sabato 29 aprile 2023

Fra' Domenico Spatola: Sei il mio Pastore.

Ti cerco, mio Signore,
come il bimbo che, ad ore, 
chiede da madre il latte. 
Sei tu il pastore che combatte
chiunque mi vuol male:
comprendo allor che vale
per te la mia vita, 
dal tuo sangue condita
in rubiconde forme
e a me indichi le orme
ove poggiare il piede. 
Chiedi sol fede
e apri fiducioso
a me che timoroso
non trovo porta. 
per vista mia già corta. 
Ma quando odo tua voce
vengo alla foce,
ove m'incontrasti
e lieto mi portasti
al tuo ovile
dove altre file
stanno a seguirti. 
E ora vengo a dirti
che tu, Signore,  
sei il solo mio Pastore.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quarta domenica di Pasqua (anno A) : Giovanni 10, 1-10

1 «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. 
7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.

Due parabole di Gesù nel genere dell'allegoria. Ogni nome corrisponde simbolicamente a un personaggio reale. Il "Pastore" che si presenta alla porta del recinto, è Gesù che viene a rilevare il gregge, ossia il popolo di Dio di cui si erano abusivamente impossessati i capi dei Giudei: sacerdoti, scribi e farisei. Il "recinto" è l'atrio del tempio, dove "i falsi pastori" avevano rinchiuso, soggiogando, con una interpretazione disumana della Legge, il Popolo di Dio ("gregge"). Si erano infiltrati illegalmente (era questa l'accusa fatta da Gesù) per sabotare il progetto di Dio, quello cioè di dare vita al popolo. Gesù ha le carte in regola del "vero Pastore" e può legittimamente presentarsi alla porta del recinto. Custode è il Padre suo, che lo conosce e gli apre per consegnargli le pecore. Gesù chiama ciascuna per nome ed esse ne riconoscono la voce. Opposta a quella angosciante e malefica di chi le odia. Gesù, che teneramente parla loro d'amore, esse seguono ed egli, a fatica, le spinge fuori. Lotta infatti per strapparle dalle mani di coloro che le hanno rese prigioniere della loro ideologia e le soggiogano per convenienza. Qui evocato è il profeta Ezechiele (cap. 34), perché, sei secoli prima, aveva denunciato la stessa tragedia. Il Pastore "vero" cammina avanti e le pecore lo seguono. La "Porta" che figura nella seconda parabola, è l'immagine che Gesù applica a sé. Merita una nota di chiarimento. Le pecore, per essere sacrificate, dovevano passare attraverso la "porta probatica" del Tempio che conduceva dritta alla mattanza. Gesù, autodichiarandosi "Porta", ne vuol cambiare la finalità. Con lui infatti non si è introdotti a morire, ma ad uscire, come nuovo esodo perenne per la libertà. "Pascolo" in greco "nomé" diverso da "nomos" ossia la "legge", è il suo amore, gratuito e generoso. Con queste due parabole Gesù difese se stesso dall'accusa di "peccatore", dichiarando ai farisei che il vero peccato è il disinteressarsi del bene dell'uomo accecato dal loro bieco legalismo.

Fra' Domenico Spatola

sabato 22 aprile 2023

Fra' Domenico Spatola: Spezzasti il pane...

Quella volta... 
fu mia svolta.
Andavo col destino,
e t'incontrai sul mio cammino. 
Comparisti sconosciuto,
e io t'apparvi muto, 
chiuso in mia tristezza
ma bramoso di carezza. 
Mi narrasti la tua storia:
or triste e or di gloria,
e che i profeti, in stessa sorte,
prefigurato avean tua morte. 
Ma quando giunti a casa
e, tua presenza non fu evasa,
ti sedesti con me a mensa, 
e in me tua luce si fè intensa,
e rividi cose arcane, 
quando tu spezzasti il pane!

