martedì 29 giugno 2021

Fra' Domenico Spatola: Tu sei Pietro...

Cesarea di Filippo era la città a Nord della Galilea ai confini con il Libano. Gesù vi condusse i suoi e con Pietro scambiò una reciproca professione. Il discepolo lo chiamò "Figlio del Dio vivente" e Gesù consegnandogli le "chiavi del Regno dei cieli" lo elevò al rango di "prima pietra della sua Chiesa". L'occasione era stata causata da una predicazione fallimentare fatta dai discepoli in giro per le città della Palestina. Cosa pensasse lui la gente, istruita da loro. Le risposte evocavano personaggi morti è in lui reincarnati: "Elia, Geremia, Giovanni Battista o qualcuno dei profeti". Alla domanda diretta: "Chi sono io per voi?" Pietro, ispirato, rispose pronto: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!" L'equazione con il Dio della vita piacque al Maestro, e Pietro fu promosso a "prima pietra" della erigenda sua Chiesa, aggiungendo che contro essa la morte non potrà prevalere. Da quel evento, Pietro, chiavi in mano, divenne garante della unità e della universalità della missione. Il "primato petrino", ministero del  papa, da vescovo di Roma, in quanto successore di Pietro è il garante della ortodossia della fede e dell'unità e del popolo di Dio, è il sapremo Pastore. Tale "munus"  oggi è servito dall'amore e dalla fedeltà, sotto gli occhi di tutti (e se ne facciano  una ragione i suoi  detrattori!) da papa Francesco che non finisce di stupirci con le aperture provvidenziali, necessarie e dettate dallo Spirito Santo, agli "uomini amati dal Signore". E tutto secondo il Vangelo.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Santi Pietro e Paolo


Di due apostoli acquisto
fece Cristo,
inviandoli nel mondo:
Pietro fu suo secondo
e Paolo, "Vaso d'elezione", 
fu l'araldo della missione
tra i pagani
cui aprì della Chiesa i vani.
Tre volte il Cristo avea negato,
Pietro che da lui fu perdonato.
e nuove furon sue attese.
A lui Gesù chiese
tre volte amore
per affidargli da Pastore
pecore e agnelli,
e perciò anche i monelli.
Dello Spirito fu messo,
allora come adesso 
Paolo fin nei lidi
ove aquila fa suoi nidi.
A Roma giunse a fin viaggio
consunto da fatica e con coraggio, 
e ardore
annunciò il Signore. 
Negli Scritti le passioni
son d'amore e le decisioni 
raccontate nei viaggi
in contrade e nei villaggi
a difendere le Chiese.
Mai si arrese
e dei tanti detrattori
piegò ire e turgori
che aveano per Mosè,
rivendicando a sé 
sol la fede in Gesù Cristo
che ritenne il sol l'acquisto
di sua vita
ancora attiva e mai finita
in suo Vangelo
che, per chi crede, è la sola via al cielo.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: 29 giugno 2021 santi Pietro e Paolo

 

Autentiche colonne della Chiesa. Pietro è presente in tutti i vangeli con ruolo comprimario e a volte antitetico a Cristo per  marcati segni chiaroscurali della sua pronunciata personalità. Figlio di Giovanni o di Giona viene nominato da Gesù, per somiglianze e appartenenze più appariscenti ai due personaggi. Gesù lo avrebbe voluto più somigliante a sé, e glielo chiederà in triplice edizione: mi ami? La risposta non è quella attesa, ma " ti voglio bene", mediato da un "tu lo sai". Egli infatti dopo il triplice rinnegamento non era più sicuro di sé stesso.  Vuol mettersi a sequela del " discepolo amato", ma severo fu il monito: "Tu segui me". Più consapevolezza prende negli Atti, come pastore che deve confermare i fratelli nella fede, e primo lo stesso Paolo, chiamato a evangelizzare le Genti. Lo farà su percorsi interminabili e vie della Storia che segnerà con il suo Vangelo i secoli a venire, dopo avere portato il Vangelo nel cuore dell'Impero. La sua mistica ne fa il testimone dello Spirito e i suoi Scritti sono regalo alla Chiesa nascente che può orientare le sue linee identificanti nelle strutture il mistero di Cristo di cui è fiduciaria nel tempo. Possano i Santi Pietro e Paolo essere sempre meglio conosciuti, perché l'uno con le Chiavi della misericordia e l'altro con la Parola, che come spada penetra nelle profondità del mistero annunciato.

