venerdì 19 luglio 2024

Fra' Domenico Spatola: Donasti pane

 


Accolti in barca, 
dei discepoli parca
vedesti l'istruzione. 
A compassione, 
li accomunasti a gente
che non sapea niente,
e, giunto a riva, 
non la lasciasti priva
di tue dottrine sane
e, a sazietà, donasti il pane.

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XVI Domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 6,30-34

30 Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. 31 Ed egli disse loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'». Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. 32 Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte.
33 Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero. 34 Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Espletata, da apostoli, la prima missione, i discepoli riferirono a Gesù. Lo contrariarono, quando raccontarono di avere "insegnato", senza averne ricevuto il mandato.  Avrebbero dovuto "annunciare il Regno", perché l'insegnamento comportava la profonda conoscenza delle Scritture, che i discepoli non avevano. Si erano comportati da discepoli dei farisei, incitando, col favore della gente, al sovranismo di Israele sui pagani. Invece il "nuovo" raccomandato da Gesù era a favore e non contrario alla salvezza dei pagani, che il nuovo Israele era chiamato a servire e non a dominare. Così ai discepoli, che giogionavano con la folla che li acclamava, impose il ritiro in disparte e in luogo deserto. La folla, che non dava loro neanche il tempo di nutrirsi della dottrina di Gesù, quando li vide imbarcarsi, con lo sguardo ne intuì la rotta e, a piedi, ne anticipò la meta. Mentre scendeva dalla barca, Gesù provò compassione, a vederla numerosa e affamata di conoscenza. Si approntò maestro e, compiangendola da "gregge senza pastore", si mise a insegnare.

Fra' Domenico Spatola

domenica 14 luglio 2024

Fra' Domenico Spatola: Rosalia, radiosa e pia...



A quattrocent'anni, 
torni a riparare i danni
di nuova peste, 
che rattrista nostre feste. 
C'è la mafia, c'è la guerra
che non dànno pace in Terra. 
Benedici la tua gente, 
che, a Palermo, è impaziente
di risveglio. 
Facci gustare il meglio, 
oltre paura. 
Possente perciò sia tua cura 
a donare alla città
stessa beltà, 
che Cristo, in te sua sposa, 
nomò "giglio e rosa". 
Sia monito tua vita
che in noi sarà infinita
se di Gesù saremo amici, 
e siamo già felici! 

Di Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Chi era Santa Rosalia?

Le sue origini portano a Sinibaldi, signore della Quisquina. La stessa ne si dichiarò figlia nello speco dell'eremo da lei scelto per le sue nozze mistiche con Cristo. 
Correva il secolo XII. Lasciò l'eremo per venire sul Monte, a Palermo identificato col nome del "Pellegrino de La Mecca". Da quel momento, molteplici si fanno le congetture. Eremita singola o monaca basiliana? Non lo sapremo con certezza. 
A Rosalia, la fama di Santa appartenne da subito. Commemorata "ab antiquo" anche fuori Italia. La leggenda lega il ritrovamento dei suoi resti mortali al sogno del cacciatore, disperato per la morte della moglie, quando per le vie di Palermo imperversava la peste. Nel 1624 un galeone provenendo da Trapani aveva attraccato al porto di Palermo, scaricando granaglie infette per la città, che pativa la fame. L'infezione si propagò straordinariamente virulenta. I morti si succedettero numerosi dalla Kalsa nei pressi del porto e la peste non lasciava indenne alcuna casa. I monatti, con i sinistri cigolii dei loro carri, percorrevano le strade nauseabonde di cancrena a raccogliere cadaveri in putrefazione. Il sogno maturò dalla disperazione. Si scavò nella grotta e le "ossa" ritrovate servirono come deterrente a fermare la peste. Così accadde, stando alle Cronache del tempo. Da allora Palermo non ha dimenticato, con tante scuse a Cristina, la Santa che fino all'ora era stata la Patrona della città. Cristina comprese che altra sarebbe stata a proteggere la città e che aveva dato prova di saperlo fare, e fece un passo indietro. Oggi da quel "affaire", ricorrono quattrocento anni.

Di Domenico Spatola

venerdì 12 luglio 2024

Fra' Domenico Spatola: Missione

Li inviasti poverelli 
ad essere fratelli, 
i Dodici a ognuno
e a chi non ha nessuno. 
Raccomandavi fede
perché Dio a ognun provvede,
e fraterni, a due a due, 
nessun pensava sue
le grazie che donavi. 
Li diffidavi
dal seguir ricchezza
e, a segno di pochezza, 
prendere un bastone 
per l'evangelica missione
per ammorbidire i duri 
e fare i cuori puri.
Divina provvidenza 
sarà la quintessenza
e per lor vita sicura
Dio si farà cintura. 
Ogni accoglienza
comporti permanenza, 
altrimenti andare altrove
a viver nuove alcove.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XV domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 6, 7-13

7
 Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi. 8 E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; 9 ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche. 10 E diceva loro: «Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo. 11 Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro». 12 E partiti, predicavano che la gente si convertisse, 13 scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.

