domenica 31 dicembre 2023

Fra' Domenico Spatola: L'anno che è già... e il 2024 che verrà...

Altro anno consegnato. Per la Storia. Dal "nuovo" attendiamo risposte urgenti, inevase dal vecchio. Altra guerra aggiunta a quella d'Ucraina. Gaza, bombardata senza rete da Israele, per l'attacco proditorio di Hamàs, del 7 ottobre. Si fabricano armi, e floridi sono i guadagni. La fame nel Terzo e Quarto Mondo 
può attendere... anche se continua a gridare vendetta. I belligeranti non dialogano, né sono disposti a farlo. Migranti ininterrottamente approdano sulle nostre coste, e l'Albania, a pagamento, offre l'ospitalità per conto dell'Italia. La nostra economia attinge dalla pubblica sanità, ridotta all'osso e specializzazioni a pagamento. L'Europa non naviga bene, per pressioni di chi rema contro, anche oltre Oceano. In tanti tifano per la sua dissoluzione. Non soltanto esterni e invidiosi. Rigurgiti nazionalistici, e gli Stati, per ferite comunitarie, rognano in attesa. La Francia andrà quest'anno alle elezioni presidenziali. Il rischio dell'antieuropeismo è forte per elettorato dell'ultra-destra. Marie Le Pen ritiene giunta la sua volta buona, e non le mancarono già "i tanti auguri di Salvini". La Germania, stanca della guerra infinita in Ucraina, strizza l'occhio alla Russia. Il suo Gas è appeetibile e gli scambi commerciali non più floridi. E negli Usa, Trump scalpita, riscaldando i muscoli per un rientro da eroe.
Putin si  ripresenta da presidente, e ipoteca quel ruolo per i prossimi venti anni. Ha provveduto a eliminare i concorrenti pericolosi. Novità?  Problemi vecchi scaricati su "l'anno che verrà". Fu boutade empatica di Lucio Dalla, con la sua canzone. Ironica?   Il cuore non è disposto a cambiare. L'egoismo non consente di vedere oltre il naso. Il proprio. E la speranza? Immancabile, per non morire e da infondere ai giovani, perché cambino il mondo come lo vorranno, e credano che la libertà è il valore più grande. Chi la conquista con fatica, la difende. Chi la eredita senza convinzione, la consegna senza rimpianto. Oggi anche papa Francesco è al fronte. Combatte contro la stupidità della guerra e di coloro che lo lasciano solo nella titanica lotta per l'umanità. La Chiesa ha serie ragioni di confrontarsi con il Mondo, e di aprirsi ad esigenze sempre nuove della Storia, con buona pace dei numerosi gufi conservatori, anche "intra moenia", che remano contro gli ideali di Umanità, che suggerisce Cristo nel suo Vangelo. L'anno che verrà sarà ancora perciò più interlocutorio e chiede opportunità di crescita. 

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Il Neonato...

L'anno che verrà... 
Come sarà?
Faccio sogni
che son bisogni
di un bambino neonato, 
nell'anno già iniziato. 
Una mamma al camino, 
e un babbo che il destino
non invia alla guerra 
che furoreggia sulla Terra, 
senza pace né concordia, 
tra i popoli in discordia. 
Un futuro 
più sicuro
sia nel mondo più umano
dove ognuno dà la mano, 
non a pugno chiuso, 
ma aperta per il buon uso
di sollevar chi è caduto
e abbracciarlo risoluto. 
Poi insieme andare avanti
e si cresce tutti quanti! 
Quel Neonato sono io... 
me l'ha detto oggi il buon Dio.

Di Domenico Spatola

sabato 30 dicembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Gesù, delle genti Luce...

Simeone, da profeta,
nel tempio, vieta
a Giuseppe e a Maria 
di percorrere quella via
imposta dalla Legge,
ché, per Gesù, non regge. 
Infatti non riscattabile
è il Dio adorabile. 
Parlò  fosco  
del destino losco
che la Madre porta in cuore, 
e sarà  di dolore, 
come se su lei cada
una tagliente spada. 
Era la Parola
che già fa scuola
perché conduce
a Cristo, delle genti luce.
Anna, da profetessa, 
anche essa
diventa testimone
delle cose buone
che il Figlio compirà
per dar felicità.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della "Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe". Luca 2, 22-40


22
 Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, 23 come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore24 e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.
25 Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; 26 lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. 27 Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, 28 lo prese tra le braccia e benedisse Dio:
29 «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola;
30 perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
31 preparata da te davanti a tutti i popoli,
32 luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele».
33 Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34 Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione 35 perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».
36 C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, 37 era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38 Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
39 Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. 40 Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.

