venerdì 29 gennaio 2021

Fra' Domenico Spatola: La Sicilia in arancione?

Ce la diamo questa smossa?
Usciremo dalla rossa?
E se entriamo in arancione
non è gran consolazione,
ma almeno è consentito
d'accettare qualche invito,
sempre con precauzione,
è la salute che l'impone.
Mascherina sia in dote
e nessun bacio sulle gote.
Ci vuol solo la creanza
e un po' di titubanza
per non beccarsi questa peste
che rinvia tutte le feste.
Spereremo nel solare
di quel giallo
che avallo 
dà a vita più normale
cui aspiriamo a ideale.
Se il vaccino è latitante,
non ci resta, in quest'istante,
che usare tanta prudenza 
e ne potremo fare senza.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Insegnava con autorità

Gesù insegnava
in sinagoga, dove andava
di sabato ognuno.
E dicea ciascuno,
con candore,
l'immenso suo stupore:
"Perché quei messaggi
non eran equipaggi
dei lor maestri
che, in canestri,
tenean altrui dottrina
con cui manfrina
facean d'altri dottori,
e propria autorità non mettean fuori?"
Quand'ecco un uomo impuro,
a muso duro,
cominciò a gridare,
perché volea Gesù stanare
"Nazareno, che vuoi da noi?"
Aggiunse poi:
"Vuoi farci rei?
So io chi tu sei:
il Santo di Dio!"
Subito all'oblio,
lo dannò il Signore
e, con  rigore,
gl'impose di tacere 
e di soprassedere,
uscendo via da lui.
Malmenando colui,
lo spirito impuro
sapea che non duraturo
poteva in lui restare
e, postosi a gridare,
andò via da quello
così che nel cervello 
d'ognuno entrò il timore:
"E' forse il Signore?"
ognun chiedeva,
facendo leva
sul fatto che gli impuri
non eran poi così duri
da non obbedire!"
Fu fama che, ovunque, ognun poté udire.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quarta domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 1, 21-28

 

21 Andarono a Cafarnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare. 22 Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi. 23 Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare: 24 «Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio». 25 E Gesù lo sgridò: «Taci! Esci da quell'uomo». 26 E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27 Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!». 28 La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea.

È un sabato, a Cafarnao. In sinagoga, Gesù ai primi discepoli mostra dove esercitarsi da "pescatori di uomini". Insegnava le Scritture, con la competenza e libertá creativa, sconosciuta agli Scribi. Era soddisfatta la gente, che ne traeva le conclusioni con un severo confronto tra Gesù e i loro maestri: "Parla con autorevolezza non come i nostri Scribi". Aveva gustato parole liberanti. Ma qualcuno, in sala, fremendo in disaccordo, gridò di rabbia. Era "uomo posseduto dallo spirito impuro". 
"Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci!" 
Dissacrante contraddiceva quanto altri aveva apprezzato "parole autorevoli".  Ma l'affondo infine fu sua sfida: "Io so chi tu sei: il Santo di Dio!" Ritornava la tentazione di sempre: il messianismo da "figlio di Davide" chiesto a Gesù. Sventò il Cristo le lusinghe del tentatore: "Taci! Esci da lui!" E perentorio lo esorcizzò per la rinascita con straziante prova per l'ossesso in fatica di morire al passato.

