domenica 29 aprile 2018

Sabato 5 maggio 2018 alle ore 17:00: Madre Mare e Luna. Il nuovo libro di Fra' Domenico Spatola

SABATO 5 MAGGIO 2018
ALLE ORE 17:00
PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI 
FRA' DOMENICO SPATOLA 
MADRE, MARE E LUNA

RACCOLTA DI POESIE DEDICATE ALLA MAMMA

LIBRERIA VOGLIA DI LEGGERE
VIA PACINOTTI 42
(PRESSI CHIESA S. ERNESTO) 





Fra' Domenico Spatola: Pace in Corea.


Raccontai di Ulisse e di Enea,
e di Giasone vicenda con Medea
nei canti
che furono vanti
di aedi e cantastorie.
Predilessi memorie
in sembianze
e creanze
tornano a rito
del racconto a mito
che insegna
che ancora regna
umano contegno
a segno
di vita in Terra
scongiurata nucleare guerra.
"Merito di chi?" vi chiederete.
A vincere soltanto è quiete
da passione rea
di avere armato il mondo e la Corea. 

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 27 aprile 2018

Commento di Fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quinta Domenica di Pasqua: Giovanni 15, 1-8


Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Commento al Vangelo
La "vite" era tra i simboli identificanti Israele. Isaia (VIII sec. a.C.), Geremia ed Ezechiele (VI sec.) e i Salmi, del periodo postesilico (IV sec. a C.), sotto questa simbologia ne indicavano identità e sorte.
Da Gesù fu assunto a modello di se stesso, contrapposto a quello antico, svelatosi "falso".
"Io sono la vera vite!". Non è  concesso alibi.  La sequenza giovannea affida ai protagonisti ruoli chiarificatori di missione:
"Io sono" (=IAHVÈ) è Dio manifesto in Gesù che, da "Vite vera", avversa l'Israele "vitigno selvaggio dalle uve acerbe" (Isaia cap. 5).
"Agricoltore" è il Padre; i discepoli sono "tralci" organici a Gesù, "vite" da cui trarre linfa vitale per un frutto abbondante. È dell'Agricoltore verificare efficienza nei tralci e, dove  necessita, intervenire per purificare. A rifiuto a fioritura, il tralcio sarà amputato e destinato al fuoco perché, a differenza degli altri legni, è senz'altra destinazione.
Unica sua finalità è  portare frutto. Della verifica sul rendimento del tralcio è responsabile il Padre, perciò non tocca al singolo individuare difetti per interventi  maldestri e rischio di danneggiamento della pianta. Accorato è l'appello di Gesù ai suoi a "rimanere in lui". Unione  "consanguinea", pena il  fallimento e la morte. L'insistente invito "rimanete in me" ha contestualità eucaristica, ove si sperimenta l'osmotico: "senza di me non potete fare nulla". Vite e tralci indivisibili dunque e cospiranti in consapevole onnipotenza di ottenere dal Padre qualunque cosa venga richiesta. Stessa esigenza attestata da Paolo apostolo: "Posso tutto in Colui che mi dà forza", dopo avere dichiarato: "Non io vivo, ma Cristo vive in me".  Dai discepoli, richiesti di portare frutti di vita, "verrà glorificato il Padre".
 


Fra' Domenico Spatola: La vite e i tralci

Parlasti di tralci e di vite
e ci dicesti quanto unite                     

sono, Gesù, le nostre vite
La tua, che dal Padre si disseta
e la nostra, che in te trova sua meta.
Ci chiedevi di portare frutto
e, per te, era tutto
l'amore che a noi chiedevi
e l'unione che da noi volevi.
Scoprii in te,fonte vitale,
e attinsi linfa che vale.
Il Padre è Agricoltore
che purifica mente e cuore
e sempre vigilante sopraintende
e chi porta frutto lo comprende.
Chiedesti a me, Gesù,
che mi legassi a te di più
e unito a te, che sei tutto,
abbondante sarà il frutto.


Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: dipinto di Bernardo Luini 


martedì 24 aprile 2018

Fra' Domenico Spatola - 25 Aprile: Sognando la libertà


Oggi la Storia ricorda la liberazione
da ciò che fu guerra e distruzione.
Lotte partigiane su ambo i fronti
di una Italia che val che si confronti
con gli ideali di libertà che severi
chiede impegni in diritti e doveri.
Non è più nemico il fatale nazista
né il camerata italico nazionalista,
ma è l'avidità degli egoisti
che vogliono di tutto fare acquisti.
Il 25 aprile è data ideale
per non dimenticare
che la libertà non è conquista
sempre in pista
e, quando è raggiunta,
mai sia disgiunta
dal rispetto
di ciò ch'è retto
dalla giustizia e dall' equità:
essa si costruisce infatti con la solidarietà.