Fra' Domenico Spatola

Dipinto di Guido Reni 

sabato 26 giugno 2021

Fra' Domenico Spatola: "La figlia dorme!"

L'altra riva,
non priva
di folla lungo il mare,
Gesù stava ad aspettare. 
Giairo venuto da sinagoga
lo pregò con foga:
"Mia figlia sta morendo:
vieni correndo,
a imporre la tua mano
e suo corpo sarà sano!"
Andò anche la folla
che non lo molla.
Quando, una donna che, da dodici anni
pativa danni
di perdite di sangue
fino a rimanere esangue
per dottori
che le facean fuori
il denaro
mentre in lei amaro
restava il desio
e di guarire il sogno pio.     
Accostatasi a Gesù,
disse: "Basta che più
gli tocco il lembo del mantello
che m'accadrà quello 
che ho aspettato invano".
Gesù avvertì la mano:
e disse: "Chi m'ha toccato?"
Qualcuno da "insensato"
allor lo reputò:
"Tanta è la folla e vuoi chi ti toccò?"
 La donna si fè avanti
e disse a tutti quanti
d'essere guarita
dall'antica sua ferita 
E Gesù, a lei prostrata,
disse: "la fede t'ha salvata!"
Andò e da gente invasa
di Giairo vide la casa:
ma la figlia ch'era morta
presto sarà risorta.
Tutti ei fece uscire
per farla sol dormire. 
Da ognun fu derisione
e, venendo a conclusione,
con lucida sua mente
Gesù disse alla dormiente: 
"Alzati e cammina!"
L'udito in lei s'affina
e mossasi dal letto
incontrò in Gesù il diletto.

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: dipinto di Repin

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della XIII Domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 5, 21-43

 
21 Essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. 22 Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi 23 e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva». 24 Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. 25 Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia 26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, 27 udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: 28 «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». 29 E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.
30 Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?». 31 I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?». 32 Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33 E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34 Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male».
35 Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36 Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, continua solo ad aver fede!». 37 E non permise a nessuno di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38 Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. 39 Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40 Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina. 41 Presa la mano della bambina, le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico, alzati!». 42 Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43 Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.

Un nuovo passaggio in barca  e Gesù raggiunse la sponda occidentale del mare di Tiberiade, abitata da Ebrei. La folla si stringevs a lui, ed egli sulla riva additava a tutti il mare per l'universalismo del suo messaggio. Favoriva in tal modo l'incontro di Israele con le "isole", come venivano chiamate dal profeta Isaia (cap. 49) le terre dei pagani. La scena si animò all'arrivo di Giàiro, il capo della sinagoga. Era venuto a perorare la salute della figlia "dodicenne" in fin di vita. Da collega di coloro che avevano scomunicato Gesù, avrà suscitato qualche disagio o mugugno tra gli astanti. Ma in quel momento agiva come padre. Prostratosi, implorò Gesù: "Vieni a imporre le mani a mia figlia, gravemente malata, perché sia salva e viva!" Gesù lo seguì. Frattanto sorprese tutti, lungo il tragitto, una donna che, da dodici anni, pativa perdite di sangue. Aveva sentito parlare di Gesù, e come sua ultima speranza, lo inseguiva tra la folla, persuasa che se avesse potuto toccare il lembo del suo mantello sarebbe guarita. Aveva infatti perduto soldi e speranza con medici incapaci, per "dodici" anni. Il numero, nella penna dell'evangelista, ammiccava a Israele: dodici erano infatti le sue Tribù. E questo era il numero degli anni della infermità della donna e della età della figlia di Giairo. Denunciava così il legalismo imperante in Israele, come causa di sofferenza e di morte. Toccato a fatica il lembo del mantello di Gesù, la donna sentì arrestarsi  l'emorragia, mentre Gesù avvertiva uscire da sé una energia. "Chi mi ha toccato?" domandò, con grande stupore di tutti quelli che provarono anche a ridicolizzarlo, essendo grande la ressa della gente che lo attorniava. Ma la donna, come stanata, uscì dal riserbo e dichiarò la sua fede. Gesù la elogiò ritenendola "causa" della sua salvezza.  Dalla casa di Giàiro intanto, qualcuno portava la notizia che "la fanciulla era morta". Intendeva così fermare l'inutile corteo. Ma Gesù invitò il padre a credere e, contro l'evidenza, dichiarò: "la fanciulla non è morta, ma dorme". A casa le prefiche e i suonatori di flauti facevano rituali lamenti, ma Gesù li volle allontanati ed entrò, con i discepoli di sempre, in quella che, da stanza dei genitori, era diventata "camera ardente". Gesù, rivolto alla ragazza, disse: "Talita kum!". E, come chi chiede la mano alla futura sposa alla presenza dei genitori e dei testimoni prescelti, le diede la sua, invitandola ad alzarsi. L'offerta fu nuziale. E, con gesto da "Sposo", Gesù impalmava l'Umanità.