Fra' Domenico Spatola 

martedì 26 gennaio 2021

Fra' Domenico Spatola: 27 gennaio 1945, Giorno della memoria

Fui ad Auschwitz.  Vi andai da curioso: vedere e sapere. Pulita si presentava e ordinata, quella che era stata prima una caserma di polizia. Poi luogo dell'inferno.  Fotografie di persone e cose calamitarono da subito la mia attenzione. M'attardai a guardare e persi il mio gruppo. Ricordo la guida: anziana signora, dai lineamenti contratti e vestiti dimessi, notai le sue lacrime per tutto il tragitto, ma non le chiesi, a pudore. "Non era mestiere - diceva - il suo, ma passione". Interrogavo le foto a costello dei corridoi adattati a turisti. A occhi sbarrati a paura,  chiedevo "perché?" Neanche i cimeli, in mucchi abnormi di scarpe e sandaletti d'ogni misura, e occhiali, e arruffati capelli... e tutto selezionato, mi distrassero dalle foto. 
Birchenau, a tre kilometri, era però il luogo dell'orrore, visibile nei forni diroccati a metà, da chi non fece in tempo a cancellarne il totale ricordo. Stetti in silenzio. Evasi nei pensieri. Sentivo sbuffare il treno e gli assordanti portelloni sferragliati a vomitare carne da bruciare oppure prima a marcire nel disonore di chi tolto avea pudore e dignità. Vidi la nube di fumo che dalla canna sputava cenere che mi piovve a umiliazione per l'umanità. Eppure mi parve vederla pulsare, e a risposta gridare sua libertà!

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Auschwitz-Birchenau, per non dimenticare

Sbuffi a vapore di treno,
strapieno
in piombati vagoni,
che a milioni
ne avean portato di gente,
umiliata e dolente
su cadenzate ferraglie 
e minacciose mitraglie
dell'automa nazista
spietato, che a vista
esibiva arroganza,
e faceva mattanza
col fumo,
in profumo
di carne ardente.
Stav'io dolente
di rabbia e dolore
ascoltando il terrore
in grida innocenti
e d'adulti impotenti
per il sadico rito,
che ancora fatico
a toglier di dosso,
infatti non posso
accettar violenza
di cui pare che senza
non sa star questo Mondo
che di lacrime inondo.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 22 gennaio 2021

Fra' Domenico Spatola: Per dividere con lui nuove emozioni

Quando fu l'arresto di Giovanni, 
che  tra i danni 
fu il più grave di Erode,
che ancor si rode
per la sorte del Battista,
Gesù, per nuova pista,
lasciò la Giudea
e andò in Galilea,
predicando ovunque:
"Il Regno è per chiunque
pone l'ascolto e si converte
e il cuore suo verte
al Vangelo
rompendo il velo
che da lui separa!"
Gesù così prepara
la missione 
invitando a comunione
Simone e Andrea suo fratello,
il cui mestiere era quello
di gettar la rete in mare
per i pesci da pescare.
"Venite a mia sequela
-disse- e, con nuova vela,
andremo a pescare
tanti uomini da salvare".
Lasciarono ogni cosa,
perché nuova era la sposa.
Andando, a rodeo,
vide i figli di Zebedeo:
Giacomo e Giovanni 
che, in barca, come panni
rassettavano le reti.
Anch'essi furon lieti
dell'invito a sua sequela
per la nuova altra tela
da andare a riparare.
Lasciarono dunque il mare,
con padre, barca e garzoni
per dividere con lui nuove emozioni.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della terza domenica del tempo ordinario (anno B):Marco 1, 14-20

 
14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: 15 «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo».
16 Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». 18 E subito, lasciate le reti, lo seguirono. 19 Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. 20 Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.

Erode Antipa, volendo tacitare il Battista, lo rinchiuse nel Macheronte, la fortezza-prigione edificata da suo padre, sulla riva del mar Morto. Da quel momento Gesù iniziò a evangelizzare, lontano dalla ortodossa Giudea. Si recò nella multietnica Galilea, passando per città e villaggi, e annunciando la "buona novella" nelle piazze e nei mercati affollati.  Il "Regno di Dio" era il suo messaggio, alternativo a quello "di Israele". Predicava l'amore, anche per il nemico, e nella modalità del servizio e della condivisione. I suoi erano gli ideali contrapposti a quelli del potere e della cupidigia, fondanti le scalate al dominio. 
La  conversione ("metanoia")  da Gesù richiesta, era opportunità ("kairòs") per il "Regno di Dio". Ormai vicino e per tutti. 
Ma l'annuncio necessitava collaboratori. Gesù li trovò tra i semplici. Unico requisito l'insoddisfazione per la situazione politica e sociale per cui era tanta la voglia di cambiamento. Stavano sulla riva del lago di Tiberiade, per l'evangelista "mare" (come il "Mare Rosso") estremo confine di Israele con i pagani. Simone e Andrea, da pescatori, davano morte ai pesci, il gesto del lancio dalla riva, li dipinge bellicosi e insofferenti. Il popolo viveva oppresso dai Romani, e perciò numerosi erano i movimenti irredentisti per il cambiamento. Gesù offrì la possibilità, alla sua maniera,  invitandoli a seguirlo da "pescatori (salvatori) di uomini". La comune fratellanza venne sottolineata anche della successiva coppia, a modello della relazione tra i discepoli. Stesso invito perciò non fu rivolto a Zebedeo, che, da padre simboleggiava il potere, e neppure agli impiegati, che del potere erano servi.
Giacomo e Giovanni mostravano più attaccamento alla tradizione già col patronimico "figli di Zebedeo". Ma il gesto di "rassettare le reti", allusivo a preparare il cambiamento, li facilitò ad abbandonare il padre e i beni, per seguire Gesù.

