sabato 28 dicembre 2024

Fra' Domenico Spatola: La famiglia di Gesù




Una famiglia ti accolse:
una madre ti avvolse
di cura a profusione, 
e attenzione
a te diede. 
Ma dove tuo cuor risiede? 
Tra i poveri della terra
e i tanti ancora in guerra, 
che sono senza pane
o altre cose sane.
Gesù, che dichiari tua famiglia
il povero che t'assomiglia, 
fallo capire a me
e, nell'emarginato, vedrò te.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della "Santa Famiglia" (anno C): Luca 2, 41-52

 
41 I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42 Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza; 43 ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44 Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45 non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46 Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. 47 E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48 Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49 Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50 Ma essi non compresero le sue parole.
51 Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. 52 E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

A tredici anni, il ragazzo ebreo veniva integrato nella religione degli antenati, con la consegna del rotolo della Legge. Il rito si compiva nel tempio di Gerusalemme. Luca, per Gesù, anticipò l'evento di un anno, volendo far coincidere quella iniziazione con l'altra di Samuele, il quale, a dodici anni, aveva cominciato a profetare. Il viaggio e la permanenza a Gerusalemme per i riti di Pasqua, furono nella norma. La novità, quando decisero il ritorno. Gesù infatti non li seguì. Resisi conto  della sua assenza, i genitori tornarono indietro, ma lo cercavano nei luoghi lontani dagli interessi del Padre suo. Lo trovarono infine nel tempio, dopo tre giorni, quanti saranno quelli fatidici della sua passione e morte. Stava, come la Sapienza descritta nel libro del Siracide, "seduto" in mezzo ai dottori della Legge. Li ascoltava e li interrogava. Stupore e stizza per quella novità non compresa: "Perché ci hai fatto questo? Tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo!" gli dissero a rimprovero. Fu l'unica volta, nel Vangelo di Luca, che la madre (figura di Israele) parlò al Figlio, il quale fermamente rivendicò i diritti del "vero" Padre, il suo, di cui "doveva" compiere la volontà. Tornò tuttavia a sottomettersi (la "kenosis" era appena iniziata), per continuare a crescere "in età, sapienza e grazia come era scritto di Samuele.

Fra' Domenico Spatola

martedì 24 dicembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Pace a Natale infin donata...



Quando venne Gesù al mondo, 
gli Angioletti a girotondo
cantarono l'osanna
come loro ninna nanna. 
Più luminose eran le stelle
e gioiose le pecorelle
che belavano di più
perché nato era Gesù. 
I pastori verso la grotta
con il latte e la ricotta
e, col suon di ciaramelle, 
commossero le stelle, 
e la cometa già più bella, 
con la coda da modella. 
Alla fine del cammino, 
nella greppia c'era il Bambino. 
Sia il bue che l'asinello
annuirono ch'era quello
il Gesù ch'essi cercavano,
e felici lo toccavano. 
Poi da loro Maria seppe, 
come pure il buon Giuseppe, 
che le feste per Gesù 
iniziate eran lassù.
Or però toccava in Terra
far finire questa guerra
e la pace, da noi sognata, 
a Natale infin donata. 

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Notte di Natale: Luca 2, 1-14

1
 In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2 Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. 3 Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. 4 Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, 5 per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. 6 Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7 Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.
8 C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. 9 Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, 10 ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11 oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. 12 Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». 13 E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:
14 «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».

Il censimento, voluto dall'imperatore Augusto, fu provvidenziale per iscrivere il nome di Gesù negli "Annali" della Storia. Giuseppe e Maria si trovavano a Betlemme, quando per la madre si compirono i giorni del parto. Avvolto in fasce, Gesù fu posto nella mangiatoia. Servirà come "segno" per i pastori, protagonisti del racconto. A loro, che nella notte vegliano il gregge, apparve l'Angelo del Signore. La categoria dei pastori era fra le tre più minacciate di estinzione quando sarebbe venuto il Messia. Così insegnavano i maestri d'Israele, perché la loro impurità era insanabile per la Legge. L'angelo perciò fu visto come "sterminatore" fu un "fuggi-fuggi" per la paura, ma il Signore avvolse i pastori nell'abbraccio della sua luce. "È nato per voi un Salvatore", disse. Non dunque uno che giudica e condanna. Era l'accorato appello da ascoltare e andare fino a Betlemme di notte, a verificare. L'invito dell'angelo era ritenuto rischioso, ma i pastori non dovevano temere, ripeteva l'angelo. Avrebbero infatti gioito alla visione del Bambino sulla mangiatoia. L'avrebbero visto come i loro bambini.  Andava perciò visitato. A missione compiuta, anche gli altri Angeli che, nel frattempo, erano sopraggiunti cantando "gloria e pace", si diressero verso le stelle. I pastori si incamminarono e trovarono il Bambino di cui narrarono i pregi, detti loro dall'Angelo. Maria, la madre, ascoltava e conservava nel cuore anche per noi.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 20 dicembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Alla Vergine



