martedì 31 maggio 2022

Associazione di volontariato "Missione San Francesco". Mensa dei poveri

La mensa è aperta tutti i giorni dell'anno, dal lunedì al venerdì dalle 12:30 alle 13:30. 
Il sabato, la domenica e le festività dalle ore 12:00 alle ore 13:00.
La Missione si sostiene con le offerte che i fedeli generosamente offrono e con l'indispensabile collaborazione dei volontari. 
Quanti desiderano contribuire economicamente, potranno farlo con un versamento sul c/c del Crèdit Agricole Italia S.p.A. ag. n. 4 Palermo Iban: IT13 P062 3004 6040 0001 5149 490.
Sostieni la Missione San Francesco donando il tuo 5 x 1000. Codice fiscale 97319880825.
Con una semplice firma che a te non costa nulla, puoi fare tanto. 


lunedì 30 maggio 2022

31 maggio 2022, "Visitazione della Beata Vergine Maria a Elisabetta": Luca 1, 39-56

Tu, o Maria, ascoltasti Gabriele che ti diceva "socia di Dio e madre del Figlio", che da te sarebbe nato. Furon segnali i sei mesi di Giovanni Battista nel grembo di Elisabetta, la madre attempata e non più sterile. Echeggiarono in  te le parole del Messo celeste, e il "nulla è impossibile a Dio" risuona ancor oggi per noi di speranza. Tuo fu il "Sì", e "senza ma". Sua energia lo Spirito Santo pose in te sua novella Creazione, esplosiva di carità e raggiante per la fede. La più breve, perché più celere, scegliesti via e, in casa di Zaccaria "il non udente", salutasti Colei che, come te, aveva creduto. Anch'essa fu colma di Spirito e, avvisata dal Bimbo nel grembo festante, rispose al saluto. Ti aveva riconosciuto: eri "l'arca di Dio" ed, emulo del suo avo re Davide, danzò per te. Stupivi la parente: "Tu la Madre del Signore venivi a lei". E cantò il poema della "sposa e regina" della Cantica nuziale. Interpretò la benedizione che tutte le donne aspettavano da Te, dei loro grembi, gravati da onte di chi misconosceva vita. Tu fosti il riscatto. E, ispirata, Elisabetta vide in te "la Credente" e ti acclamò "la Beata". "Magnificasti il Signore: per le grandi cose in te operate". Così anche noi, oggi con te, rinnoviamo stesso sentimento per ciò che ha  fatto in noi, grazie al tuo "Sì!".

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto: Visitazione di Raffaello


Fra' Domenico Spatola: Regale madre...

Vergine Maria,
che pace sia
all'umano vissuto
cui benvoluto
hai in gioia e dolore:
e dell'amore
da regale madre. 
Dio nostro Padre
a te diede quel ruolo
in amore e duolo
giuso alla Croce. 
E ascoltasti sua voce
d'esser Madre di noi.
Furon comandi suoi
di nuova tua attesa,
e a resa
offristi tuo grembo,
materno lembo
a umanità cui offre
il Figlio che soffre.

Fra' Domenico Spatola 

sabato 28 maggio 2022

Fra' Domenico Spatola: Salì in cielo


Stando ritto:
"Così sta scritto" 
disse Gesù 
prima d'ascender sù.
"Il Cristo dovrà patire
e da morte risalire
il terzo giorno.
Predicate tutt'intorno 
conversione 
e dei peccati la remissione.
Pien  d'ardore e senza flemne
annunciate a Gerusalemme.
mia risurrezione 
di cui ciascuno è testimone.
E del Padre il promesso, 
cioè lo Spirito suo Messo,
a voi io manderò 
appena me ne andrò.
Rimanete in città 
finché di regalità 
vi rivesta suo smalto
in potenza che vien dall'alto".
Detto questo,
li condusse lesto 
a Betania, fuori porta,
per la via più corta,
e, benedicente,
dinanzi a sua gente
salì in cielo,
e, caduto ad essa il velo,
lo vide in sù salire.
Tornarono a gioire,
e stavano nel tempio
a dare buon esempio.

Fra' Domenico Spatola,

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Ascensione del Signore (anno C): Luca 24, 46-53

E disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto».

Ascensione di Gesù

50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.