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della Terza domenica di Pasqua (anni A): Luca 24, 13-35

13
 Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, 14 e conversavano di tutto quello che era accaduto. 15 Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. 16 Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. 17 Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18 uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19 Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro 23 e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto».
25 Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! 26 Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27 E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28 Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. 30 Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. 32 Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». 33 E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». 35 Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Anche io venni ad Emmaus.  Stesse le mie ansie in conclamati dubbi.  Tanto dolore in giro e Dio sconfitto in croce. Come in Ucraina,  Afghanistan e in Iran e dovunque sono gli ultimi della Terra. Anche io come Cleopa speravo nella bacchetta magica con cui il Messia aggiustasse il mondo e i cervelli degli uomini. Ebbi il Signore compagno di viaggio ma non lo riconoscevo. Non voleva infatti che mi affezionassi a un volto. Mi chiedeva che lo vedessi negli ultimi e nei poveri, quale suo sacramento.  Ripenso al racconto. Venuto per dare voce a chi non ha voce e non capivo. Eppure era Scritto,  ma non pensavo che mi riguardasse.  E, come Cleopa,  sognavo gloria,  mentre il mio Signore era Crocifisso. Lo meritai tutto quel rimprovero: "Stolto e tardo a credere!".  Mi arresi infine e mi piacque il suo racconto ad alleviare il cammino. A destinazione, chiesi con insistenza che restasse con me.  Temevo la sera di ripiombare nella solitudine. Ma fu  pigrizia la mia e indolenza a non volere proseguire,  andando "oltre" il dolore e la paura. Eppure il salmo 23 del Pastore mi ricordava che "se tu,  Signore, sei con me non temerò".  Provò a farmi sognare nuovi spazi,  ma lo costrinsi a restare. E... compassionevole,  rimase per la mia povertà e, a cena, svelò a me il suo volto: "Pane spezzato".  E corsi a darne notizia.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 8 aprile 2023

Fra' Domenico Spatola: Vinta è la morte

Rifiorito è quell'orto
dove Cristo è Risorto
Le donne coi lumi
portaron profumi.
Ma l'odore di Cristo
era il bene già visto
ed ora risplende
con luce che fende
le tenebre fitte
e le vie dritte
addita in viaggio
facendo coraggio
che non triste è la sorte
perché vinta è la morte.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: È risorto, come aveva detto


Che avvenne alla tomba? Spalancato l'ingresso e ribaltata è la pietra. Non soffoca, capovolta fa piedistallo all'angelo annunziante. Le mirofore, con unguenti costosi, son costernate. Il Crocifisso non l'han trovato. Ne fece fede chi l'annunciò Risorto. Ove ora trovarlo? In Galilea! Era il Vangelo. Il monte indicato era il suo Sinai, donde dettate aveva le Beatitudini, sua Nuova Legge. Quel monte è dovunque si fa fede all'uomo questuante d'amore. Le donne compresero e da stesso amore e miraggio presero coraggio a dire ai suoi discepoli e a noi dove trovarlo.

Fra' Domenico Spatola 
(nella foto: La Resurrezione di Salvador Dalì)


Fra' Domenico Spatola: In attesa del risveglio

Sepolcro nuovo
a sorpresa come l'uovo.
Dentro c'è il mio Signore 
che il cuore
avea donato.
Il Signore si è allocato
in attesa del risveglio.
Quando poi starà meglio
griderà la sua vittoria,
e cambierà la Storia.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: 8 aprile 2023, Sabato Santo

Quel sepolcro era nuovo. Tu l'inauguravi. Non eri morto. Perché muore chi non ama. E d'amore, prova donasti fino a pienezza. Ora riposi da guerriero. Hai bisogno quest'oggi di ritembrar le membra. Te le hanno rotte a divertirsi. Hai lasciato fare. Ma ora chiedi silenzio. L'allodola non tuba, il pettirosso fu eroe a  toglierti la spina fino a tingersi di tuo sangue. Rispettava i tuoi spazi.. e tutti aspettavano il tuo risveglio. Eri ferito, provarono unguenti per il tuo corpo piagato. Ebbero premura per la Parasceve incombente. E pesante la pietra rotolò ingiusta a impedire tuo mondo. Andarono, piangendoti per il fatale dramma e abbandonando con rimpianto il monumento, ormai senza speranza. "Morì e fu sepolto", dissero a tutti. Ritornarono stizziti del fallimento. I discepoli non avevano creduto e a notte il loro stupore sarà più grande.

