domenica 27 febbraio 2022

Fra' Domenico Spatola: Chi vuole sta guerra?

Son sempre gli stessi,
contro i poveri fessi
che devon fuggire
alla rabbia e alle ire
di chi ha deciso
di non metterci il viso.
Non lo fa per vergogna
ma sol perché agogna
a stare nascosto:
alto infatti è il costo
dei suoi lauti guadagni.
Perché tu ti lagni?
Questa è la guerra, 
e, su tutta la Terra,
continua comunque,
sempre e dovunque
a tutti i livelli
vecchi e novelli.
Non lascian sorpresa
di fine contesa.
Della guerra gli affari
son sempre i più cari
perché loro sorte
è operar per la morte
dell'ignaro innocente
che, da nullatenente,
ha solo un reato:
quello d'essere nato.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 26 febbraio 2022

Fra' Domenico Spatola: Guerra assurda...

Il dittator minaccia 
dando caccia
a chi da lui dissente.
Acconsente
a sue truppe l'invasione,
e del rapace la perversione 
stiamo inermi a contestare:
nessuno vuol la guerra,
il pericolo è per la Terra,
per il potenziale atomico
che Hitler rende comico.
Putin è peggiore
del caporal maggiore, 
di armi più dotato
ma per follia gli è a lato.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: L'albero buono...


A definìr sermone,
Gesù fè dichiarazione:
"Non può il ciecuziente 
guidare il non vedente,
perché si rompon l'ossa 
ambedue nella fossa.
Non sa chi è discente
più del suo docente, 
ma s'è ben preparato
a lui può stare a lato.
Nell'occhio del fratello
perché indaghi quello
che nel tuo è gran palo?
Non dirgli 'te lo cavo',
se, nel tuo, è più grosso.
Quando l'avrai smosso
toglierai la sua pagliuzza.
Buon albero non puzza
perché non è cattivo
e dà frutto sempre vivo. 
Non i fichi dalle spine 
né i rovi dell'uva è il fine.
I buoni dai loro cuori
tesori metton fuori,
e cattivo equivale
a chiunque fa il male.
La bocca altrui inonda
ciò che dal cuore abbonda!"

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Ottava settimana del tempo ordinario (anno C): Luca 6, 39-45

39 Poi disse loro anche una parabola: «Può un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?
40 Un discepolo non è più grande del maestro; ma ogni discepolo ben preparato sarà come il suo maestro.
41 Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo? 42 Come puoi dire a tuo fratello: "Fratello, lascia che io tolga la pagliuzza che hai nell'occhio", mentre tu stesso non vedi la trave che è nell'occhio tuo? Ipocrita, togli prima dall'occhio tuo la trave, e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello.
43 Non c'è infatti albero buono che faccia frutto cattivo, né vi è albero cattivo che faccia frutto buono; 44 perché ogni albero si riconosce dal proprio frutto; infatti non si colgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva dai rovi. 45 L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore tira fuori il bene, e l'uomo malvagio dal malvagio tesoro del suo cuore tira fuori il male; perché dall'abbondanza del cuore parla la sua bocca.

Aveva insegnato l'amore anche per i nemici fino a chiedere di pregare per la loro felicità. Modello proposto era il Padre con il suo amore misericordioso ("viscerale"). A completare l'insegnamento, ai discepoli parlò dei rischi della spiritualità dei farisei che si proponevano "guide" e "maestri" di vita. Nessuno, tra i discepoli di Gesù, deve arrogarsi quel ruolo, che appartiene a Cristo. Altrimenti sarebbe come se un cieco volesse guidare un altro cieco: "finiranno ambedue nella fossa!". Ribadito che ogni discepolo non possa competere col maestro, tuttavia da Gesù è invitato a conformarsi al Padre, che governa non dettando leggi ma comunicando lo Spirito che rende gli uomini liberi. Cieca condotta è quella viziata, e la pagliuzza e la trave, rilevate rispettivamente nell'occhio di chi è giudicato e di colui che giudica, servono a radicalizzare il confronto. Chi nel suo occhio ha una trave, non può presumere di estrarre la pagliuzza dall'occhio del fratello. Roba da ipocrisia è ritenuta dal Signore. A criterio di verifica delle azioni infine viene proposto quello adottato con i frutti dell'albero: se nutrono, l'albero è buono. Lo stesso vale per il cuore, all'epoca considerato sede dei pensieri. Da esso, se buono, si estrae il  buon tesoro, e la bocca attraverso le parole ne svelerà qualità e abbondanza.

