mercoledì 31 ottobre 2018

Fra' Domenico Spatola: 2 novembre, son risorti

"Son risorti
tutti i morti".
È il grido dell'amore
che lanciò nostro Signore.
E noi vivi ricordiamo
coloro che amiamo
e che ci hanno preceduti
dove vivi son creduti
per l'amore intenso e forte
onde si rendono più corte
le distanze
con speranze
che essi sono qui con noi,
e, prima o poi,
fan sentire il loro affetto
quel che ancora in nostro petto
per loro vive
e non retrive
siano attese
e paure arrese.
Non sono morti
son risorti,
ad una vita ancor più bella,
nuova stella
ognuno porti:
i cimiteri son degli orti,
ove il seme, lì deposto,
matura senza costo
per la vita che possiede
è speranza di nostra fede.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Festa di Ognissanti

L'aspettiamo tutti quanti
d'Ognissanti
la gran festa.
Loro fede tiene desta
la speranza della vita
ch'essi vivono infinita.
Ognuno li ricorda
per il nome che, qual corda,
lega al Santo protettore
che, di Gesù il Salvatore,
fece modello d'esistenza,
non potendo fare senza
di Colui che è venuto
a portare a noi tributo
di suo Padre che ci ama
e ciascuno sempre chiama
ad esser santo:
avendo infatti amato tanto
ha mandato a noi  suo Figlio.
Prenda allora ognuno consiglio
del valore di quel segno,
per entrare nel suo Regno
che è di fede e carità
e offre vera libertà.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della festa di Tutti i Santi

Vangelo Mt 5,1-12
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
Le "Beatitudini" nel Vangelo di Matteo sono "il Manifesto" di Gesù. Diversamente dai Comandamenti di Mosè, non vietano ma propongono modelli di comunicazione di vita divina.
 Gesù, da "il monte, ove siede" le proclama offrendole per l'attuazione del Regno dei Cieli. "Otto" proposte che, dall'incipit, vengono ricordate "Beatitudini":
"Beati" ossia "felici come Dio", quanti scelgono farsi poveri per arricchire gli altri. Di loro si prende cura il Padre.
Ma sono "beati" coloro che nel pianto, o affamati e assetati di giustizia o diseredati,  incontreranno   i discepoli del Regno. In loro troveranno chi asciugherà le lacrime, restituirà la terra perduta  e soddisferà la fame e la sete di giustizia. Tali discepoli del Regno infatti sono "beati" perché  "misericordiosi  troveranno misericordia", da  "costruttori di pace" saranno "beati perché chiamati figli di Dio" e per lo "sguardo puro, beati perché vedranno Dio".
Qualità avversate dalla Societá affetta da logiche di potere, dall'avidità e dalla sopraffazione. Le persecuzioni del mondo saranno per coloro che, a stile di vita, hanno accolto le "Beatitudini".

Fra' Domenico Spatola
Dipinto di Cosimo Rosselli 

venerdì 26 ottobre 2018

Fra' Domenico Spatola: Signore che io veda

Lungo la strada,
famoso alla contrada,
sedeva Bartimeo
convinto d'esser reo
di sua cecità.
Udendo passar di là
Gesù il Nazzareno
si mise, senza freno,
a gridare con cipiglio:
"Gesù, di Davide figlio,
abbi di me pietà!".
Molti, in verità,
volevan che tacesse
ma egli, con le stesse
grida, anzi più forti,
voleva che, di lui accorti,
lo facessero chiamare.
La richiesta fe' fermare Gesù
che disse a lui di "trarsi sù",
ed ei, gettato via il mantello,
balzò in piedi e, qual fringuello,
venne a lui
in passi ancora bui.
"Cosa vuoi che io per te faccia?"
 "Caccia
-gli rispose- mia cecità!".
Ed a pietà:
"Vedi,
come credi!"
gli disse Gesù,
ed ei da quel momento
non lo lasciò mai più.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: dipinto di Francesco Paolo Palizzi

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXX domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 10, 46-52