Nel tempio di Gerusalemme, presso la "Porta di Nicanore", si fronteggiarono due "cortei", quello della Legge e l'altro dello Spirito Santo. Nel primo i genitori di Gesù portavano il bambino "per riscattarlo", come prescritto dalla Legge di Mosè. Iahwè aveva risparmiato i primogeniti degli Ebrei, mentre aveva sacrificato quelli degli Egiziani. Per il riscatto, il sacrificio era da poveri: una coppia di tortore. Il rito comprendeva anche la "purificazione" della madre,  "impura" secondo la Legge, per avere partorito. Più logico ritenere il contrario, essendo ogni nascita un "capolavoro divino". A rompere il fatale cerchio, intervenne lo Spirito Santo nella persona del suo profeta, il vegliardo Simone, che "aspettava la consolazione di Israele". Il suo patto era stato con Dio che "non sarebbe morto, prima di vedere il Cristo Signore", e fu esaudito. Così Luca dichiarava insistentemente i genitori di Gesù  "sotto la Legge", mentre di Simone diceva: "mosso dallo Spirito". Egli provò a bloccare l'inutile corteo e, accolto tra le braccia il Bambino, benedisse Dio, dichiarandosi soddisfatto di  "potere andare in pace, avendo visto la salvezza da lui preparata per tutti i popoli". Parlò ai genitori del Figlio "luce delle genti e gloria di Israele".  Fosco tuttavia fu il presagio alla madre. Le contraddizioni in futuro attorno a Gesù avrebbero coinvolto anche lei e, con penetrazione di una spada, avrebbero trafitto anche la sua anima". Sopraggiunse Anna, di ottantaquattro anni, "mossa dallo Spirito Santo" a confermare quanto detto del Bambino. "E i genitori?". Continuarono i riti "secondo la Legge".  Tardarono a comprendere "la novità dello Spirito Santo" che li aveva travolti.

Fra' Domenico Spatola 

domenica 24 dicembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Il bue e l'asinello

Quando Gesù
venne quaggiù
a vivere con noi, 
asini e buoi
si contendevano
la spettanza
a chi toccasse quell'usanza
di scaldare il Bambinello. 
"Tocca a noi", disse quello
che, col raglio più intronava, 
ma il bue lo guardava minaccioso
e, per corna più borioso, 
terrorizzò quel asinello
che, pur ardito e già monello, 
non voleva 
cimentarsi
per aggrapparsi
alla speranza:
"Cambiamo usanza
- disse - e anziché competizione, 
collaborazione
sia il nostro ideale. 
A Natale, 
saremo insieme
e getteremo questo seme
di pacifica convivenza
che, per tutti, è convenienza.
Soffieremo tutt'intorno, 
darem calore tutto il giorno
e, da termosifoni, 
noi saremo dei campioni. 
Piacque idea anche al bue, 
e, a pariglia tutti e due, 
di lor tempo e del coraggio, 
ognun seppe dell'omaggio.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: Il primo Presepe...

A Greccio, nella Valle Reatina, il 25 dicembre 1223, si inaugurò il "primo presepio" da una idea di Francesco di Assisi. Ormai da ottocento anni esso racconta, anche immortalato nei secoli dagli artisti della ceramica e dai pittori, come i fiamminghi, che nel XVI secolo lasciarono capolavori a tema, o gli specialisti del Settecento Napoletano, e i loro eredi che tutt'oggi in via San Gregorio l'Armeno, producono quell'arte mai usurata. Nella notte di Francesco, il presepe fu vivente. Una stalla fu approntata dall'amico Giovanni, con dentro il bue e l'asinello. Erano veri come la mangiatoia, con fieno sopra, a tentare gli animali. Ma stettero buoni, all'ordine di Francesco. Dovevano figurare e soprattutto riscaldare, in assenza di termosifoni. Le pecore belavano, a cori alterni, rendendo suggestiva la rappresentazione con i pastori che suonavano le ciaramelle.  Francesco era estasiato nel mistero. Una fanciulla pudíca, era felice di impersonare la Madonna, e non mancava la lanterna, in mano a Giuseppe per fare luce. Angioletti con le ali raccolte, per l'angustia del luogo, erano i bambini svegli e orgogliosi del ruolo.  A mezzanotte i frati minori salmodiarono  l'ufficiatura, in mistico gregoriano e Francesco in dalmatica, veste diaconale più solenne, proclamò il Vangelo. Rigorosamente di Luca, l'unico tra i quattro, che si attardò a regalarci dettagli di quella notte stellata e con cometa danzante. Tommaso da Celano, coevo biografo, annotò del canto di Francesco la dolcezza nel nominare Gesù. Più d'uno tra i presenti giurò di vedere, tra le braccia del santo, il Bambino Gesù e di sentirlo vagire.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 23 dicembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Annunciazione

Dell'angelo il saluto, 
di stupore muto
fece l'universo. 
L'angelo, con suo verso, 
parlò a te, Maria, d'amore.
Non senza batticuore
provasti a capire:
era grande da udire
quel messaggio
che pur facea coraggio
a te di essere madre
del Figlio che il Padre
da te voleva.
Iniziasti, come Eva, 
l'umanità redenta
non più triste ma contenta 
in stesso amor di figlia, 
che al tuo cuore l'assomiglia. 
Dài risposta
a sua proposta
e a vita nostra il senso 
che orienterà il tuo consenso.

