sabato 31 luglio 2021

Fra' Domenico Spatola: Io sono il pane vivo

La folla, non vide più Gesù 
che andato era giù
all'altra sponda,
di Cafarnao alla fonda.
Essa salì su barche
di numero non parche.
Trovatolo oltre il mare,
provarono a lui domandare
da quando fosse là.
"In verità
- rispose loro -
non è oro
vostra ricerca.
È alterca
a mia idea la vostra,
che mostra
desiderio sol di pane,
cercate il cibo che rimane
per la vita
che mio dono renderà infinita.
Ascoltate mio consiglio 
per sigillo dal Padre al Figlio.
"Cosa possiamo fare
- chiesero - per operare?
Qual segno tu ci dai?
Quand'erano nei guai
i padri nel deserto
a loro fu offerto
il pan del cielo".
"Non di Mosè lo zelo
diede il pane vero,
e sincero
lo ripeto a tutto tondo:
io do la vita al mondo!".
"Dacci sempre questo pane!"
e lor parole non eran vane.
E Gesù, vista lor fede,
credenziali diede:
"Io sono il pane della vita
e chi infinita
la vuole viene a me 
e risolverà il perché 
e di sua fame
farà strame,
né avrà più sete,
e ore liete
vivrà da sé 
chi crede in me".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della XVIII domenica del tempo ordinario (anno B): Giovanni 6, 24-35

 
24 Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. 25 Trovatolo di là dal mare, gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». 26 Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27 Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28 Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». 29 Gesù rispose: «Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato».
30 Allora gli dissero: «Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? 31 I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32 Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; 33 il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34 Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35 Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.

Alla condivisione dei pani, la folla reagì sperando che quel cibo mai venisse meno. Per averlo sempre, pretesero da Gesù che fosse il loro re. Ma egli, venuto a togliere dalla oppressione, non poteva farsi oppressore. Deluse la folla, che aveva visto Gesù ritirarsi sul monte e i discepoli imbarcarsi per Cafarnao.  Lo cercarono all'altra riva del mare e, trovatolo, gli chiesero: "Rabbì, quando sei venuto qua?"  Ne smascherò le intenzioni: "Mi cercate, perchè vi siete saziati di pani e non avete compreso il segno. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per quello che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà". Provava a orientare su di sé l'attenzione di quella gente che cercava altrove sazietà, nella manna che per Gesù era "cibo che perisce". Si propose "pane vero", perché "sigillo del Padre", che in lui si rivela. 
"Quale opera dobbiamo fare?", chiesero. 
"Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato". Era invito a  fidarsi di lui. Ma essi pretesero "un segno" per credere. Il confronto con la manna di Mosè ai padri nel deserto, non reggeva il paragone: "Non Mosè vi ha dato il pane dal cielo". Quello "vero" solo il Padre può donarlo. "Dà vita eterna e chi viene a lui non avrà più fame, né avrà sete chi crede in lui!"

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 23 luglio 2021

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XVII domenica del tempo ordinario (anno B): Giovanni 6, 1-15

 

1 Dopo questi fatti, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2 e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi. 3 Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4 Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. 5 Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». 6 Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. 7 Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». 8 Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9 «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?». 10 Rispose Gesù: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. 11 Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. 12 E quando furono saziati, disse ai discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». 13 Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. 14 Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: «Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!». 15 Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo.