Fu tributo
quel saluto
da noi atteso
e non compreso. 
Divenivi la Consorte
aprendo del cuor le porte
a Dio in tuo assenso, 
e fu compenso
per nostro riscatto. 
Di Adamo il ricatto, 
per noi cancellavi, 
e di Eva levavi 
la condanna di donna, 
rendendola Madonna
in dignità, 
di stessa onestà
con cui quel tuo assenso
per noi divenne immenso.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quarta domenica di Avvento (anno C): Luca 1, 39-45

 
39 In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. 40 Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo 42 ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43 A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? 44 Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. 45 E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».

Scattante Maria, donna dello Spirito, si alzò per portare in Giudea, attraverso la Samaria via più breve, il saluto dell'Angelo. Un'altra vita fioriva infatti nel grembo dell'attempata e sterile Elisabetta. L'incontro fu tra madri. Ognuna fece eco allo Spirito Santo: "Beata te che hai creduto!" le disse Elisabetta. Il saluto della Vergine aveva in lei fatto danzare il bambino nel grembo. Maria aveva creduto e parlava. Zaccaria, perché incredulo da sordo, era rimasto muto. "Beata", dunque Maria, sciolse il cantico e magnificò il Signore per le grandi cose in lei compiute, e per tutti i poveri e i prostrati della Storia che in lei avevano il riscatto. Fu per Luca, la nuova "Arca santa" Maria, alla cui presenza danzò Giovanni, ancora nel grembo della madre e da novello Davide. Tre mesi essa rimase con Elisabetta, quanti della permanenza dell'antico "segno", l'arca di Dio in casa di Obed Edom, a favorirla di grazia.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 13 dicembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Battezzerà in Spirito Santo

A riparare i danni, 
venne Giovanni. 
"Cosa dobbiam fare?" 
Veniano a domandare.
"Agevolare i poverelli, 
alleggerendone i fardelli". 
Anche al pubblicano, 
del perdono aprì la mano. 
E ai soldati, 
lasciandoli ammirati, 
chiese comprensione. 
Era diffusa convinzione, 
che il Battista fosse il Messia, 
ma egli si schermìa: 
"Mio battesimo sciacqua, 
perché di sola acqua. 
Chi viene a corte 
è di me più forte
e, senza impaccio, 
del sandalo il legaccio
non oso slegare, 
perché in Spirito può battezzare
sol Colui
che, nei tempi bui, 
brucia la paglia, 
mentre il frumento nel suo granaio quaglia". 
Questo del Battista era il sermone, 
per liberare da ogni confusione.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della III domenica di Avvento (anno C): Luca 3,10-18

 
10 Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». 11 Rispondeva: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». 12 Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: «Maestro, che dobbiamo fare?». 13 Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14 Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi che dobbiamo fare?». Rispose: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe». 15 Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, 16 Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17 Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile».
18 Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella.

Il Battista era al centro delle attenzioni, pronto a rilanciare su Gesù, nuovo Astro nascente. Le folle al suo invito a convertirsi, chiedevano cosa fare. Le aveva già distratte dal tempio e dai suoi riti di purificazione con costosi sacrifici senza efficacia di conversione. Le folle avevano capito e apprezzato "la novità". Chiedevano infatti a lui cosa fare. Furono i pubblicani, i primi citati. A loro la religione d'Israele non dava accoglienza e negava inesorabilmente il perdono. Giovanni al contrario indicava spiragli di redenzione, con la pratica della giustizia, senza pretendere più del dovuto. Altrettanta onestà  chiedeva ai militari: "Non maltrattate, né estorcete nulla". Con il Battista era dunque mutato il criterio per indicare il peccato, che non veniva più visto solo come offesa a Dio ma soprattutto ingiustizia verso il prossimo. Frattanto tutti si interrogavano circa il Battista se non fosse egli il Messia. Giovanni si schermiva e a chi gli chiedeva il perché del suo Battesimo, rispondeva che era solo di acqua e per purificare. Dichiarava che il vero Battesimo "in Spirito Santo e fuoco" lo avrebbe dato colui che poteva vantarsi di essere lo Sposo di Israele. Così veniva identificato infatti il Messia. Egli avrebbe immerso (battesimo) nella pienezza dell'amore del Padre. 