Rifiutato da Israele, Gesù ne costituì uno nuovo. I "Dodici" discepoli, li volle "apostoli" e li inviò "a due a due", come comunità di eguali. Il potere consegnato sugli spiriti impuri, serviva a separare l'uomo dalla sfera del male. Quel che ordinò di portare per il viaggio serviva a mostrare la verità dell'annuncio e che dovevano fidarsi di Dio e degli altri, rinunciando all'ambizione e all'aviditá. La descrizione dell'abbigliamento consigliato è dettagliata. I "sandali" da portare denunciavano che il peregrinare sarebbe stato lungo. Lo stesso simboleggiava il "bastone da viandante" raccomandato. Diffidate furono le "due tuniche", appannaggio esclusivo dei ricchi. La sollecitazione più importante però fu quella di liberarsi dall'affanno economico per fidarsi di Dio. Consentiva di entrare in qualunque casa, senza più il divieto imposto ai fedeli da Mosè di non entrare in quella dei pagani, pena l'impurità rituale. Per Gesù il termine "pagàno" non sarà più applicato  a chi non crede o è di altra religione, ma a colui che non accoglie l'invito oppure non offre l'aiuto. Gli apostoli partirono. Ma fecero quanto Gesù aveva ordinato? Lo chiariranno  i passaggi successivi.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 5 luglio 2024

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XIV domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 6, 1-6

 
1 Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono. 2 Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? 3 Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui. 4 Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5 E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. 6 E si meravigliava della loro incredulità. Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando.

Gesù giunse a Nazareth. L'evangelista la chiama "patria", volendo  estendere all'intera Nazione la responsabilità del rifiuto dei suoi compaesani. Era un sabato e, come al solito, insegnava in sinagoga. Non conosciamo da Marco il contenuto della "lectio". La spigoliamo dall'omologo passo di Luca, che parla di "anno di grazia del Signore". Commentando il profeta Isaia, Gesù si dichiarava "consacrato dallo Spirito, per annunciare l'anno di grazia del Signore". Ma la causa del rifiuto dei Nazaretani, fu perché aveva cancellato colpevolmente, le parole che rimandavano al   "giorno della vendetta di Iahvè contro i nemici di Israele". Lo giudicarono eccessivo! Vanificava, a loro dire, le attese del futuro dominio, che Israele riponeva nel "Messia, il figlio di David". Da qui la persecuzione iniziava con la denigrazione del suo insegnamento. Lo disprezzavano perché non garantito da alcuna scuola. Gesù, da "falegname", non aveva studiato con alcun maestro. Passarono dunque a denigrarne la reputazione. In quanto "figlio di Maria", si sconosceva la paternità, che, nella norma, per Legge, era obbligo menzionare anche se il padre era morto. Dei fratelli e delle sorelle il ricordo avvenne senza infamia e senza lode. Per ripicca, provarono a distruggerne l'immagine, in risposta alla denigrazione che dei loro scribi era stata fatta precedentemente a Cafarnao. L'accusa di guarigioni illusorie venivano attribuite a mendacie opere di magia, compiuta con le mani. La difesa di Gesù fu l'amaro commento: "Nessun profeta è disprezzato se non in patria". Non trovando fede in loro, andò altrove a evangelizzare i villaggi e le città della Galilea.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: Il profeta in patria


Anch'io fui sorpreso,     
quando compreso
avevo il messaggio
che, a coraggio, 
Gesù, a Nazareth dettavi. 
D'Israele odio non allevavi
ma parlavi di perdono
per coloro che non sono
nemici da temere
ma fratelli da vedere.
Non ci fu per te accoglienza, 
ma l'irruenza
del furor dei paesani
che ti si volsero da cani
a latrar e, per tua ascendenza, 
non ti fecero credenza.
Amaro il tuo commento, 
nel raccontar l'evento:
"in patria non protetto
è il profeta non accetto!".

Di Domenico Spatola

venerdì 28 giugno 2024

Fra' Domenico Spatola: La fanciulla non è morta

"Vieni, salva mia figlia,
ché la morte la piglia!". 
Giairo implorava
e Gesù con lui andava,
quando una donna,
da emorraggia colpita, 
da dodici anni era ormai sfinita.
Ardì e, con coraggio, 
a corto raggio, 
toccò il lembo del mantello 
e fu quello
il momento
in cui guarì all'istante, 
tra le persone tante, 
infatti "solo lei l'avea toccato",
così dichiarò Gesù ammirato, 
e la propose, per la fede, 
a discepola che crede. 
Arrivò dalla fanciulla
quando ormai non si sperava nulla. 
A dodici anni infatti molto corta
fu la vita della morta
Cacciati fuori i flautisti
e tutti quei dai volti tristi,
Gesù chiese ai genitori
di sperar nei loro cuori: 
"la fanciulla non era morta",
e a lei, come a risorta, 
Gesù stese la mano
e la portò con sé lontano.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Tredicesima domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 5, 21-43

21
 Essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. 22 Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi 23 e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva». 24 Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
25 Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia 26 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, 27 udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: 28 «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». 29 E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.
30 Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?». 31 I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?». 32 Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33 E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34 Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male».
35 Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». 36 Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, continua solo ad aver fede!». 37 E non permise a nessuno di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38 Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. 39 Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40 Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina. 41 Presa la mano della bambina, le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico, alzati!». 42 Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43 Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.