Raggiungere l'altra riva del mare di Galilea, significò che il cambio di Alleanza era avvenuto. Gesù restituiva al popolo, la Pasqua di cui i capi giudei s'erano appropriati. Le guarigioni operate da Gesù erano  "segno" per la gente che lo seguiva. Ma sullo sfondo l'evangelista ricalcava Mosè, superandone gesti e parole. Anche Gesù salì sul monte, per dare al popolo la legge. Non sarà più in "tavole di pietra", ma nel Pane "suo Corpo". Il discepolo Filippo fu provocato da Gesù a superare l'ideologia meritocratica della Legge con l'alternativa al "comprare il pane per sfamare tanta gente". Non bastavano i duecento denari che possedevano. La cifra era pure considerevole, equivalendo ai due terzi dello stipendio annuale di un operaio. Andrea suggerì di utilizzare "i cinque pani d'orzo e i due pesci" in possesso di un ragazzo. In passato il profeta Eliseo, con "venti pani d'orzo aveva sfamato cento persone" rimanendo anche degli avanzi. A Gesù dei "pani d'orzo" ne bastarono "cinque", e la popolazione era di circa "cinquemila" uomini. Le cifre erano simboliche e tutte in relazione con il numero "cinquanta" della "Pentecoste". Si trattava quindi del sottomultiplo "cinque" e del multiplo "cinquemila". Indicazioni dunque teologiche riferite allo Spirito Santo, il soggetto agente in ogni Eucaristia. Fatti sdraiare tutti  "da signori", nel luogo dove l'erba era dei tempi messianici, abbondante per nutrire e far riposare. "Tutti furono saziati" annotò lo Scrittore e di quel pane avanzato si raccolsero "dodici ceste" per l'Israele che andava rifocillato. A quel punto però la folla equivocò, e non andò oltre il segno. Immatura per accettare la libertà offerta.  Volevano un capo, e Gesù  non era venuto a sottomettere ma a liberare. Recusato perciò il ruolo di "profeta riformatore" perché quella Legge egli la contestava, e il titolo del "Re" che sottomette i popoli, carico di delusione, risalì il monte, e "da solo" come aveva fatto Mosè, dopo avere constatata l'idolatria del suo popolo.

Fra' Domenico Spatola

Dipinto di Giambattista Pittoni 

Fra' Domenico Spatola: Li sfamò con abbondanza

Ancor più viva,
all'altra riva
del mar di Galilea,
la folla volea 
da Gesù venire
per veder guarire
i loro ammalati.
Eran anche tanti gli assetati
che volean sapere,
ed ei, postosi a sedere,
sul monte coi seguaci,
si volse con parole audaci
al discepolo Filippo
come a toglierlo d'inghippo
di sfamare quella folla,
legata a lui qual colla. 
Era solo una prova,
sapea infatti cosa cova
in lui di sentimento.
Ei rispose: "Anche duecento
di monete
non servirebbero a togliere le diete
ad alcuno".
"C'è però qui uno"
disse Andrea
di Galilea,
"con cinque pani d'orzo.
Ma a far lo sforzo
non ci passa per la mente
di potere sfamare tanta gente!".
Incoraggiati a non temere,
Gesù li fè sedere
nel luogo
dove l'erba non era poco, 
e di uomini in fila,
ne contarono cinquemila.
Sui pani il Padre ringraziò 
e li diede poi a chi comandò 
di star seduti,
e per essi, ancor muti 
per le meraviglie,
con le due triglie
dinanzi a quel consesso
fè lo stesso.
Ma fu rottura 
perché a somma loro jattura
lo volean fare Re.
Non comprendeva Gesù il perché.
A debellare il male
era propenso
perciò fu più intenso
suo dispiacere,
per quel potere
che gli volean dare.
Si volle quindi ritirare
sopra il monte,
seguendo di Mosè le stesse impronte.

Fra' Domenico Spatola 
Dipinto di Lambert Lombard

venerdì 16 luglio 2021

Fra' Domenico Spatola: Pecore senza pastore!

Al lor ritorno
a Gesù attorno 
gli apostoli si collocarono
e a lui narrarono
gloriose lor vicende,
che non s'attende.
Udito il lor referto 
li volle nel deserto
condurre a riposare.
Molti però a camminare
veniano verso loro
anche nel tempo del ristoro.
Salirono in barca,
e anche parca,
cercarono una zona 
che all'uopo fosse buona.
Molti li videro partire
e riuscirono a capire 
dove Gesù andava,
e, a piedi, dov'ei stava 
accorsero fin là
da tutte le città.
Vedendo che la folla
non lo molla,
ebbe compassione,
e con utile sermone,
provò ad insegnare: 
tutte infatti volea salvare,
con l'amore
le pecore che non avean pastore!

