domenica 30 maggio 2021

31 maggio 2021, lunedì festa della Visitazione di Maria a Elisabetta: Luca 1, 39-56

Un viaggio da fare in fretta. La Giudea è lontana. La Samaria la separa dalla Galilea. Maria l'attraversa per fare prima. La distanza non la scoraggia, nonostante porti la Vita del Figlio di Dio in grembo. Gabriele l'angelo nunciante era stato chiaro. 
"Chi?" 
"Elisabetta, la sterile da sei mesi, è gravida". 
Va la novella madre a portare aiuto alla parente anziana. Il saluto è solo per lei, nella singolare intesa che le due madri si scambiano: hanno creduto tutte e due. Zaccaria no. È in disparte, muto, perché fu sordo. Estraneatosi dal circuito della salvezza. "Beata perché hai creduto". Fu la risposta di Elisabetta al saluto di Maria, perché il bambino nel suo grembo aveva danzato: Giovannino infatti aveva sentito la presenza del Verbo eterno in lei. Ora è Maria la "Nuova Arca". Tale la predilige Luca, sul profilo di quella del re Davide dinanzi alla quale danzò come davanti a Iahvè. La benedizione su Maria per valenza universale accomunava in lei tutte le donne in maternità ormai redenta. Il "Magnificat" fu la risposta di Maria, dritta al cuore di Dio, che "aveva fatto grandi cose" in lei "umile serva", e ora "corifea" di vittoria, perché "i potenti sono abbattuti dai troni e gli umili esaltati". I "tre mesi" trascorsi da Maria in casa di Elisabetta furono di benedizione, come fu l'arca di Dio nella casa di Obed-Edom.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: La visita di Maria a Elisabetta

O Vergine Maria,
ti vidi sulla via
più diretta
per la parente Elisabetta. 
Da lei attesi
da sei mesi
eran ormai eventi nuovi
per la vita che più giovi
a nostra Umanità. 
Giovanni era ancor là
in suo grembo
e riconobbe il lembo
tuo e la tua voce
e, precoce,
danzò per il tuo Figlio 
e d'Elisabetta il piglio
fu di lode confidente:
"Beata te, che sei credente!".
E dallo Spirito protetta
ti proclamò "Benedetta
fra le donne" ormai redente,
dal Bimbo in te presente.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 29 maggio 2021

Fra' Domenico Spatola: Sognando la Trinità

O santa Trinità, a te miei sguardi d'intelletto. Penso al solare disco a vortice di luce e a oceano di grazia dove a immersione non fatico. Ferro rovente in tua fornace ardente. Mi seggo a stessa mensa per condiviso desco, ad ascoltare bisbiglìo di voci, vostre arcane. Mi inebria il racconto del Padre misericordioso, svelato a me da te Figlio amato e sogno dello Spirito mio rapimento in totale suo sentimento. Leggo in voi, mio specchio, l'eterno destino, che divino mi accadrà. Sento l'amore, qual vento caldo, che mi rapisce involandomi in aere sottili, sopraffini immaginate da miei mondi lontani e interni a me ove tutto  estatico è irrefrenabile dinamismo ascensionale. Anch'io alle "Querce di Mambre", con Abramo, t'accolsi nella tenda, eri foriero di vitale annunzio. Stesso amore percepii al Giordano, a sciabordìo in contrappunto d'acqua chiaccherina e purificante. Sul Tabor riascoltai tua stessa Voce, ma abbagliato lo fui d'altra luce più forte di quella a mezzogiorno, ero al Calvario. Nel Cenacolo a premessa di totale offerta, ti avevo visto nasconderti in chenosi profonda per farti per me pane, nel Figlio cinto da servo. O Trinità, di te conservo l'archetipo e il modello di mia gloria. A tua scuola docile scolaro apprendo. Dammi amore così comprendo la perla per cui svenda tutto per il suo acquisto. Mi assido ogni giorno alla Mensa e sogno per me stessa carezza che tu riservi al Re, tuo Figlio amato, e da me sognato approdo di mia finale vita, tra le tue braccia ove la vivrò infinita.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: "Andate e battezzate!"

