sabato 27 aprile 2024

Fra' Domenico Spatola: Gesù, vera vite...



Sei vite feconda,
e tua vita inonda
i tralci a dar frutto. 
Dici: "il Padre di tutto
agricoltore
che, con amore,
purifica la pianta
affinché sia più tanta
sua produzione". 
Il tralcio, se non produce,
nel fuoco si riduce,
mentre l'operoso
sarà fruttuoso
se rimane nel tuo amore.
Gesù, col batticuore,
dicevi ai seguaci
che li volevi audaci
per rimanere in te
a fruttificar per tre.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Quinta domenica di Pasqua: Giovanni 15, 1-8

 
1 «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. 2 Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3 Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. 4 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. 5 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6 Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Nella parabola "della vite e dei tralci", Gesù indica ai discepoli i rispettivi ruoli: il Padre   impersona l'agricoltore, il Figlio è la "Vite", e i discepoli sono i "tralci". Al Padre spetta "purificare" 
la pianta. Il verbo non è il potare, che implicherebbe stroncature. Il Padre toglie i difetti ai tralci, perché diano più frutto. Gesù definendosi "vera Vite" si pone in polemica con l'Israele, denunciato anche da Isaia (cap. 5) per avere dato uva acerba. Anche i  tralci da Gesù sono chiamati a dare frutto vero. Le condizioni perché ciò avvenga è la comunione con lui: "Rimanete in me e io in voi". Linfa vitale della Vite è lo Spirito Santo che, osmoticamente nei tralci, comunica stessa vitalità. Se però essi si staccano, non avendo alimento, muiono e verranno bruciati. Gesù si offre a mistero di intimità col Padre e, in ogni Eucaristia, si offre speculare modello, chiedendo al discepolo lo stesso suo dono: farsi pane per i fratelli.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 20 aprile 2024

Fra' Domenico Spatola: Buon Pastore



Tu amore
dài al gregge, 
da nuova legge
del tuo cuore
da pastore. 
Affrontasti il lupo 
giunto cupo, 
e con passione
evitasti dispersione
delle pecore a te date.
Eran ténere e delicate
e strette le tenevi al petto, 
e hai costretto
il vorace lupo
a finire nel dirupo. 
Dal Padre hai ricevuto,
che nessuno sia perduto
e in ogni Ostia ti consegni,
perché regni
in nostro cuore
in pienezza il tuo amore.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Quarta domenica di Pasqua (anno B): Giovanni 10, 11-18

 
11 Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore. 12 Il mercenario, che non è pastore, e al quale non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga (e il lupo le rapisce e disperde), 13 perché è mercenario e non si cura delle pecore. 14 Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me, 15 come il Padre mi conosce e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16 Ho anche altre pecore, che non sono di quest'ovile; anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore. 17 Per questo mi ama il Padre; perché io depongo la mia vita per riprenderla poi. 18 Nessuno me la toglie, ma io la depongo da me. Ho il potere di deporla e ho il potere di riprenderla. Quest'ordine ho ricevuto dal Padre mio».

"Io sono" equivaleva a "Iahvè" che, per gli Ebrei, era il nome santo di Dio. Con stessa dicitura perciò Gesù rivendicava per sé l'identità divina. Quello era infatti il nome, con cui Dio si presentò a Mosè, per dichiararsi a fianco del suo popolo.
Gesù si definì "buon Pastore". L'aggettivo greco non era tuttavia "agathòs" ma "kalòs", che meglio diceva bellezza e soprattutto "unicità". Dunque il Pastore atteso era l'eccellente. Le autorità giudaiche si allarmarono, gelosi da arrogarsi quel ruolo. Gesù li smascherò perché, a differenza di loro, non sarebbe fuggito alla vista del lupo, lasciandogli sbranare le pecore. Egli lo avrebbe affrontato a rischio della vita. L'immagine del pastore e delle pecore era stata adottata cinque secoli prima dal profeta Ezechiele per descrivere il rapporto tra Dio e il suo popolo. Gesù la recuperò per sé, superandola, perché egli non si sarebbe limitato a proteggere il gregge,   ma ne avrebbe prevenuto i bisogni, anche rischiando la vita. Bollò perciò gli avversari da "mercenari" e affaristi, e suo vanto fu quello di "conoscere" le sue pecore. Elegiaca la descrizione della intimità con loro. Stessa "conoscenza" infatti che relaziona il Padre al Figlio. Annunciò infine aperto agli immensi orizzonti il suo gregge, abolendo gli steccati dell'unico ovile. Garantita dal Padre fu infine la vita piena offerta a chi dava la sua per amore, coerente sua eredità evangelica: "si possiede ciò che si dona".