Nuovo passaggio all'altra riva. Era quella giudaica, dove la folla rincorreva gli stessi sogni di  trionfo per Israele. Tra la calca, si fece largo Giairo, capo della vicina sinagoga. I religiosi, suoi colleghi, avevano da poco scomunicato Gesù con l'accusa di magia, ma l'amore di padre, disperato per la figlia in fin di vita, lo spinse a chiedere, in extremis, l'impossibile. Gli faceva fretta, perché arrivasse in tempo a salvarla, con la imposizione delle mani. Gesù andò, ma lungo il tragitto, una donna, che la religione dichiarava "impura" per le perdite di sangue che non era riuscita per dodici anni a curare nonostante i costosi medici e le medicine, si avvicinò a Gesù per toccargli la frangia del mantello e, per la sua fede, fu guarita. Tanta folla faceva ressa, ma soltanto lei lo "toccò".
Intanto giunse ferale la notizia della morte della fanciulla. Inutile ormai importunare il Maestro. Gesù prosegui e, vicino casa, udì i flauti e il pianto delle prefiche. Cacciò i suonatori, e disse ai genitori che la fanciulla non era morta ma dormiva. Chi era all'esterno lo irrise, mentre i genitori e i tre discepoli, che entrarono con lui videro che la camera da "ardente" si trasformava in "nuziale". Alla fanciulla, in età da marito, Gesù tese la mano e la invitò ad alzarsi (risurrezione) e, come della "sposa" della Cantica, ne partecipava le nozze.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 21 giugno 2024

Fra' Domenico Spatola: Al tuo amore mi arresi.


Nel tuo mare era la festa, 
ma fu tempesta, 
mentre mi portavi all'altra riva, 
perché più viva
fosse mia esistenza. 
Opposi resistenza
a tua proposta. 
Chiesi quanto ti costa 
il mio affido, 
ma, per il dubbio, non vedevo il lido. 
Dal sonno mi svegliai
e a te gridai. 
Al tuo segno, fu portento:
il tacitar del vento, 
mio contrario, 
ma era l'orgoglio mio l'avversario. 
Allor compresi
e... all'amor mi arresi.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della dodicesima domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 4,35-41

 35 In quello stesso giorno, alla sera, Gesù disse loro: «Passiamo all'altra riva». 36 E lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano delle altre barche con lui. 37 Ed ecco levarsi una gran bufera di vento che gettava le onde nella barca, tanto che questa già si riempiva. 38 Egli stava dormendo sul guanciale a poppa. Essi lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che noi moriamo?» 39 Egli, svegliatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!» Il vento cessò e si fece gran bonaccia. 40 Egli disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?» 41 Ed essi furono presi da gran timore e si dicevano gli uni gli altri: «Chi è dunque costui, al quale persino il vento e il mare ubbidiscono?»

Il racconto della "tempesta sedata" in Marco è catechesi sulla "missione alla Genti". Il libro degli "Atti degli Apostoli", racconta la tensione, fino al rifiuto, della Comunità giudeo- cristiana avversa ai Cristiani provenienti dal paganesimo senza essere passati dal giudaismo. Come in un dramma, è sceneggiata la barca con Gesù e i discepoli diretti all'altra riva. Si scatenò il forte vento contrario e le onde inondavano la barca fino a farla rischiare. Nella allegoria il vento rappresentava dei discepoli il rifiuto di andare verso i pagani. Il pregiudizio perdurerà anche dopo la Pentecoste, e faticheranno i discepoli a confessare, con l'apostolo Paolo, che "in Cristo non c'è più né greco né giudeo, perché in lui siamo tutti una cosa sola".   Gesù, in barca, era stato inibito, messo a poppa a dormire,  mentre a prua si erano posti gli ammutinati a orientare la barca in tutt'altra direzione. Quando si videro in pericolo però lo svegliarono e, con tracotanza, gli addebitarono il disinteresse: "Non t'importa nulla che moriamo?". Gesù li aveva però allertati: "Senza di me non potete fare nulla!". Si alzò (Risorto) e, da Dio, manifestò la sua potenza di Creatore, comandando al vento e al mare che gli ubbidirono. Allora si interrogarono circa la sua natura divina, perché "chi può comandare al vento e al mare e questi ubbidirgli?".

