sabato 25 settembre 2021

Fra' Domenico Spatola: Chi è con me...

Giovanni a Gesù:
"Non ce la facevo più
con un tale,
nostro rivale
che i démoni scacciava,
ma abusava
del tuo nome 
come
se fosse verace
tuo seguace,
ma non ci seguiva
né udiva
nostro divieto!"
Allora lieto
il Maestro
non maldestro,
a lui rispose:
"Non odiose
sian vostre azioni
né vi prendan tentazioni:
non impedite 
a chi salva vite
nel mio nome,
né a noi s'oppone,
chi non nemico
ci è amico.
e chi acqua vi darà,
in verità
per lui sarà immensa
la ricompensa.
Ma chi scandalizza
e fede paralizza
in piccoli credenti
miei confidenti,
non ha da fare
che buttarsi in mare,
finendo a mollo
con la pietra al collo.
Se mano tua ti svia
tagliala via.
Meglio entrare in cielo monco
che bruciar qual tronco.
E se vedi
che uno dei piedi
ti è scandaloso:
tagliarlo è più vantaggioso
che finir nel fuoco eterno".
Ma in nuovo perno
trovò l'appiglio 
il suo consiglio 
sulla vista,
su stessa pista,
se l'occhio causa peccato:
"è meglio se scippato
per non finire intatti
bruciati come ratti".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della XXVI domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 9,38-43. 45. 47-48

38
 Giovanni gli disse: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri». 39 Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. 40 Chi non è contro di noi è per noi. 41 Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa. 42 Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare. 43 Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile.

Marco 9:45

Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna.

Marco 9:47-48

47 Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, 48 dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.

Il Vangelo era il progetto, per la cui diffusione Gesù aveva incaricato i discepoli, dotandoli di strumenti per combattere il male. Giovanni, interrompendo Gesù che parlava di servizio tra i discepoli, raccontò di avere incontrato un tale che "nel nome di Gesù" scacciava demòni e glielo impedì, adducendo come motivazione: "perché non ci seguiva". La risposta di Gesù è liberante e attuale: "Chi non è contro di noi è per noi". Assurge anche a criterio per appartenergli. Nessuno può vantare il monopolio della verità. Basta amare come Gesù, e dare anche un bicchiere d'acqua ai piccoli per riceverne la ricompensa. Gesù si fece tuttavia severo con chi "scandalizza" uno dei piccoli, che credono in lui.  Non parlava di bambini, perché credono, ma senza peso nella società. Essi, in Comunità sperano di trovare il clima di amore e di servizio predicato da Gesù e si scandalizzano se trovano, tra i membri, rivalità e arrivismo. I responsabili dello scandalo vengono invitati da Gesù ad "appendersi una macina al collo e buttarsi in mare".  La "macina da mulino", enorme e non trasportabile, non avrebbe permesso il recupero del cadavere per la sepoltura, e quindi senza speranza di risorgere. Severa perciò la soluzione per la mano che scandalizza o per il piede che svia, o per l'occhio passionale e peccaminoso: conviene rendersi monchi per entrare anche menomati nel Regno, anziché finire integri nella Geenna, il luogo della perdizione e del fallimento.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 18 settembre 2021

Fra' Domenico Spatola: "Chi accoglie me..."

Il segreto del Messia
non volea che chicchessia 
lo sapesse,
non trovava chi volesse 
suo messaggio
e attraverso ogni villaggio
di Galilea
ai suoi dicea
di non dire di lui nulla,
sapendo quanto fasulla
fosse la credulità,
diceva loro con severità:
"Il figlio dell'uomo sarà consegnato
e dagli uomini condannato
a triste sorte
ne decreteranno morte.
Ma, dopo tre giorni, arriverà il meglio
quando la terra ne saluterà il risveglio".
Non capivano i seguaci 
e, non audaci,
a interrogazione
fino a destinazione. 
A casa disse: "Vostro discorso in strada,
fa sì che tutto evada
il mio progetto.
Chi vuol esser perfetto
e primo tra voi tutti,
deve portare frutti
di umiltà e servizio,
perché vostro vizio
è volere comandare 
ma senza amare!"
Preso un bambino,
su lui additò il destino:
"Se l'accogliete in mio nome,
è come
dire sì al Padre che m'ha amato
e, per tutti, mi ha inviato".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXV domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 9,30-37