Fra' Domenico Spatola

venerdì 6 dicembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Vergine in candore



Candore, 
a pudore, 
a noi offri in dolcezza, 
e tenera ebbrezza
offri a sogni più aviti
che oggi nei riti
facciamo.
Siam figli e t'amiamo:
prescelta
e offerta
qual Sposa
al Padre 
che amorosa
Madre ti fe' di noi tutti. 
A te oggi i lutti, 
narriamo ad oltranza, 
in lacrime di speranza,
perché il materno tuo aiuto
mai rifiuto
ha dato al peccatore
che si rifugia
in tuo cuore.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Solennità della Immacolata (anno C): Luca 1, 26-38

26
 Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, 27 a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28 Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». 29 A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. 30 L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31 Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32 Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33 e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
34 Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». 35 Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. 36 Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: 37 nulla è impossibile a Dio». 38 Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.


L'angelo Gabriele venne mandato con l'incombenza di cambiare la Storia. Portava una richiesta di matrimonio. Dio chiedeva a Maria vergine di diventare la madre del suo Figlio. Aveva infatti trovato grazia nel cuore di lui. La regione di approdo fu la Galilea multietnica e pagana come bollata dal profeta Isaia. Qui accadde l'inimmaginabile. Già il saluto dell'angelo impensierì Maria. Fu letto esigente di impossibili richieste. Gedeone, nel lontano passato, con lo stesso saluto infatti era stato inviato a combattere i Madianiti. Non lusingata dunque dal saluto, Maria lo temette. Gabriele, la incoraggiò e, d'un fiato, le espose il piano. "Hai trovato grazia presso Dio", ora egli la voleva madre del suo Figlio. Del bambino enunciò le fasi dal concepimento alla nascita. E il nome?  Spettava al Padre, cioè a Dio. Maria gli obbedirà e lo chiamerà Gesù. Poi Gabriele enumerò i titoli per cui il Nascituro era grande, perché "Figlio dell'Altissimo". Dal Padre e non da Davide, avrebbe ereditato il trono per regnare senza fine sulla casa di Giacobbe. Lucida, Maria contestò che, per quel ruolo, non conosceva uomo capace. Ribadì l'angelo che lo Spirito Santo l'avrebbe fecondata. E a provare che "nulla è impossibile a Dio", parlò ad esempio dell'altra natività impossibile, quella di Giovanni, perché da madre sterile e attempata. Elisabetta, la parente lontana, infatti aspettava un figlio e questo era il sesto mese, per lei detta "sterile". Non poteva più tergiversare, soprattutto per noi, e il suo "Sì" generoso, cambiò la Storia.

Fra' Domenico Spatola


venerdì 29 novembre 2024

Fra' Domenico Spatola: L'uomo è liberato






Del cielo lo sconquasso,
è senza chiasso:
il sol s'oscurerà
e luce non darà
la pallida luna, 
né stella alcuna. 
E d'umana prepotenza
il cielo farà senza. 
Vedranno allor venire 
e dalla nube udire
la voce del Figlio
che, a consiglio, 
dice d'alzar la testa:
perché inizio ha la festa
dell'uomo, liberato, 
e da lui conquistato. 

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della prima Domenica di Avvento (Anno C): Luca 21, 25-28.34-36

 
25 Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26 mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
27 Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.
28 Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
Luca 21:34-36
34 State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; 35 come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. 36 Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo».

Il potere è come una statua dai piedi d'argilla. Crollerà. Tale la profezia di Gesù su Gerusalemme e sui sistemi dittatoriali, la cui fine è simboleggiata da catastrofi cosmiche. Il sole e la luna si spegneranno al pari degli idoli adorati, e a specchio dei cambiamenti  umani. Cadranno i potenti, che da pseudo-eroi si immaginano "stelle" e immortali. Ma il cielo si libererà dagli oppressori degli uomini, e costoro paradossalmente, perché disavvezzi agli stravolgimenti, ne proveranno paura. Ai sistemi incancreniti subentrerà la "novità" del Figlio dell'uomo sulle nubi del cielo. Tremeranno i tiranni costretti a cedere il posto con prepotenza occupato. Ma la venuta del Figlio dell'uomo consentirà di alzare la testa, perché la sua "novità" sarà liberante.