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra'Domenico Spatola al vangelo della XVI domenica del tempo ordinario: Marco 6, 30-34

30
 Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. 31 Ed egli disse loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'». Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. 32 Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte.
33 Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero. 34 Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Quanto sia durata la missione degli apostoli, non è stato scritto. Tuttavia sembra sia stato un tempo sufficiente per fare danno. Tornati infatti a raccontare quel che avevano fatto e insegnato, la reazione di Gesù non fu di plauso. Accusò il fallimento. Li aveva inviati infatti con altre aspettative. Avrebbero dovuto apprendere, nel confronto con la gente, l'umanità del suo messaggio. Essi invece avevano fatto di testa propria, rinvigorendo nella gente le speranze messianiche circa Israele dominatore sui popoli. Erano euforici, e Gesù chiese calma. Li ritenne bisognosi di riposo prima di ricominciarne la formazione.  Pensò a un luogo lontano da quello disturbato dal continuo andirivieni della gente irretita e anche essa euforica. Accorreva da tutte le città, senza dare tregua neppure per prendere cibo. Per l'evangelista il nutrimento doveva essere la Parola di Gesù. Obbligati così dal Maestro, salirono sulla barca per la riva opposta, solitaria e deserta. La folla però ne intuì, dalla traiettoria, la meta, e accorse, a piedi, nel luogo dell'approdo. Quanto diverso  il trattamento riservato a lui a Nazareth, dove i  compaesani lo avevano sfiduciato! Ma era il suo messaggio di amore universale che appariva loro impopolare, e diverso da quello nazionalistico dei suoi, dagli esiti trionfalistici e sotto gli occhi di tutti. Sbarcato, Gesù vide la folla e ne provò compassione. Tale sentimento squisitamente divino fece ripetere a lui quanto detto da Mosè: "È un gregge senza pastore" (Numeri 27,25). Volle perciò offrire la sua alternativa alla ideologia di potere inoculata dai discepoli, e si mise egli stesso ad insegnare.

Fra' Domenico Spatola


mercoledì 14 luglio 2021

Santa Rosalia, tra mito e storia

1624. A Palermo furoreggiava la peste. In ogni casa si piangeva un figlio morto. I "monatti", becchini d'epoca, erano affaticatissimi con i loro carri cigolanti tra i lamenti dalle case, dove si piangevano i cadaveri da bruciare ai crocicchi. Straziante il corale dolore commosse la Santa. In sogno, indicò al cacciatore dove trovare i suoi resti da portare in processione. Sul Pellegrino, il monte era a lui noto per le battute di caccia. Vi individuò la grotta che, in più occasioni, gli era servita a riparo da pioggia o dal sole.  Scavò nel posto indicato dalla Santa e trovò le reliquie di Rosalia. Il Senato palermitano, vi vide  l'estrema opportunità, dopo tutte quelle tentate invano. Fece portare in processione la Santa in tutti rioni e, al passaggio, si avverò il prodigio. Quel 15 luglio entrò nella grande Storia di Palermo.
Fino a quel momento, tuttavia su Rosalia le notizie erano state scarne, mentre attualmente sono molte le congetture. Può essere stata dama di corte della regina Margherita, moglie di re Guglielmo "il Malo", ma più attendibile potrebbe essere l'altra ipotesi che la dice "monaca basiliana", che, nell'eremo del Monte, aveva cercato il Signore, per le nozze mistiche con lui. Alla Quisquina, in provincia di Agrigento, è tutt'oggi visitabile uno speco nella montagna, dove scolpito è il suo nome nella roccia: "Ego Rosalia, Sinibaldi filia, amore Domini Jesu Christi dilexi hunc locum". Da lì passò sul monte Pellegrino, in cerca della solitudine, così apprezzata dagli innamorati.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: "Viva Palermu e Santa Rusulia!"

