venerdì 27 novembre 2020

Fra' Domenico Spatola: Maradona, del calcio fu un mito

"Maradona o Pelè
- qualcun chiese a me  - 
chi dei due la storia,
a memoria,
ricorderà?"
Questa domanda non si fa!
Morto ora è Maradona
(e la morte non perdona!)
"Ci sarà un nuovo astro
che del pallone sia " Mastro"
e in campo
come lui sia lampo
che sorprende?"
Qui forse ognun s'arrende,
perché gigante della palla
ancor agli occhi di tutti balla,
e non scorda chi l'ha vista
del gran Diego ogni conquista,
negli stadi osannanti
e con tifosi deliranti.
Maradona fu il mito,
che di trofei ha insignito
Napoli e appassionati
che ora piangono addolorati.
Ma, se ideale in campionato,
nella vita fu sregolato,
cosa che a lui costò cara
con la fine precoce e amara.
Ma or riposi, per il gran giorno,
quando, con luce a lui d'intorno,
apparirà a dire al mondo
che col pallone tutto tondo,
e con i tiri e le sue mire,
ha fatto tutti divertire.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: "Vegliate!"

Gesù, a previsione,
ai suoi: "Fate attenzione,
- disse
- e vigilate
non conoscendo date
di quel momento,
come l'evento
dell'uomo ch'è partito,
avendo lasciato a rito
casa e potere ai servi,
e chiesti saldi nervi
al Portiere nel vigilare:
svegli ad aspettare,
ché non sapete
quando vedrete
Colui che ritorna.
Nessun dorma!
e sarà il vostro bene
se, a sera, viene
o a mezzanotte,
o quando il gallo, in lotte,
suo canto intonerà,
e giorno inizierà.
Sia a vigilanza 
l'attesa di speranza:
e, se all'improvviso, 
non trovi vostro viso
addormentato.
A ciò, invito mio è rinnovato!"

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della prima Domenica di Avvento (anno B): Marco 13, 33-37

Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. 37Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

L'invito a "vigilare" è motivo ricorrente nelle quattro Domeniche d'Avvento, in vista del Natale. Il contrario è lasciarsi addormentare dagli idoli del potere e della avidità,  che come droghe ossessionano fino a far perdere lucidità per ciò che conta. Tematico  dunque nel Vangelo il "Vegliate!" in triplice proposta. Gesù aveva invogliato i suoi (Marco 13, 32) alla confidenza nel Padre che conosce il "momento" del suo ritorno per salvarci. "Stare svegli" dunque e non sciupare l'occasione ("kàiros") del Regno. Momentanea sarà la sua assenza, a seguito della consegna di autorità fatta ai "servi", col dono dello Spirito Santo in carismi e ministeri. Tra questi eccelle, per ruolo di responsabilità, quello del "Portiere", chiamato a vigilare per la sicurezza di quelli della casa. Stessa consegna tuttavia è affidata all'intera Comunità, per custodirla e farla crescere fino al suo "ritorno", previsto indecifrabile perché potrà accadere in qualunque ora del giorno o della notte. Ciò non comporta tuttavia una minaccia, né viene dettato a paura. Al contrario sarà con piacevole sorpresa, se il Signore troverà generoso servizio tra fratelli.

Fra' Domenico Spatola
(dipinto di Antonello da Messina)

mercoledì 25 novembre 2020

Fra' Domenico Spatola: 25 novembre, giornata mondiale contro le violenze sulle donne.

Ricorrenza che non dovrebbe essere da calendario, perché ogni violenza è disumana. Eppure oggi va ricordato al maschio  violento che "amare non significa possedere l'altra". La "Donna", nella Bibbia è  il "dono" di Dio ad Adamo, che riconosce in lei "la carne della sua carne e l'osso delle sue ossa".
Ogni donna, potenziale madre e sposa, gode di carismi ineguagliabili relativi alla duplice missione  necessaria per la continuità della specie umana. Ciò basterebbe a far meritare loro già tanto rispetto. Va tuttavia ricordato che ogni donna è principalmente  una "persona", e perciò libera perché in grado di autodeterminarsi. Il suo ruolo di "partner" dell'uomo comporta uguaglianza di diritti e doveri.
Progettata per il bello, la donna tuttavia non esaurisce negli estetismi esclusivi le sue potenzialità. In lei eccelle propensione innata al servizio incondizionato, nel quale trasfonde tutto l'amore per coloro che ama. La Bibbia ne fa l'elogio, dichiarandola: "perla d'inestimabile valore". Eppure la Storia, e non solo quella antica, registra misfatti orrendi e abusi, perpetrati dai maschi nei loro confronti, per affermare un potere sul loro corpo, perchè incapaci di conquistare la fiducia del loro cuore. Oggi la denuncia è planetaria, e soprattutto per quegli Stati, dove la cultura, anche  quella religiosa, assoggetta le donne a vissuti subumani e da autentica schiavitù.
Doverosa è perciò la riconciliazione, chiedendo scusa alle donne per non averle comprese, violandone spesso  bellezza e identità. La missione della donna ritorni a riconoscersi nel fascino dell'amore, mai bastante.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 20 novembre 2020

Fra' Domenico Spatola: "Ho avuto fame..."