Fra' Domenico Spatola 

domenica 17 gennaio 2021

Fra' Domenico Spatola: Anniversario d'un calvario

Ora fa l'anniversario 
ch'è iniziato il calvario,
con chiusure e con divieti
e colori non proprio lieti,
soprattutto il rosso fuoco
che appare, a dire poco,
una sorta di prigione 
che ci fa vivere tensione.
Non possiam restar felici
se privati degli amici.
Il telefono però in azione
ci fa vivere l'emozione
di non esser solitari
e restare ancor gregari
in questo tempo di pandemia,
che non sappiamo cosa sia.
Da un anno l'abbiam scoperta,
e l'invito è dunque "all'erta!",
sperando che sta jattura 
non rimanga duratura.
A Palermo, Rosalia
scacci ancor l'epidemia,
come fece con la peste,
e le promettiamo ancora feste.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 15 gennaio 2021

Fra' Domenico Spatola: Dimorarono da lui

Mentre Gesù passava,
il Battista l'additava:
"Ecco il divin Agnello!"
A due seguaci, bello 
parve seguirlo
e stettero a udirlo:
"Che cercate?"
"Rabbì, dove abitate?"
Dei due fu risposta.
"Venite - diss'ei- e fate sosta".
Andaro in sua dimora
e del fatto ricordaron l'ora:
"Eran le quattro del pomeriggio".
Andrea, a sequela ligio,
tornò indietro
a cercar Simon Pietro,
di cui era fratello
e a lui narrò quello
che avea veduto:
"Il Messia è già venuto!"
Lo condusse da Gesù,
che, fissandolo di più,
disse a lui:
"Simone, tu sei colui
ch'è il figlio di Giovanni,
e per i futuri anni
'Cefa' ti nomerai,
perché pietra tu sarai!".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Seconda Domenica del Tempo ordinario (anno B): Giovanni 1, 35-42


35
 Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36 e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». 37 E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38 Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: «Che cercate?». Gli risposero: «Rabbì (che significa maestro), dove abiti?». 39 Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. 
40 Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41 Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)» 42 e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)».

Accadde al Battista e a due suoi discepoli, di uno dei quali sappiamo il nome: Andrea. Giovanni fissò Gesù mentre passava.  Gli ritornò in mente ciò che aveva visto il giorno prima, "lo Spirito sceso su di lui in forma di colomba". Ora gli toccava testimoniare da "precursore". Additò al Mondo il Messia con parole colte dalla Storia di Israele. Evocò l'agnello che gli Ebrei, in procinto di uscire dall'Egitto,  mangiarono prima del viaggio verso la libertà e il suo sangue sugli stipiti a dissuadere lo "Sterminatore" dal dare morte al popolo salvato. Per il Battista era Gesù quel Agnello, che con sua carne avrebbe sfamato e col Sangue liberato dalla morte l'Umanità. 
Alla indicazione, due discepoli lasciarono il profeta per il Maestro. 
"Che cercate?", fu, non senza conseguenze, la domanda di Gesù che, seguito, s'era voltato. Risposero: "Rabbì, dove abiti?" Sapevano dal primo maestro chi fosse, ma non conoscevano ancora le condizioni per appartenergli. Chiedevano a lui esperienza, e la concesse: "Venite e vedete". Ricorderanno per noi l'ora dell'incontro: le quattro del pomeriggio. Avevano infatti compreso che Gesù era giunto in tempo, per rilevarli dal giorno che chiudeva l'Antica Alleanza e introdurli nella Nuova che iniziava. Volle Andrea comunicare l'evento da subito al fratello Simone, che cercò e trovò. Gli parlò del Messia e lo condusse a lui, ma senza una sua risposta. Gesù lo fissò e, come a commento lo dichiarò: "figlio di Giovanni!" Muto, perché senza convinzione, stette Simone. Solo in finale di Vangelo, Gesù gli potrà dire: "Seguimi!" Fino a quel momento gli resisterà da rinnegarlo tre volte. Gesù  ne diede motivazione: "Ti chiamerai Cefa, perché come una 'pietra' mi ostacolerai, fino a quel momento!".

