venerdì 10 agosto 2018

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XIX domenica del tempo ordinario (anno B): Giovanni 6, 41-51

Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: «Sono disceso dal cielo»?».
43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

I capi dei Giudei non accettavano che Gesù dichiarasse di avere "la condizione divina" ("Io sono"), e rendesse tutti capaci di averla. Temevano per la loro casta che  ritenevano unica mediatrice tra Dio e gli uomini distanzianziandoli per la loro Legge e incuneandosi nello spazio creato. Ma Gesù, per ogni uomo che condivide stesso suo progetto, rivendica la condizione divina, offrendo il criterio per possederla: "riconoscere il Padre, lasciandosi attrarre da lui ("Nessuno viene a me se il Padre non l'attira").
La paternità divina da lui annunciata, comporta  che "i figli gli assomoglino" e posseggano la vita eterna, la sua, non coniugata al futuro ("avrà" ), ma al presente ("ha"). Il suo "farsi pane" si contrapponeva alla "manna", evocata dagli avversari come "pane del cielo che sfamò i padri nel deserto". Per Gesù, non era quello "il vero pane", perché i padri che ne mangiarono, morirono tutti e anche Mosè. Suonò proposta e monito  per loro: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, non morirá".
La "carne e il sangue" della debolezza umana vennero assunti da Gesù  a segno e mediazione della condizione  divina.


Nella foto: Giovanni d'Enrico: statue in terracotta raffiguranti farisei al processo a Gesù (part.), Cappella XXXV, Sacro Monte di Varal


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