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quarta domenica di Avvento (anno B): Luca 1, 26-38

 
26 Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». 29 A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. 30 L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34 Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». 35 Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. 36 Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: 37 nulla è impossibile a Dio». 38 Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.

L'incarnazione del Figlio di Dio nel grembo di Maria Vergine, è il "mistero fondamentale del Cristianesimo". Per il vescovo Atanasio (IV secolo): "La carne di Cristo è cardine della salvezza", e il Concilio di Nicea (325) lo porrà a fondamento. Il racconto è di Luca. Tipiche sue le modalità dell'annuncio. Gabriele, sei mesi prima, aveva lottato col sacerdote Zaccaria, nel tempio di Gerusalemme, perché incredulo che la moglie Elisabetta, vecchia e sterile, potesse diventare madre. Castigato a rimanere muto. Diversa la risposta di Maria, a Nazareth. Il messaggero non doveva fallire il progetto che avrebbe cambiato la Storia. Maria, richiesta da Dio, di diventare la madre del Figlio, vigile risponde: "Non conosco uomo!". L'angelo vi trovò l'appiglio a ulteriore spiegazione: "Appunto, non sarà opera di un uomo, ma dello Spirito Santo che ti coprirà con la sua ombra e sarài la madre del Salvatore". Aggiunse che anche Elisabetta era gravida. Maria comprese e accettò perché "nulla è impossibile a Dio". Da "serva del Signore" , congedò l'angelo e poté custodire in grembo il "Verbo fatto carne".

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 15 dicembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Gesù e il Battista...

Giovanni, il testimone, 
fu campione
di luce e onestà. 
Diceva solo verità 
a chi l'interrogava. 
Il capo dei Giudei mandava 
a inquisire: "Tu, chi sei?" 
Rispose: "Reo sarei
se mi dicessi il Cristo". 
Speravan nell'acquisto
d'altre prove
e chiesero a lui "dove
attingesse la missione?". 
Con chiara distinzione:
"Io battezzo - disse - in acqua 
che lava e sciacqua 
il pentito peccatore. 
Ma tra voi è il Signore 
che d'Israele è Sposo. 
A lui non oso 
il sandalo scalzare. 
Nello Spirito solo ei può battezzare".
Ciò avvenne oltre il Giordano, 
ove Gesù gli dava mano.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Terza Domenica di Avvento (anno B): Giovanni 1, 6-8.19-28

 
6 Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
7 Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8 Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.

Giovanni 1:19-28

19 E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Chi sei tu?». 20 Egli confessò e non negò, e confessò: «Io non sono il Cristo». 21 Allora gli chiesero: «Che cosa dunque? Sei Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il profeta?». Rispose: «No». 22 Gli dissero dunque: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23 Rispose:
«Io sono voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore
Preparate la via del Signore,
come disse il profeta Isaia». 24 Essi erano stati mandati da parte dei farisei. 25 Lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26 Giovanni rispose loro: «Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27 uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo». 28 Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Il Battista dal nome pari alla missione: Giovanni infatti vuol dire "dono di Dio". Fu mandato per testimoniare "la Luce vera, che illumina ogni uomo". Sarà ucciso da "martire" della verità. A lui, che battezzava nel fiume Giordano, erano venuti gli inquisitori: sacerdoti e leviti, a chiedere ragione della sua scelta di alienare pellegrini e offerte dal tempio. L'avrebbero ammanettato al primo passo falso. Dell' interrogatorio abbiamo il verbale. Da protocollo. "Chi sei?". Seguono le domande. "Sei il Cristo? Sei Elia? Sei il profeta?". Tutte trappole eluse da Giovanni. L'onestà del vero fu sua salvezza. Si disse estraneo alle accuse. Nello sfinimento finale: "Perché  battezzi - lo incalzarono - se non hai credenziali, né umane né divine?". Con la risposta, Giovanni chiarí anche per noi la natura dei due battesimi: quello suo, soltanto "in acqua", per purificare dai peccati, mentre l'altro, quello del Messia, nello Spirito Santo, per dare vita divina. Il ruolo dunque dello Sposo di Israele e dell'umanità,  apparteneva al Messia. Nessuno poteva sottrargli la Sposa, con il rito dello "scalzamento". Andarono via. Mentre a Betania, oltre il Giordano, Giovanni continuò a battezzare. Gesù lo raggiunse. E di quel nome fece tesoro. "Betania" dove essere il nome  delle sue Comunità, per il significato di "casa del povero".

