sabato 31 marzo 2018

Fra' Domenico Spatola: Pasqua

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Agli Ebrei doveva ricordare la liberazione dall'Egitto.  Ogni anno, la memoria si rinnovava mangiando l'agnello con  le erbe, amare come le sofferenze patite. Per i Cristiani, la Pasqua del Signore si consuma, in ogni Eucaristia, con il Pane e il Vino, "mistero della nuova ed eterna Alleanza" che, nel Cristo in croce, trova spiegazione e commento.
Il racconto prosegue con la sepoltura, trovata aperta e disabitata,  mentre angeli biancovestiti dissuadevano le donne "mirofore" 
(portatrici di balsami) a "non cercare tra i morti il Vivente". Quel antro agli occhi del credente è ormai  "stanza nuziale", perché la morte col sudario è in castigo in luogo a parte. Della Maddalena l'iniziale delusione, per non avere trovato il cadavere, si è trasformata  successivamente nella sorpresa di rincontrare il Risorto e, in mistica nuziale invocare suo "Sposo" ("Rabbunì").
Sarà l'evangelizzatrice dei fratelli. La prima del più lieto annuncio: "Cristo, mia speranza, è risorto e vi precede nella Galilea", quella delle "Beatitudini".
Ci confermeranno la stessa fede Pietro e il "discepolo amato", testimoni anche per noi.

Fra' Domenico Spatola 




Fra' Domenico Spatola: Mattino di Pasqua


Corre Maria con i profumi,
accesi ancora i notturni lumi,
crede di trovare cattiv'odore
e nausea di mortal fetore.
La tomba invece è vuota
e la pietra andata a ruota,
mentre nuziale appare il letto
dove deposto avea il suo Diletto.
Non comprende imbroglio,
ferita in suo orgoglio.
Pensa al suo umiliato affetto,
senza più l'Amore suo nel letto.
Corre a cercar rinforzi
da compire sforzi
per ritrovare il corpo derelitto,
quando, non afflitto,
a lei il Risorto
volse parola in orto
ove il seme muore
a tutte l'ore
e poi matura
come da natura.
"Maria,
cosa hai visto per la via?
Tu che sei la Maddalena
racconta a noi tua stessa pena,
visto che, seguendo il cuore,
in lui ritrovasti amore".
"Vidi il sepolcro vuoto
e felice ruoto
a cercarne senso:
fu Cristo che assenso
diede al mio dolore
e a lui risposi amore".

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 30 marzo 2018

La morte di Gesù (Mc 15, 33-41) - tratto da: Vangelo di Marco in versi di Fra' Domenico Spatola


All’ora sesta, il buio sulla terra 
fece alla luce guerra,
all’ora nona di Gesù voce risuona
con l’alto grido: “Eloì, Eloì, lemà
sabachtàni!”,
che significa: “Dio mio, Dio mio,
perché con me non rimani?”
Alcuni dei presenti, ancora in via,
dicevano: “Chiama Elia”,
mentre un tale correva a inzuppar d’aceto
la spugna, e beffardamente lieto,
come manna
la pose sulla canna
per dare a lui da bere:
“Stiamo a vedere
– diceva – se viene Elia,
a fargli compagnia, 
o a tirarlo giù!”
Ma furono le ultime parole di Gesù,
che, con grande grido,
dello Spirito alla sua Comunità
diede l’affido.
Sua morte
dell’Umanità cambiò la sorte,
non più divisore fu del santuario il velo:
fino in basso si squarciò dal cielo.
Il centurione, al suo spirare:
 “Davvero – esclamò – costui era il Figlio di Dio da amare!...



