, 
come vedi questa gente? 
Non dico la giacente, 
ma chi vien con dolore
a deporre il fiore
al fratello o all'amico, 
che dico, 
o anche al padre
o alla tenera madre?". 
Mi parve proposta, la sua risposta:
"Falli venire, almeno ogni anno. 
Riduce il danno
a chi non pensa che la morte, 
del Ciel apre le porte
a chi vuole entrare, 
mentre le chiude
a chi vuole scordare. 
Non fa dunque paura
la morte che cura
chi si sente ammalato
e ad altra vita votato". 
Accolsi il messaggio, 
e ripresi coraggio. 
Baciai la croce, 
ma con un filo di voce.
 
Di Domenico Spatola

2 novembre 2025: Commemorazione dei fedeli defunti

I cimiteri si riempiono di visitatori. I fiorai hanno il loro giorno migliore. Nelle chiese, incessante la preghiera per i defunti, i propri e quelli altrui. Giorno severo di riflessione sulla morte. "Semel in anno". Almeno una volta l'anno "sa già dà fa chista crianza", scriveva Totò nella "A livella". Interpretava la morte come "vendetta sindacale",  per "u' barone e u' scupatore". Stessa sorte, dunque le loro tombe potevano stare vicine. "Nui simmu seri, appartenimmu a morte". "Le caste", vanno lasciate ai vivi. Era la filosofia del genio napoletano. Ma non può restare, della morte, la sola interpretazione. Gesù della sua prossima fine in croce, la  interpreta, come  "seme che, caduto in terra, se muore, porta molto frutto". Aveva già detto a Marta, a proposito della morte del fratello Lazzaro, "chi crede in me, anche se muore continua a vivere". Come a dire: "la morte non esiste". 
L'esistenza come film a due tempi. Il primo si conclude con la morte del protagonista, e la conseguente reazione degli spettatori di alzarsi e andare via, perché "tutto è finito!". Ma il regista fa tornare tutti indietro, per  godersi il secondo tempo: "la vita che continua nella gloria". Giobbe aveva scritto: "senza la mia pelle  vedrò Dio". Aveva fiducia nel "redentore" che lo avrebbe riscattato dalla morte. Gesù all'apostolo Tommaso, incredulo nella vita eterna, si dichiarò "Via, Verità e Vita". Nel battesimo, siamo stati rivestiti della stessa veste della Risurrezione. L'apostolo Paolo a chi domandava dell'aldilà, rispondeva: "saremo con il Signore". Quante volte lo  abbiamo sperato! Allora, con Francesco d'Assisi, potremo anche oggi dire: "Ben venga sorella Morte!".

Di Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Tutti i Santi

Ognissanti
comprende quanti: 
papi o re, 
e i semplici come me,
che, in umiltà e senza gloria, 
non fanno Storia.
Ci son pure i derelitti, 
e quanti afflitti
hanno chiuso con premura
sotto bombe e la paura.
Oggi è stuolo di beati, 
che da Dio son consolati,
perché hanno amato tanto, 
col segreto d'ogni Santo.
Guardo il cielo
e stesso velo
tolgo dalla Terra, 
senza pace e sempre in guerra. 
È d'affronto 
il mio racconto.  
Eppur di gioia è il mio canto, 
perché in Cristo trovo il vanto, 
di vedere confortati
quel gran stuolo di beati.

Di Domenico Spatola

1 novembre 2025: Tutti i Santi

Di Dio "tre volte Santo" il mistero si chiarisce "Parola fatta carne", e prende dimora tra gli uomini. È il "credo" del Vangelo di Giovanni, e dell'Emmanuele, in parallelo con Matteo, "il Dio con noi", e soprattutto il "Dio per noi". Gesù chiede al discepolo di amare "come egli ama" e, a questa condizione, prenderà dimora in chi l'accoglie. Così l'uomo e non più il cielo sarà sua "abitazione".  Costituzione del Regno dei Cieli sono le Beatitudini,
proclamate dal  "monte", diverso dal Sinai dove fu dettata la Legge a Mosè.  "Beati i poveri per lo Spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli". È la povertà di Dio che, in Gesù, si fa dono incondizionato all'umanità derelitta  e sofferente. "Beato" è chi attenziona il bene altrui, e si lascia coinvolgere per  la stessa missione di Cristo. I discepoli, accogliendo stesso ideale, renderanno "Beati" coloro che, nella difficoltà, li incontreranno. Perché non avranno più fame e sete, in quanto riceveranno da loro, come da Cristo, consolazione. 
Segreto dei Santi, e della Santità di tutta la Chiesa che, nell'amore fraterno, attua il volere di Cristo: "Da questo vi riconosceranno miei discepoli, se vi amerete come io ho amato voi". Testamento inconfondibile al quale i Santi  hanno attinto e che hanno attuato. È il segreto di ogni santità.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 24 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il fariseo e il pubblicano




Il fariseo, che si credeva giusto, 
provava gusto
a elogiarsi, 
fino a farsi, 
nel tempio, 
esempio
contro il pubblicano
che, con sua mano, 
si battea il petto. 
Più retto, 
agli occhi del Signore, 
fu il suo cuore
che, con dolore, 
mostrava pentimento, 
mentre di sentimento
d'arroganza reo
era il superbo fariseo.
Dio al suo grugno
mostrò il pugno,
mentre, al pentito pubblicano, 
porse la mano.