Fra' Domenico Spatola 

sabato 9 dicembre 2023

Fra' Domenico Spatola: In Spirito Santo

Dei peccatori la vista
impressionò il Battista
che, stando sulla sponda, 
aspettava l'onda
per fare puri
i meno duri, 
che, toccati da sua parola
ne seguivano la scuola. 
Erano accorsi, 
colti dai rimorsi, 
da ogni parte
ad apprendere nuov'arte. 
Giovanni era quello, 
che di peli di cammello
era vestito
mentre di Elia il mito
richiamava sua cintura. 
Non cibi cotti né frittura, 
ma a cavallette e miele
più fedele. 
Onesto era il suo messaggio
reso a omaggio
del Messia quello vero
che lui sincero
diceva esser più forte
e si dichiarava senza scorte
da non potere slegare il suo calzare. 
"Il mio battesimo - dicea - solo sciacqua
perché è d'acqua. 
Mentre il suo non è altrettanto, 
perché in Spirito Santo!". 

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Seconda Domenica di Avvento (anno B): Marco 1,1-8

 
1 Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. 2 Come è scritto nel profeta Isaia:
Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
egli ti preparerà la strada.
3 Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri,
4 si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5 Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6 Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico 7 e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. 8 Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo».

Nuova Creazione inizia col vangelo di Marco. Gesù, Cristo e Figlio di Dio, è l'Uomo/Dio che salva Israele e l'Umanità. Proverà a dimostrarlo l'evangelista Marco, da catechista, in sedici brevi capitoli. Giovanni Battista è il Precursore, come annunciato da Malachia, e la sua voce risuonerà dal deserto come anticipato da Isaia. Urgeva prepararsi. Le vie impervie andavano rettificate e le valli appianate. Giovanni battezzando chiedeva conversione. Il vestito di peli di cammello e la cintura in pelle evocavano il profeta Elia atteso. Egli dichiarò di non essere il Messia e il suo battesimo era d'acqua per purificare dai peccati. Dopo di lui, veniva lo Sposo, con ruolo esclusivo, che nessuno poteva sottrargli, con il rito dello "scalzamento". Il suo Battesimo sarebbe stato di vita, perché in Spirito Santo.

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: Giovanni Battista di Leonardo da Vinci 

giovedì 7 dicembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Vergine in candore



Vergin gentile,
in tuo stile
offri a pudore
a Dio con cuore 
grato
da noi disiato
tuo "Sì!". 
Lo dicesti all'angelo quando compì
missione
a nostra compassione, 
e noi da figli volgiam lo sguardo, 
a te, che sei traguardo
e meta, 
che allieta
nostra speranza. 
Con costanza 
ardiamo a ugual sentire
d'amor che fai udire 
dal tuo cuore, 
in niveo candore.

Fra' Domenico Spatola 
(Nella foto: La Nunziata di Antonello da Messina) 

Fra' Domenico Spatola: 8 dicembre 2023, immacolato concepimento della Vergine Maria

L'Immacolata. La Tutta santa, "panaghia" della Chiesa d'oriente. Lo esigeva il decoro (Duns Scoto). Non poteva dunque essere diversamente. Avrebbe nel suo grembo verginale accolto il Verbo. Era percio "ab aeterno" a Dio sacra. Dal primordiale Progetto. Unico e funzionale alla salvezza dell'uomo, già pensato "capolavoro di Dio" , che lo vide nella creazione "cosa molto buona". Nazareth fu l'ombelico del mondo. Da lì si dipanò la più grande Storia. Quella della ragazza vergine, destinata al ruolo di "Regina mundi". Necessitò la mediazione non di un qualunque messaggero, ma dell'Angelo Gabriele, il più forte, come dice il nome. E lei, ignara, veniva custodita "immacolata, tra le vergini compagne". Aveva fatto innamorare Dio, da volerla madre del suo Figlio. Accettò, innamorata anch'essa. Offrì  docilità del cuore come il grembo in candore. "Macula originalis non est in te". Canta l'odierna antifona. E gli umani, a coro, lodano il giorno del suo concepimento, perché "portò gioia all'universo mondo". La notte era passata, e l'aurora preludiava, annunciando il grande Giorno.
(Nella foto: Immacolata del Tiepolo)

Di Domenico Spatola

lunedì 4 dicembre 2023

Sabato 9 e domenica 10 dicembre sarà in vendita il nuovo libro di Fra' Domenico presso la chiesa di S. Maria delle Grazie in S. Lorenzo ai Colli

Sabato 9 e domenica 10 dicembre il nuovo libro di Fra' Domenico Spatola: "A quale Santo votarsi? Un santo al giorno" edito I Buoni Cugini sarà in vendita presso la Chiesa di S. Maria delle Grazie in S. Lorenzo ai Colli (Via delle Ferrovie 54/b) agli orari delle messe, ovvero:
sabato pomeriggio alle ore 18:30
domenica mattina alle ore 10:30
domenica pomeriggio alle ore 18:30
Parte dell'incasso è devoluto alla Missione S. Francesco, la mensa dei poveri gestita da Fra' Domenico Spatola e dai volontari. 
Prezzo di copertina € 13,00

In questa nuova pubblicazione fra' Domenico Spatola illustra, in sequenza da calendario, la vita di tutti i Santi per dare vita al volume che raccoglie un insieme di personalità differenti, di vite più o meno conosciute, di esempi da seguire, di storie da conoscere… E alla fine è spontanea la domanda: A quale Santo votarsi? 