Fra' Domenico Spatola: Vangelo di Marco in versi. 
Prezzo di copertina € 13,00
Acquistando il volume presso il Centro San Francesco - Via Cipressi - Palermo o dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it contribuirai al sostegno del Centro San Francesco, la mensa dei poveri gestita da Fra' Domenico. 
Nella foto: La Crocifissione di Tintoretto

Fra' Domenico Spatola: Come frumento


A sepoltura,
dolente la Natura
silenzio chiese
per Colui che s'arrese
a morte,
in stessa sorte
del frumento:
nutrimento
in terra caduto a macerare
e spiga maturare
in campi immensi
dai silenzi intensi
del dormiente Campione
che, da leone,
annienta morte
e la sua corte:
e quando sarà svegliato
anch'io verrò destato


Fra' Domenico Spatola
Foto di Maria Luisa Lamanna

Fra' Domenico Spatola: Madre dolorosa


Madre dolorosa,
sei rosa
all'imbrunire,
con indomito ardire
cerchi Figlio
e chiedi consiglio
a chi ha visto
il tuo Cristo:
"Figlio bello, dolce e santo,
chi mi asciuga l'amaro pianto?
T'ho allevato con amore,
ti ho insegnato il pudore:
a nascondere il divino
fin da quando eri bambino.
Or ti hanno crocifisso;
mi rimorde, a chiodo fisso,
dove io avrò sbagliato
perché tu sei sì dilaniato?"
"Or non piangere il tuo Dio,
songhiozzando le dissi io,
tuo mestiere è d'ogni mamma:
i figli nascondono lor dramma
e del tuo Figlio universale
fu il dolore più totale.
Lo vidi io collassato,
sotto la croce dissanguato,
e il suo sangue era torrente
che lavava tutta la gente.
Suo dolore
era l'amore
ch'ei aveva solo per noi,
a te chiese solo poi
di condividere materna
stessa sorte che eterna
anche di noi ti fece madre,
avendo già dato suo Padre.
Ora ti vedo, madre, stanca
e il tuo passo ancora arranca:
da' a me come tuo pegno
che io sia il tuo sostegno".

Fra' Domenico Spatola


giovedì 29 marzo 2018

Fra' Domenico Spatola: Tra tue braccia


Erta la salita
di mia vita:
non fu divario
a tuo Calvario,
il monte più alto
onde il mio salto
tra le tue braccia
a faccia
fu accoglienza
di pazienza
tua infinita
a generare vita
dal tuo petto,
"squarciato tetto"
fessura per rifugio,
e non indugio  
a riparare in cuore
tuo, Signore.


Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Crocifissione di Antoon Van Dyck

mercoledì 28 marzo 2018

Fra' Domenico Spatola: Cena del Signore


Quella cena era per me,
mi trattasti come un re,
e chiedendo solo fede,
mi lavasti pure il piede.
Ti facesti pan spezzato
per me ch'ero affamato,
e a inebriarmi di tuo vino
mi volesti a te vicino,
a condividere l'amore,
stessa gioia e dolore.
Ora che mensa tua è pronta
fai, Signore, nuova conta
perché tanti han disertato
e il tuo cuore è allertato,
e stasera chiedi a me
di condividere con te
tua missione per la vita
perché di tutti sia infinita.
Doni amore
e apri al cuore
tuo tesoro di salvezza,
dammi di fede la pienezza
perché la tua Eucaristia
possa diventare mia. 

Fra' Domenico Spatola 


venerdì 23 marzo 2018

Vangelo di Marco in versi di Fra' Domenico Spatola. Recensione di fra' Giovanni Spagnolo.