Sul monte Pellegrino
concluse il cammino
la nostra Santa,
la cui bellezza incanta
e di virtù fa protezione,
onde nostra devozione. 
È Santa Rosalia
che da peste e pandemia
salva e ci protegge,
senza che la legge
condiziona
lei, nostra Patrona.
Lo speco di Quisquina
lasciò una mattina
per antri solitari
a noi tanto cari.
Varcò la porta
della grotta, ove morta
la trovò il cacciatore,
ispirato dal Signore.
Il dintorno desolato,
ognuno infatti era toccato
da Covid o dalla peste,
con le genti tanto meste.
Ma la Santa disse a lui:
"Finiranno i tempi bui,
se mi portate in processione".
Fu allora l'occasione
del festino 
e, a babbaluci e tanto vino,
ogni anno è lei
che ci libera dai rei
nostri mali
ancor fatali.
A Rosalia, nostra Santa, 
offriamo tutta quanta
la città
e, con voce a voluttà,
gridiamo per la via:
"Viva Palermu e santa Rusulia!"

Fra' Domenico Spatola 

sabato 10 luglio 2021

Fra' Domenico Spatola: Li chiamò a sè

Perché
i Dodici chiamò a sé?
La risposta
è ben riposta
nel di più
che Gesù 
volle con le sue
mandarli a due e due.
Sandali e bastone,
tra le cose buone,
dovevano portare
andando a predicare.
Entrando in una casa
da loro mai evasa
fin quando l'ascolto
del verbo è accolto.
E andarono
e alla gente predicarono
perché si convertisse,
mentre dalle dimore fisse
cacciarono i demòni,
e resero sani e buoni
tutti gli ammalati,
unti e consolati.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della XV domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 6, 7-13

 
7 Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi. 8 E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; 9 ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche. 10 E diceva loro: «Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo. 11 Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro». 12 E partiti, predicavano che la gente si convertisse, 13 scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.

Gesù, rifiutato dal vecchio Israele, s'era costituito il "nuovo", con i Dodici discepoli, chiamati per duplice finalità: "stessero con lui e per inviarli in missione". Il progetto era universalistico e le sue raccomandazioni si fecero necessarie. I discepoli mantenevano i pregiudizi dell'Israele vocato a dominare i popoli. Per fiaccare la loro resistenza, Gesù provò una sua tattica: inviarli alla gente, per imparare l'umanità del suo messaggio. Dovevano cominciare col "dominare lo spirito immondo" del loro nazionalismo. E li apriva al nuovo stile: "a due a due" testimoniare uguaglianza e solidarietà fraterna. Senza bisacce o pane o altro, per mostrare fiducia nel Padre celeste e negli uomini. Consentiti erano solo il bastone e i sandali, perché lunga si prospettava l'itineranza. Niente denari nella cintura, neppure gli spiccioli di rame. Dovevano dipendere totalmente. Vietati i "due vestiti", che solitamente indossavano i ricchi per sfarzo e potere. Dovevano alloggiare nelle case comuni, non nelle sinagoghe, e senza i pregiudizi sui pagani. Anche per i cibi non erano più vincolati ai tabù alimentari, come avveniva con le prescrizioni ebraiche. La pace consegnata, doveva risuonare saluto di fratellanza universale. E contro chi rifiutasse di dare loro ospitalità, andava "scossa la polvere dai sandali". Il gesto era consacrato dagli Ebrei all'indirizzo dei pagani. Ma ora pagani saranno quanti rifiutano il Regno. Ritornati dalla missione, gli inviati raccontarono cose che disattendevano le indicazioni ricevute. Predicarono alla gente la conversione, suscitarono speranze di messianismo davidico e, con le molteplici unzioni, crearono nuove dipendenze. Ma questo Gesù non l'aveva chiesto.