I brani, narrati in prosa, sono intervallati da alcune poesie. 



venerdì 1 dicembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Sei sempre con me





Signore, mi svegli, 
perché io vegli
al tuo avvento,
in qualunque momento! 
Tu in me  già sei, 
e riempi i sogni miei. 
Il desiderio in me acceso, 
l'amore ha già compreso. 
Nel fratello, 
ti mostri a modello:
povero e ammalato, 
forestiero e assetato. 
In loro ti accolgo. 
e presenza tua colgo. 
Ma tu  già in me, 
mio cuor hai fatto re.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Prima domenica di Avvento (anno B): Marco 13, 33-37

 

33 State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. 34 È come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. 35 Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, 36 perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati. 37 Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!».

"Svegli" al suo ritorno. Imprecisato. Ogni istante, ma se assonnati o drogati da idoli del potere e della avidità, potremmo non accorgerci. Il suo "momento" è "kàiros". Occasione misurata in qualità e al futuro. "Krónos", al contrario, è il tempo selezionato dalla memoria come quantità, volta al passato. "Vigilanti" dunque è raccomandazione ai suoi, insistita dal Signore. Per non perdere il "momento" della sua venuta. Quando? Ogni istante. Di notte o di giorno. Partendo, aveva responsabilizzato i suoi, affidando loro con la "casa", anche autorevolezza ("exousìa") per il buon andamento e il felice esito. Ogni membro aveva il suo incarico ("ministero"). Nessuno senza ruolo, e tutti graziati di carismi. Il portinaio (Pietro?), cui viene richiesta la globale vigilanza, e non meno a ogni membro della famiglia in complementarietà del comune servizio. La sua "casa" non è la "vigna" di Israele, dove i dipendenti potevano dissociarsi. La sua è "oikia", il focolare. La casa di Betania è "casa del povero". Al suo ritorno troverà una comunità sveglia, ospitale e operosa nel servizio? Era il suo cruccio. "Vegliare" dunque per aprire al Signore che viene e bussa, nutrendo l'attesa di speranza sponsale: "Maranathà!". È l'invocazione nella notte, a chiusura del "poema di Dio", della Sposa a Cristo Sposo. La risposta dell'Amante è immediata: "Vengo presto!". La paura? Nel "timeo Dominum transeuntem" di sant'Agostino, cioè del "Dio che passa", e io, assonnato, non mi accorgo di lui!

Fra' Domenico Spatola


martedì 28 novembre 2023

Nuova pubblicazione di fra Domenico Spatola edita I Buoni Cugini editori: A quale Santo votarsi? Un santo al giorno.

In questa nuova pubblicazione fra' Domenico Spatola illustra, in sequenza da calendario, la vita di tutti i Santi per dare vita a un volume che raccoglie un insieme di personalità differenti, di vite più o meno conosciute, di esempi da seguire, di storie da conoscere… E alla fine è spontanea la domanda: A quale Santo votarsi? 
I brani, narrati in prosa, sono intervallati da alcune poesie.

Sono Santi
tutti quanti?
Cerco il metro
e non arretro
a misurar la santità. 
Essa è solo carità
che, come figlia, 
a Dio assomiglia. 
Vedo mamme laboriose, 
vedo spose
e come rose
vedo bimbi 
come limbi
che di pace dànno idea.
Mentre rea
quanto insensata
è la voglia assatanata
della guerra, 
che in Terra
ha sua dimora. 
Vogliano i Santi, alla buonora
dare pace
loro face
luminosa, che arrida
e non sarà più corrida
la vita sulla terra
per l'infinita guerra.
Il motivo è da cercare, 
dove si possa ritrovare: 
nell'umano e triste cuore, 
quando vive senz'amore.
Oggi i Santi, 
tutti quanti, 
chiedono a ognuno nuovo impegno
per costruire il divin Regno. 