Fra' Domenico Spatola

giovedì 21 novembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Re del cuore



Eri il Re,
ma non per te.
Eri nostro
e, da mostro, 
il tuo popolo ti trattò:
"Cricifiggilo!", gridò
a quel Pilato
che, confuso e desolato, 
ti cedette all'oppressore
che, a disonore, 
volle la tua morte
e a noi cambiasti sorte:
col tuo amore
da crocifisso Re del cuore.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della "Solennità di Cristo Re" (anno B) XXXIV domenica per annum : Gv 18,33-37

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
 
Pilato sapeva. Aveva inviato anche suoi sgherri per arrestarlo, nel Getsemani. Non conosceva personalmente Gesù, e rimase sorpreso al vederlo dimesso e senza la protervia riscontrata  in altri terroristi, da lui giudicati per ribellione contro Roma. Era questa infatti l'accusa che il Sinedrio nella sua totalità aveva accansato contro Gesù. Essersi dichiarato "figlio di Dio" per Pilato non poteva costituire reato. Lo allarmava piuttosto se si  fosse dichiarato "il Messia d'Israele" per le implicanze politiche, che comportava.  L'accusa sarebbe stata di "lesa maestà". Da qui il processo. Lo interrogò:
"Sei tu il re dei Giudei?". Gesù glissò sulla risposta, e fece egli una domanda. Voleva conoscere se l'accusa partiva da lui o dai suoi avversari. Pilato, che disprezzava i Giudei cui era stato mandato contro sua voglia, rispose, come offeso: "Sono forse io Giudeo?". Aggiungendo: "quelli della tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me". Volle dall'imputato conferma delle accuse. "Che cosa hai fatto?". Non gli rispose sulla domanda, ma parlò della bontà del suo Regno che "non è di questo mondo". Altra era infatti la sua opinione sul "regno" se il re si faceva servo per amore. La risposta impensierì Pilato: "Dunque tu sei re?". La conferma di Gesù venne alle sue condizioni: "Io sono re!". Esplicitò la sua regalità come servizio alla Verità, e questa è solo a beneficio dell'uomo. Perciò "chiunque è della verità, ascolta la mia voce".

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 15 novembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Novella Era...

 


Il mondo finisce? 
Si capisce
da ciò che si spera 
e in cuore si invera. 
Un mondo migliore
dove il buon cuore
il vecchio corregge
con nuova sua legge, 
quella di Cristo
dal discorso già misto
d'ansia e speranza
che nuova mattanza
fa dei vecchi sistemi
disumani e blasfemi, 
mentre offre novella, 
notizia più bella
che "da primavera" 
appare sua era.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXIII domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 13, 24-32

 
24 In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore
25 e gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
26 Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27 Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.

28 Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina; 29 così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte. 30 In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute. 31 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. 32 Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre.


La "buona notizia" portata da Gesù non causa paure ma solo speranze. Il capitolo 13 del Vangelo di Marco, per la sua complessità, necessita di attenta interpretazione da parte del lettore. Dopo la distruzione del tempio, che storicamente si avvererà ad opera dei Romani di Tito nell'anno 70, inizierà  un nuovo processo storico che sarà di liberazione. I regimi, basati sulla prepotenza e l'orgoglio, portano il germe della corruzione. Immagine resa dalla visione del profeta Daniele: il crollo della statua gigantesca dai piedi d'argilla. La catastrofe investirà soltanto la sfera celeste, la sede di dèi e delle aspiranti "stars". "Il sole si oscurerà, e la luna non darà più la luce". Erano le divinità pagane, adorate in Egitto e in Mesopotamia, che collassavano.   Però quando verrà annunciato
il Vangelo tutto il restante si oscurerà. "Le stelle che cadranno" sono i potenti della terra: faraoni, imperatori e re. Così il profeta Isaia aveva infatti bollato  il re di Babilonia: "Ambivi salire nei cieli e sei stato precipitato negli inferi!". Allora i potenti "vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi", mentre gli Angeli, suoi collaboratori, raduneranno gli eletti del Regno. Inizierà l'era del Figlio dell'uomo e 
la parabola del fico coi suoi germogli, ne preludierà i tempi della maturazione. La caduta di Gerusalemme segnerà l'ingresso dei popoli nel Regno. Necessita però fidarsi del Padre, senza preoccuparsi di sapere, né il giorno né l'ora.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 8 novembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Ha dato tutto