 
Andarono in Galilea,
dove Gesù volea,
gli Undici che l'adorarono 
ma pure dubitarono 
di non essere capaci
non sentendosi audaci 
di raggiungere quella gloria,       
conoscendone la storia. 
Ma Gesù, in loro crede, 
e a lor paura soprassiede, 
dando a tutti la certezza
di totale sua pienezza 
in ciò che gli appartiene:
è quanto il ciel contiene 
e la Terra ove li invia
perché suo vangelo sia
la voce
che, a lustrale foce,
aduni il battezzato:
che dal Padre vien nomato,
e dal Figlio Redentore
nello Spirito Consolatore.
La dottrina sia la stessa 
dal Maestro lor concessa.
E a totale permanenza 
assicura sua presenza
inviandoli nel mondo,
da sua Parola più fecondo.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Santissima Trinità (anno B): Matteo 28, 16-20

16 Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. 17 Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. 18 E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. 19 Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, 20 insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Gli Undici, senza più il Giuda che aveva scelto il denaro a disprezzo della beatitudine della povertà richiesta da Gesù ai suoi come condivisione, erano andati in Galilea, sul monte delle "Beatitudini", per incontrare il Risorto. L'indicazione è valida per i credenti di tutti i tempi. Le "beatitudini" da "magna charta" del Regno, costituiscono il profilo dell'autentico discepolo, chiamato a orientare la propria esistenza per il bene altrui .
Dell' incontro, l'evangelista racconta in dettaglio anche le emozioni dei discepoli. Al vedere Gesù, riconosciutolo Dio, lo adorarono ma esposero da subito paura per l'insicurezza sulle proprie capacità. Non si ritebevano pronti per affrontare l'ignominia della croce. Gesù, fugata ogni loro paura, affidò il mandato di evangelizzare tutti popoli. Il battesimo doveva essere la conseguente condivisione della vita divina: immersi nell'amore del Padre che dona la vita, quella stessa che il Figlio possiede in pienezza, e che lo Spirito Santo comunica in energia vitale. Del compito loro affidato, il Risorto si fa garante con la sua presenza assicurata fino al totale compimento della Storia.

Fra' Domenico Spatola

sabato 22 maggio 2021

Fra' Domenico Spatola: 23 maggio 1992, ricordando Falcone, Morvillo e gli uomini della Scorta

Ricordo quel 23 maggio 1992, tranquillo e assolato. Un sabato pomeriggio che pareva "normale".  Per una commissione mi trovavo nel "vivaio Vitale" di viale della Regione a Palermo. Nell'attesa accesi la radio e la notizia che davano era tremendamente inquietante. Da due ore in autostrada dall'aeroporto di Cinisi per Palermo allo svincolo di  Capaci era successo il finimondo. Lo speaker parlava concitato e a mozzichi dava notizie drammatiche altalenanti: 
"Lui - diceva - però è rimasto vivo, la moglie pare di no... La scorta saltata in aria... Presumibilmente il detonatore che ha fatto saltare in aria il troncone di autostrada pare che sia tritolo... Difficili i soccorsi, perché l'autostrada non c'è più!" 
Notizie a singhiozzo, facevano a caldo intuire la tragedia. Pregai. Piansi pure di rabbia per questa ennesima strage che umiliava ancora una volta gli onesti Siciliani. La vittima illustre, quel "lui" era infatti Giovanni Falcone. L'avevo incontrato il 6 gennaio 1990, al Palazzo dei Normanni per commemorare il decennale della uccisione dell'altro grande, il presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella. All'uscita, sgomitai per raggiungerlo bypassando i cordoli della scorta. Fu gentilissimo e mi sussurrò: 
"Padre, preghi per me..."
Lessi le sue  paure e me ne ricordai quel pomeriggio nel quale, come scrisse qualcuno: "moriva la speranza dei Palermitani". Di Falcone si è scritto tantissimo. E oppositori ne incontrò anche tra coloro che avrebbero dovuto con lui e come lui combattere per lo stesso ideale. Ogni volta che percorro quel tratto di strada, ora corredato da due cippi per la memoria, mi sovviene dalla Storia greca quel che al passante veniva affidato: "annuncia agli Spartani che, alle Termopili, qualcuno ha sacrificato la vita per la loro libertà". Tutti eroi sacrificati. Severo il monito per i rimasti. Essi immaginavano i rischi costanti per difenderci dal "mostro dai mille tentacoli e dalla memoria di elefante che non dimentica" (Falcone). Qualcuno ai funerali implorò la conversione dei criminali: 
"Mettetevi in ginocchio, per il perdono".  
Continuò desolata: 
"Ma questi non cambiano mai!"
Aveva ragione, a meno di due mesi il 19 luglio in via d'Amelio, a Palermo, replicheranno con Borsellino e altra Scorta.  Quando percorro di sera il tratto di strada guardo sempre la lucetta sul poggio che sovrasta la strada, accesa a dire al passante il dolore di chi provò a salvare la nostra libertà.  Da quel posto infatti si attivò la regìa che aveva scatenato l'inferno. Mi s'incupisce il ricordo e qualche inavvertita lacrima scorre anche sul viso...