Fra' Domenico Spatola 

Pagine 223 - Prezzo di copertina € 13,00
Il volume è disponibile:
dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store online e in libreria. 
Inoltre è disponibile: 
Presso la parrocchia di Santa Maria delle Grazie in San Lorenzo ai Colli (via delle Ferrovie 54/b)
 

venerdì 24 novembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Eri tu l'affamato


Chiami me alla tua destra, 
e mi ricordi quando lesta
la mia mano a te aprivo, 
ch'eri quasi semivivo
senza pane e senza vesti, 
e mi chiedesti
compassione. 
Iniziò la mia missione
che ancor vedo, 
aggiungendo al mio credo 
che eri tu quel affamato
da me saziato. 
Ma ora povero son io, 
e mi rivolgo a te, mio Dio, 
tra le lacrime e un sorriso, 
chiedendo a te il paradiso.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Solennità di Cristo Re, XXXIV domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 25, 31-46

 

31 Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 32 E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, 33 e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. 34 Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37 Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39 E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. 41 Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42 Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43 ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. 44 Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? 45 Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. 46 E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».

Una parabola, parafrasata sulla preesistente ebraica del Talmud, dove si diceva che Dio, preso il rotolo della Legge e srotolatolo sulle gambe, giudicava i popoli, in base a quanto vi era scritto. Il contenuto però non era conosciuto da coloro che dovevano essere giudicati, in quanto pagani. Gli ebrei infatti non erano soggetti al giudizio, perché considerato "popolo eletto". La modifica operata da Gesù sta nel giudizio di coloro che non hanno conosciuto Dio, ma hanno agito "come lui e con lui". Ossia, Dio chiederà non se si è creduto in lui, ma se si è amato "come" lui. Egli, nell'usanza del  pastore che separa le pecore dalle capre, dividerà le persone.
A destra (senza implicanze di natura politica) coloro che hanno realizzato il progetto di Dio sulla umanità. Vengono elencate sei azioni relative ai bisogni, alla sofferenza, e alle necessità degli uomini, con le risposte che sono state date. Tutte rivolte ai bisognosi dell'umanità. Quindi  non tematiche della sfera religiosa ma squisitamente umane. Gli invisibili, gli esclusi, vanno amati come li ama Gesù. 
C'è tuttavia il rovescio della medaglia: i "maledetti" come Caino, omicida del fratello. Sono coloro che si chiudono alla vita. Si maledicono da sé, perché Dio non maledice. Si condannano al fallimento e alla distruzione finale, del fuoco inestinguibile. Si chiederanno: "quando non ti abbiamo servito?". Pensavano al culto, alle liturgie, ai canti. Sembra disegnato il quadro dei farisei di tutti i tempi. La sentenza è di Gesù: "quello che non avete fatto a un piccolo, non l'avete fatto a me!".

Fra' Domenico Spatola 

sabato 18 novembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Offri a me fiducia


Signore, mi è tormento
il talento
che m'affidasti.
Ti lamentasti
che, da natura, 
fu di paura
il mio sentimento, 
da sotterrare il tuo talento, 
in campo oscuro,
mi ritenevo allor sicuro
così intatto ritornarlo.
Ma quel tarlo
ancora porto in cuore, 
con tremore.
Dammi fiducia in te, 
che non vedi in me
il peccatore, 
ma il figlio destinato al tuo amore.

Fra' Domenico Spatola 

Commento al Vangelo della XXXIII domenica del tempo ordinario (Anno A): Matteo 25, 14-30

14
 «Poiché avverrà come a un uomo il quale, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi beni. 15 A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità; e partì. 16 Subito, colui che aveva ricevuto i cinque talenti andò a farli fruttare, e ne guadagnò altri cinque. 17 Allo stesso modo, quello dei due talenti ne guadagnò altri due. 18 Ma colui che ne aveva ricevuto uno, andò a fare una buca in terra e vi nascose il denaro del suo padrone. 19 Dopo molto tempo, il padrone di quei servi ritornò a fare i conti con loro. 20 Colui che aveva ricevuto i cinque talenti venne e presentò altri cinque talenti, dicendo: "Signore, tu mi affidasti cinque talenti: ecco, ne ho guadagnati altri cinque". 21 Il suo padrone gli disse: "Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore". 22 Poi, si presentò anche quello dei due talenti e disse: "Signore, tu mi affidasti due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due". 23 Il suo padrone gli disse: "Va bene, servo buono e fedele, sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore". 24 Poi si avvicinò anche quello che aveva ricevuto un talento solo, e disse: "Signore, io sapevo che tu sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; 25 ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra; eccoti il tuo". 26 Il suo padrone gli rispose: "Servo malvagio e fannullone, tu sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27 dovevi dunque portare il mio denaro dai banchieri; al mio ritorno avrei ritirato il mio con l'interesse. 28 Toglietegli dunque il talento e datelo a colui che ha i dieci talenti. 29 Poiché a chiunque ha, sarà dato ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. 30 E quel servo inutile, gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti".