Non c’è due senza tre, recita l’antico adagio. E così, dopo In libertà d’amore (2016) e Palermo dono di perle in versi (2017) l’eclettico frate cappuccino Domenico Spatola, assai noto anche per sua la sua “Missione san Francesco” per i poveri, ci regala questa terza raccolta poetica, Vangelo di Marco in versi (2017), a sigillo di una trilogia che svela la ricchezza della sua anima, condividendo quel “tesoro” da cui egli continua ad attingere, evangelicamente, “cose nuove e cose antiche” (Mt 13, 52).
L’impresa nella quale fra Domenico si è cimentato è, questa volta, davvero ardua. Infatti egli ha trasposto in rima baciata tutto il Vangelo di Marco che, in questo anno liturgico, la Chiesa legge e medita nelle assemblee domenicali, affiancando alla fedeltà narrativa del testo, con rara maestria e gusto, la magia della recitazione derivante dalla scansione poetica.
Nelle pagine introduttive (7-20) fra Domenico ci regala un excursus, breve ma assai documentato, sia su Marco e il suo Vangelo come pure degli interessanti Cenni di erudizione tematica, relativi al testo evangelico che dimostrano nel frate cappuccino, prima ancora che il poeta, lo studioso e frequentatore delle Scritture Sacre e il teologo che dell’ecclesiologia ha fatto terreno fertile d’incontro con i fratelli in cammino, in ansia di annuncio.
In ultima di copertina, fra Domenico ha voluto essere ermeneuta di se stesso e della sua ultima fatica letteraria: “Lo scritto, che nell’antichità offriva ai primi evangelizzatori la trama su cui tessere la Buona Novella, ha interessato la mia rilettura in versi. La tendenza al ritmo, sperimentata in gioiosa cadenza musicale che accresce magia alla parola in versi e con rime, ha consentito inediti portali e insospettate intuizioni”.
E come dargli torto? Infatti l’ordito su cui fra Domenico tesse la sua ritmata narrazione evangelica, in questo gustoso volumetto, assembla in mosaico ideale proprio quella “elegante sequenza di quadretti o finestre per la luce del messaggio che, anche con simboli, traduce ansia di bellezza nella fedeltà al testo in ermeneutica da diletto e passione”, come l’Autore sottolinea.
Il Vangelo di Marco, proprio per la sua essenzialità, si offre infatti all’annunzio, alla catechesi e alla lectio divina con il suo linguaggio immediato, frizzante, spontaneo, nella sostanza soprattutto piuttosto che nello stile, tutt’altro che “versione abbreviata” di quello di Matteo come aveva ipotizzato, niente poco di meno che il grande sant’Agostino!
E così fra Domenico ripropone il kérigma di Marco in rime baciate, nulla tralasciando della rivelazione che il verbo evangelico vuole trasmettere e rispettando le due principali tappe del percorso di lettura: la prima ambientata in Galilea, aperta dalla Predicazione del Battista, si conclude con La professione di Pietro (pp. 23-84) e la seconda che si svolge a Gerusalemme e porta all’affermazione di Gesù come “Figlio di Dio” (pp. 85-163).
Rinviando alla lettura meditata del Vangelo di Marco in versi, in una sorta di ruminatio monastica che può essere, nel tempo dei messaggi abbreviati, cui ci stanno asservendo sempre più i social network in questa “società liquida” (Bauman), utile esercizio mnemonico per piccoli e adulti nel tentativo di rafforzare una delle qualità in via d’estinzione nel nostro orizzonte cognitivo: la memoria, appunto. Il proclama di Gesù in Galilea: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo” (Mc 1, 15) è così declamato da fra Domenico: “La Galilea fu terra ove andare, / prescelta da Gesù a evangelizzare: / nelle case, nelle vie e nei mercati, / ovunque chiedeva ascolto e alleati / per l’impegno di salvare il mondo / e cambiare fino in fondo / il cuore a ognuno, e in ciascuno liberare / capacità solo d’amare” (p. 28).
La professione di fede di Pietro (Mc 8, 29) è resa da fra Domenico con un simpatico, animato quadretto: «Essi risposero che altrui, /a prima vista, / pareva ‘il Battista’ / altri sul ‘chi sia?’ / rispondevano ‘Elia’, / per i più quieti / era ‘uno dei profeti’. / Insoddisfatto per tali risposte, / chiese quali le attese in essi riposte. / Pietro tra loro / rispose dal coro: / ‘Tu sei il Cristo!’» (p. 83).
Il racconto delle apparizioni di Gesù Risorto (Mc 16, 12-18) offre al nostro Poeta l’occasione per restituirci sensazioni e sentimenti, tra delusione e speranza, di personaggi diversi: la Maddalena (e con lei il Risorto a colloquiare stette), i viandanti di Emmaus (sfiduciati a oltranza: andavano in campagna / e, per la via, ognuno si lagna / della di lui morte) gli Undici discepoli, riuniti a mensa che (furon diffidati / per incredulità pervicace / anche dinanzi all’ovvietà verace” (p. 161).
Abbiamo voluto offrire, con l’evidente imbarazzo della scelta, qualche piccolo saggio di lettura dell’amorosa trascrizione in rima baciata del Vangelo di Marco, scaturita dall’ispirazione vulcanica di fra Domenico che sembra superare, con la sua cascata di versi, la difficoltà espressa da Montale in “Non chiederci la parola” in cui il poeta può offrire all’uomo in ricerca “qualche storta sillaba e secca come un ramo”.
Concludendo, possiamo dire che sì, è vero, la letteratura sul Vangelo di Marco è oggi assai fitta ma vogliamo associarci, volentieri e con grande gioia, all’auspicio espresso dallo stesso fra Domenico che riprende l’espressione di Terenziano Mauro (III secolo d.C.), attribuita abitualmente ad Orazio, a proposito dei libri: “pro captu lectoris habent sua fata libelli”. Tradotta liberamente, la frase ci ricorda che il destino dei libri, anche questo originale Vangelo di Marco in versi di fra Domenico, che si rivela, a modo suo, utile sussidio e strumento di apprendimento biblico, è legato alla capacità dei lettori di apprezzarne il contenuto e di recepirne il messaggio, grazie anche alla musicalità dei versi che ne rende scorrevole e piacevole, manco a dirlo, la lettura.
 