Fra' Domenico Spatola

venerdì 21 maggio 2021

Fra' Domenico Spatola: Cosa successe a Pentecoste?

Era un mattino. Gerusalemme già ferveva dalle prime luci dell'alba. Il giorno imponeva riposo. Da lontano, distinto si sentiva il suono del corno d'ariete, lo  "shofar" delle grandi ricorrenze. La gente si affrettava al tempio per solennizzare la Legge. Il rotolo sacro e inviolabile andava tolto dalla teca per essere intronizzato. I sacrifici di colombe e di agnelli fumavano sugli altari già dal pomeriggio precedente. Si respirava aria speciale anche dai discepoli che quella mattina vivevano l'attesa. Maria la Madre era a confortarli. Alle nove il rumore fu un boato, e nel luogo dove col Signore vissero l'ultimo banchetto, dall'alto, staccandosi da un globo di fuoco, tante fiammelle come lingue si posarono sul capo degli  apostoli, finalmente non più pavidi. Raggiunsero la folla radunata dal tuono. Primo a parlare fu Pietro. Narrò suscitando la fede in coloro che commossi chiesero il  battesimo. Reciproca fu la meraviglia, perché si comprendevano pur provenendo dalle diverse Nazioni. Il prodigio era nel linguaggio, quello stesso di Gesù, che è l'amore.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: Lo Spirito Santo parlerà di Cristo

Comunicando affetto
nell'ultimo banchetto 
disse Gesù
con gli occhi volti in sù:
"Lo Spirito soccorre 
chi a lui accorre. 
Parlerà del Cristo 
a chi l'ha visto.
A chi ha fede
e in lui crede,
egli verità 
testimonierà
e rendendo pure
le cose ancor future.
A me darà la lode,
cancellando frode
in cuore di chi ama
e ne appagherà la brama
offrendo a dono
ricchezza di perdono!"

Fra' Domenico Spatola 

Nella foto: Mosaico - Duomo di Monreale 

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della Domenica di Pentecoste (anno B): Giovanni 15, 26-27; 16, 12-15

 

Giovanni 15:26-27

26 Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; 27 e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio.

Giovanni 16:12-15

12 Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13 Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. 14 Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà. 15 Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà. 

A "Pentecoste", annuale festa delle messi e dei raccolti, gli Ebrei celebravano la Legge di Mosè, che i Cristiani sostituirono con "la discesa dello Spirito Santo". La Legge rendeva "servi" di un padrone, lo Spirito rende liberi e figli per amare. Il cambio della Alleanza con Dio fu naturale conseguenza e la "nuova" sarà anche "eterna". Lo Spirito Santo è detto da Gesù: "Paraclito". Dal vocabolario greco c'è varietà di significati: "protettore, soccorritore, avvocato e consolatore". L'ultimo si addice a "colui che elimina i mali alla radice". Gesù, lo chiede al Padre come suo "vicario" perché rimanga con i suoi. Ne indica la missione: "guidare verso tutta la verità" col dinamismo dell'amore che unisce. Non è una verità millantata da chi ritiene di "averla" per discriminare chi la pensa diversamente. Ma è la fedeltà al "progetto/uomo" per la sua felicità alla cui causa Gesù ha consegnato se stesso sulla croce. Quindi: "essere nella verità" per costruire il bene degli altri. Lo Spirito continuerà, commentando e attuando nella Storia "ciò che avrà udito da me e vi annuncerà le cose future". Duttilità nella trasmissione del messaggio, che renderà la Chiesa sempre attuale. Lo Spirito Santo infatti non sarà un ripetitore formale delle cose del passato ma le reinterpreterà nella fedeltà a Cristo con risposte nuove per le nuove esigenze. Favorirà cioè dell'uomo il vero bene: lo stesso voluto e operato da Gesù per la sua crescita.