Fra' Domenico Spatola 

sabato 15 giugno 2024

Fra' Domenico Spatola: Il seme è la Parola.

 
La Parola, come seme, 
in terra a speme 
il seminatore pone. 
Non si scompone
di sua sorte né s'arrende, 
ma, fiducioso attende
con la spiga, il chicco 
che lo fa ricco. 
Esso senza doglia, 
nasce e germoglia
e. quando nel futuro
si fa maturo, 
gli assicura
mietitura. 
Nuovo mito
indicò a dito
nella senape e suoi granelli
che son cibo per gli uccelli
e ognora
dà dimora.
Con racconti altri
li faceva scaltri
con parola a pegno
e garanzia del Regno.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XI domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 4, 26-34

26
 Diceva: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; 27 dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. 28 Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. 29 Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura».
30 Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31 Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; 32 ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra».
33 Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. 34 Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.

Nelle due parabole, a chiusura del capitolo quarto del Vangelo di Marco sulla "seminagione",
Gesù descrive la potenzialità e la forza del suo messaggio.
Centrale è il "Regno di Dio", quale società alternativa da lui proposta. Suoi pilastri sono la gioia del condividere e del servire.
Il seme che l'uomo getta sulla terra simboleggia la Parola. In essa c'è la forza scatenante il processo vitale che fa crescere e maturare la persona. L'assimilazione del messaggio è un processo intimo e non è consentito ad alcuno di interferire. Quando il frutto è pronto "si consegna", cioè collabora all'azione vivificante di Gesù, fino alla pienezza. La gioia evocata è come il tripudio del contadino per la mietitura: "Mieterà con gioia" (Salmo 126). La persona si realizza quando, come Gesù, libera le potenzialità d'amore, che risveglia in lui la Parola. 
La seconda parabola parla dell'umiltà del Regno. Non ha appariscenza da cedro del Libano, come immaginato, sei secoli prima, dal profeta Ezechiele. Per Gesù il Regno ha misure minime, quasi invisibili. Equiparato al "granellino di senape", il più piccolo dei semi, ma vocato a divenire "il più grande tra gli ortaggi". Le due parabole assicurano frutti in chi crede, ma chiedono pazienza, perché il processo di crescita è lento.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 8 giugno 2024

Fra' Domenico Spatola: La tua vera famiglia...



Affrontasti, Gesù, il male, 
che mortale
dava all'uomo dipendenza, 
da calunnia di demenza
che affliggeva tua mente. 
Vennero allora prontamente 
a cercarti, 
per piegarti
a loro folli idee
di misfatto ree.
Li volesti liberare, 
e insegnasti che amare
è la sola divina arte
per chi resta e per chi parte.
È infatti la vita eterna
il destino che squaderna
il futuro alla esistenza
e destina Provvidenza
a chi ascolta
e rende folta
e infinita
di tuo verbo la sua vita.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Decima domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 3,20-35

20Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. 21Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé».
22Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni». 23Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? 24Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; 25se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. 26Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. 27Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. 28In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; 29ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». 30Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».
31Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. 32Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». 33Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». 34Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! 35Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre».

Gesù si era inimicati i Capi religiosi e gli stessi suoi parenti. Aveva costituito un nuovo Israele con i Dodici discepoli, chiamati perché stessero con lui e per mandarli a evangelizzare. Il ripudio del vecchio Israele fu ritenuto opera di satana. I suoi, ritenendolo "forsennato", lo volevano catturare, mentre i dottori della Legge, si erano scomodati da Gerusalemme per venirlo a incriminare di "possessione diabolica". Ritenevano magie le opere da lui compiute e attribuibili a Beelzebul, il "demone delle mosche" che, anziché liberare dalle infezioni, le trasmetteva. Squalificavano le sue azioni liberatrici, dichiarandole opere del Satana. Non fu difficile per Gesù difendersi dalla idiozia argomentando che se fosse l'alleato di colui che combatteva, voleva dire che il regno del rivale era in declino. Ma dichiarava imperdonabile il peccato dei suoi detrattori, ostinati a non accettare l'evidenza. Deprecava il peccato di bestemmia allo Spirito Santo che si ostinavano a negare. Ad ascoltarlo, stava seduta intorno la folla: tutta gente impura per la Legge, perché peccatori ed emarginati dalla religione. Tra quelli venuti a rapirlo per rinchiuderlo c'erano la madre e i fratelli. essi, per non lasciarsi contagiare dagli impuri, restarono fuori gli mandarono a dire che lo cercavano. Per il loro comportamento, furibonda fu la reazione di Gesù, che, rinnegando i vincoli di sangue,  dichiarò il diritto ad essere sua famiglia per chi compie la volontà del Padre.  Con il gesto della mano, additò quelli che, reietti perché "impuri" per la Legge, gli erano veri "fratelli, sorelle e madre".

Fra' Domenico Spatola 

domenica 2 giugno 2024

Fra' Domenico Spatola: 78 anni della Repubblica Italiana.