La cosmologia antica destinava a Dio come sede il cielo, mentre agli uomini designava la terra. Il racconto  dell'ascensione di Gesù in cielo, si carica perciò di simbolismo. Non significa distacco dalla sua Comunità, ma pienezza della sua condizione divina che lo avvicinava di più ai suoi. Auspicato da Luca è che Gesù apra ai discepoli la mente  alla comprensione. Il "nuovo" da lui manifestato infatti non può rifarsi a formule obsolete. Con il "così sta scritto", con cui Cristo, sul monte degli Ulivi, apre il suo discorso intende confermare del Messia i patimenti in vista della risurrezione al terzo giorno. La missione è conseguente: "Nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati". La novità  è nella conversione per cancellare i peccati, e a partire da Gerusalemme, rea di avere marcato la distanza tra l'uomo e Dio. Le regole di impurità rituali imposte infatti costringevano a costosi e snervanti riti di purificazione. Il perdono per Gesù si può invece ottenere orientando la propria vita a beneficio degli altri. È la novità che i discepoli di tutti i tempi sono chiamati ad annunciare. Tale invio sarà patrocinato dallo Spirito Santo, e la sua effusione, per l'evangelista, coincide con la Pentecoste, festa della Legge della comunità giudaica. Lo Spirito avrebbe dato nuovo impulso alla relazione con Dio, perché il credente non sarebbe più chiamato ad obbedire alla Legge, ma ad assomigliare al Padre, con un amore simile al suo. Quel "li condusse verso Betania"  racconta nuova la liberazione evocata su quella d'Israele dall'Egitto, mentre "le mani alzate" sono il segno di vittoria, come quelle di Mosè mentre il suo esercito   vinceva sugli Amaleciti. "Si staccò da loro e veniva portato in cielo". Luca evoca l'ascesa di Elia in cielo, mentre Eliseo lo vedeva salire sul carro di fuoco e ne riceveva lo spirito profetico. Anche i discepoli vedendo salire Gesù in cielo, ne riceveranno lo Spirito a Pentecoste.

Fra' Domenico Spatola 
Nella foto Ascensione del Garofalo

martedì 24 maggio 2022

Fra' Domenico Spatola: Il Piave mormorò... (in memoria del 24 maggio 1915) Tratto da: Un anno con fra' Domenico

Or son cent’anni 
che a natural frontiera, 
fiume difese, dopo Caporetto, 
come saputo e letto 
in ogni libro di storia, 
nostra milizia, privata di ogni boria, 
stremata era, 
mentre l’Austriaco sua bandiera 
issata avea a primavera
cantando vittoria 
in quella storia 
dei tanti morti di Prima Grande Guerra 
che sconfinata fu sopra la Terra. 
Il Piave favorì nostra ripresa, 
argine fu contro la nemica intesa 
che violare voleva l’italico orgoglio 
e mantenere ancor meglio quell’imbroglio 
di sudditanza a Impero 
che, per il patriottismo sincero
dei nostri eroi del Risorgimento, 
a fine guerra, ebbe compimento. 
Il Piave ancora mormora, 
tubando come tortora,
non più contro austriaci oppressori, 
altri sono oggi i dominatori, 
infìdi e votati a prepotenza, 
all’interesse proprio che, senza decenza,
cercano a danno della gente 
che impotente
si arrende a loro male. 
Non ideale 
ostenta suo racconto
chi comanda a tornaconto.
Il Piave mormora ancor flebile canto:
“Ho fatto tanto”
- ora a noi dice -
 “perché ancora è infelice 
il popolo depresso? 
Forse è oppresso 
da altra dittatura.
Coraggio, non duratura 
sarà, 
perché libertà
 è l’ideale 
che a ognuno fa sentire quanto vale.”
“Tanto!” È nostra aggiunta, 
convinti che libertà sarà raggiunta.

Fra' Domenico Spatola: Un anno con fra' Domenico. Poesie per ogni giorno dell'anno. 
Pagine 468 - Prezzo di copertina € 16,00
Disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it 
Disponibile presso la Missione San Francesco (Via dei Cipressi, trav. piazza Cappuccini)
Disponibile su Amazon Prime, Ibs, La Feltrinelli.it e tutti gli store online.
Parte dell'incasso è devoluto alla Missione San Francesco, la mensa dei poveri gestita da Fra' Domenico e dai volontari. 


lunedì 23 maggio 2022

Fra' Domenico Spatola: Ulissiade. Recensione di Fra' Giovanni Spagnolo.