E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare.47Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». 48Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». 49Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». 50Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». 52E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

Gerico fu la prima città liberata da Giosuè nel suo ingresso in "Terra promessa".  Resa ormai di schiavitù, perché  angariata dal potere religioso imperante. L'evangelista Marco, nell'episodio, figura un nuovo "esodo" verso la libertà, con Gesù alla guida di folla e di discepoli. Il cammino è impervio e "sulla strada", emblematica ove la Parola non attecchisce per l'ambizione che ne porta via il seme. A mendicare vi giace Bartimeo, dal nome riconducibile al "figlio dell'Onorato". Allusione al re Davide e al messianismo che da lui prende nome. Rilevabile ideologia, condivisa in precedenza dai "figli di Zebedeo", estraneati alle prospettive di morte del "Figlio dell'uomo", per l'ambizione di comandare. Bartimeo ne adombra le figure con la sua cecità. Grida forte per piegare Gesù all' idea messianica del "figlio di Davide". A farlo tacere non riesce la turba di estranei alle sue logiche, alle quali il cieco vuole piegare anche Gesù. Chiede che glielo conducano.
Il ritmo della narrazione si fa di danza. Chiave di volta per la conversione e conseguente sequela è la rinuncia al mantello, gettato via come rifiuto del potere e, scattante perché finalmente libero, Bartimeo balza da Gesù: "Cosa vuoi che io faccia per te?". La domanda si fa spia che accomuna identica ambizione del cieco e dei figli di Zebedeo.
Convertito, "vede" ormai in Gesù non più "il messia davidico", ma il suo Dio: "Rabbunì, che io veda di nuovo". Recupera così ciò che l'ambizione gli aveva sottratto: la vista come la fede.

Fra' Domenico Spatola
(nella foto: dipinto di Duccio di Buoninsegna)

venerdì 19 ottobre 2018

Fra' Domenico Spatola: Chi vuol essere il primo

Vennero a te, Gesù, i seguaci
"figli del tuono" e anche rapaci
pretendendo i posti a te vicino
senza accettar che tu ti fai piccino
per indicare vera grandezza
nel servire tutti in allegrezza.
Giacomo e Giovanni avean tramato
per ottenere il posto assicurato
e comandare con fastoso segno
quando tu avresti occupato il nuovo Regno.
Deluso, rispondesti ai richiedenti
quanto proposte fossero insipienti:
"Potete bere il calice ch'io berrò? "
Tracotante fu risposta: "eccome no?"
"Quel calice berrete
e in mio battesimo sarete.
Ma per quel seggio a destra e a sinistra
altra è la lista,
è per coloro cui è preparato".
Irato
il gruppo per tal manfrina,
che i Due di Zebedeo con fina
astuzia volevano accaparrare,
sua rimostranza non fece lor mancare.
E tu, Gesù, con pazienza antica
chiamasti a te truppa ancor nemica
di tuoi ideali
sol fatali,
a chi confida nel potere
"Dovete voi sapere
- a lor dicesti
ancor delusi e mesti-
che è dei tiranni
fare danni
con l'oppressione delle genti,
ma per voi da intelligenti
altra è la via : chi vuol esser primo
sia di me mimo
e schiavo si faccia
offrendo braccia
per servire,
come potete udire
fa il Figlio dell'uomo
che a promo
perché  frutti
dà la vita per tutti".

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXIX domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 10, 35-45