Il 2 giugno 1946, il referendum premiò la Repubblica. Due milioni di voti in più della Monarchia. Re Umberto, da un mese succeduto a Vittorio Emanuele III, ne prese atto e si esiliò a Oporto. Il ventennio fascista e le macerie di guerra, anche partigiana, avevano legittimato il nuovo corso. L'anno dopo verrà  scritta la Costituzione. "La più bella del mondo" fu definita. Iperbole? Forse, ma la sua forza sta negli equilibri dei poteri: legislativo, giudiziario ed esecutivo. I pesi e i contrappesi, sapientemente dosati dai padri costituenti, avrebbero allontanato ogni ritorno alla "dittatura dell'uomo forte e della provvidenza". Non sono mancate, lungo la sua storia le "notti" con le stragi e le colpevoli coperture anche ai livelli insospettabili. La Costituzione è rimasta il baluardo contro ogni tentata deriva dittatoriale. Chi oggi detiene il potere, lo lamenta  insufficiente e prova a manomettere la Carta Costituzionale. Si faccia una ragione perché, anche "la più imperfetta democrazia, sarà da preferire alla più perfetta dittatura". Lo affermava Sandro Pertini da presidente, in un discorso di fine anno. Omaggio dunque ai caduti per la democrazia e per garantirci libertà. Il presidente Mattarella, da custode convinto della Costituzione, non si lascerà tentare dalle lusinghe del potere forte e manterrà saldo il timone, perché l'Italia non diventi "nave, senza nocchiero, in gran tempesta!"

Di Domenico Spatola

sabato 1 giugno 2024

Fra' Domenico Spatola: Pane e vino


Gesù, il Pane sulla mensa
in briciole dispensa
tenero il tuo Amore
e di novel candore
purifichi visione
col Sangue a profusione
da tua Croce versato
e nuzial vin, donato
a chi suo assetto,
nel divin banchetto, 
atteggia a sentimento
del tuo Testamento.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Solennità del "Corpo e Sangue del Signore": Marco 14,12-16.22-26

 Marco 14:12-16

L'ultima Pasqua
12 Il primo giorno degli Azzimi, quando si sacrificava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?» 13 Egli mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate in città, e vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d'acqua; seguitelo; 14 dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: 'Dov'è la stanza in cui mangerò la Pasqua con i miei discepoli?'". 15 Egli vi mostrerà di sopra una grande sala ammobiliata e pronta; lì apparecchiate per noi». 16 I discepoli andarono, giunsero nella città e trovarono come egli aveva detto loro; e prepararono per la Pasqua.

Marco 14:22-26

La santa Cena
22 Mentre mangiavano, Gesù prese del pane; detta la benedizione, lo spezzò, lo diede loro e disse: «Prendete, questo è il mio corpo». 23 Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, e tutti ne bevvero. 24 Poi Gesù disse: «Questo è il mio sangue, il sangue del patto, che è sparso per molti. 25 In verità vi dico che non berrò più del frutto della vigna fino al giorno che lo berrò nuovo nel regno di Dio».

Gesù avverte Pietro del suo rinnegamento
26 Dopo che ebbero cantato l'inno, uscirono per andare al monte degli Ulivi.

 Era il primo giorno degli "Àzzimi", il pane non lievitato con cui i Giudei contrassegnavano la loro Pasqua. Stessa cena volevano preparare i discepoli al Maestro. Ma quella volta fu il Padre che la organizzò per il Figlio. Era "nuova" e "superiore". Gesù diede a due discepoli  indizi per raggiungere il luogo. In città avrebbero incontrato "l'uomo dalla brocca". lo dovevano seguire. La scena si caricava di simbolo: era Giovanni che, con il suo battesimo d'acqua, li avrebbe introdotti nella stanza "superiore e grande". Tutto era ornato con fiori e apparecchiato con divani e tappeti. Sulla antica, la sua Alleanza sarebbe stata migliore e capiente per quanti volessero entrarvi. Durante la cena Gesù, preso il pane, lo spezzò e lo diede ai discepoli. Disse: "Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio Corpo". Con esso, sostituiva la Legge, che Mosè aveva dato al popolo. A sigillo del nuovo Patto, Gesù diede da bere il suo Sangue, e tutti sorseggiarono al calice. Lo effondeva "per la salvezza del mondo". Era il nuovo "frutto della vite" con il quale inaugurava il Regno.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 25 maggio 2024

Fra' Domenico Spatola: Andate e battezzate...



Partirono dalla Giudea
per la Galilea. 
Gli Undici sul monte
dove Gesù sue impronte 
lasciò per i poveri invitati
ad essere beati.
Al Risorto si prostrarono, 
ma alcuni dubitarono, 
ed ei a tutti segno
diede di suo pegno, 
il potere a lui dato, 
e a loro consegnato:
"Da me inviati, evangelizzate, 
e battezzate 
nella Trinità
di luce piena e carità. 
Insegnate quanto ho detto, 
e vostro amor sarà perfetto!"