Fra' Domenico Spatola


mercoledì 23 giugno 2021

Fra' Domenico Spatola: 24 giugno 2021, nascita di San Giovanni Battista

La "deesis" (dal greco "supplica") ritrae il Battista con la Vergine Maria, prostrato davanti a Cristo in trono. Furono i primi a riconoscere in Gesù il "Dio con noi". L'iconografia bizantina evidenzia del Battista l'unicità del ruolo. Dal grembo materno fu profeta. Danzò per il Verbo incarnato nel grembo di Maria, suggerendo, nella pienezza dello Spirito Santo, a Elisabetta parole di verità per la Madre del Signore.  I luoghi della sua crescita furono lontani dalla istituzione religiosa,  nella quale Zaccaria suo padre, da sacerdote era integrato fino alla sordità refrattaria alla novità dell'Angelo. Rimase muto. La madre di Giovanni invece magnificò Maria "la nuova Arca" del Signore e disse: "Beata te che hai creduto!" Il deserto, luogo di rottura con la società, fu scelto da Giovanni in dissenso con il culto gravoso e infecondo del tempio. Gli bastava poca acqua dal Giordano, ma esigiva sincera conversione per la salvezza. Piacque a Gesù adulto, e con lui iniziò da discepolo. Gli chiese il battesimo, che Giovanni  gli conferì, ma volle chiarire: "Non sono io lo Sposo di Israele. Colui che aspettate è arrivato e non va scalzato!". Per Giovanni urgente era la conversione per il giudizio imminente della Storia.  Il  Messia armato di scure e di fuoco, stava per purificare "l'aia dalla pula". Erode Antipa, rimproverato di immoralità, lo temeva piuttosto come rivoluzionario e capo-popolo in grado di sollevargli contro la gente sottomessa e insoddisfatta del suo regime (Giuseppe Flavio). Il Macheronte fu prigione disagiata e afosa sulle rive del Mar Morto che accolse Giovanni negli ultimi anni terreni, e la sua decapitazione fu regalo del tiranno alla seduttrice ballerina Salome, figlia di Erodiade, che di Giovanni pretese la testa su un vassoio. Gesù elogiò il Battista, "più che un profeta". E lo invocò da "suo testimone" al processo, intentatogli dai capi dei Giudei. Sobrio nel cibo da beduini: cavallette e miele selvatico. Soprattutto austero nel "vestito di peli di cammello e cintura di cuoio", a ricordare Elia, il "profeta del fuoco" insofferente con i nemici di Iahvè che provava sempre a bruciare. Anche dal carcere Giovanni, irrequieto, pretenderà da Gesù qualcosa di simile. Ma l'invito alla moderazione, nello stile inaugurato dall'amore e dalla pazienza con i peccatori, gli verrà consegnato in carcere dai discepoli mandati da Giovanni a "ultimatum" per sollecitare Gesù alla rivolta.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: 24 giugno 2021, san Giovanni Battista