E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». 36 Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: 37 «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». 38 Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». 39 E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. 40 Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
41 All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. 42 Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. 43 Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, 44 e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. 45 Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Tracotanti i "figli del tuono", perché  ambiziosi di potere. Stessa devianza anche negli altri Dieci discepoli.
Giacomo e Giovanni tentano il colpaccio, in un assolo che denuncia ancora drammatica incomprensione della lezione sul "servizio per amore" impartita dal Maestro.
Vogliono, e da subito, nell'imminenza dell'occupazione del millantato regno, che egli garantisca a loro i seggi preminenti, "alla destra e alla sua sinistra". Permaneva l'incomprensione per la scelta di Gesù dell'ultimo  posto, a garanzia del servizio d'amore per tutti. Il rimprovero di Cristo ne denuncia il perché del rifiuto: "Voi non sapete quel che chiedete!" e, alla controdomanda: "Potete bere il calice che io sto per bere ed essere immersi nel battesimo che sto per ricevere?", rimarcano ulteriore presunzione sulle proprie capacità di farcela. Il Maestro li rassicura circa il futuro della loro condivisione, ma i posti richiesti, attualmente  sono estranei alle loro logiche e destinati dal Padre (aggiungiamo noi) ai due  crocifissi con lui.
I "Dieci", sorpresi dalla furbata, si adirano contro "i Due", rendendo più urgente la lezione sulla minorità nelle logiche di Dio, dalle quali "i tiranni di questo mondo" sono esclusi perché solo bramosi di potere.
Non così dovrà essere per i discepoli chiamati a servire per amore, come  "il Figlio dell'uomo, venuto per servire e dare la vita".

Fra' Domenico Spatola 

martedì 16 ottobre 2018

Fra' Domenico Spatola: Gli ebrei di Roma deportati dai nazisti

Ricorre il triste evento
solo di scontento
per deportazione brutale
di quel giorno che fu fatale
per gli Ebrei,
rei
sol d'essere odiati dal caporale
che terra fe' tremare
per arroganza e sua pazzia.
Da tiranno fece razzia
e non sol di cose
ma di umanità e di spose
costrette a violenza
da sua demenza.
Quel giorno fu preparato
dopo l'oro barattato,
che non servì a scagione
e in prigione
dovevano finire
e, nelle mire
di aguzzini avvoltoi
anche nei forni crematoi.
Iniziò così il grande scempio
del teutonico empio
che senza pietà
rastrellò qua e là
per tutta Roma
mentre l'Italia in coma
lasciava fare allo sparviero
che sul lento e severo
convoglio, avviò tutta la gente
a morir languente
nei campi del terrore.
Odo in mie orecchie con orrore
le grida di bimbi e delle madri
e i pianti soffocati degli impotenti padri,
e ancora lo sbuffo di vapore
che il treno emettea a languore.
Oggi il mondo piange
né ammette frange
a tanta crudeltà
ma ancor si chiede: "Quando finirà".

Fra' Domenico Spatola

Venerdì 19 ottobre ore 17:30 presso libreria Voglia di Leggere presentazione:


domenica 7 ottobre 2018

Da oggi alle ore 18:00 Santa Messa di fra' Domenico Spatola


Ricordiamo che da oggi, e per tutte le domeniche, fra' Domenico Spatola celebrerà la Santa Messa anche alle ore 18:00 presso la sua parrocchia:
Maria Ss. delle Grazie in San Lorenzo ai Colli
Via delle Ferrovie n. 54/b - Palermo

sabato 6 ottobre 2018

Fra' Domenico Spatola: Di essi è il Regno

Farisei a te contrari
tra i quesiti vari,
ti posero domanda
su ciò che Mosè comanda:
l'atto di ripudio
e mandar via la sposa
come cosa.
Tu, Gesù, dicesti
non esser questi
i progetti del buon Dio
che essi in oblio
avevano gettato
e Mosè avea comandato
perché indurito il cuore
senza parlar d'amore.
"Quando Dio -dicesti- creò la coppia
che in maschio e femmina si sdoppia,
disse all'uomo di lasciare il padre,
né far più legame con la madre
perché i due d'una sola carne
non potranno altro farne
e non saranno due
né alcuno vanterá sue
cose che in unità
non van divise più a metà 
 E quel che Dio ha congiunto
da alcun vada disgiunto".
A casa i più audaci
tra i seguaci
ritornarono a parlare dell'evento
interrogando sullo stesso argomento:
"Chi ripudia moglie
-dicesti- non coglie
divino sentimento
e si fa contento
sposando un'altra,
adultero diviene
e ciò non conviene".
Portarono a te loro bambini
ma impedivano a loro  cammini
i tuoi seguaci,
capaci
solo di impedire varco
Ma tu non fosti parco
di rimproveri a coloro
che non colgono il tesoro
che è  del Regno
e solo i piccoli ne han colto il segno.
Li prendevi, Gesù, tra le tue braccia
e di ognuno accarezzavi la faccia.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Gesù e i Bambini (dipinto di Vogel)