Fra' Domenico Spatola

15 gennaio 1993: l'addio di Mamma

Della mamma conosciamo due anniversari: la nascita che festeggiamo ogni anno, con torta e candeline, ogni volta più numerose, e quello della morte, che, a pensarci, è nuova nascita. La sua in cielo, e quella dei figli a ricominciare in sua assenza. 
Quasi sei ormai i lustri dalla sua dipartita. E di quel momento, dettagliati in me i ricordi, teneri e terribili, a consolare memoria. 
C'erano "le mie radici", che compresi definitivamente resecate, con il vuoto in conseguenza che mi pareva incolmabile. 
La sera della vigilia, si scusava per non essere "tanto sveglia" (proprio così mi disse!) per non potermi attenzionare, come sempre. 
Si preparava al trapasso, e il mattino successivo, mentr'io lacrimavo per quel mistero, con un sorriso si congedò. 
Fiduciosa in Dio (ne sono certo), si abbandonò tra  le sue braccia. Dimenticavo: si chiama Nina. 
Per una prece.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Ricordo amaro


Ritorna amaro,
o mamma, tuo ricordo caro.
Mi pare ancor d'udire
tua voce a rinverdire 
ogni anno dolore mio,
mentre a Dio 
fo' preghiera 
per la sera 
dell'ultimo saluto,
che desti a me a tributo
in pianto lento,
che ancora sento.

