Ricordo di terrore.
Fu boato!
Sull'autostrada atroce fu il reato.
Orribile morte toccò a Falcone,
Giovanni era suo nome.
Con lui, morta fu la scorta
e la Morvillo, compagna di sua
vita:
finita!
Attonita, Palermo
apprese orrore.
Nota era in città, e non solo,
solerte l'attività del giudice
zelante,
galante nei modi
ma fermo e rigoroso negli snodi
dell'umana convivenza
che appartengono a decenza
e a civile legalità.
Voleva, con sua onestà,
estirpare la trista pianta
della "mafia" che incanta
con suo fascino di potere
assicurando sol chimere
ai suoi adepti.
Falcone, sapendo quanto stretti
fossero i legami
dell'organizzazione,
tentò con cura e attenzione
di penetrare quel mondo di
illusione,
e l'uso del pentito
fu mezzo preferito
per invertire la sorte
di quel percorso seminato a
morte.
Voleva spezzare il laccio
che spaccio faceva non sol di
droga.
Fu contrastato anche da chi
portava toga,
ma non si arrese,
sapeva ormai di avere l'arnese
con cui minare la base
della malavita in ogni fase.
Suo dovere fu lottare
e lottare fino in fondo,
sapeva, nel suo animo profondo,
imminente la sua esecuzione.
Diceva che "la mafia era un
gigante
con la memoria di un elefante".
Volle da eroe sfidare il drago
come il mitico Teseo del vello
d'oro,
ma questa volta a ristoro
gli diedero la morte i criminali,
fatali furono le ore susseguenti:
ci compiansero del mondo tutte le
genti.
Un siciliano anonimo scrisse in
quel momento:
"Ormai speranza è morta!"
Fu il commento
che risorta fece voglia
di continuare lotta
per lo stesso ideale
e stessa meta dove Falcone,
deciso, voleva arrivare.
Ma altro eccidio incombeva sul
cammino,
con la strage che a Palermo in via
D'Amelio
trucidati Borsellino e la sua
scorta.
Stessa sorte preannunciata
in questa terra sentita
abbandonata.
Occupata era sol dai criminali
che ne avevano fatto "sacco",
dando scacco
alle istituzioni.
Ci volle un guizzo di dignità
per poter parlare ancora di
libertà.
Il 23 maggio 1992
fu suo coraggio
a Palermo ritornare,
ma quel giorno nefasto
sua città non fu ospitale.
Fatale per gli onesti,
perché funesti furono gli
assassini,
propensi solo ad osteggiare
cammini,
mentre Falcone potè morire da
eroe,
per dare ai Siciliani nuovi destini.
Ora a distanza di venticinque anni
dall'evento,
siamo ancora a chiederci se il
tempo
ha cambiato un poco questa
città
per il sacrificio di Falcone a
dignità
e garantire pienezza in libertà.
Fra' Domenico Spatola
Volli emigrare, lontano, tra stelle, e guardare da quelle la terra vitale: la vidi sbocciare, qual rosa a dolore... e compresi l'amore. - Fra Domenico Spatola.
lunedì 22 maggio 2017
Fra Domenico Spatola: Celebrando Santa Rita
Ogni 22 di maggio,
i devoti fanno omaggio
con le rose
alla Santa che delle spose
si fa angelo tutelare,
predisposizione naturale
che è il modo suo d'amare.
Essa ha vinto il male,
superando un brutto scoglio
che di sua vita fu imbroglio,
con l'amore a Gesù Cristo,
che suo sangue fece misto
a sua vita
coniugando santa Rita.
Verso il paese suo natale,
diventato internazionale,
ogni uomo nell'ambascia,
si fa pellegrino fino a Cascia,
a parlare del suo dolore
e ricevere grande amore ,
domandare guarigioni
senza tema d'illusioni.
Santa Rita, cara a Dio,
non è caduta nell'oblio:
Storia volle che sua vita
fosse in grandezza concepita,
pur nel suo mondo che civiltà
discorreva in viltà,
favorendo prepotenza
e ritenendo che violenza
era sol cultura
coerente con natura.
La risposta della Santa
liberò da tanta
cattiveria come in tempi nostri
dove mostri son gli stessi,
che coltivano interessi,
personali e familiari:
a lor care son le caste
dei privilegi a profusione
sol per loro,
(sia ben chiaro!)
e non si faccia confusione.