Domenico Spatola, poliedrico e vulcanico frate cappuccino, ormai firma prestigiosa del catalogo I Buoni Cugini Editori, non cessa davvero di stupirci con la sua inarrestabile capacità di narrare in versi argomenti di vario genere in cui far confluire quella che è la sua evangelica e francescana visione della vita. 
Questa volta il testo che offre a fra Domenico il pre-testo per il suo racconto poetico in un vorticoso susseguirsi di versi, assonanze e rime sono nientemeno che i poemi omerici, l’Iliade e l’Odissea, studiati sui banchi di scuola, come confessa, “A modo di premessa…”, l’Autore: “Lessi Omero da ragazzo. Mi piacque come poeta dalle primordiali avventure dell’Umanità, e congeniali alla mia età. Cercai di conoscerlo meglio” (p. 5). Fra Domenico non fa mistero della sua preferenza per Ulisse, “intelligente e astuto nel disbrigo geniale degli imprevisti”, tuttavia, “in età canuta, mi accingo alla rilettura, ‘a modo mio’, dei fatti e misfatti del mitico eroe dell’età sognata d’oro fin dall’antichità” (Ibidem). Quella del rileggere i classici, che hanno accompagnato e in qualche modo segnato la nostra infanzia, con il bagaglio dell’esperienza acquisita sul campo, è dato fisiologico che fra Domenico conferma con questo suo lavoro. Del resto, la vita stessa è davvero una replica delle vicende che i poemi omerici, sotto tutti i punti di vista, hanno descritto nella narrazione che ruota attorno agli “eroi” Ulisse e Odisseo (due volti dello stesso personaggio, osiamo affermare, senza peraltro scomodare la vexata, e datata, questione omerica!). Certamente, Omero racconta a modo suo i suoi protagonisti, Ulisse in questo caso, ma Domenico Spatola, nella sua Ulissiade, lascia aperto il pertugio attraverso il quale s’insinua, legittima e in qualche modo dovuta, la domanda: siamo davvero sicuri che Ulisse, questo mitico e incredibile eroe che ha solleticato la fantasia e la creatività di autori di ogni tempo sia davvero così incredibile, intangibile, ineccepibile? Tenuto conto che dietro ogni leggenda c’è un fondo di verità, l’Autore ha seguito un copione molto curioso, e per certi versi originale, in cui prende in considerazione tutte le caratteristiche dei personaggi ideati da Omero, 2 nutriti di poesia, anche se fra Domenico si schermisce, humilitatis causa: “Poesia nutre poesia. Con le debite distanze. Quella è sorgente, la mia è rigagnolo tenue e soffiato del bisogno di riscrivere, per me e meritare la gioia della custodia di tanti anni, ora prepotentemente alla ribalta, all’apertura di uno dei tanti cassetti del cuore” (Ibidem). L’Ulisse che Domenico Spatola ci restituisce nelle tre parti del suo testo: Telemachia (pp. 13-21), Il viaggio di Ulisse (pp. 25-52), Uccisione dei Proci (pp. 57-102) funzionali a ripercorrere tutti i ventiquattro libri, di cui si compone il poema, e a cui volutamente ha voluto imprimere “la musicalità dei canzonieri”, è un Ulisse un po' cambiato, rispetto alla trama omerica, ma molto più umano, nonostante gli sia toccato affrontare, con i suoi compagni, parecchie avventure “improbabili”. Alla fine della sua narrazione fra Domenico, giunto a Itaca, in sintesi davvero mirabile, come in una ripresa cinematografica, allarga la sua presa prima sui Proci, “intrappolati da miopica stupidità, fino a subirne il terrore. E con loro i soci, goderecci e disattenti”, pur non trascurando Telemaco che “fu figura funzionale, come Eumeo, Euriclea, l’aedo Femio, Medonte e lo stesso Argo, il cane della fedeltà” (p. 6). Ma su tutti, com’era immaginabile, si staglia Ulisse e l’Autore non ne fa mistero: “Gigante è solo l’eroe, mai stanco di viaggiare perché mai sazio di conoscere. Senza fine” (Ibidem). E in questa affermazione c’è da un lato la scelta fatta e spiegata da fra Domenico nello scrivere questo libro, e nello stesso tempo l’invito implicito al lettore a vivere la propria vita all’insegna del viaggio e della conoscenza, cifre ineludibili di umanità. A impreziosire il testo di fra Domenico Spatola, e a dargli come una ventata di giovinezza e spigliatezza, contribuiscono i disegni di Isabella Ceravolo, palermitana classe 1997, che coniuga in modo encomiabile arte e musica, avendo frequentato il Liceo Artistico, specializzandosi in arti figurative e conseguendo il diploma di laurea in pianoforte al Conservatorio di Musica “Alessandro Scarlatti” di Palermo. Questi disegni di Isabella Ceravolo, che illustrano a grandezza di pagina i vari personaggi dell’Ulissiade, narrata dal frate cappuccino,si impongono alla vista del lettore per la nitidezza dei tratti e la vivacità dei colori e contribuiscono certamente a fissare nella mente quanto lo scrittore-poeta-narratore, moderno aedo, ha spalmato nel suo libro. Un’accoppiata vincente, dunque, questa collaborazione artistica tra Isabella e fra Domenico di cui non possiamo che rallegrarci, auspicando ulteriori pubblicazioni, per la gioia dello spirito e degli occhi.

