martedì 29 ottobre 2019

Fra' Domenico Spatola: Riflessione sulla ricorrenza del 2 novembre: Commemorazione dei Defunti

Pregherò, né di lamento sarà mia orazione. Gioia - presumo - chiedono a noi quanti maturato hanno il cammino e vivono cittadinanza di Cielo. La Chiesa, sposa di Cristo,  a proposta offre a noi suoi ardori nuziali: "Maranathà!" è il suo invito al Signore a non tardare. Eco da Sposo: "Vengo presto!".
"Saremo con lui" è la risposta di Paolo apostolo a chi gli chiedeva cosa avesse visto "nel terzo cielo" dove era stato rapito. Idilliache nozze prospettate dalle Scritture, è dunque la morte. Giobbe, di suo, affermava: "il mio Redentore è vivo e mi riscatterà e ultima non sarà la morte perché, senza la carne, vedrò Dio!".
Non fallimentare il temuto finale, ma meta e premio per chi ha consumato la corsa e ha mantenuto la fede: "vedrò Dio, non da straniero". Sottese sono le dinamiche totalizzanti. E "il vestito nuovo, di luce" rimpiazzerà quello logoro, corpo di morte (san Paolo).  Mancano i Cari ai nostri affetti, ma "essi, che sono con il Signore, ci tengono a loro presenti. "Riposano dalle fatiche". Da stolti li riterremmo morti, perché sono nella pace" (libro della Sapienza). Invidiabili? Ci gratificano col  vederci, non visti, "sino a fine corsa, quando riceveremo stessa corona" (Paolo). Identica è  la descritta dinamica del seme: "caduto a terra muore per portare frutto". Ne è garante Cristo  nel vangelo di Giovanni. I cimiteri ("dormitori") accolgono di noi la terra, il nostro spirito risplenderà della luce del Risorto.

Fra' Domenico Spatola

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