Fra' Giovanni Spagnolo
 
 
 

Ingresso di Gesù a Gerusalemme.Da: Vangelo di Marco in versi di Fra' Domenico Spatola

Da Beftage e Betania,
sul monte degli Ulivi
(cosa strana!)
Gesù chiamò “villaggio”
Gerusalemme che ampio raggio
mostra e si estende.
Con esso, la intende rivale
e dura a ideale
di nuovo suo messaggio,
perché il villaggio
non fa omaggio
a rinnegare decrepite visioni
di antiche tradizioni.
Così due seguaci inviò al villaggio di fronte,
per slegare un asinello, le cui impronte
al profeta Zaccaria
ricordavano la quieta missione del Messia.
Essi andarono con un misto messaggio
per chiedere e condurre l’ostaggio.
A coloro i quali chiesero a stupore,
lesti risposero: “Serve al Signore”.
Condussero a Gesù quell’asinello,
su cui ognuno pose il suo mantello,
mentre egli lì seduto,
e altri, ai suoi piedi,
loro vestiti stendevano fieri
volevano esprimere riconoscenza
per la nuova sua reggenza.
Agitando i rami, gridavano “Osanna!”
come a chi con nuova manna
porta onore
al nome del Signore.
“Al figlio di Davide che viene!”
gridava la folla cui conviene
un Messia con quella regalità
mista a tanta umanità.
Così la folla immensa lo sostiene
con sua credulità,
pensando di Gesù
che la regalità
appartenesse solo a Israele
mentre alle schiere avverse dell’altra gente
non spettava niente...


Fra' Domenico Spatola: Vangelo di Marco in versi.
Pagine 246 - prezzo di copertina € 12,00.
Acquistando il Vangelo dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it o presso la Missione San Francesco (Via Cipressi - Palermo) contribuirete al sostegno della mensa dei poveri di Fra' Domenico Spatola.
Disponibile anche in libreria e in tutti i siti di vendita on line.

Fra' Domenico Spatola: Messa in croce.