Fra Domenico Spatola
Nella foto: statua di S. Rita nella chiesa di s. Agostino a Palermo
i devoti fanno omaggio
con le rose
alla Santa che delle spose
si fa angelo tutelare,
predisposizione naturale
che è il modo suo d'amare.
Essa ha vinto il male,
superando un brutto scoglio
che di sua vita fu imbroglio,
con l'amore a Gesù Cristo,
che suo sangue fece misto
a sua vita
coniugando santa Rita.
Verso il paese suo natale,
diventato internazionale,
ogni uomo nell'ambascia,
si fa pellegrino fino a Cascia,
a parlare del suo dolore
e ricevere grande amore ,
domandare guarigioni
senza tema d'illusioni.
Santa Rita, cara a Dio,
non è caduta nell'oblio:
Storia volle che sua vita
fosse in grandezza concepita,
pur nel suo mondo che civiltà
discorreva in viltà,
favorendo prepotenza
e ritenendo che violenza
era sol cultura
coerente con natura.
La risposta della Santa
liberò da tanta
cattiveria come in tempi nostri
dove mostri son gli stessi,
che coltivano interessi,
personali e familiari:
a lor care son le caste
dei privilegi a profusione
sol per loro,
(sia ben chiaro!)
e non si faccia confusione.
Fra Domenico Spatola
Nella foto: statua di S. Rita nella chiesa di s. Agostino a Palermo
domenica 21 maggio 2017
Fra Domenico Spatola: Palermo in B
Quanta tristezza!
Ho perduto scommessa!
Ero convinto con auspicata magia
che Palermo da lì
mai avrebbe ripreso la via della B.
Eravamo ottimisti
che alla fine venivan gli scquisti,
giusti a fugare nostra ansietà.
Era onestà di nostro buon cuore
che convinzione sembrava ragione
e che Zamparini dicesse a gran fiato:
"abbiami scherzato!
Bisogna salire
e ardire la china
che cosa fina è questo Palermo
e per me puntofermo
che competitivo é
con la miglior squadra che c'è!".
Cosa è successo?
Il Palermo è recesso
in serie inferiore
che giocatori
a occhi bassi
e tanto già scarsi
continuano a dire
che voglia non hanno
di far capodanno
in questa città.
Ci siamo "schifiati",
per dirla in dialetto
perché nulla perfetto
è solo viltà.
Palermo è cinese,
eppur congolese,
in certi rioni è sol tunisino, se vai al centro c'è il marocchino
e indiani ovunque
è meglio comunque
che non ci metti piedi, perché scippato fui l'altro ieri:
era rumeno oppure albanese compresi che certo non era irlandese,
me ne accorsi pure io,
e a salvarmi la vita ci pensò il buon Dio.
Ritornando alla squadra, qualcosa non quadra
per l'anno venturo,
leggiamo il futuro
con la maga vicina
chissà se indovina
e magari da B non scendiamo in C.
Con speranza e amore questo solo si vuole
tornare nella serie
che fuga miserie
di squadra e d'impresario
cui auguriamo pesante onorario
per poter raccontare
che Palermo ancor vale.
Ho perduto scommessa!
Ero convinto con auspicata magia
che Palermo da lì
mai avrebbe ripreso la via della B.
Eravamo ottimisti
che alla fine venivan gli scquisti,
giusti a fugare nostra ansietà.
Era onestà di nostro buon cuore
che convinzione sembrava ragione
e che Zamparini dicesse a gran fiato:
"abbiami scherzato!
Bisogna salire
e ardire la china
che cosa fina è questo Palermo
e per me puntofermo
che competitivo é
con la miglior squadra che c'è!".
Cosa è successo?
Il Palermo è recesso
in serie inferiore
che giocatori
a occhi bassi
e tanto già scarsi
continuano a dire
che voglia non hanno
di far capodanno
in questa città.
Ci siamo "schifiati",
per dirla in dialetto
perché nulla perfetto
è solo viltà.