Fra' Domenico Spatola 

Nella foto: Mosaico - Cappella Palatina di Palermo 

sabato 15 maggio 2021

Fra' Domenico Spatola: Ascese...in cielo

Andare in tutto il mondo
per renderlo giocondo,
Gesù, con sua novella
ch'è buona è pure bella,
inviò i seguaci 
resi più procaci:
"Sia fidente
ogni credente
e, battezzato,
sarà salvato.
Questi saranno i segni
come pegni:
da possessioni
cacceràn demoni
e in ogni dove
si udràn parole nuove,
mentre sarà sano
chi il serpente ha in mano,
e a quanti di veleno
faràn bicchiere pieno,
non patiranno
danno
e anche i malati
verràn risollevati.
Dette cose
sì gioiose,
Gesù ascese al cielo,
e una nube a velo
lo nascose,
e ognun s'impose
di andare dappertutto 
e raccontare tutto 
di quella scuola
che Gesù conferma con  Parola.

Fra' Domenico Spatola
dipinto di Salvador Dalì

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della Ascensione (anno B): Marco 16, 15-20

 
15 Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. 16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. 17 E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
19 Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
20 Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano.

Il vangelo di Marco si era chiuso con l'annuncio del Risorto, fatto dall'Angelo, alle donne andate al sepolcro (16, 8) a imbalsamare un cadavere. L'assenza  in Marco delle apparizioni conseguenti, risultava scandalosa per le Comunità, che provvidero ad approntarne alcune. Fra le pervenute, l'odierna è la più conosciuta. Inizia con l'invio dei discepoli alla Missione, con lo scopo dichiarato di potenziare con l'evangelizzazione la vita degli uomini. "Buona notizia" traduce così il Vangelo e ne esplicita l'amore incondizionato e universale del Padre. È richiesta l'adesione della mente e del cuore, così che colui che crederà sarà battezzato, e adotterà un cambiamento di vita (conversione) per favorire il bene altrui. Messaggio irrecusabile e da Matteo espresso con le "Beatitudini". Rifiutarlo equivale a condannarsi. I "segni" concomitanti sono esplicativi della liberazione che comporta "il nuovo" di Cristo. In tal modo è prospettata l'umanità quale era stata nel progetto del Creatore e ultimamente ripristinata dal Redentore. Qualunque malattia trova soluzione e l'infermo la sua guarigione. Sono "segni" del mondo rinnovato dalla Pasqua di Cristo, resa cosmica con la sua Ascensione alla destra del Padre dove ha spinto la nostra umanità. Sulle  raccomandazioni del Risorto la Chiesa è chiamata a riflettere perché l'Ascensione non è "assenza" del Risorto, ma "Presenza" mediante l'effusione dello Spirito Santo nella "missione"  e nei "sacramenti". La  Parola, suscitando la fede, favorisce i gesti di amore e di perdono fraterno.