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXVII domenica del tempo ordinario ( anno B): Marco 10, 2-16


Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. 3Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». 4Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». 5Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. 6Ma dall'inizio della creazione li fece maschio e femmina; 7per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie 8e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. 9Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto». 10A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. 11E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; 12e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Gesù benedice i bambini
13Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. 14Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. 15In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». 16E, prendendoli tra le braccia,
 li benediceva, imponendo le mani su di loro. 

La domanda dei farisei era tendenziosa. Né poteva Gesù esimersi dal pronunciarsi. Volutamente pericolosa infatti doveva indurre Gesù a compromettersi. L'argomento era "il libello del ripudio" che,  concesso da Mosè, permetteva  al marito di poter dare, in qualunque momento, il benservito alla sposa, per liberarsene e convolare a nuove nozze. Il pronunciamento di Gesù era ineludibile, e sarebbe apparso blasfemo, perché  contestava il Legislatore.
Il Maestro da subito colpevolizzò i cuori induriti di chi aveva fatto cedere Mosè a consentire qualcosa che non corrispondeva al progetto originario. "L'uomo era stato creato maschio e femmina per essere una carne sola" e l'amore dei coniugi, superava quello dei genitori, perciò "nessuno può separare ciò che Dio ha congiunto". I discepoli, da soli in casa, cercarono dal Maestro giustificazioni.
La replica fu intransigente: "indissolubilità".
A seguire, l'episodio dei bambini accolti da Gesù, a disdetta dei discepoli che ne vietavano l'avvicinamento, fu semplicità dei piccoli. Atteggiamento invocato da Gesù come  il solo idoneo a cogliere, con immediatezza e genuinità, il progetto del Padre.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Gesù e i Bambini (Van Dijck)

venerdì 5 ottobre 2018

Fra' Domenico Spatola: Il giovane e la ricchezza

Un tal ti venne incontro,
senza pensare a scontro
con tua idealità.
Voleva securtà
per l'altra vita
e chiese a te, Gesù, quale fatica
dovea fare
per quella conquistare.
Ti chiamò "Maestro buono"
e tu, a tono,
a lui rispondesti
con verbi più modesti:
"Di tal titolo  -gli dicesti- si fregia
il solo che campeggia
sulle umane cose:
il Dio che generose
compie azioni".
A lui raccomandazioni
allora facesti
perché pieni fossero i cesti
dei comandamenti,
che, a monumenti,
Mosè avea lasciato.
Capì e fu esaltato
avendoli osservato
da bambino
in tutto il suo cammino.
Ti disse: "Queste cose
sono rose
di mia produzione"
cercava così tua ovazione.
E tu, Gesù, lo mirasti in cuore
e per amore
gli dicesti di vendere gli averi
per i nuovi sentieri
del tuo Regno
e, a segno,
consegnarli ai poverelli
ed essere tra quelli
di tua sequela.
Ammainò sua vela.
Era ricco il tale
perciò non attuale
parve a lui progetto,
teneva infatti, sotto il tetto,
molte ricchezze
di cui faceva pezze
per membra sue coprire
né valeva per lui quel tuo dire.
E andò via
atterrendo la pia
turba
che si conturba
per ciò che ascoltò da te:
"non essere saggezza
la ricchezza".
Ti chiesero in dubbio atroce:
"Come farem, se tu finisci in croce?".
A tal dilemma,
con celestiale flemma,
rispondesti: "La potenza
è del buon Dio
non vi ritorni più l'oblio!".