Fra' Domenico Spatola 

sabato 13 aprile 2024

Fra' Domenico Spatola: La Risurrezione



Fu nuova sorte
che dissacrò la morte.
Ma i tuoi seguaci
non furono audaci
per paura.
Nuova però natura
ad essi conveniva
di tua presenza viva. 
Li calmasti con amore
e rinverdirono l'ardore,
e desti a mandato
il Vangelo predicato
a ogni gente
gaudente,
per il peccato
ormai estirpato.

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: dipinto di Duccio di Buoninsegna 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Terza domenica di Pasqua (anno B): Luca 24, 35-48

35 Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
36 Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37 Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. 38 Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39 Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». 40 Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41 Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42 Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43 egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
44 Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45 Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: 46 «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno 47 e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48 Di questo voi siete testimoni.

Che l'esperienza della Risurrezione di Gesù fosse possibile per tutti, lo attestarono i quattro evangelisti, dando preziosi indizi per incontrarlo. Quelli che, a Emmaus, lo avevano riconosciuto nello "spezzare il pane", erano tornati per raccontarlo a quelli di Gerusalemme. Gesù li raggiunse e stette nel mezzo, comunicando la Pace. Era il dono, meritato e ora consegnato ai suoi. I discepoli però gridarono al fantasma. Provò a rasserenarli. A dimostrazione della fisicità che un fantasma non poteva avere, li invitò a toccargli le mani e i piedi con segni della Crocifissione.  
Ancora impauriti, diede loro ulteriore prova mangiando davanti a loro."Corpo spirituale", da novità, spiegherà Paolo ai Corinti. Provata con passione la sua fisicità, Gesù interpretò le Scritture. Parlò ai discepoli di ciò che del Messia avevano attestato le Scritture, ma essi avevano pervicacemente rifiutato: il disprezzo e la persecuzione che avrebbe subìto fino alla croce. Sconfessò ancora da Risorto, gli aspetti trionfalistici, appannaggio del Messia davidico, quale essi avevano atteso e infine riconciliati, Gesù li poté inviare a "predicare, nel suo nome, la conversione a tutti i popoli e il perdono dei peccati". Precisò di cominciare da Gerusalemme, che più di tutti ne aveva bisogno.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: dipinto di Duccio di Buoninsegna 

martedì 9 aprile 2024

Ambulatorio solidale S. Francesco ai Cappuccini di Palermo

Visite ortopediche ai residenti meno abbienti o extracomunitari, previa prenotazione telefonica dalle 17:00 in poi all'ufficio parrocchiale.
Tel: 091212118

venerdì 5 aprile 2024

Fra' Domenico Spatola: La fede



A sera, 
passata la bufera, 
il seme morto, nell'orto 
era risorto,
e Tu, tra i tuoi venivi
a renderli giulivi
di speranza
col pane tuo che avanza
per gli invitati tanti.
Tommaso era tra i quanti
cercavan luce
che il tuo amor conduce. 
Insegnasti che la fede
è di chi non vede e crede
perché sa fidarsi,
e con amor donarsi.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della seconda domenica di Pasqua: Giovanni 20, 19-31

 
19 La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 20 Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». 22 Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; 23 a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».
24 Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25 Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».
26 Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 27 Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». 28 Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29 Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
30 Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. 31 Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Ai discepoli, rintanatisi per paura di finire in croce, Gesù Risorto, la sera di Pasqua, consegnò la sua Pace. A testimonianza del suo amore mostrò i segni dei chiodi nelle mani e quello della lancia nel fianco. Da "buon pastore" si era offerto, per salvarli dagli sgherri venuti ad arrestarli. Prima di congedarsi volle che i suoi divenissero apostoli  della pace. Soffiò su di loro lo Spirito, perché cancellassero i peccati. 
All'incontro mancava Tommaso, in cerca di risposte ai suoi dubbi. Al rientro, diffidò i compagni. Non condivideva il loro racconto. Per lui, infatti essi avevano confuso un fantasma con il Risorto. Non era disposto a credere, dichiarando di voler toccare prima mani e fianco di Gesù. Otto giorni dopo, lo vide e, senza toccarlo, credette al suo amore: "Signore mio e Dio mio!". Fece la professione in sintonia tematica con il Vangelo, cioè mostrare che Dio è Gesù. 
A incoraggiare i credenti fu la sua ultima beatitudine: "Beati coloro che non hanno visto e hanno creduto!". Dettava così la nuova dinamica per la fede.

Fra' Domenico Spatola