Fra' Domenico Spatola

martedì 12 gennaio 2021

Fra' Domenico Spatola: San Bernardo da Corleone, frate cappuccino

L'intero '600 è passato alla Storia come "Secolo niente felice" per i tanti terremoti, le carestie, le pestilenze e le guerre interminabili, anche di religione. Si aggiungano i governi dispotici, con i quali, particolarmente in Sicilia, i monarchi spagnoli facevano il bello e il cattivo tempo anche attraverso le trenta baronie, che sfruttavano ingenti latifondi in cui, per meglio dominarla, avevano lottizzato l'Isola. In tale panorama socio-politico, visse, per oltre mezzo secolo, San Bernardo, nato il 3 febbraio 1605 a Corleone, in provincia di Palermo. Dal battesimo, "Filippo Latino" fu il suo primo nome. La famiglia numerosa non era agiata e viveva di espedienti occasionali. Filippo di mestiere faceva il ciabattino, ma suo sport preferito era la scherma, esercitata con tale maestria da essere insignito dell'invidiabile titolo di "prima Spada di Sicilia". Vito Canino,  un commerciante palermitano, lo volle sfidare. "Con te mi basta il trincetto che uso per tagliare il cuoio per le scarpe!" Lo irrise Filippo. L'altro però da subito si rivelò osso duro. La sfida impari si faceva pericolosa per il Nostro che, con un balzo entrò in bottega, ad impugnare la spada. Ormai però il duello era senza storia per il sopravvento di Filippo  sull'avversario, scontato e osannato dagli astanti, accorsi numerosi.  Un fendente, che lese irrimediabilmente il tendine del braccio di Vito, chiuse definitivamentela partita. Ma bisognava salvarsi, perché la "sbirraglia", come veniva chiamata la polizia, stava sopraggiungendo ad arrestare  Filippo. Lo scampo glielo diede il vicino convento dei Cappuccini  che, insieme all'ospitalità gli offrì l'incolumità (1631). Fu l'occasione di Dio che, come a Paolo sulla  "via di Damasco", anche a lui offrì conversione. Chiese e ottenne di essere frate cappuccino e, da "uomo nuovo" cambiò  anche il nome: frate Bernardo da Corleone. A Caltanissetta, dopo l'anno di prova ("noviziato"), fu inviato da  "fratello tutto fare" nei vari conventi della Sicilia. Carattere indomito, faceva fatica a divenire "l'umile e penitente", che la storia ci ha tramandato. A Castronovo, per essersi adirato contro un confratello importuno, si punì stropicciando un tizzone ardente sulle labbra. Tanti aneddoti della sua vita, anche miracolistici a noi pervenuti dalla sensibilità del tempo. Innumerevoli anche i momenti di intimità col Signore, fino alle esperienze mistiche di elevazioni da terra, mentre in pregava dinanzi al Crocifisso. Fu noto ai tanti,  soprattutto per l'amore verso i poveri e gli ammalati. Da analfabeta, diceva di conoscere solo "cinque lettere" tutte in rosso, erano le piaghe del Signore crocifisso. Veniva cercato per consigli anche da dotti prelati e notabili. Il 12 gennaio 1667, nella Infermeria cappuccina, presso l'Ospedale grande di Palermo, morì. Fu preziosa la ricerca fatta dal compianto padre Gaspare Lo Nigro, cappuccino (+2003) presso gli Archivi vaticani, di un miracolo del 1787 operato da fra Bernardo in favore di una ammalata. Fu sufficiente per ottenere da Giovanni Paolo II nel 2002 la dichiarazione di santità. Scopo esplicitato dal papa fu anche quello di affrancare Corleone,  ingiustamente infangato da facinorosi degli ultimi decenni. Si ritiene che Alessandro Manzoni per la figura del frate Cristoforo dei "Promessi Sposi", si sia ispirato al nostro "Santo spadaccino".

Fra' Domenico Spatola 

Nella foto: La tomba di San Bernardo da Corleone, presso la chiesa di Santa Maria della Pace (Cappuccini) Palermo.


Fra' Domenico Spatola: 12 gennaio, fra' Bernardo da Corleone.

 
Di Corleone
Bernardo fu il campione 
in umiltà
e grande in santità.
Sia stessa nostra fede
nel Dio in cui ei crede,
e che, da spadaccino,
lo fece Cappuccino.
Con sfida furiosa
e fine clamorosa,
uscì dal mondo
che immondo,
facea arroganza
e di poveri mattanza.
Fra Bernardo fe' la scelta, 
e sua vita fu divelta,
come albero che piantato
nel giardino fu irrigato
dal Signore
e vi fiorì in amore.
Pianse errori suoi passati
e pregò per gli affidati
alle tante sue orazioni
per i cattivi e per i buoni.
In lui ideale fisso
fu il Crocifisso,
cui s'elevava
e perdono a lui implorava.
Oggi sua memoria desta
ciò che in noi resta:
amore a stessa Vita
che fe' la sua infinita.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 8 gennaio 2021

Fra' Domenico Spatola: Il Battesimo di Gesù

Tuo battesimo 
fu l'ennesimo 
atto d'amore 
che tu, Signore,
a sorpresa desti a me. 
Tu il "nuovo" re 
nell'acqua immergesti 
tutti noi già infesti 
di peccati. 
Dallo Spirito svelati 
al Giordano orizzonti
furon novelli fronti 
al nostro sogno, 
che or felice agogno: 
divider con te 
ciò che a me, 
Paterna voce 
svelò di tua croce.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra'Domenico Spatola al Vangelo della domenica del "Battesimo di Gesù" ( anno B): Marco 1, 7-11