Quando verrà in gloria il Figlio,
radunerà Angeli a Consiglio 
e, seduto, in trono
verificherà chi dono
avrà fatto di sua vita.
Sede ambìta
sarà a destra
dove ei porrà
pecore che loderà,
e delle capre all'altro lato,
sarà molto rattristato.
Dirà a quelli posti a destra:
"Non scapestra
è stata vostra vita,
perché insignita
d'ogni buona azione.
Di me avete avuto compassione:
avendo a me assetato
e affamato 
dato acqua e pane
e altre cose sane.
Di me nudo o carcerato
nessuno s'è scordato.
Entrate nel regno di Dio,
ch'è l'eredità del Padre mio!"
A lui risponderanno i giusti:
"Scusaci, ma i tuoi gusti
mai abbiamo conosciuto,
e tu dici che t'abbiam pasciuto?"
A loro il Re risponderà:
"Sta proprio qua
il mio segreto:
che mai veto
avete posto al mio fratello:
ed io ero quello.
Or parola mia di Re:
l'avete fatto a me!"
Rivolto a quelli di  sinistra
"È molto trista 
vostra reputazione, 
perché mai compassione
avete avuto del bisognoso,
e sempre più rognoso
è stato vostro agire,
ma volto ad altre mire
il vostro sguardo.
Or, giunti al traguardo,
siete confusi
e lunghi i vostri musi
per il totale fallimento:
né alcun ripensamento 
ci sarà,
a rivoluzionar vostra infelicità!"

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Festa di Cristo, Re dell'universo, XXXIV domenica dell'anno A: Matteo 25, 31-46

31
 Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 32 E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, 33 e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. 34 Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37 Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39 E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. 41 Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42 Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43 ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. 44 Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? 45 Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. 46 E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».

L'usanza dei pastori palestinesi, che a sera separavano negli ovili le pecore dalle capre, offre a Cristo l'idea per dettare il nuovo criterio per il "giudizio escatologico" della Storia. La trama era conosciuta in ambienti rabbinici (Talmud) e anticipava la modalità del giudizio del Dio di Israele sui pagani. Iahvè, infatti, assiso in trono, avrebbe posto la "Torah" (la Legge di Mosè) sulle ginocchia e, sulla base dei comandamenti ivi espressi,  avrebbe giudicato, condannandoli, gli inadempienti, ovvero tutti i nemici d'Israele.  
Gesù rifonda il criterio del discrimine, e, a base, pone la compassione per gli ultimi e gli infelici della Terra: "affamati, assetati, nudi, forestieri, ammalati e carcerati". Strategica la collocazione alla sua destra perché hanno condiviso con lui stessa responsabilità. Il Re dichiarerà infatti, come fatto a sé, tutto quello che essi hanno operato a beneficio dei "fratelli" bisognosi. Sorpresi, perché mai intrigati in fatti di religione, candidamente dichiareranno di non averlo mai conosciuto. Ma l'invito a entrare nell'eredità eterna per loro "benedetti dal Padre", sarà la loro piena gratificazione. Avverso il giudizio per coloro che si saranno dimostrati indifferenti alle altrui disgrazie. Verrà dichiarato fallace il loro "servizio" di Dio, perché mai tradotto in opere di compassione a favore dei fratelli. Amara perciò la conclusione inesorabile: il fallimento dell'intera esistenza: "Via, maledetti...!"

venerdì 13 novembre 2020

Fra' Domenico Spatola: "Servo buono e fedele!"