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica della SS. Trinità (anno B): Matteo 28, 16-20

 
16 Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. 17 Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. 18 E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. 19 Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, 20 insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Gli "Undici" discepoli andarono in Galilea, sul "Monte", da dove Gesù aveva dettato il suo Statuto: "le Beatitudini". L'indicazione per incontrarlo vale anche per noi a orientare l'esistenza al bene altrui, con la stessa energia del Risorto. Lo adorarono al vederlo: Dio era in lui. Li assillava tuttavia il dubbio di non poterlo raggiungere per la via dolorosa da lui percorsa. Il Signore però li invitò ad andare oltre e, con il suo potere,  evangelizzare i popoli della Terra. La fede suscitata, permetteva il battesimo del credente, quale immersione nell'amore pieno del Padre, il datore della vita, e del Figlio in cui tale vita si era realizzata in pienezza e nello Spirito che di questa vita è l'energia. Toccherà agli apostoli insegnare a vivere il Vangelo e, a garanzia della riuscita, promise sua permanenza fino al compimento della storia.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 18 maggio 2024

Fra' Domenico Spatola: Pentecoste



Lo Spirito promesso, 
Gesù, è il tuo Messo. 
Lo chiedesti all'Eterno, 
ed ei paterno,
in novel linguaggio,
lo diede a omaggio. 
Non scalda poco, 
suo fuoco, 
e di tua Parola 
egli fa scuola. 
Ciò che da te ha udito 
attua nel rito 
del "Pane spezzato" 
e del perdono accordato. 
È tua nuova Legge
che l'antica corregge
e togliendo il gelo
scalda il cuore col Vangelo.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 17 maggio 2024

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo di Pentecoste (anno B): Giovanni 15, 26-27. 16, 12-15

 

Giovanni 15:26-27

26 Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; 27 e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio.

Giovanni 16:12-15

12 Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13 Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. 14 Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà. 15 Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà.

Lo Spirito Santo è il "Paraclito". Tra le molteplici attività esercita quella di "consolare". Elimina alla radice le cause della sofferenza e non gli difetta la difesa quale avvocato e protettore. È inviato, dal Padre, per introdurre ogni uomo nella verità del "Dio amore" e della "adozione" dell'uomo a figlio. Nel Quarto Vangelo, Gesù aveva comunicato lo Spirito dalla Croce, e quanti l'accolgono dilatano la propria esistenza nel divino. L'innesto consente novità di orizzonti sconfinati. Sono di libertà, e contrapposti alle angustie della Legge. Alla Chiesa chiede fedeltà ai poveri e oppressi, e per i discepoli sarà la forza per testimoniare il Vangelo, orientando la propria vita al bene degli altri, e con lo stesso amore del Risorto. Lo Spirito Santo si fa Maestro delle cose dettate da Gesù, ma attualizzandole alle esigenze della Storia. Non avranno spazio i nostalgici rigurgiti nel passato, perché Egli darà risposte nuove alle esigenze che l'Umanità di volta in volta presenterà.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 11 maggio 2024

Fra' Domenico Spatola: Ascensione



Gesù, l'ascensione, 
fu finale soluzione:
spiccasti il volo, 
ma non da solo, 
e immergesti l'Umanità
nella tua Divinità.
Hai veste nostra
che al Padre mostra
a noi condivisione. 
Comunione, 
chiedi in risposta, 
a irresistibile proposta, 
che a noi fai
di fede assai. 
La  meta raggiunta, 
è a noi congiunta, 
e rende già divino
nostro uman cammino.

Fra' Domenico Spatola 

Commento al Vangelo della Ascensione al cielo di Gesù (anno B): Marco 16,15-20

 

15
 Gesù disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. 16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. 17 E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
19 Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
20 Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano.

L'attuale "finale" del Vangelo di Marco, non è di Marco. Il suo si concludeva al capitolo 16,8, in maniera sospesa e interlocutoria con il lettore, da sembrare incompleto ai primi Cristiani. Vi aggiunsero la pagina che riassumesse le ultime vicende terrene di Gesù e le prime della Chiesa dopo la Risurrezione. Erano racconti che circolavano, anche per merito di altri evangelisti. Narravano il "mandato" del Risorto agli "Undici", con cui inviava i discepoli a proclamare il Vangelo ad ogni creatura. Tutti gli uomini, nessuno escluso, ormai erano  garantiti di salvezza e battezzati per la conversione. I "segni" compiuti dagli apostoli dovevano liberare i cuori dai fanatismi. La glossolalia, il parlare lingue, avrebbe marcato, della Pentecoste, l'effusione dello Spirito Santo. Gli apostoli sarebbero passati indenni anche dai pericoli, evocati in stereotipi ricorrenti come i morsi da serpenti e il veleno. Avrebbero dato ovunque inizio al Regno, guarendo infermi, alla maniera di Gesù e con la  imposizione delle mani. Concluse il Risorto e, da Signore ("Kyrios") entrò nel cielo, per la piena condivisione con il Padre. "Fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio". Era la rilettura evangelica del Salmo messianico, il 110. Divino e vestito di Umanità, Gesù come Capo della Chiesa, le dava avvio  col dono dello Spirito Santo. La pagina aggiunta anticipò in sommario il racconto più ampio che l'evangelista Luca stenderà in maniera accurata nel suo Secondo Libro, dal titolo programmatico: "Atti degli Apostoli".