Fra' Domenico Spatola

lunedì 23 aprile 2018

Fra' Domenico Spatola: La Cappella Palatina. Tratto da: Palermo dono di perle in versi


Il palazzo normanno
a Palermo, come tutti sanno, 
è capolavoro di finezza. 
Ivi nessuno è estraneo a ebbrezza.
Vi è in alto il Creatore
con i suoi occhi penetranti il cuore.
Dalle sue mani,
e par senza fatica, 
parte la vita
che, a sequenza, 
si protrae su pareti luminose
e cielo dorato
da sembrare riflesso
di paradiso.
Beati in viso
son santi e angeli
di bellezza specchio
chiedendo con dolcezza
solo orecchio
a lor messaggio d’amore
a speranza di futuro splendore.



Fra' Domenico Spatola: Palermo dono di perle in versi. 
Con ogni poesia corredata da foto. 
Pagine 256 - Prezzo di copertina € 13,00 
Disponibile in libreria e in tutti i siti di vendita online. 
Sconto del 15% se acquistato dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 

domenica 22 aprile 2018

Compleanno di Roma: 21 aprile


Roma, città signora
ti onora
dei popoli il destino
nel cammino
raccontato alterno
da quaderno
a luci ed ombre
di vittorie ed ecatombe:
Cartagine t'insidiò fino a morire
ma ti sciogliesti da sue spire.
Eroi tuoi da Cesare ad Antonio
che con Pompeo fan conio.
Ti resero memoria i Gracchi
e Cornelia, eroina con i tacchi
e Silla e Mario
e, a non divario,
l'incorruttibile Catone
e che dire del facondo Cicerone,
avversario di Catilina
e di quanti ti volevano sentina
di vizi, mentre tu mostravi artiglio
a Verre, che periglio
come Giugurta e gli indomati Galli
e verso altre calli
il tuo piede s'è allungato
e sbarcato
in altri lidi oltre Mare nostro,
con il rostro
di sue navi non scofitto,
conquistò l' Egitto
e pur la Grecia che, da tua baldanza
catturata, ti rese il pari con la sua eleganza.
E venne il tempo degli imperatori
e degli immensi fori
e degli archi di vittoria
a raccontare gloria.
Ottaviano e Mecenate
favorirono ciascun vate:
Orazio come Virgilio
e Tito Livio
e Ovidio che, con l'amatoria sua arte,
di sua passione volle parte
a quanti come lui innamorati
per sogni intensi e indisturbati.
Vennero Caligola e Nerone
e i tanti mentecatti in processione
e allora, come oggi, malati di potere
sacrificano l'altrui vita al lor piacere.
Poi fu dei Barbari il momento,
a realizzare intento
di cacciare Romani e loro scorte
e chiusero così tue porte
alla vera gloria.
Ora non sei più come allora,
e le tue pietre raccontano la vita
di bellezza tua sol sfiorita
per i danni che ruffiani e porporati
a te avranno procurati.
Ricordo i tanti papi con decenza,
che in te han posto propria residenza,
e ora c'è Francesco su quel soglio,
senza l'imbroglio
come vuol qualcuno,
ma, da papa vero, come mai  nessuno.



Fra' Domenico Spatola  


venerdì 20 aprile 2018

Fra' Domenico Spatola: Pastore, venivi con l'amore

Inconfondibile per me fu tua voce:
la stessa, Signore, dalla croce,
onde tu, "il Pastore bello",
salvavi me, a te fratello.
Ti riappropriavi del tuo gregge
e a lui offrivi amore a legge
e, senza i noiosi e cupi veli,
additavi a noi il Regno dei cieli.
Le pecore, a te appresso,
gustarono cibo: stesso
Amore che il Padre dona al Figlio,
e, a consiglio, 
m'invitasti in pascoli a venire,
volendo tu ferite mie guarire.
Cristallina, a mia arsura,
offrivi acqua duratura,
né ebbi paura delle oscure valli,
mentre con te andavo per quelle calli:
eri tu con me
e io da re,
e mi davi pace
con parola, audace
da farti pane, mentre nel vino
indicavi a me novel destino.
Ora ti prego, dolce Pastore:
"mia legge sia il tuo grande amore!".


Fra' Domenico Spatola 


Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Quarta Domenica di Pasqua: Giovanni 10, 11-18


Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».