Fra' Domenico Spatola 


sabato 3 luglio 2021

Fra' Domenico Spatola: "Egli è il figlio di Maria"

Quella mattina Gesù in sinagoga
con grande foga 
stava ad insegnare,                     
e chi era lì ad ascoltare,      
chiedea con insistenza:                                 
"Onde a lui viene tanta sapienza?
E inoltre come fa sani
col solo uso delle mani?
Chiunque sa chi egli sia:
il figlio di Maria, 
di professione falegname,
e le dame
sue sorelle
sono quelle
che vivon con noi
e i fratelli, suoi
per l'identica ragione,
Joses, Giuda e Simeone?"
Era come dir che "il sandalo
si scontra con lo scandalo".
Ma Gesù, pupille fisse
puntò su loro e disse:
"Un profeta porta il prezzo
del disprezzo
di parenti e da Nazione
e di odio ne riceve a profusione
in sua casa!"
Per questo qui evasa 
non fu la sua potenza
e tanti non ebbero guarigione
perché solo a pochi d'elezione 
concesse d'essere guariti.
E andò per altri siti
ch'eran d'intorno 
evangelizzando tutti in pieno giorno.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della XIV settimana del tempo ordinario: Marco 6, 1-6

 
1 Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono. 2 Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? 3 Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui. 4 Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5 E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. 6 E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando.

"Patria" e non "Nazareth" è detto dall'evangelista  il luogo dove Gesù era tornato con i discepoli. Colpevolizzato viene così tutto lsraele, refrattario alla novità del Vangelo. Il sabato, Gesù in sinagoga insegnava. I temi trattati erano legati alla Legge e ai Profeti, se coerenti con il suo Vangelo. Quella fu la terza volta di Gesù in sinagoga. Le precedenti consumate a Cafarnao. Nella prima, da Maestro, mise in crisi il magistero degli Scribi. Nella seconda trasgredì il riposo sabatico, guarendo l'uomo dalla mano inaridita. A Nazareth, ricevette il rifiuto in totale indifferenza, e reazione da scandalo. Sconcertati, alle proposte di Gesù, temevano di perdere le certezze, assicurate dai loro scribi: "Da dove gli viene tale dottrina?" E per i "prodigi compiuti da Gesù" avevano pronta la risposta. Convenzionale, perché dettata dai loro maestri: "agiva per stregoneria!". Accusavano Gesù di "fare affari con Beelzebul, il principe dei demoni". E se guariva, lo faceva per attrarre gente e infettarla. Deliranti detrattori, ma attenti a non nominarlo, e per disprezzo impiegavano i pronomi : "Non è costui.... il falegname?" Operaio, lo definivani senza la dignità dell' uomo libero. Ma l'affondo fu col "non è lui il figlio di Maria?". Pesava quell'allusione al concepimento chiacchierato di Maria. 
In quella cultura infatti era sempre d'obbligo, anche con il padre già morto, citare della persona il patronimico. "E dei fratelli?" La domanda aveva creato problemi fin dall'antichità cristiana. Con "fratello" infatti si indicavano diverse relazioni parentali, come "zio", "cugino", oltre quello a noi comune. Ma l'articolo "il" anteposto a "figlio di Maria", assicura certezza di unicità. In definitiva per i compaesani,  Gesù era "scandaloso", e disturbava la vita sociale. Incassato, con amarezza, il rifiuto  Gesù lo ascrisse al destino comune di ogni profeta, che viene rifiutato perché la sua missione è di testimoniare il Dio presente nella Storia, mentre le dottrine religiose lo relegano al passato, senza novità e futuro. Un Dio così serviva a loro per certezze, che quel modello dava,  togliendo la libertà. L'indifferenza dei Nazaretani rese impossibile a Gesù di operare, se non qualche guarigione a favore di chi aveva fede, e lo costrinse ad andare altrove senza potere insegnare e curare la sua gente, refrattaria ad ogni sua proposta.

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto dipinto di Tissot