venerdì 27 aprile 2018

Commento di Fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quinta Domenica di Pasqua: Giovanni 15, 1-8


Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Commento al Vangelo
La "vite" era tra i simboli identificanti Israele. Isaia (VIII sec. a.C.), Geremia ed Ezechiele (VI sec.) e i Salmi, del periodo postesilico (IV sec. a C.), sotto questa simbologia ne indicavano identità e sorte.
Da Gesù fu assunto a modello di se stesso, contrapposto a quello antico, svelatosi "falso".
"Io sono la vera vite!". Non è  concesso alibi.  La sequenza giovannea affida ai protagonisti ruoli chiarificatori di missione:
"Io sono" (=IAHVÈ) è Dio manifesto in Gesù che, da "Vite vera", avversa l'Israele "vitigno selvaggio dalle uve acerbe" (Isaia cap. 5).
"Agricoltore" è il Padre; i discepoli sono "tralci" organici a Gesù, "vite" da cui trarre linfa vitale per un frutto abbondante. È dell'Agricoltore verificare efficienza nei tralci e, dove  necessita, intervenire per purificare. A rifiuto a fioritura, il tralcio sarà amputato e destinato al fuoco perché, a differenza degli altri legni, è senz'altra destinazione.
Unica sua finalità è  portare frutto. Della verifica sul rendimento del tralcio è responsabile il Padre, perciò non tocca al singolo individuare difetti per interventi  maldestri e rischio di danneggiamento della pianta. Accorato è l'appello di Gesù ai suoi a "rimanere in lui". Unione  "consanguinea", pena il  fallimento e la morte. L'insistente invito "rimanete in me" ha contestualità eucaristica, ove si sperimenta l'osmotico: "senza di me non potete fare nulla". Vite e tralci indivisibili dunque e cospiranti in consapevole onnipotenza di ottenere dal Padre qualunque cosa venga richiesta. Stessa esigenza attestata da Paolo apostolo: "Posso tutto in Colui che mi dà forza", dopo avere dichiarato: "Non io vivo, ma Cristo vive in me".  Dai discepoli, richiesti di portare frutti di vita, "verrà glorificato il Padre".
 


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