Un tal, partendo per viaggio,
ardì e con coraggio,
affidò suoi beni ai servi,
alfin che niun conservi
ma li ponga a trafficare.
Cinque talenti a uno volle dare,
e due ad un altro,
mentre, a chi non ritenea scaltro,
ne diede uno,
secondo la capacità d'ognuno.
Chi cinque ebbe di talenti,
raddoppiò gli emolumenti.
Chi n'ebbe due, fè quaterna,
mentre tristemente alterna
fu la sorte di chi uno solo:
ei fè una buca al suolo
e nascose il denaro del padrone.
Fu decisione,
di lui al suo arrivo,
fare i conti di ciò di cui privo
s'era fatto per l'investimento.
Il primo fu contento
di mostrare il doppio
col visibilio dell'occhio
del padrone,
che disse a lui: "Entra, campione,
e godi, a tutte l'ore,
la gioia del Signore!"
Toccò poi al secondo,
anch'ei fu giocondo,
d'aver fatto quaterna 
di ciò che faticato fu a lanterna.
Toccò a chi a rimuginare 
stava e rivangare 
sospetti sul padrone
muovendo a lui accuse affatto buone:
"Vuoi raccolto
e anche molto
dove non hai seminato.
Fui terrorizzato
e nascosto ho il tuo talento.
Ti garantisco che non mento:
fu per evitar con te la guerra
che l'ho nascosto sotto terra".
Avendo di parlar datogli agio:
"Servo malvagio!"
disse perché offeso,  
e non compreso: 
"Sapevi che ho mietuto
dov'ho voluto
e mai seminato,                            
almeno in banca, trafficato
andava quel talento,
così l'avrei riscosso con l'aumento!"
Poi ai servi: "toglietegli quel mio
- disse - e datelo a chi dico io,
cioè a chi di talenti ne ha di più,
così andrà più sù
e sarà nell'abbondanza!"
Poi fuori stanza
cacciò colui
nei luoghi bui 
dei fallimenti,
dov'è pianto e stridor di denti.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXIII domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 25, 14-30

 Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: «Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque». 21«Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone». 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: «Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due». 23«Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone». 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: «Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo». 26Il padrone gli rispose: «Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti».

Un tale ricchissimo, prima d'intraprendere un lungo viaggio, trasferisce ai "servi" ingenti somme. Le diversifica in base alle capacità di ciascuno. Al primo, consegna cinque talenti, pari a trentamila denari o a 150 kg in oro. Al secondo due, e al terzo uno. Anche di quest'ultimo la cifra appare esorbitante,  poichè equivale a venti anni lavorativi. Non li vorrà indietro, ritorna per la soddisfazione di verificarne l'andamento, gli preme infatti di più la crescita di ciascuno. Così si mostra felice dell'esito del primo, che, a premio, coopta nella sua amministrazione. Stesso comportamento adotta con il secondo, che, come il collega ha valorizzato il dono raddoppiandolo. Il dramma inizia col terzo "servo" che, con mentalità servile bloccata da paura, manifesta il suo pregiudizio verso il padrone, accusandolo di avidità e di prepotenza. Intatto gli restituisce il talento, incapace di comprendere che gli era stato donato  senz'obbligo di resa.
L'ha seppellito, come morto, per non correre rischi. "Pigro e inutile", non meriterà la gioia, intonata dal padrone ai compagni, che si erano fidati  "rischiando". Da codardo, non trovò alternative, né una banca ove farlo fruttare. Fu il rimprovero estremo del padrone. La parabola insegna l'idea corretta di Dio. Quando infatti non lo si pensa "padre" attento alla felicità dei figli, viene temuto come un tiranno che può raggelare le capacità creative, consentite solo dalle dinamiche d'amore.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 6 novembre 2020

Fra' Domenico Spatola: Le vergini e lo Sposo

 
Dieci vergini del Regno
furon chiamate a segno
perché con loro faci
si rendessero seguaci 
dello Sposo.
Cinque a ioso 
presero dell'olio
mentre le altre cinque spolio
tennero il loro vaso 
Lo sposo era ancora evaso,
ed esse s'assopirono
ma a mezzanotte finirono, 
perché giunse lo Sposo
e ognuna cercò il prezioso
olio a sua disposizione
Le cinque stolte
rimasero sconvolte
non avendone più per l'accensione,
pregarono allora chi, a precauzione, 
l'avea appresso,
di condividere lo stesso.
"No!" fu risposta 
alquanto tosta,
"Andatevene a comprare
così potrà bastare!".
Le distratte andaro
ma quanto gli fu caro
perché, venuto lui,
s'aprirono i momenti bui,
con sue risposte
lo Sposo le condannò a soste
fuori il Regno
con l'accusa di non averne dato il segno.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXII domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 25, 1-13

 
Parabola delle dieci vergini

Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l'olio; 4le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l'olio in piccoli vasi. 5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6A mezzanotte si alzò un grido: «Ecco lo sposo! Andategli incontro!». 7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8Le stolte dissero alle sagge: «Dateci un po' del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono». 9Le sagge risposero: «No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene». 10Ora, mentre quelle andavano a comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: «Signore, signore, aprici!». 12Ma egli rispose: «In verità io vi dico: non vi conosco». 13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