Palermo è cinese,
eppur congolese,
in certi rioni è sol tunisino, se vai al centro c'è il marocchino
e indiani ovunque
è meglio comunque
che non ci metti piedi, perché scippato fui l'altro ieri:
era rumeno oppure albanese compresi che certo non era irlandese,
me ne accorsi pure io,
e a salvarmi la vita ci pensò il buon Dio.
Ritornando alla squadra, qualcosa non quadra
per l'anno venturo,
leggiamo il futuro
con la maga vicina
chissà se indovina
e magari da B non scendiamo in C.
Con speranza e amore questo solo si vuole
tornare nella serie
che fuga miserie
di squadra e d'impresario
cui auguriamo pesante onorario
per poter raccontare
che Palermo ancor vale.
venerdì 19 maggio 2017
Fra' Domenico Spatola: Promettesti lo Spirito
Era anello tuo nuziale,
Signore, Spirito promesso,
tesoro che vale
a Chiesa tua sposa,
come rosa vermiglia
da sangue d'amante
a consegna sponsale.
Spirito del Padre
sussurro sognante
mondi vitali e infinito respiro a
sostegno tuo vanto
canto eterno di amore
ripete vangelo a coraggio.
Stesso tuo zelo
a mutare di cielo orientamenti
vitali prospettive son quali
messaggio sicuro
a costanza
in speranza di mondo futuro.
Fra' Domenico Spatola
Signore, Spirito promesso,
tesoro che vale
a Chiesa tua sposa,
come rosa vermiglia
da sangue d'amante
a consegna sponsale.
Spirito del Padre
sussurro sognante
mondi vitali e infinito respiro a
sostegno tuo vanto
canto eterno di amore
ripete vangelo a coraggio.
Stesso tuo zelo
a mutare di cielo orientamenti
vitali prospettive son quali
messaggio sicuro
a costanza
in speranza di mondo futuro.
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Dentro la bellezza Trinità tricefala, affresco IX secolo, chiesa di San Giacomo Urschalling, Prien, Bavaria.
Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Stesta Domenica di Pasqua: Giovanni 14, 15-21
Gesù promette lo Spirito Santo
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui.
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui.
Commento al Vangelo
Due volte in questo brano Gesù detta le condizioni per amarlo: l'osservanza dei suoi Comandamenti. Non allude a quelli di Mosè, ma li chiama "miei". Ne aveva tuttavia enunciato uno solo: "amatevi come io vi ho amato". E' amore che viene manifestato in tanti gesti di disponibilità al servizio come la "lavanda dei piedi", proposta a modello ai discepoli.
A risposta di questo amore, Gesù avrebbe richiesto per loro dal Padre "l'altro Paràclito" ossia l'altro "protettore" che sarebbe venuto in soccorso, e avrebbe aiutato i suoi, che non sarebbero restati "orfani" di Gesù, perché egli avrebbe continuato a vivere in loro per mezzo dello Spirito.
Antagonista all'opera dello "Spirito di verità" è il "mondo" che vive di ambizione e di potere e perciò non lo conosce.
Chi invece "lo vede e lo conosce" è chiunque ha scelto di condividere il progetto dell'amore che si fa servizio. L'esercizio abituale di questa proposta consentirà al discepolo di vedere l'immanenza di Gesù nel Padre e in conseguenza dei discepoli nel Figlio.
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: La lavanda dei piedi (Giotto di Bondone)
mercoledì 17 maggio 2017
domenica 14 maggio 2017
Fra Domenico Spatola: Candore
Splendore di Fanciulli
in cammino
di festa desiata
e preparata
per cammini di fede.
Ideale a chi crede
vita
condivisa
nel pane spezzato
e nel vino versato:
essenziali al cammino,
in regale incontro
umano e divino
con colui che a consegna
rende degna
natura
di suo
favore incompreso
sol se amore non è appreso.
Fra' Domenico Spatola
in cammino
di festa desiata
e preparata
per cammini di fede.
Ideale a chi crede
vita
condivisa
nel pane spezzato
e nel vino versato:
essenziali al cammino,
in regale incontro
umano e divino
con colui che a consegna
rende degna
natura
di suo
favore incompreso
sol se amore non è appreso.