Un talento valeva trenta chilogrammi d'oro, corrispondente a seimila denari e pari a venti anni di stipendio di un operaio. Tre "servi" sono attenzionati, in base alle personali capacità, dal padrone in procinto di partire. Al primo consegnò cinque talenti, al secondo due e al terzo uno soltanto. Non li pretendeva indietro, costituivano infatti la sua opportunità perché ognuno si esercitasse con genialità creativa.  Roba da laboratorio dunque, per innalzarli al suo rango da imprenditore. I primi due raddoppiarono. E, soddisfatto, il padrone li promosse ad azionisti comprimari: "vi darò potere su molto". La tragedia fu del "servo malvagio e pigro". Tale lo appellerà il padrone, perché gli aveva seppellito, mortificandogli, il talento. "Per paura", fu l'autodenuncia. Non stimava il padrone e lo temeva "duro" e che "miete dove non ha seminato". Era l'immagine distorta della religione del Dio, temuto alla scuola di Mosè, che voleva "servi". Non apprezzò perciò il suo ottimismo a distoglierlo dalla schiavitù in cui si era rintanato, e senza desideri di libertà, quale ogni padre auspica al proprio figlio, e per il quale investe tutto il suo amore. Era la cifra che, in Gesù, il Padre aveva investito a favore dell'uomo. Il seguito del racconto, opaco e non privo di angoscia, denuncia il fallimento di chi non aveva compreso che Dio vuole uomini liberi e creativi, al pari di lui.

Fra Domenico Spatola 

sabato 11 novembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Quella notte mi sembrò giorno...



Signore, al corteo di nozze presi parte, 
non conoscevo l'arte
di governar mia lanterna, 
ma tu, con materna 
premura additasti l'amore, 
olio del cuore
ed essa non fu più spenta. 
La tua venuta, lenta
e a mezzanotte, addormentato
dalla tua voce fui svegliato
e di olio piena
la mia fede fece scena
di luce intorno
e quella notte mi sembrò giorno.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXII domenica del tempo ordinario (Anno A): Matteo 25, 1-13

 
1 Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. 2 Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3 le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; 4 le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. 5 Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. 6 A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! 7 Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8 E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. 9 Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. 10 Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11 Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! 12 Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. 13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

Dieci  "vergini". Sono le ragazze per il corteo nuziale. Incaricate di accompagnare la sposa, illuminando il cammino notturno, all'arrivo dello sposo. In mano le torce e, per l'accensione, non poteva mancare l'olio. Da qui il dramma. Cinque di esse ne erano sguarnite. Dichiarate "Stolte". Impazzite, come chi costruisce la casa sulla sabbia. Fallite, per non avere tenuto in conto che, da quel evento, sarebbe dipeso il loro avvenire. Lo sposo giunse quando volle, nel cuore della notte, e trovò le dieci vergini, e addormentate anche le "sagge". La voce, fuori campo, le svegliò per prepararsi al servizio d'onore. Ma le cinque  "stolte", s'accorsero di non avere l'olio nei piccoli vasi. Chiesero solidarietà alle compagne, definite "sagge" per averlo con sé, ma queste si dichiararono indisponibili, perché quel olio non si poteva condividere, facendo parte integrante della torcia. Fuori metafora, l'olio infatti simboleggiava l'amore, come la torcia rappresentava la fede. L'una includeva l'altra, come due faccie della stessa medaglia. Inscindibili dunque, e complementari. "Non chi dice: 'Signore, Signore' entrerà nel Regno dei cieli, ma chi compie la volontà del Padre mio", aveva detto il Signore e, ad eco, l'apostolo Giacomo nella sua Lettera, commenterà che "la fede senza le opere è morta". Dunque, in tempo scaduto, corsero dai venditori a comprare l'ormai inutile olio, perché il corteo si fece senza di loro e, al ritorno trovarono il portone pesantemente chiuso. La voce dello Sposo risuonò implacabile: "Non vi conosco!". Fu la sentenza, senz'appello, al loro grido straziante: "Signore, aprici!".

Fra Domenico Spatola

venerdì 3 novembre 2023

Fra' Domenico Spatola: L'amor sempre a servizio

Gesù, a tue parole, 
non volevi che altre scuole
preferissero tuoi seguaci, 
e che, audaci, 
non seguissero i
precetti dei rei
scribi e farisei, 
che non liberavano il fratello, 
ma lo costringevano a far quello, 
ch'era per loro convenienza.  
Ritenevi un'indecenza
che umiliassero la gente, 
con l'incontinente 
ambizione
di occupare ogni prima postazione 
nei banchetti, 
ma più sospetti
in sinagoga
andavano
con toga,
per essere diversi 
e dominar gli oppressi. 
Col tuo messaggio
chiedevi ai tuoi coraggio 
perché distanza
marcassero
da loro tracotanza
del farsi chiamar "maestro" 
o "padre" per orgoglioso estro. 
Volevi umiltà distinta, 
e di virtù dipinta,
e col chiaro indizio                     
dell'amore a servizio.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXI domenica del tempo ordinario (anno A). Matteo 23, 1-12

1 Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: 2 «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3 Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. 4 Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. 5 Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6 amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe 7 e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì" dalla gente. 8 Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. 9 E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. 10 E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. 11 Il più grande tra voi sia vostro servo; 12 chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.