Si inaugura "il Regno dei cieli" come festa di nozze con corteo. Lo Sposo tarda a venire. Dilata il suo tempo per consentire quello della crescita nell'amore. Le nozze notturne necessitavano di luce. Le fiaccole erano, dalle dieci vergini, tenute spente fino all'arrivo dello Sposo. Quindi inzuppate nell'olio, venivano  accese e portate come trofei incontro a lui. Dell'olio, però avevano fatto provvista solo cinque di esse, indicate nella parabola come "sagge". Le altre verranno accusate di "stoltezza", perché sprovviste. La torcia serviva solo per far bella mostra. Sono "stolte" come  "colui che costruisce la sua casa sulla sabbia" e, avendo ascoltato la parola del Vangelo, non la mette in pratica. A mezzanotte il dramma! Tutte assopite, vennero  svegliate dal grido: "Ecco lo Sposo, andategli incontro!" Prepararono le torce, ma le stolte s'accorsero con raccapriccio, di non avere l'olio. Implorarono le compagne di condividerlo il loro. Ma queste fecero presente che quel olio "non sarebbe bastato", perché attiene a scelte che ognuno è chiamato a fare personalmente in termini di amore e libertà. Il prosieguo della parabola narra le conseguenze tragiche per le mancate assunzioni di responsabilità. Ormai era tutto fuori tempo massimo, inutili si rivelarono le frenesie per un salvataggio. Implorarono le compagne di condividere il loro olio, al rifiuto corsero a comprarlo, ma lo Sposo era già arrivato e "le sagge" entrarono con lui. La porta si chiuse pesantemente alle spalle e per le "stolte" non fu storia, mentre il loro grido a estremo delirio: "Signore, aprirci!", ebbe risposta gelida e senza appello: "Non vi conosco!" Non avevano in vita coniugato fede e amore.

Fra' Domenico Spatola
Dipinto di Peter Von Corelius

mercoledì 4 novembre 2020

Fra' Domenico Spatola: I morti della Guerra

In collina mille croci 
raccontan di atroci 
morti, or sotterra,
di vittime di guerra, 
in geometrie lineari 
di assi che son pari 
agli infiniti 
miei quesiti,
da tormento:
colgo il momento 
e chiedo il senso
del lor consenso.
M'arriva narrazione
di già deprecazione
contro chi ambisce 
potere e non capisce 
quanto sangue versa 
guerra anzitempo persa!

Fra' Domenico Spatola 

lunedì 2 novembre 2020

Fra' Domenico Spatola: È deceduto Gigi Proietti

Basiti alla notizia: ci ha lasciati  nel giorno del suo ottantesimo compleanno. Lo piange il teatro, specchio della vita, alla quale, anche con i personaggi molteplici magistralmente rappresentati, ha voluto dare dignità,  con la bonomia di chi sa ridere delle umane debolezze. La sua dizione perfetta e il suo 'romanesco' han reso grande e affabile la sua comunicativa, coinvolgente e mai banale. Lo rimpiangeremo e di lui ricorderemo la cordialità dell'apparire in TV, accattivante orecchi e cuore.
Grazie, Gigi, in cielo qualche palco sarà riservato a te e alla tua grande arte....

Fra' Domenico Spatola 


Fra' Domenico Spatola: Ripenso...

Ripenso oggi a tutti i morti. Compagni miei futuri che mi accoglieranno nella loro cerchia. Gli interrogativi si affollano: "perché?", "come?" "quando?". Provo rassegnazione col poeta latino del "Non omnis moriar!", Orazio orgoglioso delle sue Odi. Mi è più empatico Epicuro, consolatorio per l'invito ai suoi a non temere la morte, che mai avrebbero incontrato: "se c'è la morte non ci sono loro, e viceversa". Mi conforta il vocabolario, non son detti "morti" ma "defunti", perché hanno compiuto la loro parte e, a testimone, la consegnano a  perfezionarla. Sono "passati" o "trapassati" a miglior vita,  e sognata bella e intensa. Genitori, fratelli, sorelle,   amici, conoscenti... or nelle tombe come seme in attesa di risveglio a primavera. Il loro frutto è già in noi, da loro meritato. L'evento, non banale, è appuntamento con l'Eterno. Percorro del cimitero i viali odorosi di resine di cipressi e olenti crisantemi. Leggo diciture su lapidi vistose o modeste, per immagini catturate  per noi di identità che il tempo non distrugga, e in affido al cuore, per farne memoria. Nutro fede nel giorno che sarà di visione. Ne approfitto per una prece e l'abbandono fiducioso nel Padre che ci ha creato per la vita... da Gesù assicurata eterna.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Tu parli d'amore

Rividi i cipressi:
eran stessi
di quando a dolore,
più grande, cuore 
nutriva mio pianto,
a ultimo canto 
di lacrima interna
per nenia materna.
Quella volta usignolo
raggiunsi in volo
il ramo sporgente,
onde a fremente
pensiero audace
volevo tua pace.
E tu l'hai donata
a me, rinnovata
come ogni anno,
a riparar danno
d'avermi lasciato.
Non abbandonato
ora mi sento,
e, quando tormento 
attanaglia mio cuore,
tu mi parli d'amore.

Fra' Domenico Spatola