Tutti gli anni
vien San Giovanni,
il profeta
che a meta
additò in Gesù l'agnello
chè degli uomini sia modello.
Del Battista, a coraggio,
il messaggio
fu annunciato,
e, dove il  Cristo battezzato,     
a lui chiesero del Messia.
"Non pensiate che io lo sia!"
Ei rispose con riluttanza
a chi chiedea con arroganza.
"Io infatti non son degno
di sottrarre a Gesù il Regno,
ch'è lo Sposo della sposa
e nessun altro infatti osa".
Che Giovanni fu austero 
fu del Cristo il sincero
elogio in verità 
reso a lui per onestà.
Oggi è il giorno in cui ei nasce
e la Chiesa venera in fasce
lui che da Dio fu inviato
perché venisse additato
chi è l'Agnello e il Pastore   
del suo gregge il Salvatore.
Del Battista vita lesta 
perché per Cristo offrì la testa
al tiranno che l'avea perduta
per Salome "la prostituta".
Essa ballò da mane a sera 
ammaliandolo qual sirena
sì da offrirle metà del regno.
Ma non volle altro pegno
che il vassoio con la testa
del Battista che per la festa
di Erode, il re matto,
quello fu il macabro piatto.
San Giovanni, che dello Sposo 
fu l'amico più amoroso,
faccia sì che a convinzione
sia la nostra conversione.

Fra' Domenico Spatola
Dipinto di Leonardo da Vinci

sabato 19 giugno 2021

Fra' Domenico Spatola: Quella sera... fu bufera

Avvisaglie di bufera
quella sera,
quando appetiva
a Gesù l'opposta riva.
Intanto come colla
a lui era la folla,
ed ei la congedò
e con i suoi s'imbarcò.
Agivano di lor testa
e invece fu tempesta
e grande baraonda
del mare che sua onda
versò in barca
che d'acqua non fu parca.
Gesù dormiva a poppa:
"Non vedi che ci accoppa
il mare sì agitato?"
Con fare angosciato,
gli dissero a spavento
per il mare e per il vento.
Svegliatosi dal sonno
domò allor qual tonno.
il vento che cessò
e il mare s'acquietò
Rivolto ai seguaci
li vide non audaci
e chiese: "Perché,
non avete fede in me?"
Ma essi con timore
chiedean se il Signore
ei fosse per l'obbedienza
a sua divina onnipotenza!

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Dodicesima domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 4, 35-41

 
35 In quello stesso giorno, alla sera, Gesù disse loro: «Passiamo all'altra riva». 36 E lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano delle altre barche con lui. 37 Ed ecco levarsi una gran bufera di vento che gettava le onde nella barca, tanto che questa già si riempiva. 38 Egli stava dormendo sul guanciale a poppa. Essi lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che noi moriamo?» 39 Egli, svegliatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!» Il vento cessò e si fece gran bonaccia. 40 Egli disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?» 41 Ed essi furono presi da gran timore e si dicevano gli uni gli altri: «Chi è dunque costui, al quale persino il vento e il mare ubbidiscono?»