Scribi vanitosi, 
in vistosi, 
vestimenti 
e vaporosi di commenti. 
Chiedevi, Gesù, d'evitare
e provavi a educare
i tuoi seguaci all'umiltà, 
vera nuova dignità 
che offrivi
a quanti n'eran privi. 
La vedova avea dato, 
e tu, Gesù ammirato
dicevi generoso
perché oneroso
era il dono più totale
dell'offerta sua vitale. 

Di Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXII domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 12, 38-44

38
 Diceva loro mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, 39 avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40 Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave».
41 E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. 42 Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. 43 Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44 Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Nel tempio, sotto il Portico di Salomone, Gesù insegnava i discepoli a diffidare dagli scribi.  Interpreti della Legge, erano talmente autorevoli che, le loro sentenze soppiantavano, in caso di conflitto, anche la Parola scritta. Gesù ne ridicolizzò le smanie narcisistiche per il vestito ampolloso e le riverenze, pretese con profondi inchini. Li raccontò seduti sugli scranni di pietra, in postazione alta per obbligare gli "inferiori" a sedere ai loro piedi. Ne denunciò l'intemperanza nella corsa per accaparrarsi i primi posti, ed essere meglio serviti nei banchetti. Denunciò l'ipocrisia della loro preghiera ostentata ma senz'anima. Per derubare le vedove, che costituivano l'anello più debole della società, si atteggiavano a tutori spirituali.
L' insegnamento continuò dinanzi al Tesoro, già da lui denunciato come "il vero dio" mentre il tempio reso da loro "spelonca di ladri".  Osservava attentamente quanto denaro mettevano, nelle "trombe", i ricchi. Dall'interno il levita  gridava l'importo. Immediato sortiva l'effetto: scattava l'applauso. Ma solo per i ricchi, che avevano modo di pavoneggiarsi. Gesù li svalutava. Il loro "molto" erano briciole al confronto della offerta di una vedova che vi pose un soldo. Erano le ultime due monetine che possedeva, perciò aveva dato più di tutti a quel tempio che  avrebbe dovuto, per Legge (cfr Dt 14, 28)  sostenerla, e non  pretendere da chi non aveva nulla per vivere.

Fra' Domenico Spatola

sabato 2 novembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Amar, come Gesù amò...



O Gesù, parla a me,
sempre in cerca di "perché?".
Cosa vuoi che io faccia, 
perché ci metta anche la faccia?
Lo dicesti a quel dottore:
"amar con tutto il cuore
il solo Dio, e del fratello
amar sol quello
che gli è vicino". 
Questo piacque al rabbino, 
che non comprese 
che la tua legge
quella di Mosè corregge
perché tuo invito è all'amore, 
il sol che scaturisce dal tuo cuore.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXI domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 12, 28-34

28
 Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». 29 Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; 30 amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza31 E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi». 32 Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui; 33 amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici». 34 Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Gesù aveva denunciato la casta sacerdotale al potere di avere trasformato il tempio in "spelonca di ladri", e gli stessi capi" di essere "assassini" perché lo avrebbero ucciso per proprie convenienze. Si sentirono "offesi" e si vendicarono, tendendogli insidie per screditarlo agli occhi della gente, 
con attacchi verbali. Gesù ne uscì più rafforzato. In sequenza si erano avvicendati farisei e sadducei. Toccò anche allo scriba, il quale, da dottore della Legge, domandò: "Quale è il primo di tutti i Comandamenti". La richiesta non era affatto pretestuosa, perché, presso tutte le Scuole rabbìniche, si faticava a indicare, tra le 613 leggi imposte come obblighi e divieti, quella che inglobava le altre. Si soleva generalmente  privilegiare quella che anche Dio osservava: il "riposo sabatico", ove erano vietate 1521 azioni, anche di prima necessità e scrupolosamente indicate. Gesù però attinse altrove, lo "Shemà Israel",  che costituiva anche il "credo" recitato da ogni Israelita mattina e sera: "Amerai il Signore Dio tuo ..." (Deuteronomio 6,4). 
Fece però seguire l'altro comando: "Amerai il prossimo tuo, come te stesso" (Levitico 19). Lo scriba restò soddisfatto. Andava bene per un seguace di Mosè, non per Gesù, il quale commentò: "Non sei lontano dal Regno di Dio", ma con la implicita dichiarazione che non c'era ancora dentro. Il suo comandamento  eredità per i discepoli sarà infatti: "Amatevi come io ho amato voi".