Festa della giudaica gente,
ingente,
accorsa
a salutare corsa
del Messia,
che venia
come di Davide figlio
e, da paterno appiglio,
interpretato a governare,
con la forza
di dura scorza
della mosaica Legge,
che militare regge
d'Israele ideale,
e dominio universale
chiede.
Tal bellicoso piede,
ostacolato
fu da Gesù umiliato
in croce,
da morte atroce.
Di tal messaggio al cuore,
Israele non colse amore
e rifiutò Cristo,
perché l'aveva visto
sul pacifico somaro,
trasporto caro
a Gesù messia che tuona
contro ogni regal corona:
perciò invocata fu per lui la croce,
da stessa voce, 
in ansia di potere,
e unico il volere
della di lui Crocifissione
che amore trasforma in sua missione.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Gesù entra in Gerusalemme (Santi di Tito - 1570)

Commento di fra' Domenico Spatola alla festa de "Le palme".

Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». 
Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.
Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».
 
La festa cristiana "delle palme" trova spunto da quella ebraica  "delle Capanne", dove centrale era la processione,  che si snodava dal tempio fino alla sorgente di Siloe per attingervi l'acqua e irrorare la terra, propiziandone fertilità.
Si commemorava "l'Esodo dalla schiavitù egiziana" e si vaticinava "l'intronizzazione regale del Messia".
Il sommo sacerdote, riuniti in un mazzetto i ramoscelli di diverse piante tra cui l'ulivo e la palma, aspergeva, con acqua della fonte, i quattro punti cardinali.
A metà della settimana (tanto duravano i festeggiamenti), l'atteso Elia sarebbe apparso, per indicare tra i presenti il Messia e iniziare la guerra globale ("armagheddon") contro i pagani.
Nel suo ultimo ingresso a Gerusalemme, Gesù fu accolto dalla folla festante,  che agitava rami di palme e di ulivi.
"L' osanna al Figlio di Davide, benedetto perché venuto nel nome del Signore" era però gridato al "Messia davidico", ritenuto "immortale e bellicoso":
modello tuttavia non sintonico con l'ideale di Gesù.
Il dissenso era nei segni oltre che nell'insegnamento. Il "somarello", fu la cavalcatura scelta da Gesù per il suo ingresso nella Città santa. Il gesto liberava, da secoli di oblio, la profezia di Zaccaria che, nel V sec. a.C., esaltando la mitezza del Messia, lo rappresentava "umile" e "su un puledro d'asina". La lezione venne compresa da coloro che ponevano i mantelli sul dorso del somaro, mentre fu equivocata da quanti li stendevano ai suoi piedi, a chiederne il dominio da "Messia davidico".
I Farisei opposero rifiuto intransigente a Cristo,  dichiaratosi "il Servo" di tutti.
Per le folle, era giunto il momento del dominio d'Israele sui popoli. Chiarito l'equivoco, però accuseranno Gesù di tradimento e per lui pretenderanno la morte in croce.
Fra' Domenico Spatola
 

mercoledì 21 marzo 2018

Fra' Domenico Spatola: Primavera

Dischiusa da zolla,
corolla
di fior a primavera
severa
rosa o margherita
in sempre più vita.
L'inverno è trascorso
col ruscello in suo corso
che in chiaccherìo
porta un oblìo
del freddo rigore
e, al nuovo tepore,
gli uccelli
dan fiato al canto intonato
sui rami del mandorlo
o sul pesco rosato
di Primavera
chimera d'amanti
e di cuori sognanti.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Mandorlo in fiore di Vincent Van Gogh

lunedì 19 marzo 2018

Fra' Domenico Spatola: San Giuseppe

Silenzio e pudore
sintetizzano l'amore
di Giuseppe e del mistero,
severo.
Da "giusto",
accolse il divin gusto
d'esser padre putativo
di Gesù suo adottivo
figlio,
accolto l'angelico consiglio,
di prendere Maria come sposa
e già madre del bimbo fatto "cosa"
in suo grembo.
Sghembo
parve di Giuseppe il cammino
a intercettare novel destino,
lontano da quanti morto, volevano Gesù, appena sorto.
Del falegname l'arte
a lui insegnò la parte,
e dell'amore essenza
dono a noi fa in provvidenza.