Aveva predicato il Regno di Dio, a vocazione universale. La parabola del "chicco di senape" cresciuto nell'orto per nutrire gli uccelli, doveva educare i Dodici all'apostolato senza preferenze di razze o di religione. 
Ma essi, radicati tenacemente nell'ebraismo, rifiutavano la missione ai pagani. Da qui la disattesa del comando di Gesù di "passare all'altra riva" del mare di Tiberiade, perché la sapevano abitata prevalentemente dai non Ebrei. La distanza di 16 kilometri, quella volta parve loro infinita, per la fatica di raggiungerla. Il vento infatti era forte e contrario e sollevava onde paurose da coprire la barca. Il rischio di affondare era palmare come lo spavento che si impadronì dei discepoli. Quella tempesta tuttavia suggerì all'evangelista il parallelo con la vicenda di Giona. Anche egli fu refrattario all'ordine divino di predicare a Ninive per la conversione e la salvezza di coloro che il profeta riteneva tradizionali nemici di Israele. Anche se Gesù era in barca, tuttavia appariva immobilizzato come un morto dalla tracotanza dei suoi: disteso a dormire a poppa col capo sopra un cuscino. Era stato esautorato dalla caparbietà dei discepoli e perciò si riteneva impotente ad agire. Il narratore denunciava in tal modo la fatica della Chiesa del suo tempo nell'evangelizzare i "non circoncisi", che non provenivano dall'ebraismo. Il racconto si fa movimentato fin dall'inizio. I discepoli sequestrarono Gesù, sottraendolo al gruppo delle altre barche che provenivano dal paganesimo e, senza pregiudizi di religione o di razza, aderivano facilmente al Vangelo. Frattanto era in mare aperto il pericolo di affondare, quando resisi conto che senza di lui non potevano salvarsi, come disperati lo svegliarono: "Non ti interessa - gli gridarono - che periamo?". Lo accusavano di disinteresse? Ma per loro il rimprovero del Maestro fu energico: mancanza di fede! Poi ingiunse al vento: "Taci!" Era il silenzio che voleva dai discepoli per ascoltare la sua Parola. Quietate le acque, continuarono tuttavia a stupirsi e, ancora privi di fede, si domandavano: "Chi è costui al quale il vento e il mare obbediscono?" Il loro cammino sarà in salita e richiederà loro altre conquiste di fede, e molte anche in tappe decisamente dolorose.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: dipinto di De Chirico

domenica 13 giugno 2021

Fra' Domenico Spatola: Ode a Sant'Antonio di Padova

Con Francesco
stesso desco
condivise a ideale
contro il male.
Dal mare
a predicare
venne ai Minori,
ad annunciar tesori
del mistero, 
col sincero
suo sermone
che ormone
fu a pesci tanti 
tra le onde fluttuanti.
Ma di fede la misura 
superò contro natura
con la mula inchinata
alla Ostia consacrata.
Ezzelino, prepotente,  
denunciato da demente
per l'offesa al Creatore, 
e del cuore
dell'avaro 
indicò dove più caro 
tenea tesoro: 
tra l'argento e tanto oro.
Sant'Antonio ci protegge
dalle bombe e dalle schegge
e, a segno del suo amore,
fa a noi dono del suo cuore.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 12 giugno 2021

Fra' Domenico Spatola: "Qual il segno per parlar del Regno?"

Disse Gesù: "Il divin Regno
nel seme ha il segno.
Un uomo lo getta sul terreno
e di vita cresce pieno.
Dorma o vegli, giorno e notte
il seme cresce e non fa lotte:
senza dunque la fatica
sullo stelo piena è la spiga,
e quando di frutto è già matura
per la falce è mietitura".
Poi disse con novel ingegno:
"A che paragonerò il Regno?
Alla senape, il cui granello
tra i semi è piccolo e tenerello,
ma seminato nel terreno
come alieno
cresce nell'orto
e tra tutti è il meno corto,
così che uccelli d'altri lidi
tra suoi rami fanno i nidi"
Con parabole facea scuola
per annunciare la Parola,
nè usava altra maniera,
ma solo ai suoi spiegava a sera.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Undicesima domenica del tempo ordinario (anno B): Matteo 4, 26-34

26
 Diceva: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; 27 dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. 28 Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. 29 Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura».
30 Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31 Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; 32 ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra».
33 Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. 34 Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.