Fra' Domenico Spatola

mercoledì 23 febbraio 2022

Fra' Domenico Spatola: Il ponte Corleone e la ditta "Icaro progetti" chiamata a ripararlo

Quando mi dissero che la Ditta appaltatrice per sanare la mortale ferita di Palermo al ponte Corleone si chiamava "Icaro progetti", confesso che mi sono preoccupato. Forse, per superstizione già il nome Corleone, ora il nome Icaro, non mi fanno ben sperare. L'adagio latino recita: "nomen omen", ossia nel nome c'è tutto il programma. Ora dalle reminiscenze della mitologia greca si sa chi fosse Icaro, ma soprattutto la sua infausta morte in mare, dinanzi alle coste della Turchia. Riassumo brevemente per i pochi che non ricordano. Icaro era il figlio di Dedalo, che fu il più geniale architetto e ingegnere dell'antichità, di lui si ricorda, tra l'altro, anche la costruzione del Labirinto, per ospitarvi il Minotauro. Icaro era vanesio e come i suoi coetanei capriccioso. D'altra parte, a un padre come il suo poteva chiedere quanto gli passasse per la testa. Quella mattina gli manifestò il desiderio di volare. Il padre, che conosceva la temerarietà dell'incosciente figlio, suo malgrado, gli costruì un paio d'ali, ma le piume le poté attaccate con la cera. Il ragazzo baldanzoso le imbracciò e, senza dare ascolto a suo padre che gli consigliava prudenza e soprattutto di non avvicinarsi al Sole, cominciò a destreggiarsi nell'aria e fu tale l'ebbrezza della lievitazione da avvicinarsi spregiudicatamente al sole. Questi, geloso della sua privacy, non sopportò tanta arroganza e, con un sol raggio, gli trasmise tale calore da sciogliere la cera delle ali e farlo precipitare nel mare che porta il suo nome. Morale della favola: alla luce del racconto e della disperazione degli automobilisti incolonnati per ore per attraversare un tratto di ponte che non supera i venti metri, quel nome non è di buon auspicio circa i tempi del riparo, già preannunciato lungo ed estenuante. Chiediamo alla Ditta di smentire la favola, anche se i segnali non ci sembrano andare in questa direzione.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: A Palermo amara

Palermo cara,
quanto amara
è lamentela,
per la tela
che ti avvolge
e ci sconvolge
in ogni strada:
l'immondizia non è rada,
e le vie piene di buche
sono causa di nostre rughe,
per la macchina sconquassa,
diventata una carcassa.
Or si aggiunge la strettoia
che fa rabbia e non sol noia,
noi viviamo con passione
il tal ponte Corleone.
Non si può tagliare in due,
come fosse quarto di bue,
una città che ha un solo asse,
di una strada ormai "impasse".
Lo chiediamo a ginocchioni:
trovate presto soluzioni,
perché la gente 
è più fremente.
Palermo cara,
il progetto che si vara
sia veloce e presto arrivi
perché sentiamo d'esser privi.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 18 febbraio 2022

Fra' Domenico Spatola: "Amate anche i nemici!"

Disse Gesù,
chiedendo a noi di più:
"Per essere felici,
amate anche i nemici,
e fate solo il bene
che l'odio altrui trattiene.
Ma ciò che ancor più vale:
pregate per chi fa male.
A chi lo schiaffo sgancia
sulla tua guancia,
mostragli quanto scaltra
è l'offerta anche dell'altra.
A chi, da poverello,
chiede il tuo mantello,
dài anche il vestito,
e, se più ardito
vuol prendere tue cose,
non farle a te morose.
Mettete in atto
ciò che volete fatto. 
Ma se date amore
a chi vi sta nel cuore,
qual merito ne avrete?
Qual peccatori siete:
amanti di chi li ama.
Ma il Padre voi chiama
all'amore viscerale,
perché sia tale e quale
al suo misericordioso,
che mai ansioso
è di condannare alcuno.
Perciò niuno
sarà dannato,
né da Lui giudicato
se perdona
e vede buona
sempre l'altrui azione.
In conclusione:
con la misura che avrete posto,
vi sarà corrisposto!"