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: Sagrada Familia del pajarito(Murillo)

venerdì 16 marzo 2018

Fra' Domenico Spatola: Il caso Moro


Fatti strani
in via Fani
quel mattino:
il caso Moro.
Ora è un coro
da tutti quanti,
invocare i Santi
per capire
e intuire.
Non fu facile allora
sapere, né tuttora,
il mandante di tragedia
che in questi giorni Wikipedia
si interessa a ricordare
perché più grave è già scordare
i tempi bui di quella età
che ancora cerca verità.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: Nel Crocifisso vedere il prediletto


Alcuni Greci venivan da lontano,
ogni anno nel tempio a rito vano.
Quella volta
per loro fu la svolta
e, a Pasqua, altro agnello
volevano vedere e non quello
abituale.
Gesù era loro ideale.
Chiesero a Filippo
che, a superar l'inghippo,
volse ad Andrea stesso quesito.
Era per loro, inaudito
che i pagani divenissero seguaci,
perciò provarono audaci
a chiederlo a Gesù, che entusiasmo
mostrò e, a chiasmo,
proclamò che la sua "ora"
s'intrecciava ormai con la "gloria"
di lui che da terra esaltato
avrebbe a sé attirato
il mondo intero,
con l'amore vero
dell'eterno suo progetto:
nel Crocifisso vedere "il Prediletto".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Gesù Crocifisso di Salvador Dalì

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quinta Domenica di Quaresima (anno B): Giovanni 12, 20-33


Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c'erano anche alcuni Greci. 21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». 22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23Gesù rispose loro: «È venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato. 24In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. 26Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. 27Adesso l'anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest'ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest'ora! 28Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L'ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
29La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». 30Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. 31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». 33Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

La Pasqua era tra le feste del  calendario dei Giudei. Per quindici giorni, Gerusalemme triplicava gli abitanti, accorsi anche dalla diaspora. Tra i pellegrini, quella volta, anche i Greci (pagani), attratti da Gesù.  Volevano "vederlo". Nel verbo giovanneo, aspiravano a "condividerne il messaggio" da seguaci.
Faticosa fu la mediazione, speculare a quella dal  primissimo  Cristianesimo restio, in buona parte, all'accesso dei pagani. Filippo e Andrea furono gli intermediari per il nome greco più sintonico ad aperture.  Riferirono. Fu di tripudio la  risposta di Gesù in sincronismo dichiarato di "ora"  e di "gloria" per lui, che vedeva attuato il suo scopo, ossia la salvezza universale. La poté  annunciare quale "frutto della sua morte in croce", spiegandola con la dinamica de "il chicco di grano caduto in terra, che, se muore, porta frutto".
La sequela prende forma per tutti sul modello di Gesù che "non è venuto per essere servito ma per servire e dare la vita" e, con lui e come lui, non perderla.

Fra' Domenico Spatola 
 

martedì 13 marzo 2018

Fra' Domenico Spatola: A cinque anni dalla sua elezione.


Voglio dire la mia su papa Francesco, nel primo lustro del suo pontificato: "È dono dello Spirito alla Chiesa e all'Umanità". 
Non ha bisogno certamente del mio conforto, gli basta quello di Cristo di cui è imitatore,
e, da ambasciatore della pace del Risorto, ha infranto pregiudizi e steccati di orgoglio e di potere. Segreto è la sua grande umanità,  la stessa amata e sposata da Cristo nell' Incarnazione. Vicino alla gente e ai derelitti della Terra, ha chiesto ai tanti pastori, come lui, stessa scelta: umanizzarsi nell'umiltá e nella condivisione. Come un papà ha raccontato ai figli la saggezza del Vangelo, con il buon senso,  per una Umanità, spesso misera e carente di affetto e di attenzione, contrastando ideologie di quanti, anche in nome della religione, camuffano ansie di potere  e di avidità. "Dio è Padre". È il suo verbo. E paterno, Francesco, si rivela soprattutto agli ultimi.
"L'amore - ci ricorda - è il comando nuovo che rende riconoscibili i discepoli di Gesù".
La sua profezia ci ha reso protagonisti di un tempo di grazia.

