venerdì 22 maggio 2020

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Festa della "Ascensione di Gesù al Cielo" (anno A): Matteo 28, 16-20

16 Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. 17 Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. 18 E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. 19 Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, 20 insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

In ogni Vangelo sono offerte alle Comunità ecclesiali indicazioni puntuali sul "dove" e "come" fare esperienza del Cristo Risorto.  In Matteo, Gesù nel dare appuntamento ai discepoli  predilige della Galilea "il monte" delle Beatitudini.  Le aveva dettato a programma della sua "Nuova Alleanza". Tornare alle origini rappresenta per l'evangelista il segnale inconfondibile per le Chiese di tutti i tempi. Agli Undici in attesa (ormai Giuda è retrocesso), il Risorto si fa visibile, senza tuttavia fugare in essi il dubbio di non farcela a seguirlo, nella via da lui tracciata. Ma il Risorto li consola, affidando loro stesso "potere" concessogli dal Padre, "in cielo sulla terra".  Perciò: "Andate e fate discepoli tutti i popoli, evangelizzandoli e battezzando i credenti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo". Non sarà però un rito sterile e senza conseguenze per la vita. Egli stesso ne si fa garante assicurando la sua permanenza con loro per sempre.

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: Ascensione di Raffaello Sanzio

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