venerdì 18 settembre 2020

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXV domenica del tempo Ordinario (anno A): Matteo 20, 1-16


1
 «Il regno dei cieli infatti è simile a un padrone di casa, che di buon mattino uscì per prendere a giornata dei lavoratori e mandarli nella sua vigna. 2 Accordatosi con i lavoratori per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. 3 Uscito poi verso l'ora terza, ne vide altri che stavano in piazza disoccupati. 4 E disse loro: "Andate anche voi nella vigna e io vi darò ciò che è giusto". Ed essi andarono. 5 Uscito di nuovo verso l'ora sesta e l'ora nona, fece altrettanto. 6 Uscito ancora verso l'undicesima ora, ne trovò altri che se ne stavano disoccupati e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far nulla?". 7 Essi gli dissero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". Egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna e riceverete ciò che è giusto". 8 Poi fattosi sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e paga loro il salario, cominciando dagli ultimi fino ai primi". 9 E, venuti quelli dell'undicesima ora, ricevettero ciascuno un denaro. 10 Quando vennero i primi, pensavano di ricevere di più, ma ricevettero anch'essi un denaro per uno. 11 Nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa, 12 dicendo: "Questi ultimi hanno lavorato solo un'ora, e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso e il caldo della giornata". 13 Ma egli, rispondendo, disse a uno di loro: "Amico, io non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? 14 Prendi ciò che è tuo e vattene; ma io voglio dare a quest'ultimo quanto a te. 15 Non mi è forse lecito fare del mio ciò che voglio? O il tuo occhio è cattivo, perché io sono buono?". 16 Così gli ultimi saranno primi e i primi ultimi, perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

La parabola denuncia i pregiudizi di quanti contestano a Gesù la proclamata "misericordia" del Padre. Non irregimentabile nelle dinamiche meritocratiche, essa si fonda sulla infinita sua bontà. Coloro che dissentono, pretendono il comportamento di Dio secondo canoni di legalismo e di umana "giustizia", senza spazi all' imprevedibile sua liberalità che possa favorire digressori o immeritevoli. Tutto infatti, nella loro ideologia, dev'essere meritato. Non così per Gesù. È il senso del racconto. Il Padre non è rapportabile alle logiche egoistiche di quanti  non spingono mai il baricentro oltre il proprio "io". Paradigma è il suo relazionarsi da Padre con i figli. E in esso atteggia sentimenti di magnanimità e di misericordia. "Un denaro" fu paga pattuita, all'alba, con gli operai della prima ora. Potevano ritenersi fortunati perché "scelti a lavorare nella vigna". Ad altri non era ancora capitato. Almeno fino a quel momento, ignari di aspettare l'intero giorno. Il padrone della vigna è singolare. Torna a chiamare. Al suo interesse predilige piuttosto quello degli operai. I chiamati all'alba erano quanti gliene bisognavano, eppure, a cadenza programmata, torna a invitare, fino ad un'ora al tramonto. Non parla con loro di compenso. Gli operai sanno di potersi fidare. All'originale comportamento, a sera si aggiunge la sorpresa della paga. Da scandalizzare ogni "benpensante". Quella degli ultimi è infatti la stessa di quelli della prima ora. Lo sconcerto, in costoro che avevano portato "il peso e il caldo del giorno", è redarguito dal duro e risentito  rimprovero del padrone: "Non posso fare del mio quel che voglio, o sei invidioso, perché io sono buono?"

Fra' Domenico Spatola

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