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 1 novembre 2024

Fra' Domenico Spatola: Novella speme oltre la morte


Svettavano i cipressi. 
Li vidi stessi
a occhieggiare antiche
memorie amiche
dei tanti conosciuti 
e dei messaggi avuti, 
e che conservo. 
Una prece per il protervo
e per l'umile a implorare. 
Compresi che a entrare in cimitero
mi si diceva il vero
della vita, 
che fuori pare infinita
ma qui soltanto spenta. 
Movenza è solo lenta 
nei passi di amici
e di parenti
che sentono lo smacco 
del distacco. 
Anch'io mi aggiro per i viali. 
Leggo epitaffi tali
che voglion perpetuare l'esistenza, 
ma dura resistenza
offre la morte, 
e per aprirne porte
ritengo utile la fede. 
Allor beato chi nel Cristo crede!
Egli Risorto
dichiara orto
il cimitero, ove il seme
si fa premessa di novella speme.

Di Domenico Spatola

mercoledì 30 ottobre 2024

Fra' Domenico Spatola: Le Beatitudini



Gesù, il povero è beato?
Restiamo senza fiato, 
perché la ricchezza
ci è ubriachezza
da non capire tua proposta. 
Chi ti comprende dà risposta, 
e dell'Altro fa ragione
di sua vita a compassione. 
Beato chi, con l'affamato, 
il pane suo ha già spezzato, 
e chi ha puro il cuore, 
suo occhio ti vede, Signore. 
Beati i miti della Terra, 
perché bandito han già la guerra,
e beati pure i perseguitati
perché saranno consolati. 
Beati infine tutti quanti, 
noi oggi li chiamiamo "Santi, 
e li veneriamo da modelli, 
perché in loro vediamo quelli
che han fatto del Vangelo
la loro via per il Cielo.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Solennità di Ognissanti: Matteo 5, 1-12a

1
 Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. 
2 Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
3 «Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
4 Beati gli afflitti,
perché saranno consolati.
5 Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
7 Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
8 Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
9 Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
10 Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

Gesù propose la sua Legge. Altra da quella di Mosè. Suo principio: "fai agli altri quello che vuoi che sia fatto a te". Otto le sue proposte. Il numero è della Risurrezione. Gesù le dettò dal Monte, il suo Sinai. Da seduto. È il Maestro e, ai suoi piedi, seduti i discepoli. "Beato" è Dio e chiunque condivide lo stesso suo progetto a favore dell'umanità. "Farsi povero" per mettere al centro di ogni attenzione il bene e felicità altrui. Sarà beato chi, avendo fame o è diseredato o nel pianto, incontra un discepolo che si è fatto "povero di spirito", troverà conforto. Chi ha scelto le "Beatitudini", sarà "puro di cuore, misericordioso e costruttore di pace". Ma l'ultima beatitudine è "per i perseguitati per la giustizia". Hanno osservato le prime sette e, con l'ultima  beatitudine, trovano il sigillo di Dio per avere accolto nella vita la "magna Charta" da Gesù offerta a chi lo  segue, e che i discepoli fanno propria.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 25 ottobre 2024

Fra' Domenico Spatola: Signore, che io riabbia la vista...



Bartimeo era cieco,
ma più bieco
il suo sentire.
Quando infatti poté udire
che Gesù stava a passare, 
lo sentirono gridare
al "davidico Messia".
Per Gesù era cosa ria
ritenerlo Re potente, 
perciò a lui non disse niente. 
Ma il cieco gridò più forte, 
per speranze sue già corte. 
Arresosi al suo grido,
Gesù volle dargli affido, 
e chiese a lui: "che vuoi?" 
Gli rispose: "Signor, tu puoi
ridonare a me la vista". 
"Hai fatto già di me conquista!" 
disse a lui il Signore, 
"con la tua fede in cuore". 
Non da cieco, ma da vedente, 
sua sequela fu conseguente.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXX domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 10, 46-52

46 E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. 47 Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». 48 Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
49 Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». 50 Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. 51 Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!». 52 E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.