La diatriba si fece dura, fino alla polemica accesa. Gesù chiedeva ai discepoli di non lasciarsi impressionare dalla dottrina ("lievito") di scribi e farisei. I loro insegnamenti non facevano il bene del popolo. Erano "pesanti fardelli" imposti inutilmente da chi quei pesi non si preoccupava di sfiorarli con un dito. "Precetti di uomini",  li definì e perciò nocivi ai più. Il Dio presentato dagli "pseudo teologi" era costruito a loro immagine, come proiezione della loro bulimia di potere. Sottomettevano in tal modo la gente con spaventosi sensi di colpa, per peccati verso un dio che era l'opposto del Padre di cui parlava Gesù. Puntò il dito contro di loro, per essersi  seduti sulla cattedra di Mosè, millantando di parlare in suo nome. Contrabbandavano infatti le loro ideologie, come volute da Dio, e spesso tutte contro l'uomo e la sua felicità. Negavano soddisfazione ai suoi bisogni più legittimi ed elementari. L'ambizione e l'orgoglio, come la convenienza, erano all'origine di ogni loro scelta. Occupavano i primi posti, appannaggio nei banchetti per essere meglio serviti e, nelle sinagoghe, per distanziarsi dalla gente, pretendevano con spocchiosa esibizione, i seggi più alti, obbligando la gente a sistemarsi ai loro piedi. Ma i discepoli di Gesù non dovevano cadere in queste trappole, per cui andavano evitati i titoli all'origine della disuguaglianza tra fratelli. Il titolo "Padre" andava riservato esclusivamente a Dio e quello di "Maestro", al Cristo, perché guida nella "diakonia", ossia nel "servizio per amore".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: dipinto di Rembrandt

martedì 31 ottobre 2023

Fra' Domenico Spatola: 2 novembre


Si è mesti nel vagare
tra le tombe a ricordare
dei tanti cimiteri, 
dove i morti sono veri.
Mentre in vita si fatica
a immaginare che si dica:
"Ei fu
e non è più!". 
La lezione che qui s'apprende
mette ansia e si comprende
che la vita dura poco
e s'arriva in questo loco
senza mai pensare a quando:
quella data sarà a comando. 
Di chi credi sia il pensiero? 
Fammi uscir dal cimitero. 

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Tutti i Santi

Son Beati
e invocati
a guarire gli ammalati
e a proteggere in Terra 
i poveri della guerra. 
Oggi van tutti ricordati, 
quelli noti che gli scordati. 
A modello li guardiamo
e, se ancor non assomigliamo, 
non dobbiamo disperare. 
Il loro impegno è aiutare
chi non sa ancor andare
per la via di santità. 
Basta avere carità, 
che difficile non è, 
se vuoi sapere il perché,                                    
come a figlio
dàn consiglio
e infondono coraggio per il difficile viaggio
che la vita a ognun prospetta. 
Il finale che ci aspetta, 
a concludere la storia, 
sarà solo di eterna gloria,
e con i Santi in compagnia,
noi saremo e cosi sia!

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: 1 novembre 2023, Solennità di Tutti i Santi: Matteo 1, 12a

1
 Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
3 «Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4 Beati gli afflitti,
perché saranno consolati.
5 Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7 Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8 Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9 Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10 Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

Le "Beatitudini" sono lo Statuto del Regno dei Cieli. Dettate da Gesù sul monte, in sostituzione del Decalogo della Alleanza che fu con Mosè, e con lui ormai obsoleta. Matteo nel Vangelo ripropone stesse movenze dei due fondatori, ma con correttivi vistosi. Gesù, sul monte, siede e non si prostra. Da Maestro. Non riceve le " Dieci Parole", ma detta la sua" in otto proposizioni a omaggio alla Risurrezione. La prima beatitudine interpreta le altre. "I poveri per lo spirito" qualificano maturità, come Dio, che non assorbe, ma comunica energie. Beato chi trova il proprio consolatore se piange, o lo sfama se ha fame, o lo ospita se è senza casa. Il discepolo si fa garante, come Dio per lui, e attesta misericordia o purità di pensieri e diventa costruttore di pace, come "figlio" che assomiglia al Padre. L'ottava beatitudine suggella le precedenti. È la persecuzione del mondo. Non si rassegna a ciò che non lo rappresenta, e perseguiterà chi attua gli ideali, quali il servizio, la condivisione e l'umiltà. Valori portanti del Vangelo che il mondo non può recepire.

Fra' Domenico Spatola