Fra' Domenico Spatola. 

venerdì 9 marzo 2018

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quarta domenica di Quaresima: Giovanni 3, 14-21


E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

Dio ha mandato il Figlio nel mondo

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.

19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».




Commento al Vangelo

Nicodemo, tra i farisei, è uno dei capi.

La cacciata dei mercanti dal tempio, ad opera di Gesù, aveva risvegliato in lui entusiasmi riformistici. 

Ritenendo che Gesù fosse il "Maestro" atteso per riformare il culto e il tempio ("non potrebbe infatti compiere quelle opere, se Dio non fosse con lui"), lo vuole incontrare.

È una notte di vento.

Qui la notte è "l'incomprensione" che attraversa tutto l'episodio, e il "vento" è libertà dello  "Spirito che soffia dove vuole".

Il dialogo si evidenzia, da subito, impossibile. Nessuna alternativa al "grembo di Israele", e Nicodemo rinuncia ad uscirne.

Al contrario la proposta è di "rinascita da acqua e da Spirito, per vedere il regno di Dio e avere vita eterna".

Il "serpente di bronzo", innalzato da Mosè per salvare i morsicati dai serpenti, in parabola è valenza d'icona del Guaritore che, dalla croce, elargirà  perdono e vita, a chi in lui crede.

Altrettanto rivoluzionaria l'affermazione sul "Dio, che ha tanto amato il mondo, da mandare il Figlio".  Questi, in coerente stile, dalla croce svelerà la misura di tale amore.

Nessun giudizio divino viene dal Cristo prospettato, mentre la condanna se la  procura da solo chi rifiuta l'offerta di vita eterna, da Gesù gratuita e incondizionata.

Fra' Domenico Spatola



Nella foto: Gesù e Nicodemo. Dipinto di John La Farge.

Fra' Domenico Spatola: Chi crede in te..


Proponesti, Gesù, a Nicodemo,
che discorso non scemo
obiettava,
e contro ti remava,
negando sua possibile rinascita da vecchio
preferiva la testa dentro il secchio.
Logica tua divina a lui si oppose
ma a quella il fariseo non si scompose:
dicesti del Figlio sulla croce
come corre voce
di ciò che  Mosè fece segno 
quando il serpente innalzò sul legno
e chiunque lo guardava
dal male liberava.
Perciò di chi nel Figlio crede
stessa sarà la sorte di chi vede
del Padre tanto amore per il mondo
da essere per lui giocondo
mandare il Figlio,
senza prendere consiglio
che dal suo cuore
sgorgante genuino amore.
Chiedevi a tale onda
che ognuno offrisse sponda
così chi a Gesù accede
a stessa mensa siede.
Del Figlio infatti quello il mandato:
che per lui il mondo sia salvato
aggiungendo con chiarezza:
per chi in te crede, è già salvezza. 
Solo chi fa il male, odia la luce,
perché ad essa verità conduce.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Gesù e Nicodemo di Crijn Volmarijn



giovedì 8 marzo 2018

Fra' Domenico Spatola: 8 marzo 2018. Festa della donna.