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XXX del tempo ordinario: (anno C): Luca 18, 9-14

9
 Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: 10 «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12 Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. 13 Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. 14 Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».

Due uomini, con la cui tipologia Gesù ebbe a che fare in tutta la vita: il fariseo e il pubblicano. Antitetici. Il primo ostentava devozione a Mosè e alla sua Legge. Stava nel tempio, ritto dinanzi all'altare, elencando i numerosi meriti per cui Dio gli era debitore. 
Mentre il pubblicano non aveva di che vantarsi, perché additato dalla collettività di Israele come ladro e collaborazionista dell'odiato invasore romano. In fondo al tempio, egli se ne stava in ginocchio senza alzare lo sguardo e, battendosi il petto, chiedeva pietà. Il fariseo, pregando, si confrontava con lui ritenendolo "ingiusto e peccatore". Il  pubblicano invece non riconoscendosi alcun merito, si affidava alla bontà di Dio, e chiedeva compassione. A differenza del pio però poté tornare a casa "giustificato" , essendosi fidato di Dio, mentre il fariseo andò via dal tempio colpevolizzato, per averlo sfidato.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 17 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Dio previene il domandare





Quel giudice scorretto, 
Gesù, non fu da te prescelto
a modello di tuo Padre. 
Egli, a vedovella madre
che a lui chiedea giustizia, 
rispondea nequizia
e, sol per insistenza, 
mostrò accondiscendenza. 
Ma il Padre non fa
aspettare
e previene al domandare, 
perché son amore e fedeltà
la cifra di sua paternità.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica XIX del tempo ordinario (Anno C): "Luca 18, 1-8"


La vedova e il giudice
1 Propose loro una parabola per mostrare che dovevano pregare sempre e non stancarsi: 2 «In una certa città vi era un giudice, che non temeva Dio e non aveva rispetto per nessuno; 3 e in quella città vi era una vedova, la quale andava da lui e diceva: "Rendimi giustizia sul mio avversario". 4 Egli per qualche tempo non volle farlo; ma poi disse fra sé: "Benché io non tema Dio e non abbia rispetto per nessuno, 5 pure, poiché questa vedova continua a importunarmi, le renderò giustizia, perché, venendo a insistere, non finisca per rompermi la testa"». 6 Il Signore disse: «Ascoltate quel che dice il giudice ingiusto. 7 Dio non renderà dunque giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Tarderà nei loro confronti? 8 Io vi dico che renderà giustizia con prontezza. Ma quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà la fede sulla terra?»

L'insegnamento di Gesù verteva sulla fede. Fiducia nel Padre chiedeva ai discepoli, perché egli potesse realizzare il suo Regno. Sapevano i discepoli che il Padre previene i bisogni dei figli (cf. Lc cap.12). Non dunque insistenti dovevano essere le loro richieste. Solo il Regno era la "società alternativa". Il dio sordo dei pagani, non era il Padre di Gesù, che   realizzava le richieste anche se, all'apparenza, sembravano inascoltate. I discepoli erano sfiduciati nella giustizia, per la cui realizzazione la preghiera poteva diventare il mezzo per attuarla. Gesù chiedeva perciò ai discepoli di collaborare con i poveri e i diseredati. Esempio fu la  vedova umiliata dal giudice iniquo. 
Promuovere i valori del Regno,  che qualificano la società alternativa, con la disponibilità all'umiltà e al servizio. Ciò comportava rottura con i falsi valori della società. Per la severità del problema, Gesù si interrogava, non senza amarezza, se al suo ritorno avrebbe trovato fede sulla Terra.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 10 ottobre 2025

Fra' Domenico Spatola: Il Samaritano grato




Dieci i lebbrosi, 
ma nove furon morosi
a ringraziare. 
Sol uno tornò a gratificare. 
Era straniero, 
dai vincoli leggero, 
poteva perciò  amare
senza una Legge da osservare. 
Ma, tu Gesù, con amarezza, 
notasti la stranezza:
che, dei dieci risanati, 
nove furono gli ingrati. 
Solo il Samaritano, 
non lontano
dal tuo Regno, 
dell'amore tuo comprese il segno.

Di Domenico Spatola