7 e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. 8 Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo».
9 In quei giorni Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10 E, uscendo dall'acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. 11 E si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto».
Il Battista era attivo al Giordano. La folla l'acclamava, accorrendo al suo lavacro. "Battesimo d'acqua il mio", si affrettava a precisare. Quello "vero lo darà Chi possiede lo Spirito",  e da "Sposo legittimo" dell'Umanità. 
Onesto fu perciò il Battista a non dichiararsi "messia", né in grado di "scalzarlo". "Il mio battesimo è d'acqua e per la conversione", si premurava a rispondere. Necessario per cambiare condotta e ottenere il perdono. L'esordio ("In quei giorni") consente a Marco evangelista di indicare primordi di nuova era, quella inaugurata da Gesù proveniente da Nazareth di Galilea. Anch'egli come tanti accorse in Giudea, al fiume Giordano, ove Giovanni battezzava. Con i peccatori si accodò, in attesa. Voleva accettare la morte, come quel battesimo significava, ma non al passato, il suo senza colpa, ma al futuro sulla croce. I due racconti, in Marco diventano speculari per reciproca interpretazione. Appena entrato l'acqua di morte,  questa lo respinge, come il sepolcro farà col Risorto. Il cielo si squarcia e sarà imitato dal velo del tempio, perché con il Redentore non si può più nascondere il volto di Dio. Lo Spirito è "colomba" d'amore e di fedeltà al suo nido, Gesù su cui scende a permanenza, e da lui verrà consegnato dalla croce alla sua Chiesa, sposa. L'identità del Cristo si fa a noi chiara, all'udire voce del Padre, invitante all'ascolto: "Tu sei Figlio mio (Salmo 2)", e "l'amato", come  il figlio di Abramo, di cui è richiesta la vita e "nel compiacimento" dell'amore, già all'origine del sacrificio del "Servo sofferente".

Fra' Domenico Spatola

martedì 5 gennaio 2021

Fra' Domenico Spatola: I Magi

I magi erano maghi, tra le categorie disprezzate. Divinatori di stelle, ne corsero a ruolo una, che gli sembrò la più bella. Da circa due anni lassù a far l'occhiolino a loro e invitarli a seguirla. Si guardarono in viso. "Dice a noi?" Si chiesero perplessi. "Vediamo dove ci conduce". Armarono bagagli, caricarono cammelli del ben di Dio che solo l'Oriente produce, e si misero in cammino. La stella in cielo parve gradire. I tre si conoscevano. Vecchi amici di infanzia, e ora assurti a personaggi importanti. "Gaspare -gli chiese Baldassarre- che si dice nel tuo reame?" 
"Son proprio contenti i miei sudditi. Mi vogliono bene, e sono in apprensione perché ho detto loro che per qualche tempo lascerò il regno, per venerare un Re più importante e fare alleanza con lui. E tu, come te la passi?". 
"Non mi lamento. Ma soprattutto sono i miei sudditi felici che tratto da amici". In quel momento sopraggiunse Melchiorre,  l'etiope. L'abbraccio fra i tre fu commovente. Il colore della pelle non era ostacolo a stimarsi. Cominciarono lo stesso cammino, avendo tutti e tre avuto lo stesso messaggio. Si formò la carovana. Ricchi drappeggi e baldacchini, cavalli e cammelli abbardati a ricchezza. E i tanti servi con bauli e canestri esorbitanti mercanzie esotiche e varie da attrarre curiosità tra i passanti. Qualcuno li definì stravaganti. Era forse l'invidia per la felicità di quei visi sereni e gioiosi. Attraversarono villaggi e città,  con l'occhio a guardare la stella. Ma giunti nei pressi di Gerusalemme, essa scomparve. Si unirono a concilio i nostri personaggi e si domandavano il perché.  Facevano calcoli logici: "se il Neonato è il re dei Giudei, deve essere nato nella città del sovrano". Domandavano a quanti curiosi si erano affacciati all'uscio di casa, ma nessuno sapeva che fosse nato da poco il loro re. Anzi, preoccupati per gli strani visitatori, li invitavano a non dirlo   a voce alta  perché il regnante Erode era geloso e anche crudele, e non ammetteva rivali. Comunque della strana compagnia fu avvertito il re che li fece accomodare. Chiese chi fossero e soprattutto il perché della strana visita. Si informò della stella, e li fece andar via col patto che trovatolo, a Betlemme dove lo aveva predetto il profeta, essi tornando da lui venissero ad informarlo. Sulla via indicata, ricomparve la stella. Somma fu la loro gioia e trovata la casa, adorarono il bambino in braccio alla madre. Tra i doni eccelleva l'oro, per la regalità, l'incenso per la Divinità e la mirra, profumo sponsale, per la sua umanità.  
I lontani riconobbero Gesù,  a differenza dei vicini che tenteranno a farlo fuori.

