Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore.
2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.
3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me.
5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.
6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto.
8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
Commento al Vangelo
La "vite" era tra i simboli identificanti Israele. Isaia (VIII sec.
a.C.), Geremia ed Ezechiele (VI sec.) e i Salmi, del periodo postesilico (IV
sec. a C.), sotto questa simbologia ne indicavano identità e sorte.
Da Gesù fu assunto a modello di se stesso, contrapposto a quello antico,
svelatosi "falso".
"Io sono la vera vite!". Non è concesso alibi. La
sequenza giovannea affida ai protagonisti ruoli chiarificatori di missione:
"Io sono" (=IAHVÈ) è Dio manifesto in Gesù che, da "Vite
vera", avversa l'Israele "vitigno selvaggio dalle uve acerbe"
(Isaia cap. 5).
"Agricoltore" è il Padre; i discepoli sono "tralci"
organici a Gesù, "vite" da cui trarre linfa vitale per un frutto
abbondante. È dell'Agricoltore verificare efficienza nei tralci e, dove
necessita, intervenire per purificare. A rifiuto a fioritura, il tralcio sarà
amputato e destinato al fuoco perché, a differenza degli altri legni, è
senz'altra destinazione.
Unica sua finalità è portare frutto. Della verifica sul rendimento del
tralcio è responsabile il Padre, perciò non tocca al singolo individuare
difetti per interventi maldestri e rischio di danneggiamento della
pianta. Accorato è l'appello di Gesù ai suoi a "rimanere in lui".
Unione "consanguinea", pena il fallimento e la morte.
L'insistente invito "rimanete in me" ha contestualità eucaristica,
ove si sperimenta l'osmotico: "senza di me non potete fare nulla".
Vite e tralci indivisibili dunque e cospiranti in consapevole onnipotenza di
ottenere dal Padre qualunque cosa venga richiesta. Stessa esigenza attestata da
Paolo apostolo: "Posso tutto in Colui che mi dà forza", dopo avere
dichiarato: "Non io vivo, ma Cristo vive in me". Dai discepoli,
richiesti di portare frutti di vita, "verrà glorificato il Padre".