Fra' Domenico Spatola
Dipinto di Paolo Curtaz

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXVII domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 10, 17-30

Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». 18Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». 20Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». 21Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». 22Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
23Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». 24I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! 25È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». 26Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». 27Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
28Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». 29Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, 30che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. 

La strada era affollata. Un tale  si fece largo gettandosi alle ginocchi di Gesù. Sveliamolo da subito: era un ricco.  Chiedeva a Gesù garanzie per l'al di là, essendosi, con le ricchezze, assicurato l'al di qua. Apostrofò Gesù: "Maestro buono". Voleva, a simpatia, ingraziarne l'accoglienza.  Gesù declinò su Dio l'attributo "buono", mentre al richiedente sciorinò di Mosè i comandamenti riguardanti le relazioni con il prossimo. Gongolava il ricco per l'efficienza con cui, fin da bambino, li aveva esercitato. Gesù allora fu protagonista di un sentimento penetrante pienezza di vita: "lo amò" e gli disse: "ti manca Uno". É quel che mette in ombra tutto il resto. "Va', vendi quel che hai e dàllo ai poveri, poi vieni e seguimi!". Il ricco era andato da Gesù per avere di più, ma venne da lui invitato a dare di più.
Smise ogni baldanza e se ne tornò triste, posseduto dalla ricchezza. La parenesi di Gesù fu ai suoi: "Ai ricchi è difficile entrare nel Regno", e il  commento accompagnato dall'analogia del "cammello cui è più facile passare per la cruna dell'ago". Sconcerto fu reazione dei discepoli, che speravano che tanti ricchi nella comunità potessero garantirla per il futuro. Costernati, perciò, chiesero come avrebbero potuto sopravvivere?
"Nulla è impossibile a Dio". Fu la risposta lapidaria del Maestro, colta al volo da Pietro per elencare meriti propri e dei compagni. Ciò che Gesù aveva chiesto al ricco, a suo dire, essi l'avevano attuato. "Ricompensàti - fu risposta a consolazione - in cento volte tanto al presente, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà "

Fra' Domenico Spatola
Dipinto di Tommaso Stenico

giovedì 4 ottobre 2018

Fra' Domenico Spatola: Il transito al cielo di Francesco

Quel tramonto non fu lo stesso:
di Dio il Messo
annunciò trapasso:
sconquasso
al cuore dei frati
che vedevano tra i beati
annoverar Francesco.
A terra steso, dopo il frugale desco
che frate Jacopa avea portato,
Francesco a lato
volle i suoi frati,
e, sapendoli azzerati
di sua guida,
ognuno di loro affida
al suo Signore:
"V'insegni suo amore.
Ho fatto la mia parte,
 arte
da Cristo prediletta
e da me scelta:
madonna Povertà.
Amatela con somma fedeltà!"
Poi ascoltò il Vangelo
e cadde il velo
a ogni incomprensione:
Francesco ad immersione
s'abbandonava in Dio
che al pio
seguace apriva le sue braccia
e l'ultimo raggio ne illumina la faccia.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: La morte di San Francesco (Giotto)

Fra' Domenico Spatola: Francesco nel cielo

Il giorno sorgeva
nuova era
ad Assisi
e di colombe frotta
 in rotta
messaggera
annunciava sincera
al mondo
che or giocondo
Francesco risplende.
Lui morto
è risorto
portato ove sorto
è fratello Sole
che suole
 scaldare i cuori.
Tributo in fiori
fu da madre Terra
e da fratello Fuoco
calore
che arde a splendore.
Sorella acqua
aggiunse suo canto
al Santo
in mormorio devoto
mentre le Stelle in moto s'accesero a più splendore
e sora Luna in suo raggio
dà a lui passaggio
nel firmamento
dove contento
Francesco  splende
ai suoi frati
da suo vino inebriati.
 Sorella Morte gli diede tributo tutto dovuto
a chi il cielo
conquista
e nobile pista
a lui apre Vangelo.
Or tu Francesco, padre sincero
dona consigli
ai tuoi figli
che in terra
con pace rispondano a guerra.

Fra' Domenico Spatola