Fra' Giovanni Spagnolo

Fra' Domenico Spatola: Ulissiade. Le gesta di Ulisse nei versi di fra' Domenico Spatola.
Pagine 102 - Prezzo di copertina € 12,00
Parte dell'incasso è devoluto alla Missione San Francesco, la mensa dei poveri voluta e gestita da Fra' Domenico e dai volontari.
Il volume è disponibile dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Presso la Missione San Francesco (via dei Cipressi trav. piazza Cappuccini)
Su Amazon Prime, Ibs, La Feltrinelli.it 

sabato 21 maggio 2022

Fra' Domenico Spatola: 23 maggio 1992

Trent'anni fa sull'autostrada Capaci direzione Palermo,  ci fu l'inferno.  Cento chili di tritolo, fatti sparare da Giovanni Brusca, appostato sulla collina dalla quale poteva controllare il passaggio delle macchine, fece saltare quel tratto su cui transitava in quel momento la macchina di Falcone e della moglie Morvillo e quella della scorta. Quelle morti, in tutto cinque, le ha voluto la Mafia, e la volontà indomita del suo capo sanguinario, Totò Riina. Così si dirà al Maxi-processo che verrà celebrato nell'aula bunker dell'Ucciardone a Palermo. Ma fu solo un gesto di criminali che volevano piegare lo Stato ai propri interessi, oppure parti deviate dello stesso, che per lotte e fibrillazioni intestine hanno voluto questo? Una risposta si è potuta dare, con i tanti ergastoli e gli anni ingenti di carcerazione agli imputati materiali degli eccidi. Rimangono però nell'opinione comune tanti gli interrogativi irrisolti. Lo stesso Borsellino,  un mese dopo Capaci, parlò del "Giuda" che aveva tradito, ma non fece nomi. Il 19 luglio dello stesso anno toccherà a lui e alla sua scorta in via d'Amelio. A trent'anni i dubbi perciò rimangono. Ogni anno, il 23 maggio, la ricorrenza viene celebrata da tutta l'Italia in via Notarbartolo, dov'è la casa che fu di Falcone. È diventato religiosamente un totem l'albero che porta il suo nome all'ingresso del palazzo a simbolo del riscatto. Soverchiato da frasi che assicurano ricordi e promettono cambiamenti. Sembrano lontani quei giorni ad alta tensione, quando ogni strada prncipale di Palermo gridava il nome del suo morto illustre. Pappalardo cardinale arcivescovo di Palermo si sentì stanco d'essere chiamato "il vescovo degli uomini illustri ammazzati". Se ne lagnò pubblicamente, e la sua fu ribellione morale. Il "dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur" di Sallustio, con l'applucazione da lui fatta alla situazione di Palermo, lo rese famoso al mondo intero. Celebrava infatti nella chiesa di San Domenico, pantheon degli uomini illustri siciliani, il 4 settembre 1982, i funerali del generale Dalla Chiesa e della moglie Emanuele Setticarraro. Da lì iniziò il calvario del triste decennio che separerà le due stragi "Dalla Chiesa/Falcone" disseminato di altri uccisi più o meno illustri. Ci chiediamo se la mafia sia scomparsa, con la morte dei suoi capi storici, o si sia resa carsica, inabissandosi nei fondali della politica, quella del malaffare, si intende? La storia in futuro potrà dare risposte. In attesa, leccate le ferite per il bene non fatto, e per l'arretratezza in cui versa ancora la nostra Sicilia, celebriamo i trent'anni, a perpetua memoria, sperando che la Storia insegni e abbia finalmente discepoli.