 
30 Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31 Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà». 32 Essi però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazioni.
33 Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?». 34 Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. 35 Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti». 36 E, preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro:
37 «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Dopo la confessione impropria di Cesarea di Filippo, fatta da Pietro e non accolta: "Tu sei il Cristo!", Gesù aveva aperto un nuovo orizzonte, con immagini sgradite ai suoi ascoltatori e da lui riproposte "tre volte", mentre si reca con i discepoli a Gerusalemme. Era il tempo della dura occupazione romana,  ma Gesù non voleva cavalcare i tentativi di insurrezione anticapitalista, preferendo la solidarietà con le vittime del potere. L'annuncio della "passione e morte del Figlio dell'uomo" venne mitigato dal "dopo tre giorni risorgerà". Ma appariva tenua speranza del futuro improbabile a fronte della concreta possibilità di una lotta di liberazione. I discepoli miravano al trionfo politico,  con precise ambizioni di posti di potere. Altercavano per i rispettivi gradi gerarchici e sui posti spettanti.
Gesù, nella casa, diede la splendida lezione, in rivoluzionaria terminologia: "il primo del Regno dei cieli è l'ultimo nel regno degli uomini!"
Poi, con gesto profetico, abbracciò, fino a identificarsi, un ragazzo, che occupava l'ultimo posto nella convenzionale scala sociale: era un servo. "Chi accoglie lui accoglie me e colui che mi ha mandato" fu di Gesù il commento.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 10 settembre 2021

Fra' Domenico Spatola: "Tu sei il Cristo!"

Andando a Cesarea,
per strada discorrea 
con seguaci,
non sapendo se capaci
eran stati ad annunciare.
Cominciò a domandare
del Messia:
"La gente che dice chi io sia?"
Uno, a svista,
rivide in lui il Battista.
Un altro, a preparar Messia,
pensò a Elia;
e altri, senza divieti,
lo misero tra i Profeti.
"Bando a chicchessia!
Chi dite voi chi io sia?"
chiese ormai rattristo.
"Tu sei il Cristo!"
Pietro rispose,
ma le sue chiose
non piacquero al Maestro,
per cui maldestro
era quel pensare.
"Non son venuto a comandare,
ma da, Figlio sofferente,
muoio per la gente,
rifiutato da anziani
e dai decani
di scribi e sacerdoti
che, con loro voti,
mi vorràn morto,
ma il terzo giorno sarò risorto!".
Pietro, sordo,
non fu d'accordo
e in disparte lo redarguì
ma Gesù, appena udì,
respinse Pietro:
"Satana, passa in dietro.
Tu non pensi da Dio,
ma vuoi mio oblio!"
Alla folla e a tutti quanti,
declinò i vanti,
di chi lo volea seguire,
ma facendo a tutti udire
che fatiche e sofferenze
non son demenze,
e, a chi nega se stesso,
è nuovo il messo
di sollevar la croce,
perché non c'è altra voce 
per salvar la propria vita 
e renderla infinita!".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della XXIV domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 8, 27-35

27
 Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi dice la gente che io sia?». 28 Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti». 29 Ma egli replicò: «E voi chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». 30 E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.
31 E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare. 32 Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo. 33 Ma egli, voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: «Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
34 Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35 Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà.

Il viaggio di Gesù con i discepoli verso Cesarea di Filippo, a nord della Palestina, dava occasione al Maestro, di chiedere cosa la gente pensasse di lui. I discepoli erano infatti appena reduci da una missione. Dalle risposte della gente, Gesù capiva il grado di comprensione dei suoi. Diedero risposte desolanti. Evocavano solo morti, che, per comune credenza, si sarebbero dovuti reincarnare. Gesù era perciò o Giovanni Battista, o Elia, o uno dei profeti.  Incassato il fallimento, chiese la loro opinione: "Ma voi chi dite che io sia?". Pietro fu pronto a rispondere: "Tu sei il Cristo!" Era il corrispettivo dell'ebraico "Messia", quello della tradizione che non coincideva con il modello di Gesù. Infatti nella prospettiva del "Messia davidico" Gesù avrebbe dovuto instaurare la monarchia e assicurare l'osservanza della Legge di Mosè. Severo fu di Gesù il rimprovero: "Lo sgridò".  Volle tuttavia chiarire che il "Figlio dell'uomo (titolo da Gesù preferito a quello di Messia) avrebbe sofferto molto e, rifiutato dal sinedrio (anziani, sommi sacerdoti e scribi), messo in croce,  ma il terzo giorno sarebbe risorto". Era nei canoni della profezia di Isaia che parlava del "servo sofferente". A Pietro parve una pazzia, e provò a esorcizzarlo. "Satana!" lo appellò voltandosi, e gli indicò il posto da discepolo: "Vade retro!", motivando il suo rifiuto: "tu non pensi secondo Dio, ma  secondo gli uomini".  L'incidente affrettò il chiarimento, decisivo a scanso di false aspettative. "Seguire lui comporta il rinnegamento di se stessi, sollevare la croce e seguirlo!" Tale "scelta", che comporta il rifiuto del mondo, si rivela la scelta che consente la vita in pienezza.

Fra' Domenico Spatola 


Fra' Domenico Spatola: 11 settembre 2001. Ripensando alle Torri

Altra disfatta ha 
oggi rivissuto umanità 
in Afgani
con beffardi talebani.
Stessa velocità 
sperimentò caducità 
americano impero:
triste al pensiero
degli aerei a dardi 
che trafissero codardi
e messi di morte,
segnando delle Torri loro sorte.
Collassaro su se stesse 
in logiche perverse 
di non speranza, 
nel mondo ad ansia 
della distruzione 
e in grande confusione. 
L'America in ginocchio,
e il mondo nel papocchio 
di chi fa guerra 
sulla Terra.
Degli Stati canaglia 
non fu di paglia 
il lor terrore. 
Quanti son i morti?
Conti ancor son corti
di quelli che morranno
e più gran danno
orrore infiamma, 
ché di violenti incinta sempre è la mamma.
Oggi furoreggian talebani 
e metton loro mani
su donne a infierire.
Non più si può udire
ché ancestrale 
e sempre più brutale 
è questa età, 
che ancor rifiuta civiltà.