Fra' Domenico Spatola
Disegno di Isabella Ceravolo

Fra' Domenico Spatola: I Magi e la Stella

I Magi, vista la stella
che parve la più bella,
cercarono il Re,
e, ai Giudei che il perché 
avean loro posto,
da essi fu risposto 
che la stella li guidava
al Re che li chiamava.
Andarono da Erode
che vide solo frode,
e, per il trono da salvare,
chiese ove scrutare
a sacerdoti e a chicchessia         
dove nascerà il Messia.
"Da Michea - fu risposto -  
unico posto
è Betlemme 
che a Gerusalemme 
fu preferita".
A risposta, appena udita:
"Andate dunque - disse il re -
e cercatelo per me,
perché anch'io possa adorare
chi voi state a cercare".
Il cammino fu ripreso,
e quel astro, tanto atteso,
ricomparve alla lor vista
e li portò su giusta pista.
Al vedere il Bambino,
lo adorarono divino,
e, come si fa col Dio immenso,
gli offrirono l'incenso.
Ma ci furono coloro
che al Re offriron l'oro,
mentre chi l'umano aspetto
volle più diretto
con la mirra esaltare
potè in lui ammirare
d'umanità lo Sposo
e tra tutti il più affettuoso.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Epifania del Signore : Matteo 2, 1-12

1
 Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: 2 «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». 3 All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4 Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. 5 Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
6 E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele».
7 Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella 8 e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».
9 Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10 Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. 11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12 Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

L'amore di Dio è per tutti. Questo il messaggio della Epifania del Signore. Essa, secondo il nome lo "svela". La Chiesa si scopre "inviata" dal Risorto alle Genti, e, dal Concilio Vaticano II, viene invitata ad entrare nelle loro culture "ad instar Incarnationis" cioè come Gesù che si è incarnato nell'Umanità, accogliendone i condizionamenti.  "Cattolica" dunque la Chiesa, per vocazione "universale".
Le difficoltà per l'ingresso dei pagani, "non circoncisi", sono attestate dagli "Atti" di Luca e dalle "Lettere" di Paolo. I provenienti dal Giudaismo ("Giudeo-cristiani") rifiutavano la radicale "novità" del Cristo, e combattevano Paolo apostolo che si attivava per il superamento dei simboli della appartenenza all'ebraismo: la "circoncisione" e l'osservanza pedissequa della Legge mosaica. I Magi, per l'evangelista Matteo, rappresentano la "novità" portata da Cristo.  Essi, per i parametri religiosi, considerati pagani e peccatori, furono infatti i primi ad accorrere ad adorare Gesù. Anche
i Cristiani del Medioevo ne ritenevano insopportabili le condizioni e, per decenza  ne mistificarono l'identità, facendoli diventare personaggi da favola e con dignità regale. Il Rinascimento li arricchì di fasto in splendidi quadri come nella celebre "Adorazione dei Magi" di Gentile da Fabriano, custodita negli Uffizi di Firenze. Colonia  in Germania, dal Medioevo, custodisce i resti mortali dei Magi, perché sulle loro tombe venivano consacrati i re teutonici. La Stella nel racconto conserva, per l'evangelista, valenza simbolica, perché "l'astro di Giacobbe", a benedizione, secoli prima, era stato preconizzato dal veggente Balaam (cfr Numeri, cap. 24). Si pensó al re David, ma successivamente fu "la stella che avrebbe annunciato la nascita del Messia d'Israele". Erode geloso del trono, da idumeo e perciò illegittimo "re dei Giudei", lo difendeva coi denti, anche assassinando tre suoi figli, sospettati di tentativo per rovesciarlo. Ascoltò i Magi, sbandati inconsapevolmente a Gerusalemme, e chiese per loro a sacerdoti e Scribi dove, secondo le Scritture si sarebbe avverato l'evento. Unanime risposta: Michea, secoli prima, aveva dichiarato "Betlem" la città che avrebbe dato i natali al Messia.
L'indicazione era  corretta. "Andassero pure, ma tornassero a riferire!" Fu perentorio il re, ma subdolo nel congedarli, pur con  l'apparente cortesia. Sul cammino, la stella ricomparve, e la gioia dei Nostri fu immensa. Li precedette e si posò sulla casa. Vi entrarono e adorarono il Bambino ch'era in braccio alla madre. Aprirono gli scrigni a simboli della fede: con l'oro ne riconobbero regalità, con l'incenso divinità  e, con la mirra "profumo degli sposi", proclamarono il "Dio con noi", umano e mortale.
Per il ritorno alle loro regioni, l'Angelo propose strade, alternative a quella per Gerusalemme, divenuta, come già Betel al tempo del re Giosia (VII secolo a.C.), idolatra per ambizione di potere.