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della settima domenica del tempo ordinario (anno C): Luca 6, 27-38

27
 Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, 28 benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. 29 A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. 30 Da' a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. 31 Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. 32 Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. 33 E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34 E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35 Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gl'ingrati e i malvagi.
36 Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. 37 Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; 38 date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Gesù aveva indicato ai suoi la scelta della povertà, con le Beatitudini. Era l'identikit del Padre da imitare: "Siate misericordiosi come il Padre celeste". Idea chiave a declinare tutte le dinamiche dell'amore: "Amate i vostri nemici", fino al vertice di "pregare per loro". "Fate belli" (è il senso letterale) coloro che sono abbrutiti dall'odio. Anche nei  prestiti va testimoniata la generosità di chi non deve richiedere indietro neanche il mantello, estrema custodia della notte. La sfida sta nell'amare i peccatori o fare del bene a chi non ricambia. L'atteggiamento forgia il discepolo, perché la ricompensa più grande per il discepolo è diventare somigliante all'Altissimo che ama gli ingrati e i malvagi. Va chiarito che il termine "misericordiosi" non tradurrebbe il testo originale greco che parla piuttosto di "visceralità materna". Luca in in realtà attribuisce al Padre sentimenti di madre. Il tutto viene infine riassunto nel perdono incondizionato, dato senza giudicare né condannare. Come specchio del Padre, la grazia divina sarà riversata nel discepolo nella misura offerta da chi sapendo donare, sa anche accogliere.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 11 febbraio 2022

Fra' Domenico Spatola: Beati voi poveri!

Era in pianura,
con Gesù sicura
la folla,
che non lo molla, 
da ogni dove accorsa
ritenendosi soccorsa.
Gesù i seguaci 
li dichiarò "audaci"
e "beati
se da ricchezza liberati".
Qual pegno,
assicurò il Regno.
"Beato - disse - chi di pianto,
intenso fa suo canto,
e Beati 
se, odiati
per il mio nome,
infatti il vostro come
il mio è disprezzato.
Gioite ché sarà onorato
e vostra ricompensa
sarà immensa.
Guai, ai voi ricchi,
perché picchi 
avete di consolazione!
Guai, a voi che, a profusione,
vi saziate,
e mai consolate
chi nel bisogno vive.
Guai, alle corrive
vostre feste a distrazioni,
sol per voi consolazioni!
Guai, quando vostra adulazione
occhieggia all'illusione:
così faceano con gli antichi
i falsi profeti con foglie e senza fichi!"


Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della Sesta Domenica del tempo ordinario (anno C): Luca 6, 17.20-26


Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,
20 Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:

«Beati voi poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
21 Beati voi che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete,
perché riderete.
22 Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo. 23 Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.
24 Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già la vostra consolazione.
25 Guai a voi che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete,
perché sarete afflitti e piangerete.
26 Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti

Scelti i "Dodici" sul monte, in pianura Gesù rivolse loro il suo insegnamento. Le "Beatitudini", non dettati moraleggianti, costituiscono per Luca l'autopresentazione di Dio. Modelli a riferimento per il discepolo per specchiarsi in lui: "Siate misericordiosi come il Padre del cielo!"
"Beati", dunque felici come Dio, coloro che si fanno poveri per gli altri. L'effetto è sorprendente: il Padre si prenderà cura di loro. La fame, il pianto e le persecuzioni, saranno i condizionamenti in cui il Padre si svelerà per sfamarli, consolarli e proteggerli. Il parallelo con i profeti del passato è inevitabile, per il ruolo del discepolo chiamato a visibilizzare, nella Comunità, l'invisibile Dio, favorendo la più splendida comunione con lui. Alle "Beatitudini" Luca contrappone quattro "guai", non da minaccia, ma lamento sui morti. Perché tali sono da Gesù ritenuti i ricchi che causano povertà, o gli avidi che provocano la fame nel Mondo o gli egoisti autocentrati e distratti al dolore della gente. L'ultimo "guai" è per coloro che hanno mondanizzato il cuore assimilandolo al sistema perverso, che li esalta, come in passato faceva con i falsi profeti.