Gesù provò ancora, con parabole, a rendere comprensibile il suo messaggio. Sapeva che la gente era stata educata a nutrire le attese di rivalsa su tutte le Nazioni. Il "Regno" annunciato da Gesù poteva apparire inaccettabile. Il genere della "parabola" era dunque arguzia che consentiva a Gesù di ricondurre, senza traumi gli interlocutori, al proprio  punto di vista. La parabola dei "quattro terreni" aveva significato le diverse risposte del terreno. Ad essa Gesù fece seguire quella del seme che manifesta le sue potenzialità. Il contadino lo getta nel terreno e, senza ansia, ne rispetta i tempi della maturazione: "prima spunta lo stelo, poi la spiga nello stelo e infine il chicco pieno nella spiga". Il frutto maturo infine "si consegna", e "la falce" fa la sua parte della allegra "mietitura". Tale è la maturazione di chi "si offre" quando raggiunge il compimento della crescita. Così aveva fatto il Battista e altrettanto farà Gesù offrendo pienezza di dono. La maturazione individuale di ciascuno consente quella collettiva del Regno. Con "la parabola della senape", Gesù evidenzia gli effetti del seme e di coloro che lo accoglieranno. Scandalosamente minimalista poteva apparire l'umiltà del modello: il chicco di senape, era troppo piccolo per confrontarlo al Regno. Cresce nell'orto ma diventa, tra gli ortaggi, il più alto. L'immagine contrastava volutamente con quella del cedro del Libano usata da Ezechiele, più atto a descrivere di Israele il Regno davidico per gli alti monti su cui cresce e rami da dominare gli uccelli, dove sono adombrati i pagani, che vi nidificano, sottomessi, all'ombra. La senape adottata da Gesù a immagine del Regno, cresce nell'orto e non mostra attitudini al dominio. I  pagani, come gli uccelli ghiotti dei suoi semi, potranno trovarvi nutrimento. Se tuttavia le parabole servivano per evitare traumi alla gente, ai discepoli il messaggio andava chiarito e, in privato, spiegata ogni cosa.

Fra' Domenico Spatola

giovedì 10 giugno 2021

Fra' Domenico Spatola: Cuore di Gesù

Cuore ferito,
con tuo dito 
a me 
dici perché 
di tuo dolore. 
Ferita del cuore 
apre a me cielo 
e del vangelo 
mi rendi tuo amico
A te dall'antico
affido mio amore 
che esplode dal cuore 
e dice perdono 
a chi a suono 
tua Parola
fa spola 
e lega mio amore 
al dolce tuo Cuore.

Fra' Domenico Spatola

Nella foto: Dipinto di Rubens 

11 giugno 2021, venerdì del Sacratissimo Cuore di Gesù: Giovanni 19, 31-37

 31 Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via. 32 Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all'altro che era stato crocifisso insieme con lui. 33 Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34 ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.
35 Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36 Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. 37 E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.

La "Parasceve" per gli Ebrei era vigilia di Pasqua, memoriale annuale di liberazione dall'Egitto  vissuto con scrupolo ossessivo di "purità" legale, per cui numerosi erano gli ostacoli. Quel giorno, i corpi crocifissi andavano rimossi e, se non ancora "morti", gli si spezzavano le gambe per affrettarne il decesso. Capitò ai crocifissi con lui, ma, per Gesù, superfluo fu il "crurifragio". Era già morto. Un soldato tuttavia, con la lancia, perforò il fianco destro, dal quale sgorgò, come da sorgente vitale, sangue ed acqua. Fu illuminazione per l'evangelista che testimoniò dello Spirito i simboli della Chiesa: l'acqua del battesimo e il Sangue della Eucaristia. Se dalla costola di Adamo era nata Eva, da quella di Gesù nasceva la Chiesa cui il Cristo portava in dote il Sangue. Fu ermeneutica della Scrittura che parlando dell'Agnello pasquale asseriva che "non gli sarebbe stato spezzato alcun osso". Era Gesù "il vero Agnello" ma anche "l'autentico Pastore". A lui "il Guaritore ferito", volgeranno lo sguardo quanti anelano a libertà.

Fra' Domenico Spatola

Nella foto: Dipinto di Simone Martini

sabato 5 giugno 2021

Fra' Domenico Spatola: Condividiamo amore.