Fra' Domenico Spatola

sabato 2 gennaio 2021

Fra' Domenico Spatola: La divina Parola s'è fatta umana

Pensiero vola
a Parola
eterna:
che materna
creò il mondo
e amor profondo
in sangue suo fe' bagno            
all'uom compagno,
per tenebra a rifiuto,
dando a lui l'aiuto,
e farne,
in umana carne,
sua tenda
che renda 
nell'uom presenza 
d'essenza
divina e umana,
che sana
e corregge 
di Mosè la Legge, 
e perché ognun sia figlio 
spuntò l'artiglio
che Adamo avo
avea reso schiavo.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Seconda Domenica di Natale: Giovanni 1, 1-18

1
 In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
2 Egli era in principio presso Dio:
3 tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
4 In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
5 la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l'hanno accolta.
6 Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
7 Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8 Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.
9 Veniva nel mondo
la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
10 Egli era nel mondo,
e il mondo fu fatto per mezzo di lui,
eppure il mondo non lo riconobbe.
11 Venne fra la sua gente,
ma i suoi non l'hanno accolto.
12 A quanti però l'hanno accolto,
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
13 i quali non da sangue,
né da volere di carne,
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
14 E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
15 Giovanni gli rende testimonianza
e grida: «Ecco l'uomo di cui io dissi:
Colui che viene dopo di me
mi è passato avanti,
perché era prima di me».
16 Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto
e grazia su grazia.
17 Perché la legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
18 Dio nessuno l'ha mai visto:
proprio il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre,
lui lo ha rivelato.

Il "Prologo" del Quarto Vangelo è l'inno dell'amore incontenibile  di Dio per l'Umanità. Con esso l'evangelista esplicita il suo ottimismo. Rivoluzionaria è l'affermazione conclusiva:  "Nessuno ha mai visto Dio, ma solo il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lo ha rivelato".  
Le precedenti idee su Dio, erano dunque sbagliate? Certamente parziali e approssimative furono quelle di Mosè e dei grandi visionari della Bibbia. Su Gesù va riformulato il concetto "su Dio", perché "Dio è Gesù". L'indagine del Prologo spazia oltre gli inizi della Creazione, parlando del Logos, progetto, Parola creatrice con cui Dio vuol comunicare agli uomini la sua condizione divina. Per l'attuazione "si fece carne", in condivisa debolezza dell'uomo. Scopo era di comunicargli capacità di amore facendolo vivere non "per Dio" ma "di Dio". Ossia "da figlio" orientato alla quotidiana scelta  dell'amore. Umanizzarsi per "divinizzarsi", e non più da "servi" come imponeva Mosè con la sua Legge, ma da "figli"  somiglianti al Padre nell'amore.

Fra' Domenico Spatola