Fra' Domenico Spatola 

Nella foto: Ascensione di Giotto di Bondone 


giovedì 13 maggio 2021

13 Maggio 1917: Nostra Signora di Fatima

Pascolavano, nella valle di Iria nei pressi di Fatima in Portogallo, le greggi dei genitori, Lucia, Francesco e Giacinta, rispettivamente di 10, 9 e 7 anni. I più piccoli erano tra loro fratelli e della grande cugini. A mezzogiorno di quella domenica, dopo avere mangiato il panino con del formaggio e recitato il rosario, avvertirono un fruscìo che pareva di vento. Temettero un temporale, fenomeno non infrequente nella zona. Si affrettarono a radunare il gregge per il rientro, quando su un leccio, di circa un metro, videro una Donna biancovestita e con il  rosario tra le dita.  Racconteranno che era "bellissima". Temettero qualcosa di diabolico, ma la "Signora" (così la chiamarono) li tranquillizzò presentandosi come "la Madre di Gesù". Li invitò a pregare il rosario e a ritornare nello stesso luogo per sei volte ogni 13 del mese, perché avrebbe comunicato loro delle cose importanti. Lo fecero fino a ottobre, quando nel cielo si vide lo spettacolo  del "sole danzante". Furono oltre cinquantamila le persone, tra curiosi e pellegrini, accorse all'evento annunciato. Mentre l'apparizione di agosto si potè avverare  il 19, perché i bambini erano stati trattenuti in caserma dal sindaco, miscredente e sospettoso di mistificazioni, quella di luglio fu la più inquietante.
La Madonna confidò "tre segreti". Il primo  sulla fine del conflitto in atto (1915-1918). Il secondo preannunciava che, senza l'autentica conversione a Dio, l'umanità avrebbe sofferto per una nuova guerra (1939-1945) più catastrofica della precedente. Il "terzo segreto" che, seppure già svelato, continua in alcuni perplessità per i contenuti inappaganti. Dopo Paolo VI, primo papa a recarsi a venerare la Madonna nel santuario da lei voluto e finito di costruire nel 1951, anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI andarono a deporvi un fiore. Woytila vi portò anche uno dei due proiettili che gli avevano perforato l'addome il 13 maggio 1981 in piazza San Pietro, ad opera di Ali Aģca. Lo volle incastonato nella corona regale sul capo della Vergine, attribuendo a lei la grazia della sopravvivenza all'attentato. Fatima decodifica conversione e preghiera. Per l'espresso desiderio della Vergine, ribadito in più occasioni dalla veggente Lucia, Pio XII consacrò nel 1951 la Russia al suo Cuore Immacolato. Oggi altre conversioni invoca e urgenti la Vergine di Fatima per l'umanità più in balia delle dittature dei poteri spietati e dei capitali soffocanti libertà e inibenti il progresso dei popoli, soprattutto di quelli ritenuti con disprezzo "da terzo" e "quarto mondo", e trattati "da macello"

Fra' Domenico Spatola

venerdì 7 maggio 2021

Fra' Domenico Spatola: "Il mio comandamento"

Ai discepoli, Gesù disse:
"Tra di voi non siano risse,
per l'amor che a voi mi lega
e al Padre mi collega.
Egli ama sempre me.
Mi chiedete voi: perché?
La risposta 
mia è tosta:
per i suoi comandamenti,
che son nobili commenti 
perché trattano d'amore 
così io resto nel suo cuore.
Ma anche voi siete nel mio
e quel che vi dono è da Dio:
la gioia mia totale
vi libera dal male,
e, se l'amore ci scambiamo,
voi saprete quanto vi amo.
Solo così vi farò felici
siete voi infatti gli amici
cui ho comunicato
ciò che il Padre mi ha svelato.
Per me non siete ignavi,
altri vi hanno reso schiavi
e in totale servitù:
mentr'io vi parlo a tu per tu.
Vi ho scelto e mandati
per i frutti maturati
così che ovunque  andiate,
sempre vi amiate!".

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: A Maria

Madre di Dio,
dal petto mio, 
il cuore a te affido
perché nido
sia d'amore 
nell'ore
di desta
e lesta
passione
di conversione  
al Figlio tuo.
Sia più suo
mio intento
per fare contento,
con offerta d'amore
il materno tuo cuore.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: Se ti penso

Mamma, se ti penso
intenso 
mi par mio sentire:
come udire 
tuo palpito ancora
che accora,
in tuo petto
e aspetto,
come allora, sussulto
a quietare singulto 
d'attuale amarezza
con tua dolce carezza.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Sesta domenica di Pasqua (anno B): Giovanni 15, 9-17

9 Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10 Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11 Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
12 Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. 13 Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. 14 Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. 15 Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. 16 Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17 Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.

