venerdì 13 aprile 2018

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Terza Domenica di Pasqua (anno B): Luca 24, 35-48

In quel tempo, i discepoli [di Èmmaus] riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho”. Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: “Avete qui qualche cosa da mangiare?” Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: “Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”.
Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni”.

Commento al Vangelo
Serata convulsa a Gerusalemme, dove gli Undici di Gesù, rintanati per la paura, attingevano notizie di prima mano dai due condiscepoli, reduci da Emmaus dove "avevano riconosciuto il Signore nello spezzare il pane". Erano frastornati e bisognosi della visita del Risorto che, nella prospettiva di Luca, fu a sfondo dimostrativo, l'avevano infatti scambiato per un fantasma. Urgente perciò abbattere in ciascuno tale difficoltà, lasciandosi  toccare  mani e piedi: "I fantasmi non hanno carne e ossa". Fu, nei discepoli, ridda dei sentimenti più strani: paura e stupore, gioia  e incredulità. La prova cibo doveva fugare ogni residuo di incredulità: il pesce mangiato davanti a loro perché "i fantasmi non mangiano". Era dimostrazione apologetica, necessaria perché la morte non annulla fisicità della persona ma la trasforma  potenziandola. Va però detto la sua insufficienza a testimoniare del Risorto la comunione con i suoi, come addita meglio  Emmaus: incontrarlo in ogni Eucaristia. Il "pane spezzato" diventa prassi per la Chiesa e per ogni discepolo, chiamato a "farsi pane". Le Scritture, evocate da Gesù, tutte a testimonianza del Padre e del suo amore, manifestato nella croce del Figlio. La radicale rottura col passato, è richiesta dal perdono da accordare a tutti, a cominciare da quelli di Gerusalemme, città della istituzione religiosa.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: I discepoli di Emmaus (Caravaggio). 

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