Fra' Domenico Spatola
sabato 13 maggio 2017
Fra' Domenico Spatola: Ricordando madre
O madre di te ricordo
tanta tenerezza
e ancor del piccolo memoria in
cuor mi porto,
quando nell'orto
dinanzi casa tua
d'amore spinta,
dietro a mio desìo,
raccoglievi ciliegie
ch'eran rosse
- e lo ricordo bene -
come gote mie
che baciavi tanto colorandole a
volte di rossore
a tepore di tue vermiglie labbra.
Quanto accurata
era tua disinvoltura
e creatura ti amavo più d'ogni
altra cosa
eri una rosa
e io innamorato di tua figura alta
per mia età
e io legato a duratura tua beltà.
Sol ricordi ormai
come nubi in cielo
non più terso
perché sommerso
ora e preoccupato
quel fanciullo
infatti ormai ho abbandonato
a leggiadrìa di sogni e di chimere
quando mi apparivan vere fate e
dame nei recinti
distinti e regali
come ideali di mondo
che or sol confondo
tra onirico e reale.
Madre, ancor vale
tuo nobile consiglio:
vedere figlio
sol felice
per tua bellezza passata
e sempre rinnovata
di te ricordo
in mia anima ammaliata.
Fra' Domenico Spatola
tanta tenerezza
e ancor del piccolo memoria in
cuor mi porto,
quando nell'orto
dinanzi casa tua
d'amore spinta,
dietro a mio desìo,
raccoglievi ciliegie
ch'eran rosse
- e lo ricordo bene -
come gote mie
che baciavi tanto colorandole a
volte di rossore
a tepore di tue vermiglie labbra.
Quanto accurata
era tua disinvoltura
e creatura ti amavo più d'ogni
altra cosa
eri una rosa
e io innamorato di tua figura alta
per mia età
e io legato a duratura tua beltà.
Sol ricordi ormai
come nubi in cielo
non più terso
perché sommerso
ora e preoccupato
quel fanciullo
infatti ormai ho abbandonato
a leggiadrìa di sogni e di chimere
quando mi apparivan vere fate e
dame nei recinti
distinti e regali
come ideali di mondo
che or sol confondo
tra onirico e reale.
Madre, ancor vale
tuo nobile consiglio:
vedere figlio
sol felice
per tua bellezza passata
e sempre rinnovata
di te ricordo
in mia anima ammaliata.
Fra' Domenico Spatola
Fra' Domenico Spatola: Un grazie alla mamma
Grazie, mamma, perché la vita tua
non ti appartiene. Grazie perché
fatichi per il bene.
Grazie perché dei figli ti fai
garante
e tante
son tue apprensioni e
preoccupazioni.
Grazie quando indori di bellezza
ciò che tristezza
porta dolore al figlio e lo rendi
sol tuo ovattando il mondo che
urticante mostra pungenti spine.
Grazie perché di fine
tenerezza colmi il figlio
a sol compenso
di sua felicità.
Oggi di beltà cingiam tua testa
è la tua festa perché quale regina
ti sai donare.
Tuo valore soltanto il figlio sa
misurare.
Fra' Domenico Spatola
non ti appartiene. Grazie perché
fatichi per il bene.
Grazie perché dei figli ti fai
garante
e tante
son tue apprensioni e
preoccupazioni.
Grazie quando indori di bellezza
ciò che tristezza
porta dolore al figlio e lo rendi
sol tuo ovattando il mondo che
urticante mostra pungenti spine.
Grazie perché di fine
tenerezza colmi il figlio
a sol compenso
di sua felicità.
Oggi di beltà cingiam tua testa
è la tua festa perché quale regina
ti sai donare.
Tuo valore soltanto il figlio sa
misurare.
Fra' Domenico Spatola
Fra' Domenico Spatola: Fatima, 13 maggio 1917
Il tredici maggio di cent'anni fa,
Francesco, Giacinta e Lucia,
ancor fanciulli in tenera età,
in Portogallo, nella cova d'Irìa,
incontrarono Maria, la madre di
Gesù.
Con lei conversarono a tu per tu.
Eran pastori appresso a lor
gregge,
lontano da schegge
della "Grande Guerra"
che impazzava su tutta la Terra.
Veniva da loro "da madre di Dio"
a portare rimedio di pace
a un mondo, che rio
senza conversione verace,
rotolava per altra sciagura
imminente e sicura
se gli Umani ad altro tesoro
non volgevano il cuore.