di Domenico Spatola

venerdì 7 aprile 2023

Fra' Domenico Spatola: Porto il ricordo

Straordinario
fu quando sul Calvario
offristi a me, Signore,
l'apertura del tuo cuore,
e m'invitasti a ingresso. 
Fai ancor lo stesso 
in ogni anniversario,
così che dal Calvario,
porto il ricordo
in consonante accordo
di tua pace
in luce più vivace.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: 7 aprile 2023: Venerdì Santo

Venni anche io al tuo Calvario. Udivo la canea dei persecutori e della folla ventriloqua dei potenti. Vedevo odio in occhi iniettati di sangue, di quanti a soddisfazione ti volevano morto. Avevano propiziato quel momento e tu non li hai combattuto. Ti sentivi, Gesù, il "nuovo Agnello" sacrificale. Eri la loro Pasqua. I due cricifissi con te, ti imprecavano risentimento. "Hai salvato gli altri e non puoi salvare te stesso!". Dicevano il vero! Stessa ironia dei capi ti perseguitava fino a quel punto. Era anche la tua verità. Agivi non per te, ma per salvare noi, tuo gregge e ti offrivi ai lupi, da Pastore buono che dà la vita. Tua madre giù dalla croce, langue in suo Cuore e ancora ti stringe suo Figlio, e il tuo cuore "squarciato" accoglie pure noi. Tutto trova motivo nella tua sete. L'avevi di noi, e di nostra fede in te che compivi del Padre il volere e donavi lo Spirito, offrivi alla Chiesa l'amore di Sposo, fino alla fine. In quel vespro, il cielo si squarciò, il sole si oscurò, il mondo non fu lo stesso, i sepolcri si aprirono e non ci fu più pietra tombale a chiusura. La primavera dava i suoi frutti, la tua luce abbagliante  iniziava nuovo racconto, e questa volta di vita eterna.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: Doniamo vita

A consacrar la fede
a ognun lavò il piede.
e il capo di olio unse
con lo Spirito che giunse
a iniziar servizio
a umiliar del mondo il vizio
che di poter fa vanto
e di dominio a incanto
il suo impone.
Propone 
l'amore il Cristo
che ha visto
nel Padre suo
e dice a me: "È tuo
e porto a te
lo stesso che dà a me".
E tra cose sue più sane 
spezzò il Pane
Aggiungendo quanto sia vero
rinnovar Mistero,
facendo perno
sul Sacerdote eterno
e sua Parola avita
a dono della vita.

di Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: 6 aprile 2023, Giovedì Santo. Giovanni 13, 1-13

 1 Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. 2 Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, 3 Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4 si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. 5 Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto. 6 Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7 Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo». 8 Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9 Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!». 10 Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti». 11 Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete mondi».
12 Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? 13 Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. 14 Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. 15 Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.

Lavare i piedi sorprendeva se era il Maestro a compiere il gesto nei confronti dei discepoli. Pietro non era d'accordo. "Rispetti anche il Signore le gerarchie, altrimenti anche egli dovrà fare lo stesso con coloro che riteneva a sé inferiori". Che novità dunque? "Non mi laverai i piedi in eterno!". Alla minaccia, Gesù rispose con l'ultimatum: "Non avrai parte con me". Provò Pietro a vanificare la "novità" del gesto di Gesù, riconducendolo nei riti di purificazione già noti: lavare la testa e le mani. Ma il Maestro gli disse che "colui che ha fatto il bagno", cioè ha aderito totalmente a lui, "ha solo bisogno di esercitare, il servizio per amore". Solo il figlio della perdizione (Giuda) si era da sé escluso. Compiuto il gesto, Gesù tornò al suo posto, e, ripreso il mantello dell'autorità, non tolse il grembiule del servizio. Spiegò il segno mostrato.  Da "Signore e Maestro", quale i discepoli lo riconoscevano, "aveva lavato i piedi, così anche essi se volevano essere come lui, dovevano lavare i piedi". Era il suo nuovo comando.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 1 aprile 2023

Fra' Domenico Spatola: Giunto a sua meta...