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 3 maggio 2024

Fra' Domenico Spatola: L'amor comprende tutto.

Il Padre fu datore
a te del suo amore,
e tu, Gesù, del dono
a noi facesti abbuono.
Ci chiedi: con te stare,
per vivere e amare. 
È l'unico comando
che consegnasti a bando
a tuoi seguaci
per rendere veraci
i tuoi insegnamenti, 
ch'eran del Padre i sentimenti.
In gioia piena,
a lor chiedesti lena,
a testamento,
del tuo comandamento.
Li volevi svegli e scaltri,
da amarsi gli uni gli altri,
come tu amavi loro. 
E il tesoro? 
È, come dici,
dare la vita per gli amici, 
che del Padre tutto sanno
e ovunque vanno
ma non più da servi,
perché di lor conservi
in ognuno stesso affetto
del figlio prediletto. 
Chi è scelto, darà il frutto 
che dell'amor comprende tutto.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Sesta domenica di Pasqua (anno B): Giovanni 15, 9-17.

9
 Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10 Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11 Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
12 Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. 13 Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. 14 Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. 15 Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. 16 Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17 Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.


Gioia piena aveva augurato ai discepoli, motivandola con l'amore del Padre per lui, comunicato a loro. Senza riserve: "Come ha amato me, anche io ho amato voi". La permanenza in lui, raccomandata caldamente, sarebbe stata possibile se si osservava il suo comandamento in tutte le potenzialità. L'amore ai fratelli doveva essere insomma speculare a quello del Figlio col Padre. La gioia piena  era conseguenza del "nuovo" comando: "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi". Qualificò l'amore più grande dal gesto supremo di dare la  vita per gli amici. Questo termine qualificava il nuovo legame con i discepoli: "Voi siete i miei amici". Era infatti inedito e rivoluzionario, fino a quel momento. "Servi", li aveva reso Mosè con la Legge. "Vi ho chiamati amici perché vi ho fatto conoscere ciò che ho udito dal Padre mio". Acciò li aveva "scelti", per coinvolgerli nei "segreti del Padre" e nella produttività dei frutti: copiosi e duraturi. Era il senso del nuovo: "Amatevi gli uni gli altri!".

Fra' Domenico Spatola 

sabato 27 aprile 2024

Fra' Domenico Spatola: Gesù, vera vite...



Sei vite feconda,
e tua vita inonda
i tralci a dar frutto. 
Dici: "il Padre di tutto
agricoltore
che, con amore,
purifica la pianta
affinché sia più tanta
sua produzione". 
Il tralcio, se non produce,
nel fuoco si riduce,
mentre l'operoso
sarà fruttuoso
se rimane nel tuo amore.
Gesù, col batticuore,
dicevi ai seguaci
che li volevi audaci
per rimanere in te
a fruttificar per tre.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Quinta domenica di Pasqua: Giovanni 15, 1-8

 
1 «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. 2 Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3 Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. 4 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. 5 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6 Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Nella parabola "della vite e dei tralci", Gesù indica ai discepoli i rispettivi ruoli: il Padre   impersona l'agricoltore, il Figlio è la "Vite", e i discepoli sono i "tralci". Al Padre spetta "purificare" 
la pianta. Il verbo non è il potare, che implicherebbe stroncature. Il Padre toglie i difetti ai tralci, perché diano più frutto. Gesù definendosi "vera Vite" si pone in polemica con l'Israele, denunciato anche da Isaia (cap. 5) per avere dato uva acerba. Anche i  tralci da Gesù sono chiamati a dare frutto vero. Le condizioni perché ciò avvenga è la comunione con lui: "Rimanete in me e io in voi". Linfa vitale della Vite è lo Spirito Santo che, osmoticamente nei tralci, comunica stessa vitalità. Se però essi si staccano, non avendo alimento, muiono e verranno bruciati. Gesù si offre a mistero di intimità col Padre e, in ogni Eucaristia, si offre speculare modello, chiedendo al discepolo lo stesso suo dono: farsi pane per i fratelli.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 20 aprile 2024