Testamento di Gesù nel Vangelo di Giovanni e  "magna charta" del suo messaggio. Meritano approfondimenti le frasi e le sue parole per generare adesione. Apre a "cascata" quel Amore originato dal Padre e dal Figlio, integralmente consegnato ai discepoli a precise condizioni: "rimanete nel mio amore". Non si circoscrive in esclusiva socialità ed esige la integrazione, già figurata dall'allegoria "della vite e dei tralci". Consegue però all'osservanza dei comandamenti, i suoi che sono "nuovi" perché alternativi a quelli di Mosè. "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi". Risoluto il modello e spinta a proseguire l'opera sua, con generosità condivisa. Gesù prova a quantificare, qualificandolo, il suo amore: "Nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per i propri amici". Crescendo in parametri nuovi e irresistibili: "Voi siete miei amici". Esperienza che "vale il tesoro" è l'amico che non tradisce e pazienta per i tempi di crescita dell'altro. Gesù va oltre: "Ciò che ho udito dal Padre mio, l'ho fatto conoscere a voi". Vietati ormai sono perciò i segreti del Padre e di lui, da Gesù, sappiamo tutto perché "amici" e non "servi". Altri hanno sfruttato abusivamente il suo nome, per schiavizzare l'uomo. Gesù del Padre condivide con noi libertà in piena "gioia". "Sceglierci" lo entusiasma e abilita noi a portare frutti abbondanti e duraturi.  A distintivo, il suo comando per qualificarci: "che vi amiate gli uni gli altri".

Fra' Domenico Spatola

sabato 1 maggio 2021

Fra' Domenico Spatola: 1 maggio 1947, Portella della Ginestra

Sto a pensar, guardando alla finestra,
a quella che fu "la strage della Ginestra".
Contadini andavano contenti
a festeggiare, ove furenti
incontrarono mafiosi
che, gelosi
di loro terra 
fecero guerra,
a chi sol di bandiera era armato
e ognuno fu orrendamente fucilato.
A discolpare il tradimento, 
il commento
fu che "eran comunisti"
anche se donne con i bimbi avean visti.
Sedotto fu Giuliano,
il bandito che alla mafia diè la mano.
Diceva di difendere operai
ma in realtà li mise più nei guai.
Ogni anno si ricorda di Portella,
che non è soltanto una storiella.
Quel "caso" addolora i Siciliani
che da, quel momento, con fatti ancor più strani
videro insanguinata, con dolore,
quella Terra cui spezzato aveano il cuore.

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: Dipinto di Guttuso

La stessa nella lingua di Dante: Dov'è il sole il primo maggio?

Il sole, il primo maggio,
col raggio
all'Italia rossa
dell'ombrello fa la mossa,
e poi: "Che sto a fare?
Vi volevo riscaldare,
ma dal fuoco siete presi
e al rosso già arresi.
Sembrate tutti un pomodoro,
del limone il giallo ha più decoro! 
Date ascolto a sentenza mia:
finché non passa questa pandemia,
state freschi dentro casa. 
Sol col vaccino sarà evasa
l'astuzia del Covid imbroglione
che, quando non veste rosso, è in arancione!"

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: Unn'è u suli u primo maggiu?


U suli u primu maggiu 
dissi: "curaggiu!"
E all'Italia russa:
"Pussa
via, chi ci staiu a fari?
Vi vulevu quariari 
ma ri focu siti già pigghiati 
picchì o culuri russu affezionati.
Pariti tanti pumadoru,
mentri giallu di limuni
è chiù a decoru.
Sintiti a mia,
s'un passa a pandemia 
putiti stari frischi rintra i casi.
Vaccinativi prestu e u Covìd sinni trasi,
è  infatti un gran 'mbrugghiuni
picchì s'un è russu è aranciuni!"

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Ave Maria

Di rose, Maggio
fa omaggio
a te, Maria.
Pia,
tua gente
offre ingente
lode,
quand'ode
sussurrar il vento
a commento:
"Ave Maria!"
e sua via
affretta
ove diletta
trova pace.
capace
ad acquietare
procelloso mare.

Fra' Domenico Spatola