Offriamo oggi una mimosa
o anche una rosa
a colei che è sposa,
o figlia o madre: che donna sia
e non solo compagnia
ma ideale gentile,
di amore che è suo stile:
sa donare
con passione amorosa
e, a volte incompresa, par gelosa.
Dell' amore per i figli, sue creature,
non ha misure.
E per lo sposo? 
Qui mi riposo
infatti non oso,
addentrarmi a cuor leggero,
dovrei concentrarmi, ad essere sincero,
perché  l'amore da esse dato,
a volte non è ricambiato.
Un altro motivo c'è ancora:
essa, ritenuta la signora,
vorrebbe comandare,
così è propenso il maschio a interpretare.
Ma non si tratta di orgoglio o di potere:
virtù in ambo i sessi sono vere.
Essa è tenera e tenace,
mentre lui di forza erculea più capace.
Ma la vita in lei è accolta
è linfa folta
per l'umana specie che da lei sgorga:
perciò oggi si porga
piena riconoscenza,
chiedendosi se il maschio può di le fare senza.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 2 marzo 2018

Fra' Domenico Spatola: Vero santuario.


È  dei Giudei la Pasqua,
e perché, Signore, nasca
nuovo santuario
rispetti pure tu l'anniversario,
e vai nel tempio
dal culto empio
e profanato:
non più paterna casa
che da furfanti è invasa
e da commercianti
che vendono ciò che è dono:
il tuo divin perdono.
Con profetica sferza
la tua mano non scherza
e allontani venditori
di pecore e di tori
ma sol per la colomba
tua voce rimbomba
perché di amore monca
è la paterna abitazione fatta spelonca
da quei tali
perciò fatali
furon tue parole di  messaggio:
non ti mancò coraggio
a fare crollare banche
e a stanare coloro,
che in coro
avevano fatto
un luogo matto
dove il denaro è il dio,
avendo relegato il vero nell'oblio.
Inferociti chiedono a te del senso
e tu, senza consenso,
ricordi che il santuario
verrà distrutto
ma uno nuovo costrutto
ne farai.
Quel santuario è il tuo corpo
che risorgerà da morto.
Ma tuoi seguaci questo non compresero
e di nuova curiosità s'accesero
che si risolverà dopo  risorto,
nella sequenza del seme caduto in orto.

Fra' Domenico Spatola. 
Nella foto: Gesù scaccia i mercanti dal Tempio - Giotto. 

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Terza Domenica di Quaresima (Anno B): Giovanni 2, 13-25

Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.
18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull'uomo. Egli infatti conosceva quello che c'è nell'uomo.

La Pasqua dei Giudei, è festa solo per i capi religiosi. Il popolo è schiacciato da paurosi sensi di colpa e d'impurità rituale decretata dalla istituzione  religiosa. Lo stato d'impurità, ineludibile per qualsiasi cosa, è superabile solo con complicati e costosi sacrifici di animali. Tutti piazzati, per mercanteggiarli: buoi, pecore e colombe. Immancabili i cambiavalute. C'è sensibilità ipocrita perché non circoli, negli spazi sacri, moneta dichiarata "impura" per l'effigie dell'imperatore. Non quisquilie o sottigliezze in quella cultura dove il formalismo era sostanza. Il denaro, vero dio del tempio, andava cambiato con moneta legittimata.
Il turgore del Cristo è profetico, letto anche dai suoi discepoli, con l'aggiunta dello "zelo" del Messia. La sferza di cordicelle e i colpi sferrati contro i venditori comportano lettura messianica. Compito del "Riformatore" è infatti purificare il tempio e il culto. La sgridata ai venditori di colombe è esemplare: le colombe sono le offerte dei poveri costretti al baratto con Dio per la purificazione. Ma il perdono divino non è negoziabile: è il suo dono gratuito e lo si accoglie.
Il gesto suscita scalpore. Vogliono spiegazione gli avversari. Chiedono a Cristo le credenziali che legittimino il suo operato. Incompresa la sua risposta: il tempio, costruito in tanti anni, non potrà risorgere in tre giorni. Ma egli parla della sua umanità,  il "santuario" cui allude. La risurrezione, oltre la morte, illuminerà anche i discepoli perché  comprendano che luogo dell'incontro con il Padre, non è il tempio manufatto da uomini, ma l'umanità del Figlio glorificata sulla croce.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Gesù scaccia i mercanti dal Tempio - Luca Giordano.