All'iniziale paura,
pose cura
la "bianca Signora"
che loro vista incantata sembrava
una fata.
"Niente paura,
sono la mamma - assicura - del
Figlio di Dio
ed è compito mio
portare ai miei figli
i più sani consigli,
perché possano amare
e non più odiare
perché la guerra
è solo follia".
Così, con candore,
parlò loro Maria.
Li invitò a tornare
ogni mese:
stesso giorno e stessa ora fino a
ottobre
quando suo "messo" avrebbe
convinto i lontani
con i segni nel cielo più strani.
Quando i fanciulli andarono a
riferire,
furon minacciati
di morte per non dire
e il tredici luglio impediti
di andare.
Quella volta l'apparizione cambiò
data
per nuova missione annunziata
in cui del Signore
la Madre mostrò ai bambini
l'orrore
di chi vuole la morte.
Mentre accorte
furon altre parole
custodite
in inquietanti "segreti"
che per devoti furono divieti
per evitare novella sciagura.
Ora Fatima è meta sicura
per pellegrini che chiedon
carezza
e fortezza
nella lotta al male
riscoprendo che per amare
è la preghiera che vale.
Fra' Domenico Spatola
Francesco, Giacinta e Lucia,
ancor fanciulli in tenera età,
in Portogallo, nella cova d'Irìa,
incontrarono Maria, la madre di
Gesù.
Con lei conversarono a tu per tu.
Eran pastori appresso a lor
gregge,
lontano da schegge
della "Grande Guerra"
che impazzava su tutta la Terra.
Veniva da loro "da madre di Dio"
a portare rimedio di pace
a un mondo, che rio
senza conversione verace,
rotolava per altra sciagura
imminente e sicura
se gli Umani ad altro tesoro
non volgevano il cuore.
All'iniziale paura,
pose cura
la "bianca Signora"
che loro vista incantata sembrava
una fata.
"Niente paura,
sono la mamma - assicura - del
Figlio di Dio
ed è compito mio
portare ai miei figli
i più sani consigli,
perché possano amare
e non più odiare
perché la guerra
è solo follia".
Così, con candore,
parlò loro Maria.
Li invitò a tornare
ogni mese:
stesso giorno e stessa ora fino a
ottobre
quando suo "messo" avrebbe
convinto i lontani
con i segni nel cielo più strani.
Quando i fanciulli andarono a
riferire,
furon minacciati
di morte per non dire
e il tredici luglio impediti
di andare.
Quella volta l'apparizione cambiò
data
per nuova missione annunziata
in cui del Signore
la Madre mostrò ai bambini
l'orrore
di chi vuole la morte.
Mentre accorte
furon altre parole
custodite
in inquietanti "segreti"
che per devoti furono divieti
per evitare novella sciagura.
Ora Fatima è meta sicura
per pellegrini che chiedon
carezza
e fortezza
nella lotta al male
riscoprendo che per amare
è la preghiera che vale.
Fra' Domenico Spatola
venerdì 12 maggio 2017
Fra' Domenico Spatola: Rogo di Roma.
Orrore nella notte.
Grida di terrore:
fiamme fameliche ovunque
e fumo a caligine fitta:
umana sconfitta!
Pianto straziante di figlie
ancor vive, riarse
da chi
di umane doti già scarse,
volle quel vile attentato.
Disumana pazzia di chi,
da criminal odio accecato,
non prova disgusto,
né orror del reato,
né pianto comprende di madre
cui, in un sol colpo rubato,
è il travaglio di mamma
che eterna conquista
con sposo di vita
non oso chiamare "finita".
Bimbe or giocano in Dio,
loro splendido oblìo
per cancellare
triste ricordo di vista
che solo accordo
di pace conquista.
Fra' Domenico Spatola
Grida di terrore:
fiamme fameliche ovunque
e fumo a caligine fitta:
umana sconfitta!
Pianto straziante di figlie
ancor vive, riarse
da chi
di umane doti già scarse,
volle quel vile attentato.
Disumana pazzia di chi,
da criminal odio accecato,
non prova disgusto,
né orror del reato,
né pianto comprende di madre
cui, in un sol colpo rubato,
è il travaglio di mamma
che eterna conquista
con sposo di vita
non oso chiamare "finita".