Bartimeo era il nome. Timeo era suo padre, "l'onorato" cioè Davide. Di lui il cieco, sulla strada di Gerico, voleva che Gesù realizzasse il Regno. La stessa cosa avevano chiesto i figli di Zebedeo. Ma quel titolo ("figlio di Davide"), a Gesù non garbava. Il cieco in strada gridava  che si restituisse a Israele il dominio sulle Nazioni pagane. Ma Gesù fu sordo, e l'invocazione, ripetuta in crescendo, più volte. Quando si zittì, il Signore poté invitare il cieco a venirgli vicino. "Cosa vuoi che ti faccia?". Gli chiese di poterlo vedere, ormai era convertito e, con il mantello, aveva gettato via  l'arroganza del potere. Pronto dunque a nuova identità, quella del "Dio che salva". 
"Rabbuni", lo chiamò. L'aveva accettato "maestro", e lo poté seguire.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 18 ottobre 2024

Fra' Domenico Spatola: Farsi servo per amore

I figli di Zebedeo
chiedevano un trofeo:
i primi posti nel tuo Regno,
e tu, Gesù, a segno
a lor chiedesti
di bere il calice che tu bevesti
e nel battesimo di morte
aver tua stessa sorte.
Pur di aver potere
dissero di voler bere,
e nel battesimo di morte
starti a corte.
Ma quel ruolo dicevi che lo destinava
il Padre a chi accettava
alla tua foce
la stessa tua condanna sulla croce.
All'udire la richiesta
dei compagni lesta
fu la rivolta
per la furbizia che avevan colta.
Ma tu, Gesù, li chiamasti a dir loro
che il tesoro
non sta nel comandare
ma nel farsi servo e imitare
te che, come hai fatto loro udire,
venisti per servire,
e dare la vita in riscatto
dichiarando che presto ciò sarebbe fatto.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della domenica XXIX del tempo ordinario (anno B): Marco 10, 35-45

 
35 E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». 36 Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: 37 «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». 38 Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». 39 E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. 40 Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
41 All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. 42 Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. 43 Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, 44 e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. 45 Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Più del peccatore, l'arrogante e l'ambizioso impediscono a Dio l'esercizio della sua misericordia. L'occasione fu offerta dai discepoli, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, altrove detti anche "figli del tuono"
("Boanèrghes") . Avidi di potere, pretendevano da Gesù i posti accanto a lui nel conquistato governo di Israele. Avevano rimosso anche il terzo e definitivo annuncio da lui dato sulla sua imminente morte. Refrattari, si fidavano esclusivamente del Messia, quello atteso da Israele, "il figlio di David". Così rendevano impenetrabile in loro l'insegnamento del Maestro. Si avvicinarono a chiedere i due posti, a destra e sinistra, alla conquista del suo nuovo trono. Li interrogò. Dessero da se stessi la risposta: "Potete bere il calice... ed essere battezzati nella stessa mia acqua?". Alludeva alla sua imminente morte in croce. Presuntuosi, dissero: "Lo possiamo!", ma quando sarà il momento fuggiranno. Sottile fu l'ironia del Signore: quei posti toccheranno agli eletti dal Padre. Saranno i due accanto a lui, i malfattori crocifissi. I dieci compagni indignati, per la furbata, erano infatti accomunati dalla stessa ambizione. Gesù li radunò tutti e Dodici, per metterli in guardia dalle ipocrisie dei potenti della terra, e proponendo loro se stessi quale esempio da seguire, perché venuto per servire e dare la vita per tutti.

Fra' Domenico Spatola 

venerdì 11 ottobre 2024

Fra' Domenico Spatola: Nulla è impossibile a Dio!

 


Offristi con tuo sguardo la carezza
al giovane posseduto dalla ricchezza,
chiedesti a lui il cuore generoso, 
perché, libero e gioioso, 
ti seguisse
ma egli a te disse
il suo rifiuto:
non ebbe fiuto
e triste andò via,
e tu, Gesù, dicesti quanto sia
difficile al ricco entrare
lá, dove il cammello suol passare. 
Agli attoniti discepoli aggiungevi
che, per Dio, sono lievi
anche cose più pesanti:
non avessero perciò i cuori affranti!