Fra' Domenico Spatola 

giovedì 10 febbraio 2022

Fra' Domenico Spatola: Le Foibe, giornata della memoria

Altro insulto per l'umanità.  Dall'altro versante, ma non senza stessa crudeltà cinica e omicida. Forma anch'essa di pulizia etnico/razziale messa in atto dai partigiani di Tito, in Iugoslavia, ai danni di tutte le minoranze. Nelle foibe, fenditure strette e profonde nel terreno  carsico, venivano gettati i corpi degli uccisi. Spesso però le vittime respiravano ancora, e con macabra crudeltà, venivano legati a quelli già deceduti. Bisogno di purificare la memoria come la coscienza. Ma il mondo non impara mai dalla Storia. Recentemente papa Francesco ha ricordato i migranti che in Libia vivono esperienze non dissimili da quelle esecrate ad Auschwitz come nelle foibe iugoslave. Solo che il mondo perbenista continua a girare la testa in altra direzione. Papa Francesco è rimasto sentinella che dà voce ai disperati della Terra. Che vale commemorare il passato, se non si prova a porre rimedio al presente?

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 4 febbraio 2022

Fra' Domenico Spatola: "Salverai uomini"

Gesù, dal mare,
insegnava ad amare.
La barca era di Simone
che fè questione 
solo al ricordo del nulla
della pesca sua fasulla.
Ingente fu il pescato,
quando, il Signore a lato,
gli disse di gettar la rete,
e furon ore liete
per Pietro e compagnia
che a chicchessia
chiesero aiuto per la festa 
per ciò che vi era in cesta.
Ma qui Simone,
preso da timore,
chiese a Gesù di star lontano,
perché si sentiva umano.
Ma Gesù di lui si fida,
e nuovo compito gli affida:
"Salverai uomini dal mare,
e non avrai più pesci da pescare!".
Lasciata barca e domestica  conchiglia, 
Pietro in quella di Gesù trovò famiglia.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quinta domenica del tempo ordinario (anno C): Luca 5, 1-11

1
 Un giorno, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret 2 e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3 Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca.
4 Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca». 5 Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». 6 E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. 7 Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. 8 Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore». 9 Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; 10 così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». 11 Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

La spiaggia del lago di Genesareth fu naturale platea. La barca di Simone divenne cattedra. Gesù, il solo con diritto di sedersi per insegnare. Resterà a indice del essere unico Maestro nella Chiesa. I pescatori, estraniati e delusi per l'insuccesso della notte precedente, lavavano le reti, ignari ancora della potenza della Parola di Gesù. Quanto lungo l'insegnamento? Bastante per nutrire. Poi l'invito a Simone per la missione: "Prendi il largo e, insieme ai tuoi compagni, getta le reti per la pesca". Obiettò Pietro saccente: "Abbiamo faticato tutta la notte senza prendere neppure un pesce". Eppure lo aveva ascoltato, e si arrese in fiducia: "Però, sulla tua parola gettarò le reti!" La pesca fu prodigiosa e lo sorprese. La Chiesa, da lui guidata, saprà che solo con Gesù la missione sarà efficace per la pesca provvida, come pronosticato sulle rive di Engaddi dal profeta Ezechiele. Quelli dell'altra barca furono chiamati perché le reti non si spezzassero. Pietro era confuso e anche terrorizzato. Quella teofania gli metteva paura di morte, e "supplicò il Signore di allontanarsi da lui". Non lo conosceva ancora. Anche i soci di Simone, i figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, atterriti in stessa paura. La proposta di Gesù offrì a tutti potenziale di libertà: "Vi farò pescatori di uomini!" Non avrebbero in definitiva dato mai più la morte ai pesci, ma la vita agli uomini da loro salvati dai gorghi della vita. La risposta fu generosa e immediata: "lasciarono tutto e lo seguirono".

Fra' Domenico Spatola