Fra' Domenico Spatola 

martedì 7 settembre 2021

Fra' Domenico Spatola: Tu che sei Madre

 
Vergine bella,
qualunque stella
ha luce fioca
e brillantezza poca
al cospetto
di te che sul petto
nutri chi t'ha creato
e fratello a noi hai dato.
Egli madre ti volle,
e di gioia bolle
ora mio sangue,
e langue
cuore a spasimo
ché biasimo
mia colpa.
Noi discolpa,
tu, Madre,
e ci conduci al Padre.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 3 settembre 2021

Fra' Domenico Spatola: Preghiera d'un divotu palermitanu a santa Rusulia

O santa Rusulia,
u ricu a tia
ca si matri ri sta città 
e la curi cu carità.
È malata a nostra terra
pi sta guerra,
unni morti e feriti
e facci longhi atterriti
picchì sunnu senza spiranza 
e hannu supra a panza
stu duluri e afflizioni.
Mòviti tu a cumpassiòni.
Nun durmìri, o Santuzza,
ca stu Còvid nni truzza 
e nun fa fari l'acchianàta.
Perciò rùnati n'annacàta
pi sta Terra e l'ecunumìa
e pa scola ch'è na fuddìa
ch'i picciriddi cchiù smaniàti
e ch'i matri angusciati
ca nun sannu cchiù chi fari.
Sulu tu poi assicuràri:
cu vaccinu o ca precauziòni,
passerà chista infezioni?

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: "Fa bene ogni cosa!"

Passando per Sidone,
fu occasione 
per il sordo anche muto
per il qual chiesero aiuto.
Per imporgli la sua mano.
lo portò lontano 
e, in disparte,
esercitò sua arte.
Fu da copione
quella guarigione:
con le dita nelle orecchie
di sordità parecchie
ne avea sfondate,
e di gole liberate
ne avea con sua saliva,
finché lingua sia giuliva.
Ma prima della "Effatà!",
alla divina Maestà 
volse suo sguardo
e poi, come a traguardo,
fè apertura
di dono a creatura.
Volea che nessun sapesse,
ma le persone stesse,
a stupore,
dicean dell'amore 
con cui ei operava,
e ognun di lui narrava:
"Fa bene ogni cosa
e mai riposa.
Per nuovi accordi
fa udire i sordi,
e, se non son rifiuti,
parlare fa i muti!"

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della XXIII domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 7, 31-37

31 Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. 33 E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Il messaggio evangelico, dell'amore di Dio per tutti i popoli, trovava resistenza nei discepoli di Gesù. L'evangelista Marco descrive la di lui fatica nell'opera di convincimento. Sono sordi perché resistenti, e perciò anche incomprensibile è il loro evangelizzare da "balbuzienti". Tale racconto più che cronaca è messaggio di fede, valido sempre. L'autore inizia dando una panoramica sul vagare di Gesù nel territorio dei pagani, avverso ai quali, i discepoli sono refrattari. Da Tiro, a sud della Fenicia, sale verso Sidone, ridiscende verso il mare di Galilea per raggiungere la Decapoli. Un "sordomuto" gli è portato perché gli imponga le mani. Non ha nome, perché rappresentativo degli stessi discepoli sordi agli insegnamenti del Maestro. Il testo lo dice "balbuziente", con lo stesso termine con cui Isaia  descrive i liberati dall'esilio di Babilonia: "la lingua del balbuziente griderà di gioia". Coloro che propiziano l'evento, sono stati già definiti, all'inizio del vangelo: "angeli che lo servivano". Imporgli le mani, era la richiesta, ma, la dicitura "lo prese in disparte lontano dalla folla",  denuncia, anche qui, l'incomunicabilità tra discepoli e maestro. Gesù è all'opera con un gesto energico. Sfonda con le dita le orecchie sorde, mentre con la saliva, "soffio condensato", gli comunica lo Spirito. Avverte resistenza, volge lo sguardo al Cielo e "sospira" per la fatica e, nella lingua dei discepoli perché il fatto li riguarda, proferisce la parola "Effatà" ("apriti"). Finalmente quello ascolta e parla comprensibilmente. Il divieto di "non svelare il segreto messianico" fu la raccomandazione per evitare di rinfocolare false attese, ma "più lo proibiva, più essi lo proclamavano". Infine, con il commento: "Ha fatto bene ogni cosa!" l'evangelista assimila a Dio Creatore, Gesù che ricrea ogni cosa e, con lo stesso entusiasmo, la fa buona.

Fra' Domenico Spatola