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXVIII domenica del tempo ordinario (anno B): Marco 10, 17-30

17 Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». 18 Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19 Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre».
20 Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». 21 Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». 22 Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni.
23 Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!». 24 I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: «Figlioli, com'è difficile entrare nel regno di Dio! 25 È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». 26 Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: «E chi mai si può salvare?». 27 Ma Gesù, guardandoli, disse: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso Dio».
28 Pietro allora gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». 29 Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, 30 che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna.

Un giovane per strada corse incontro a Gesù. Gli urgevano certezze per l'aldilà. Del presente era soddisfatto. "Cosa devo fare?" chiese in ginocchio. Di Mosè, Gesù gli recitò i comandamenti che riguardavano i rapporti con il prossimo. Esultò. "Da sempre tutte quelle cose ("tauta panta") le ho osservate". Ma fu vera gioia? Quando Gesù gli propose di liberararsi dalle ricchezze, e darne il ricavato ai poveri e seguirlo, si fece scuro in volto e andò per la sua strada. "Possedeva molti beni". Era l'addebito  dell'evangelista.
Deluso fu Gesù. Aveva investito emotivamente invano: "lo fissò e lo amò". 
Commentò con amarezza: "Difficile per un ricco entrare nel Regno di Dio!". 
Al cammello sarebbe venuto più facile passare per la cruna di un ago. Denunciava la ricchezza come ostacolo alla salvezza. 
I discepoli tuttavia si rattristarono ritenendo eccessiva intransigenza quella che li privava del benessere che poteva venire da un ricco tra loro. Interlocutoria perciò quanto piccata fu la loro reazione: 
"Chi si può salvare?"
"Tutto è possibile a Dio", fu la risposta del Maestro. Pietro venne avanti e, a nome anche dei compagni, gli presentò il conto: 
"Noi abbiamo lasciato tutto, e ti abbiamo seguito: che ce ne viene?". 
"Cento volte tanto in case, fratelli, sorelle, madri e figli e campi - rispose - ma non senza persecuzioni". E inoltre quanto aveva chiesto il giovane ricco: "la vita eterna".

Fra' Domenico Spatola

venerdì 4 ottobre 2024

Fra' Domenico Spatola: Non sia disunito ciò che Dio ha unito


Per i farisei il ripudiare
preferito era ad amare. 
Essi citavano Mosè 
chiedendosi il perché
Gesù non conveniva. 
Ma per lui era retriva
quella legge 
che del Creator corregge
d'amor le voglie
del marito per la moglie. 
"I due una carne sola" 
fu questa sua Parola:
"Non vada disunito
ciò che Dio ha unito!"

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXVII settimana del tempo ordinario (anno B): Marco 10, 2-12

2
 E avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: «È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?». 3 Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». 4 Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla». 5 Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. 6 Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; 7 per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola8 Sicché non sono più due, ma una sola carne. 9 L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto». 10 Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: 11 «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; 12 se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio».

Gesù insegnava alla numerosa folla. Tra i presenti, qualcuno dissentiva. Erano farisei, venuti per tentarlo. L'evangelista usa per loro stesso verbo adatto al Satana. Lo interrogarono sul "ripudio" della moglie per qualsiasi motivo, da parte unilaterale del marito. Su ciò che giustificava il ripudio, legittimato dalla Legge di Mosè, si confrontavano due scuole di pensiero. Quella più rigorista, lo ammetteva per cause gravi (Shammaj), l'altra, più di manica larga, lo legittimava anche per futili motivi (Hillel). "Cosa vi ha ordinato Mosè?", fu la controdomanda di Gesù.
"Lo consente", risposero. Gesù dichiarò di non essere d'accordo, perché Dio non legifera ma crea e dichiarò l'uguaglianza tra l'uomo e la donna, delegittimando il ripudio "non voluto da Dio, ma dalla durezza del loro cuore". Dal Creatore, i due, "maschio e femmina",  diventano "una carne sola", e nessuno può dividerli perché equivarrebbe a un omicidio. Perciò "l'uomo lascia i genitori, e si unisce alla moglie, creando con lei il legame più integro e forte". I discepoli in casa opposero perplessità, ma Gesù insistette dichiarando adulterio per ambedue, se vengono meno al patto della fedeltà voluta dal Creatore.

Fra' Domenico Spatola