sabato 7 gennaio 2017

Fra' Domenico Spatola: Vangelo del Battesimo di Gesù 3, 13-17

Allora Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. 14Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 15Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. 16Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
 
Commento al Vangelo
 
L'evangelista Matteo apre il Vangelo narrando il battesimo di Gesù e lo chiude con il mandato agli apostoli di "andare per il mondo e battezzare ogni creatura, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". In tal modo, il battesimo di Gesù manifesta al mondo che la pienezza dell'amore che il Padre ha riversato nel Figlio, viene da questi fatto sperimentare ad ogni persona.
L'episodio inizia con l'incipit adottato dall'autore per la presentazione di Giovanni Battista, a indicare in Gesù colui che prolunga e porta a compimento l'attività del "Precursore": "Allora Gesù dalla Galilea venne...".
Subito si accese una drammatica tensione, appena esplicitata dalla ragione: "venne al Giordano per farsi battezzare da lui". Lo "scandalo" del Battista a quella richiesta è comprensibile, in quanto il suo battesimo d'acqua sarebbe stato sostituito da quello "in Spirito Santo e fuoco" dal Messia "giusto" e "immortale". Il suo battesimo era il segno di morte a una vita passata di peccatore, che il Messia non poteva avere, allora la richiesta significava l'accettazione della morte futura, quella che avrebbe sperimentato sulla croce. In un passaggio successivo, Gesù stesso equiparerà il suo battesimo alla morte in croce, quando rivolto ai figli di Zebedeo, chiederà a provocazione se "erano disposti ad accettare il battesimo che egli stava per ricevere".
All'irremovibilità di Gesù, l'Evangelista annota la contrapposizione dell'altrettanta indisponibilità di Giovanni disposto a ricredersi su di Lui (lo lasciò), atteggiamento ribadito successivamente dalla delegazione di discepoli, inviati dalla prigione dove è detenuto, per chiedergli "se sia Lui il Messia, o dovevano cercare un altro".
All'azione energica di Gesù la risposta si carica di simboli marcatamente "teofanici".
L'acqua, in quel contesto simbolo di morte, lo respinge "immediatamente", anticipazione profetica del Cristo che non resterà "preda" della morte. Con l'espressione de "il cielo si squarciò", l'Evangelista dichiara finite le interruzioni della comunicazione tra Dio e gli uomini. Con Gesù, Dio si fonde con gli uomini, e non va cercato se non in Gesù e nell'umanità da lui accolta e manifestata. Il tema dello Spirito, che, a cieli aperti, si fionda su Gesù nella sembianza della colomba, rivela agli occhi di Matteo la nuova creazione, sul modello della prima, sulle cui acque si libra a lo Spirito di Dio. Il richiamo alla colomba è dunque l'azione materna divina, che nelle sembianze di uccello "cova" l'universo immaginato come "l'uovo cosmico". Ma è per la fedeltà al suo nido, oltre che per il richiamo ai temi nuziali del "Cantico dei Cantici", che la colomba è qui evocata. Il messaggio dell'autore si fa più chiaro in Gesù che, dalla croce, consegnerà all'Umanità lo Spirito. Il commento è ne "la voce che si udì dal Cielo: Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento".
Con prodigiosa sintesi, l'Evangelista collega tre testimonianze messianiche dell'Antico Testamento, dichiarando Gesù "figlio mio" come nel Salmo 2 per la presentazione del Messia. Lo dichiara "l'amato", come fu indicato Isacco per il sacrificio di Abramo.
E infine "mio compiacimento" a imitazione del "Servo sofferente", di cui parla Isaia nel capitolo 42: egli si sarebbe addossato i peccati del mondo.
 
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Battesimo del Cristo di Leonardo da Vinci

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