Bimbe or giocano in Dio,
loro splendido oblìo
per cancellare
triste ricordo di vista
che solo accordo
di pace conquista.
Fra' Domenico Spatola
Fra' Domenico Spatola: Via fosti per me...
Eri con loro negli ultimi istanti,
erano affranti
i discepoli appresso a tuo dire
che "andavi" e invece "restavi".
Paradosso non convinse
Tommaso che, sol strano,
ti pose domanda
denunciante sconfitta e sua
rabbia,
una fitta per mente confusa,
non adusa
a speranza al "tuo andare",
non sapeva che cosa pensare.
Dichiaravi di essere "Via",
nell'offrire servizio al fratello:
fu il modello di tua maestria
anche quando "Verità" ti dicesti,
aggiungendo che a pienezza di
vita
bastava ardita
ricchezza d'amore.
Pur Filippo volle momento,
non avendo compreso il
commento
che leggeva tue gesta d'amore
come quelle del Dio Creatore.
E volendolo sradicare da
certezza,
gli chiedesti di rifiutare l'ebbrezza
del potere
ch'era invece suo chiodo fisso,
e vedere il Dio Crocifisso.
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Ultima cena, di Andrea del Sarto (Firenze)
erano affranti
i discepoli appresso a tuo dire
che "andavi" e invece "restavi".
Paradosso non convinse
Tommaso che, sol strano,
ti pose domanda
denunciante sconfitta e sua
rabbia,
una fitta per mente confusa,
non adusa
a speranza al "tuo andare",
non sapeva che cosa pensare.
Dichiaravi di essere "Via",
nell'offrire servizio al fratello:
fu il modello di tua maestria
anche quando "Verità" ti dicesti,
aggiungendo che a pienezza di
vita
bastava ardita
ricchezza d'amore.
Pur Filippo volle momento,
non avendo compreso il
commento
che leggeva tue gesta d'amore
come quelle del Dio Creatore.
E volendolo sradicare da
certezza,
gli chiedesti di rifiutare l'ebbrezza
del potere
ch'era invece suo chiodo fisso,
e vedere il Dio Crocifisso.
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Ultima cena, di Andrea del Sarto (Firenze)
Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quinta Domenica di Pasqua: Giovanni 14, 1-12
Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: «Vado a prepararvi un posto»? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».
5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: «Mostraci il Padre»? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.
5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: «Mostraci il Padre»? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.
Commento al Vangelo
Durante l'ultima cena, Gesù dovette apparire sensazionale ai discepoli nel comunicare il paradosso che, solo morendo, la sua relazione con loro sarebbe stata più intensa. In quel momento però cercava la loro fiducia, nonostante pesasse l'annuncio dell'incombente tradimento di Pietro e dell'immane tragedia che si stava abbattendo sopra di lui.
Chiese dunque il loro ottimismo, prospettando "le molte dimore nella casa del Padre". Di queste si avrà successiva interpretazione laddove dichiarerà: "Se uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e dimoreremo presso di lui" (Gv. 14,24).
Viene dunque prospettato un radicale capovolgimento: non più "il Dio che accoglie", ma "il Padre che chiede di essere accolto". La molteplicità delle "dimore" è giustificata dalla diversità degli uomini e dalle loro situazioni. Quando tuttavia volle responsabilizzare i suoi circa il cammino che egli aveva mostrato lavando i piedi, a testimonianza dell'amore che si fa servizio, ("Dove io vado, voi conoscete la via"), piccato interferì Tommaso: "Non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?"
Folgorante la risposta: "Io sono la via, la verità e la vita".
Ardito ogni commento per la pregnante rivelazione, in contrappunto alla domanda di Filippo, dichiarata "deludente" da Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e ancora non mi conosci? Chi vede me vede il Padre, io e il Padre siamo Uno".
Offrì conferma di tale "unità" appellandosi alle "opere" come quelle del Creatore compiute a esclusivo beneficio dell'uomo, aggiungendo però che stesse potenzialità sono in chiunque condividerà identico progetto.
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Ultima cena di Domenico Ghirlandaio (Firenze)
Nella foto: Ultima cena di Domenico Ghirlandaio (Firenze)
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