Raggiunsero giulivi,
il monte degli Ulivi,
e da lì il Signore,
senza rumore,
a due seguaci,
ritenuti audaci,
chiese coraggio
per andare al villaggio, 
ch'era di fronte
e seguendo le impronte
trovare il somaro
che a Zaccaria fu caro,
ma era stato legato
e con esso il puledro
come favola di Fedro
in racconto
ma con diverso tornaconto.
Questa profezia,
slegata fu sulla via
per Gerusalemme 
dove, lemme lemme,
Gesù s'avviava
e non infuriava
ma, da mite Signore,
portava l'amore.
La folla al Messia 
stava, a strategia,
davanti a guidarlo 
e dietro a osannarlo.
Stesero mantelli
e in mano i ramoscelli.
La città fu turbata,
e la folla interrogata
dicea: "È Gesù il profeta 
giunto alla sua meta!"

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: La passione di Gesù secondo l'evangelista Matteo

Giuda svendette il Maestro per trenta denari, il prezzo che si pagava per comprare uno schiavo. Gesù rispose con il più alto gesto d'amore: la sua Eucaristia. La cena pasquale, questa volta l'aveva preparata il Padre, per il Figlio: nuova Pasqua e Agnello immolato. Il Pane è il suo Corpo, a sostituzione dell'antica Legge; e il vino, il suo Sangue per la "nuova Alleanza". Pietro millantò presunzione di fedeltà fino alla morte, ma fece cantare nella notte il gallo, il trombettiere del Satana, il nemico, con un triplice rinnegamento. Nel Getsemani, Gesù lottò da solo, mentre gli amici, su cui confidava, dormivano estraniati. Giuda venne con la turba armata di spade e bastoni, e lo baciò. Era segnale per gli sgherri, non d'affetto. Non si poteva sbagliare nell'oscurità. Pietro, improvvisato spadaccino, pretese di difendere Gesù, ma fu pregato di non ricorrere alla violenza: "Chi di spada ferisce, di spada perisce". Da Caifa, il capo del Sinedrio, fu giudicato e condannato, senza prova fumante. Pretese da lui la esplicita dichiarazione. L'ottenne dal "Figlio dell'uomo alla destra di Dio, sulle nubi del cielo". "Bestemmiatore" lo dissero e lo coprirono di sputi e schiaffi, mentre Pietro, pavido, protestava innanzi a tutti di non conoscerlo. Al canto del gallo si pentì. Anche Giuda volle restituire i denari e il "prezzo del sangue", servì per comprare il campo "Alceldama", per la sepoltura degli stranieri. Si impiccò con rito da traditore.
Pilato, il governatore romano, interrogò Gesù. Lo vide innocente  Provò, ma con resistenze sempre più pavide, a liberarlo sapendo che glielo avevano consegnato per invidia. La moglie Claudia, l'aveva consigliato di non avere a che fare con il prigioniero, per gli incubi nella notte. Ma Pilato cedette alle minacce di denuncia da "traditore" all'imperatore" e, dopo sempre più mal riusciti tentativi, compreso il confronto col terrorista Barabba, lo consegnò al boia. Dopo flagellato, la soldataglia inscenò l'irriverente e carnescialesca incoronazione di spine come per un re da burla, usuale nei loro "Saturnalia".  Rivestito poi con stracci di porpora, fu coronato di spine.  Il Cireneo, costretto, sollevò il suo "patibolo" e, sul  Golgota, Gesù fu crocifisso, dopo avere rifiutato la mistura  di vino e mirra. I due ladroni a lato dovevano sottolineare al passante che Gesù era delinquente pari a loro. Le sue le vesti, divise a sorte, furono la sua eredità ai pagani. Dalle nove del mattino fino alle tre del pomeriggio, stette a patire e il motivo era leggibile nel titolo, con ironia sul suo capo: "Re dei Giudei". I passanti lo irridevano e i capi religiosi lo tentavano: "Scendi dalla croce, e crederemo!". A mezzogiorno  lo splendore del Crocifisso oscurava ogni altra luce. Ma era come la notte della liberazione dei figli di Israele dall'Egitto. Alle tre del pomeriggio, con voce  possente più di quella del gallo, Gesù gridò la sua vittoria, riassunta nel Salmo 22, e comunicò lo Spirito. Tutto fu diverso.  Nel tempio, il velo scisso da cima a fondo, non divideva più Dio dagli uomini e nel sepolcro non andrà più cercato il morto, perché Cristo è il vivente.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: dipinto di Caravaggio