Fra' Domenico Spatola 

Fra' Domenico Spatola: "Chi mi ama...", disse Gesù

Gesù ai suoi fè scuola:
"Chi osserva mia Parola,
il Padre l'amerà 
e in lui dimora sua farà.
E il Consolatore,
lo Spirito d'amore,
mandato  dal Padre,
vi farà da Madre,
e, insegnando ogni cosa,
non renderà morosa
Parola mia a voi detta.
Egli farà perfetta
la mia pace
che, così verace,
il mondo non può dare,
perché non sa amare.
Non abbiate mai timore,
più grande è il mio amore.
Vi ho detto che andrò,
e a voi presto tornerò.
Siate lieti, perché fidi
sono i paterni lidi
dove mi recherò,
e, al ritorno, in voi fede troverò!".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Sesta Domenica di Pasqua: Giovanni 14, 23-29

23
 Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24 Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
25 Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. 26 Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. 27 Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28 Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me. 29 Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate.

Al comandamento dell'amore Gesù lega il discepolo. In lui pone la dimora: sua e del Padre. La sua legge diviene condizione assoluta perché ognuno possa dichiarare di amarlo. È infatti del Padre il comando di amare e il Figlio lo ha osservato, per questo rimane nella sua intimità. Amicizia condivisa con chi osserva la sua Parola. In missione ha amato senza misura donandosi in pienezza. Era il suo scopo, che raggiunse suo vertice nel "tutto è compiuto" ("tetelestai"). Era la ragione del suo invio e ora aperta all'opera del Paraclito. Avvocato e protettore sarà lo Spirito Santo che consolerà i discepoli e ricorderà loro, le cose da lui insegnate. Renderà presente il Figlio in ogni Eucaristia e tramite essa nella Storia e, col Vangelo e i Sacramenti, ne interiorizzerà la vita nei credenti. La Pace ultimo dono terreno consegnato. Era la totale felicità a ruolo per la vita di ogni uomo. Unica per la sua esemplarità, e "diversa da quella che dà il Mondo", osceno a rubare  libertà e a gettare  nell'ansia e nella paura. La Pace che dà Gesù esclude il timore e al Padre dalla croce, consegna quel che è stato per noi l'amore più grande: la sua vita. Al ritorno, da Risorto ne consegnerà lo Spirito, alla Chiesa e al Mondo.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 13 maggio 2022

Fra' Domenico Spatola: Disse Gesù: "Amatevi..."

Quando Giuda andò via,
Gesù disse: "Così sia!
Or sarò glorificato
dal Padre mio che m'ha amato.
La sua gloria m'appartiene
come Figlio cui vuol bene,
e di tutta la sua Gloria,
la mia Chiesa fa memoria.
Al Padre presto io andrò, 
ma prima un segno chiederò:
sol allor mi appartenete
se voi tutti vi amerete,
come io ho amato voi
e ciò sia sempre: prima e poi!".

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Quinta domenica di Pasqua: Giovanni 13, 31-33a.3-35

31
Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Giuda, nell'ultima Cena, aveva preso il boccone offertogli dall'ospitalità del Signore. Non lo mangiò, preferendo lasciarsi ingoiare dalla notte e far iniziare la passione con l'arresto di Gesù. Il Signore vide in quel gesto, "giungere l'ora della Gloria".  La sua e quella del Padre, e la rese nota ai discepoli. Il Figlio innalzato in Croce avrebbe "glorificato" (manifestato) il Padre e il suo amore incondizionato per l'umanità. Frattanto i tempi si facevano corti ("Figlioli, ancora per poco sono con voi"),  bisognava perciò far presto a dettare il Testamento, con il quale avrebbe magnificato il Padre, e dichiarate le condizioni per appartenergli come discepoli: "Vi do un comandamento nuovo".  Inedito: "Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi". Chiedeva di amare "come" lui. Questo sarebbe stato il distintivo per appartenergli come discepoli. A praticare il suo comandamento cesserebbe la guerra, e  soprattutto quella  praticata "nel nome di Dio".

