giovedì 24 ottobre 2019

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXX domenica del tempo ordinario (anno C): Luca 18, 9-14


Parabola del fariseo e del pubblicano
9 Disse ancora questa parabola per certuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri. 10 «Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo e l'altro pubblicano. 11 Il fariseo, stando in piedi, dentro di sé pregava così: "O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, rapaci, ingiusti, adulteri, e neppure come quel pubblicano. 12 Io digiuno due volte la settimana e pago la decima di tutto ciò che possiedo". 13 Il pubblicano invece, stando lontano, non ardiva neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: "O Dio, sii placato verso me peccatore". 14 Io vi dico che questi, e non l'altro, ritornò a casa sua giustificato; perché chiunque si innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato».

Due prototipi.  Antiteci rappresentanti di due categorie radicalizzate dalla  religiosità del tempo.  Il fariseo ("separato") si qualificava per l'esclusivo rapporto con la Legge, della quale vantava minuziosa osservanza. Lo faceva per sé stesso e per differenziarsi dagli altri uomini, bollati "ladri, peccatori e adulteri" e in tal modo vantare diritti da Dio. Nel tempio si colloca nel posto da dove, con arroganza ("stando in piedi"), dichiara pretese. Culminante, nella parabola,  la distanza millantata con il pubblicano a lui dietro. Quello è "peccatore pubblico" e "impuro", perciò a lui è negata la benevolenza divina.  Uomo del dazio per conto degli invasori, era per antonomasia "il traditore" di Dio e del popolo. Ora sta in ginocchio, postura dimessa e occhi bassi. Non ha meriti da vantare presso Dio, e prova a fidarsi in uno "sperato" perdono. Ma sarà solo lui che, agli occhi di Gesù, impersonerà il vero rapporto con Dio, che, da Padre, non si lascia invaghire dai puntigliosi e ricattatori meriti religiosi, ma attrarre dai bisogni dei figli, soprattutto peccatori. L'arrogante fariseo infatti non dà spazio a Dio nella sua vita, autocentrata nel "sé" e nelle proprie pratiche religiose. Il peccatore al contrario non ha di che vantarsi, e dichiara fiducia nel Padre che lo giustifica.

Fra' Domenico Spatola

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