Gesù esibisce ai Capi dei Giudei sue credenziali: è "Dio" e "il Pastore bello".
"IAHVÈ", il nome identificante Dio nel suo popolo, è nel "Io sono" di Gesù, insistito tre volte. Da "Pastore bello" ("unico") rivendica suoi esclusivi diritti sul "gregge", che, la casta di "ladri" e "assassini" al potere, gli aveva rubato. È Gesù  il Pastore "vero", perché dà la vita per le sue pecore. "Mercenari" sono i gli interlocutori, più  interessati al profitto che alla salute del popolo. Consequente il loro comportamento: avvistato il pericolo, fuggono, abbandonando le pecore in bocca ai lupi.
"Bello" il Pastore, perché "vero", e le pecore  "lo seguono perché ne riconoscono la voce", quella del suo amore che le sottrae dalla tirannia dei falsi pastori e dal permanente infantilismo. È denunciato in tal modo il regime dei tiranni di ogni epoca. Essi impongono le loro leggi disumane con le minacce e i castighi. Liberante invece è il messaggio del Pastore "verace" che favorisce crescita nei suoi. L'intesa è raggiunta dalla certezza che l'amore del Pastore si spinge fino al dono della vita per tutti per la realizzazione di "un solo gregge sotto un solo Pastore": progetto irrinunciabile del Padre, cui Gesù sarà fedele fin sulla croce.

Nella foto: Il Buon pastore (1660-1665, Madrid, Museo del Prado)

venerdì 13 aprile 2018

Fra' Domenico Spatola: Quella notte fu giorno


Era sera e gli Apostoli affranti,
or curiosi dei felici vanti
di chi raccontava che in via
in suo pane avea visto il Messia.
Tutti lì ancor titubanti
e di speme ideali sognanti,
perché vero
si svelasse il mistero
di Colui che, sepolto nell'orto,
or risorto,
in grande emozione
mostrava i segni di sua passione:
le mani forate
e, da lui, or levate
a fugare mestizia,
e rinnovare letizia,
in chi compreso, senza più asma,
che il Risorto non era fantasma.
Toccandolo mentre egli mangia
vedono, in umana sua frangia,
Colui cui la Legge e i Profeti
non aveano mai posto divieti.
Quella sera, la notte fu giorno,
con sua luce nei cuori e d'intorno.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: dipinto di Abraham Bloemaert (1564-1651, Netherlands)

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Terza Domenica di Pasqua (anno B): Luca 24, 35-48

In quel tempo, i discepoli [di Èmmaus] riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto Gesù nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho”. Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: “Avete qui qualche cosa da mangiare?” Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: “Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”.
Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni”.

Commento al Vangelo
Serata convulsa a Gerusalemme, dove gli Undici di Gesù, rintanati per la paura, attingevano notizie di prima mano dai due condiscepoli, reduci da Emmaus dove "avevano riconosciuto il Signore nello spezzare il pane". Erano frastornati e bisognosi della visita del Risorto che, nella prospettiva di Luca, fu a sfondo dimostrativo, l'avevano infatti scambiato per un fantasma. Urgente perciò abbattere in ciascuno tale difficoltà, lasciandosi  toccare  mani e piedi: "I fantasmi non hanno carne e ossa". Fu, nei discepoli, ridda dei sentimenti più strani: paura e stupore, gioia  e incredulità. La prova cibo doveva fugare ogni residuo di incredulità: il pesce mangiato davanti a loro perché "i fantasmi non mangiano". Era dimostrazione apologetica, necessaria perché la morte non annulla fisicità della persona ma la trasforma  potenziandola. Va però detto la sua insufficienza a testimoniare del Risorto la comunione con i suoi, come addita meglio  Emmaus: incontrarlo in ogni Eucaristia. Il "pane spezzato" diventa prassi per la Chiesa e per ogni discepolo, chiamato a "farsi pane". Le Scritture, evocate da Gesù, tutte a testimonianza del Padre e del suo amore, manifestato nella croce del Figlio. La radicale rottura col passato, è richiesta dal perdono da accordare a tutti, a cominciare da quelli di Gerusalemme, città della istituzione religiosa.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: I discepoli di Emmaus (Caravaggio). 

sabato 7 aprile 2018

Fra' Domenico Spatola: Palermo-Pescara


Palermo cara,
la tua vittoria sul Pescara
non sia avara
è doverosa:
la chiedono a iosa
Palermo e santa Rosalia perché allegria
si possa fare,
troppi sono i gol da riscattare
e, se fatti da te,
farebbero sognare pure un re.
Bisogna vincere ad ogni costo:
brinderemo anche col mosto.
Ci sembrava un secco terno,
essere  dell'inverno
i campioni,
finiti ora da accattoni
della gloria
di cui facemmo boria.
"Riscatta orgoglio" gridiamo in coro,
per i gol subiti senza decoro,
e per gli arbitri distratti
che ci resero matti
per i gol immeritati.
Ora siamo qui arrivati
per gridare a sazietà:
"Palermo è squadra di serie A".