Fra' Domenico Spatola: Buon Pastore



Tu amore
dài al gregge, 
da nuova legge
del tuo cuore
da pastore. 
Affrontasti il lupo 
giunto cupo, 
e con passione
evitasti dispersione
delle pecore a te date.
Eran ténere e delicate
e strette le tenevi al petto, 
e hai costretto
il vorace lupo
a finire nel dirupo. 
Dal Padre hai ricevuto,
che nessuno sia perduto
e in ogni Ostia ti consegni,
perché regni
in nostro cuore
in pienezza il tuo amore.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Quarta domenica di Pasqua (anno B): Giovanni 10, 11-18

 
11 Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore. 12 Il mercenario, che non è pastore, e al quale non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga (e il lupo le rapisce e disperde), 13 perché è mercenario e non si cura delle pecore. 14 Io sono il buon pastore, e conosco le mie, e le mie conoscono me, 15 come il Padre mi conosce e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16 Ho anche altre pecore, che non sono di quest'ovile; anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore. 17 Per questo mi ama il Padre; perché io depongo la mia vita per riprenderla poi. 18 Nessuno me la toglie, ma io la depongo da me. Ho il potere di deporla e ho il potere di riprenderla. Quest'ordine ho ricevuto dal Padre mio».

"Io sono" equivaleva a "Iahvè" che, per gli Ebrei, era il nome santo di Dio. Con stessa dicitura perciò Gesù rivendicava per sé l'identità divina. Quello era infatti il nome, con cui Dio si presentò a Mosè, per dichiararsi a fianco del suo popolo.
Gesù si definì "buon Pastore". L'aggettivo greco non era tuttavia "agathòs" ma "kalòs", che meglio diceva bellezza e soprattutto "unicità". Dunque il Pastore atteso era l'eccellente. Le autorità giudaiche si allarmarono, gelosi da arrogarsi quel ruolo. Gesù li smascherò perché, a differenza di loro, non sarebbe fuggito alla vista del lupo, lasciandogli sbranare le pecore. Egli lo avrebbe affrontato a rischio della vita. L'immagine del pastore e delle pecore era stata adottata cinque secoli prima dal profeta Ezechiele per descrivere il rapporto tra Dio e il suo popolo. Gesù la recuperò per sé, superandola, perché egli non si sarebbe limitato a proteggere il gregge,   ma ne avrebbe prevenuto i bisogni, anche rischiando la vita. Bollò perciò gli avversari da "mercenari" e affaristi, e suo vanto fu quello di "conoscere" le sue pecore. Elegiaca la descrizione della intimità con loro. Stessa "conoscenza" infatti che relaziona il Padre al Figlio. Annunciò infine aperto agli immensi orizzonti il suo gregge, abolendo gli steccati dell'unico ovile. Garantita dal Padre fu infine la vita piena offerta a chi dava la sua per amore, coerente sua eredità evangelica: "si possiede ciò che si dona".

Fra' Domenico Spatola 

sabato 13 aprile 2024

Fra' Domenico Spatola: La Risurrezione



Fu nuova sorte
che dissacrò la morte.
Ma i tuoi seguaci
non furono audaci
per paura.
Nuova però natura
ad essi conveniva
di tua presenza viva. 
Li calmasti con amore
e rinverdirono l'ardore,
e desti a mandato
il Vangelo predicato
a ogni gente
gaudente,
per il peccato
ormai estirpato.

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: dipinto di Duccio di Buoninsegna 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Terza domenica di Pasqua (anno B): Luca 24, 35-48

35 Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
36 Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 37 Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. 38 Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39 Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». 40 Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41 Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». 42 Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43 egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
44 Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45 Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: 46 «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno 47 e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48 Di questo voi siete testimoni.

Che l'esperienza della Risurrezione di Gesù fosse possibile per tutti, lo attestarono i quattro evangelisti, dando preziosi indizi per incontrarlo. Quelli che, a Emmaus, lo avevano riconosciuto nello "spezzare il pane", erano tornati per raccontarlo a quelli di Gerusalemme. Gesù li raggiunse e stette nel mezzo, comunicando la Pace. Era il dono, meritato e ora consegnato ai suoi. I discepoli però gridarono al fantasma. Provò a rasserenarli. A dimostrazione della fisicità che un fantasma non poteva avere, li invitò a toccargli le mani e i piedi con segni della Crocifissione.  
Ancora impauriti, diede loro ulteriore prova mangiando davanti a loro."Corpo spirituale", da novità, spiegherà Paolo ai Corinti. Provata con passione la sua fisicità, Gesù interpretò le Scritture. Parlò ai discepoli di ciò che del Messia avevano attestato le Scritture, ma essi avevano pervicacemente rifiutato: il disprezzo e la persecuzione che avrebbe subìto fino alla croce. Sconfessò ancora da Risorto, gli aspetti trionfalistici, appannaggio del Messia davidico, quale essi avevano atteso e infine riconciliati, Gesù li poté inviare a "predicare, nel suo nome, la conversione a tutti i popoli e il perdono dei peccati". Precisò di cominciare da Gerusalemme, che più di tutti ne aveva bisogno.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: dipinto di Duccio di Buoninsegna