sabato 5 novembre 2016

Fra Domenico Spatola: Dice Gesù: "Dio è Dio dei vivi e non dei morti" (Lc 20,27 - 38)


Nel capitolo 20 del suo Vangelo, Luca presenta Gesù al centro di una serie di attacchi concentrici da parte dei suoi avversari di sempre che, per timore di perdere i vantaggi e i privilegi che si erano ricavati strumentalizzando la religione, con la convenienza di chi faceva apparire la gente sempre impura e bisognosa di costanti e gravosi sacrifici di purificazione nel Tempio, da cui essi soli traevano benefici, volevano eliminare Gesù ritenuto pericoloso, perché insegnava l’amore del Padre preoccupato solo della felicità degli uomini e della loro crescita in pienezza di vita.
Quindi non un Dio giudice, implacabile e severo, ma un papà che accompagna i propri figli nella crescita, senza considerare le loro colpe. Questo per la Istituzione costituiva un attentato alla sopravvivenza; pertanto fate fuori Gesù divenne la loro prima preoccupazione.
Dopo i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani, ora è la volta dei Sadducei che  nel Sinedrio, il massimo organo legislativo giudiziario, costituivano l’elemento conservatore. Erano ricchi proprietari terrieri e traevano il nome dal sacerdote Sadoc, che consacrò re, al posto del defunto re David, il figlio Salomone.
L’accettazione dei libri scritti dai Profeti era per loro problematica, perché parlavano di ricchezza ingiusta e di conseguente povertà. Bastavano quindi i cinque libri di Mosè, ossia la Legge (Torah). Loro distintivo era di non credere nella risurrezione finale dei giusti, come descritto dal profeta Daniele.
Presentavano a Gesù un caso macabro, ispirato probabilmente dal libro di Tobia, di una certa Sara che sposata ben sette volte, rimaneva vedova la prima notte di nozze.
La domanda a Gesù era: “una donna che aveva, per questa ragione, sposato in successione tutti e sette i fratelli, nella risurrezione finale di chi sarebbe stata moglie?”
Nella Legge di Mosè era contemplato il “levirato” (levir significa cognato). Per dare una discendenza al defunto rimasto senza prole, il cognato doveva sposare la vedova e l’eventuale nascituro andava considerato a tutti gli effetti suo figlio.
C’è un pregiudizio di fondo, che Gesù dissipa. La risurrezione finale era immaginata come se si ritornasse a rivivere sulla terra la stessa esperienza di prima.
- No! – dice Gesù – con la morte la vita continua, ma trasformata. I morti saranno come gli angeli che, generati da Dio, ne condividono una vita che non muore.
A quel punto aggiunse un’ulteriore lezione ai Sadducei, che non credevano nella vita eterna: la morte non può scalfire, anzi consente il raggiungimento in pienezza.
Si rifà alla risposta con cui Dio, rivelandosi a Mosè, definisce il “Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”, personaggi che la tradizione riteneva vissuti secoli prima; allora la conclusione è positiva e tutta in favore della vita:
“Dio è Dio dei vivi, non dei morti”.
 
Fra' Domenico Spatola

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