A darci cose sane
Tu ti facesti Pane,
e a comun destino
ti offristi Vino.
Tuo sangue
su mensa langue
a garantir perdono:
speciale fu il dono
della nuova Alleanza. 
Essa, che da morte scanza,
e dal peccato,
fu il tuo ritrovato.
Eravam perduti
ma ora, convenuti
a scuola del tuo cuore,
condividiamo amore.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo del "Corpo e del Sangue del Signore": Marco 14, 12-16.22-26

12
 Il primo giorno degli Azzimi, quando si sacrificava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?» 13 Egli mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate in città, e vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d'acqua; seguitelo; 14 dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: 'Dov'è la stanza in cui mangerò la Pasqua con i miei discepoli?'". 15 Egli vi mostrerà di sopra una grande sala ammobiliata e pronta; lì apparecchiate per noi». 16 I discepoli andarono, giunsero nella città e trovarono come egli aveva detto loro; e prepararono per la Pasqua.
22 Mentre mangiavano, Gesù prese del pane; detta la benedizione, lo spezzò, lo diede loro e disse: «Prendete, questo è il mio corpo». 23 Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, e tutti ne bevvero. 24 Poi Gesù disse: «Questo è il mio sangue, il sangue del patto, che è sparso per molti. 25 In verità vi dico che non berrò più del frutto della vigna fino al giorno che lo berrò nuovo nel regno di Dio».
26 Dopo che ebbero cantato l'inno, uscirono per andare al monte degli Ulivi.

"Azzimo" è il pane non lievitato. Insieme all'agnello sacrificale è simbolo della Pasqua ebraica. I discepoli volevano preparare a Gesù la cena tradizionale nel rito delle salse e delle erbe amare per accompagnare i cibi più rappresentativi del "ricordo": gli azzimi e l'agnello. Gesù non era d'accordo. La sua Pasqua non doveva avere nulla di tradizionale. Era la sua. Doveva essere un inedito e senza la menzione di alcuno dei cibi prescritti. Da Betania, inviò due discepoli a seguire "l'uomo con la brocca piena d'acqua". Possibile identificarvi  il Battista, per l'acclarato segno della conversione. Egli li avrebbe condotto dritti da chi aveva preparato la stanza al piano superiore, cioè dal Padre per il suo divino progetto d'amore. Ambiente alto dunque e anche grande perché destinato a tutti, e addobbato per la bellezza del progetto da attuare. A tavola Gesù prese e benedisse un pane. Imitava, Mosè che aveva preso la Legge, ma per sostituirla. Il pane ormai non era una legge esterna ma il suo Corpo, che si rendeva intimo e presente in chi lo mangia. Lo stesso farà col calice, coppa dell'Alleanza nuova ed eterna su cui rese grazie (eucaristia). Tutti lo condivisero perché non basta riconoscere in Gesù il modello, è necessario condividerlo. L'Alleanza non sarà più la stessa. Il suo Corpo nutrirà e il suo Sangue rigenererà vita per sempre, attuando l'ideale stesso di Gesù: "essere Uno, con chi mangia il suo corpo e beve il suo Sangue, come egli è Uno con il Padre". Una contraddizione cronologica si potrebbe rilevare nella coincidenza temporale dei due eventi: Cena e Sepoltura, come rilevabile dalla medesima dicitura: "il primo giorno degli Azzimi". Non fu una svista di Marco ma è il suo consapevole insegnamento teologico. I due eventi infatti, sono per lui facce della stessa medaglia, e l'intento è che ognuna spieghi l'altra: l'eucaristia infatti va letta alla luce della morte in croce. Si comprenderà la prima se si accetterà l'altra. Perché ambedue testimoniano ciò che per il Signore costituisce "l'amore più grande, di colui che dà la vita per gli altri".