Fra' Domenico Spatola. 

venerdì 6 aprile 2018

Commento di Fra' Domenico Spatola al Vangelo della seconda domenica di Pasqua: Giovanni 20, 19-31

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso incredulo e credente
24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Lo scopo di questo libro
30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Il buio della sera e le porte chiuse non ostacolarono il Risorto che venne dai suoi.
"La pace" era il dono di felicità consegnata, con il soffio dello Spirito, nei primordi della creazione e ora a inizio del giorno "Uno" dopo il sabato. Il "mandato" alla Chiesa, di mediatrice del perdono universale, a esclusione solo di chi lo rifiuta. I discepoli non tutti presenti, mancava Tommaso. Senza paura, non voleva come gli altri, rintanarsi. Solo, aveva mostrato coraggio, dichiaratosi pronto a "morire con Gesù ". Da ciò il soprannome "Didimo" (suo "gemello") guadagnato in campo. Faticava tuttavia ad arrivare nell'oltre, dove lo conduceva Gesù. Come lui, avrebbe voluto credere che la morte non fosse l'ultimo traguardo, e chiedeva prove. All'ottavo giorno, (parametro del nuovo ritmo della storia di salvezza), si fece presente il Risorto. Tommaso era con loro, da protagonista.  Le attenzioni del Cristo, esclusivamente per lui, il renitente:
"Metti la mano nelle piaghe e nel mio fianco", gli disse da subito Gesù, "e non essere incredulo ma credente!".
Non rimprovero ma monito fu a tutti di "credere per vedere".
È della fede di Tommaso l'espressione più corretta dell'intero Vangelo: "Signore mio, Dio mio!".
Il Vangelo poteva ora chiudersi, e ci provò sul momento l'evangelista, consapevole tuttavia che tanto altro si sarebbe potuto scrivere su Gesù.
Il capitolo seguente verterà  sulla missione, appendice preziosa per additarne i modelli operativi.


Fra' Domenico Spatola: "Signore mio, Dio mio"


Che sera, quella sera,
contrastante atmosfera:
la paura dei seguaci,
rintanati i più audaci
quando Cristo, in mezzo a loro, 
dice: "Pace!" a coloro
che avevano il cuore in guerra
e di dubbi piena serra.
Mostrò loro le sue mani:
quelle stesse dei cinque pani,
a dire a ognuno che quel gesto
doveva essere il contesto
di come vivere l'amore
spezzando pane al cuore.
Rinnovava Eucaristia,
all'ottava della via,
ove dai suoi si fe' incontrare
con l'invito a più sperare.
Presente anche Tommaso:
è curioso e vuole il naso
porre ovunque per sapere
lo ritiene suo dovere.
Gesù a lui volge invito:
"Poni in piaghe il tuo dito",
e Tommaso ora comprende
e, a luce sua, s'arrende
e, da incredulo più spinto,
si mostra ormai convinto
e incertezze nella fede
fuga per ciò in cui ora crede,
dichiarando "Signore mio"
Colui che riconosce ormai suo Dio.


Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: dipinto di Caravaggio

mercoledì 4 aprile 2018

Fra' Domenico Spatola: Abbuffata.


Vitti 'nta lapa na signura
chi faceva a so fiura
picchì  finitu di manciari
avia no piattu cosi cari:
carni di crastu,
comu pastu
e lasagne o furnu
e, a turnu,
cacocciuoli arrustuti
e stigghiuoli abbrustuluti
e patati aggrassati
e i sardi allinguati,
e puru chiddi a beccaficu
e bruciuluni, con ti ricu,
e puntini di maiali
e pittinicchi cu lu sali,
e pi livarisi u pitittu
ca ti calanu rittu rittu
deci caddozza di sasizza
ca s'apizza
na la panza
e ci vuoli la crianza
d'annaffialla cu lu vinu,
abbondanti e sopraffinu,
e si antipastu è ricotta
vivi sulu sutta a botta. 
Quannu stanca di manciari
prima ca nun po' cammminari
e aviri arreri fami
un cucchiaru di citratu
e lu ruttu è ritruvatu.
Senti a mia: per oggi basta,
ti sta facennu  'na catasta
ca assumigghia a 'na muntagna
c'è na tigghia ancor lasagna
ta pripari pi dumani
ma un ti scurdari u cani.
Pi sta sira ormai lu lettu
dici a tia: "io ca t'aspettu".

Fra' Domenico Spatola

lunedì 2 aprile 2018

Fra' Domenico Spatola: Dieta a Pasquetta

A Pasquetta,
mi dia retta,
non tenga in conto
la pancetta:
mangi grasso
e qualche passo
l'aiuterà a stare in forma.
E' già norma
che ogni anno,
e tutti sanno,
che si può pure impazzire:
mangi e beva a non finire
ciò che agogna,
se da un anno, se lo sogna.
E ogni ben di Dio
manderà in oblìo
la dieta
che oggi non vieta
di mangiare
chiede sol di rimandare.

Fra' Domenico Spatola