Fra' Domenico Spatola

venerdì 6 maggio 2022

Fra' Domenico Spatola: Ascoltano la mia voce...

"Mia voce chi ascolta?"
disse all'accolta
folla che al Signore
contesta ruolo di Pastore.
"Le mie pecore conosco",
disse al gruppo losco
avverso a lui.
"Luce in luoghi bui
è mia parola, e lanterna
che dà la vita eterna.
Cerco le pecore perdute
e rialzo le cadute,
e, per condurle lontano,
strette le tengo in mano.
Il Padre me le ha date,
e non temo le imboscate
perché Egli è più forte,
mentre di vedute corte 
son le altrui trame.
Nel suo divin reame,
il Padre ed io siamo Uno,
stesso vale di ognuno!".

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al vangelo della quarta domenica di Pasqua: Giovanni 10, 27-30

 
27 Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28 Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. 29 Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. 30 Io e il Padre siamo una cosa sola».

Durante la festa della Dedicazione del Tempio di Gerusalemme, inaugurata da Giuda Maccabeo che volle riconsacrare il santuario nel 165 a.C. dopo la profanazione di Antico IV Epifane, Gesù, venne rabbiosamente accerchiato dalle autorità religiose e accusato di "togliere loro la vita" (sic!). Non sopportavano l'azione di liberazione del popolo, operata da Gesù che lo sottraeva dalle loro disumane leggi. Il Signore passò al contrattacco, con una denuncia: "Voi non credete perché non fate parte delle mie pecore". A quelle autorità religiose che millantavano la vicinanza con Dio, Gesù rimproverava di non potere far parte del suo gregge. Rivendicò le pecore sue, e se stesso il vero pastore. A differenza degli avversari, egli non sfrutta le pecore ma, per esse, è disposto a dare anche la vita. E le pecore lo riconoscono dalla voce. Accolgono le sue parole che rispondono ai bisogni di pienezza che ogni persona porta dentro. In questa opera, Gesù si dichiara motivato perché conosce le sue pecore, e queste lo seguono. Non lo fanno con i loro capi, la cui azione è di soffocare, anziché favorire la vita in loro. Questa vita è eterna, perchè quella che il Padre dà a lui. Nessuno può perciò strappare il gregge dalla sua mano, perché "io e il Padre siamo Uno". Sembrò una bestemmia agli oppositori,  non avendo compreso che il progetto  di Dio sulla umanità, era che ogni uomo diventi suo figlio e abbia la vita divina.

Fra' Domenico Spatola 

giovedì 5 maggio 2022

Fra' Domenico Spatola: A Maria regina...

China mia fronte
su impronte 
del Figlio tuo.
Accolgo il suo
Vangelo
ove a noi cielo additasti.
Con vasti
consigli,
del Padre noi figli
vuoi fare, 
in sua legge ch'è amare.
È ciò che ha fatto
col  Patto,
con noi concluso.
Or con te uso
stesso linguaggio,
e chiedo ingaggio
a tua fedeltà,
per quella beltà,
con cui il Padre
innamorasti da Madre.
Ti diede "materna"
per la nascita eterna,
e ciascun che t'accoglie.
Tua protezione ci toglie
paura
da vita insicura,
e per la pace
nostra prece è verace:
"Frena le menti malate,
dal nucleare tentate,
ché non in distruzione
dissolva Creazione.
Madre attenta,
fai contenta
nostra preghiera
per la pace sincera
e i popoli offesi
sian protesi
a guardare lontano
per darsi la mano".

Fra' Domenico Spatola


Fra' Domenico Spatola: Parlando amore.

Coltivo di mamma 
numerosa gamma 
di ricordi,
fatta d'accordi
in vibranti note,
speciosa dote.
Solo suo sguardo,
era già traguardo
per me fanciullo 
e ora cullo
ogni sua mossa 
che mi dà scossa 
d'energia tanta. 
Adesso è Santa 
e in cielo vive,
e mai fa prive 
attese mie d'affetto,
che provo in petto 
in palpitante cuore, 
parlando amore.

Fra' Domenico Spatola