Fra' Domenico Spatola

martedì 1 giugno 2021

Fra' Domenico Spatola: 2 giugno 2021: la Repubblica italiana compie 75 anni

2 giugno 1946. Referendum: Repubblica o Monarchia? Premiata la prima con due milioni di preferenze in più. La Costituzione con 139 capitoli sarà approvata il 27 dicembre 1947 ed entrerà in vigore l'1 gennaio 1948. Settantacinque anni fa dunque la Repubblica italiana nasceva, dalle macerie di guerra e con febbricitante attesa di rinascita. Il Fascismo per un ventennio aveva tenuta l'Italia in ostaggio, dopo i chiaroscuri della prima grande Guerra, ultima di indipendenza per i confini più ampi e unificanti in Nazione le regioni e i popoli diversi per culture e dialetti. Ci provò, a suo modo, il duce, con metodi non democratici. Provò a spegnere luci come le voci diverse. E, in monotono grigio, spinse l'Italia nel baratro della guerra, affiliandosi all'alleato più sbagliato, ma immaginato vincente. Risorse l'Italia a fine guerra dalle  ceneri, come "araba fenice". La ripresa degli anni Cinquanta fu stentata. Gli Italiani erano ancora asciutti e magri e uniti da Sanremo, con le canzoni che scacciavano tristezza dai monumentali giradischi per vinile. Il Neorealismo italiano nel cinema raccoglieva i frutti migliori. Vennero gli anni Sessanta: la ripresa economica questa volta parve folgorante. La televisione in ogni casa e anche il telefono appeso al muro. Conquista non meno grande fu il frigorifero, immancabile in ogni cucina.  L'America aveva votato il suo presidente. Kennedy lo sentimmo di tutti e ne piangemmo l'uccisione. Affascinò l'Europa, e fu argine alla guerra fredda di Kruscev e poi di Breznev.  Nacquero i nuovi miti. Giovanni XXIIl il "papa buono" azzardò il Concilio. Rinata e riformulata parve la Chiesa cattolica.
Il 1968  discriminò due epoche. La rivoluzione culturale ispirata a modelli sociologici d'oltralpe e americani, trovò suo fulcro nelle idee di Marcuse. Gli atenei si trasformarono in fucìne anche di movimenti reazionari al "matusa", come veniva  storpiato il nome del patriarca antidiluviano più longevo: Matusalemme. Ognuno si sentiva creativo e in ogni campo non meno nella moda, ma il protagonismo prese piede nei movimenti inquietanti di destra e di sinistra con ideologie sempre più agguerrite e di non facile decifrazione, che non fosse l'intolleranza a ciò che era obsoleto. L'allunaggio del 1969 fu esaltante per l'intero Pianeta. Affratellò i popoli della Terra nel sogno, da sempre immaginato e finalmente avverato. Presto però si dimenticò la euforia stellare e si tornò a combattere e in Italia inizierà "la notte della Repubblica". Gli omicidi siglati "Forza nuova" o "Brigate Rosse" facevano paura alle Istituzioni. Periodo storico complesso e gravido di sorprese le più amare. L'omicidio di Aldo Moro e della sua scorta gettò in angoscia anche Paolo VI, che invano chiese alle BR e a Dio  l'incolumità del suo amico. Approfittò del marasma italiano, "Cosa nostra" con i criminali affari di droga e interessi illeciti, senza lasciarsi intimorire dallo Stato che invece era atterrito per i morti più numerosi e illustri: politici, giudici, imprenditori, forze dell'ordine. Western surreale parve la guerra di mafia tra le cosche, con i morti ammazzati ogni giorno. L'ascesa dei Corleonesi - stando ai pentiti - segnò la svolta criminale: spietati, ritenutisi invincibili, fecero saltare, con l'autostrada a Capaci il giudice Falcone con moglie e uomini della scorta. Si ripeteranno, impuniti, due mesi dopo, in via d'Amelio contro Borsellino e i suoi. Lo Stato non accennava a reagire. E i servizi segreti? Deviati. Tangentopoli, l'altra iattura col discredito dei partiti, marci e affaristi, favorì incautamente il liberalismo sfrenato, delle televisioni libere e commerciali, che si rivelarono di fertile propaganda per l'anfitrione e la sua corte di "nani e ballerine". Ciò per un altro triste ventennio. I "bunga-bunga" ci coprirono di ridicolo nel mondo intero.
Oggi si festeggia la Repubblica. Presidenti come Pertini, Scalfaro, Ciampi, Napolitano e l'attuale grande Mattarella hanno provato a tenere dritta la barra del timone della "Nave" altrimenti "senza nocchiero in gran tempesta".

Fra' Domenico Spatola