venerdì 28 aprile 2017

Fra' Domenico Spatola: Sul cammino di Emmaus


Eran diretti verso un villaggio
senza coraggio
fuggivano da sorte
ch'era stata di morte
per loro Maestro
e senza più l'estro
per continuare stesso
messaggio.
Fuggitivi, speravano altrove di
non ritrovare
delusione
che il Cristo
morto in confusione
avea loro indotto.
Quando i pensieri si affollavano a
torto
Gesù in persona fece suo ingresso:
Egli era lo stesso
che Crocifisso aveva donato sua
vita e favore
e or con pudore
cercava il pastore
di ricondurre le pecore
dallo sbando
da quando a comando
missione sua inusitata
e disattesa
altra strada percorsa avea
incompresa dai suoi
che ancora non arresa da vedere
il Risorto perché senza più
speranza morto era lor cuore.
Il cammino pur lungo sembrò più
breve
perché Gesù
con suo parlare
più lieve rese fatica
e disagio infuso pur coraggio a
risanar l'oltraggio nel dono
dell'amore e del perdono.
A Emmaus villaggio
son pieni di coraggio
e ormai conquistati dall'ospite pur
strano
che di ogni brano
di sacra Scrittura
ha fatto lettura
che rende attuale
ideale
che vale
mentre or che il sol tramonta
cenare già conta.
Non vogliono da soli sedersi al
desco:
fresco è infatti il sermone del
Cristo ad amare
volgono a lui l'invito a restare. E
quando, seduti, inizia la cena
fu scena a lor occhi da sempre
nota:
è gesto d'amore che sol Gesù
concede ai suoi
sì che in loro si accende la vista
e scoprono nel gesto l'amor che
conquista.
Finito a stupore lo splendore
si chiedono già se il cuore prima
che la mente
non consentiva d'amare mentre
parlava.
Rifanno a ritroso il cammino
dove ormai non scontroso
è il gruppo divino
che Cristo Risorto
ha risuscitato e non più morto.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: La cena di Emmaus, Veronese.

Commento di fra Domenico Spatola al Vangelo della Terza Domenica di Pasqua: Luca 24, 13-35

Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l'hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l'un l'altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!».
35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
 
Commento al Vangelo
Fuggivano da Gerusalemme verso Emmaus due discepoli del Maestro che, a loro dire, li aveva delusi.
Con la folla, appena qualche giorno prima, l'avevano osannato "Messia, figlio di Davide e profeta restauratore degli usi corretti della Legge di Mosè". In lui si erano illusi di individuare colui che avrebbe risollevato le sorti d'Israele.
Con l'amarezza del fallimento, intendevano rifugiarsi a Emmaus, il villaggio dai fasti di Giuda Maccabeo, valoroso guerriero della nazione ebraica che, tre secoli prima, vi aveva riportato una memorabile vittoria sui pagani.
Solo di uno il narratore ci ricorda il nome: Cleopa. Emblematico perché riduzione di Cleopatros, che vuol dire "Del Padre glorioso". Spie ideologiche orientative per riconoscere le loro ambizioni di gloria.
Gesù si accostò manifestando stesso intento di cammino, ma non fu riconosciuto, perché altro è "il luogo", esigito da Luca per fare esperienza del Risorto. L'approccio, non facile, fu tormentato d'ambo le parti.
Alla prima richiesta di Gesù sul "perché dei loro volti tristi", la risposta di Cleopa fu piccata. Gli diede dell'ignorante e del "marziano" se non sapeva nulla di quanto era successo in quei giorni a Gerusalemme.
Continuando a vangare nel loro cuore, perché esprimessero tutto il loro risentimento, domandò: "Cosa?"
Fu evidente escamotage psicologico, condotto con socratica maieutica, per farli collaborare alla soluzione del loro problema. Cleopa cominciò a raccontare la sua delusione su "Gesù, il Nazzareno, profeta potente in opere e in parole, crocefisso e sepolto". Fu tuttavia quando esternò il senso del fallimento: "Noi speravamo che fosse lui a risollevare le sorti di Israele", che Gesù intervenne con fermezza appellandoli "stolti e tardi di cuore nel credere a Mosè, ai Profeti e ai Salmi".
Come ermeneutica, offrì il metodo dell'amore, il solo, per Gesù, in grado di consentire delle Scritture la corretta interpretazione.
Frattanto, coperta la distanza degli undici chilometri, quanti ne occorrevano per raggiungere la destinazione, Gesù ostentò l'intenzione di volere andare oltre: era il "nuovo", il suo spazio di libertà.
"Resta con  noi" fu l'invito pressante dei suoi.
"Entrò", laconico sintetizza il narratore, senza allusione al villaggio.
A cena "si aprirono i loro occhi", ricordando lo stesso "gesto dello spezzare il pane", compiuto da Gesù nell'ultima cena. Ottenuto l'effetto della loro fede, il Cristo si rese invisibile, ma non assente, così che per la Comunità il Risorto è sperimentabile in ogni Eucaristia.
E' il "vangelo" che, per l'intero racconto, esplicita il senso della "consegna" di Gesù ai suoi nella istituzione eucaristica: "Fate questo in memoria di me", testamento registrato, tra gli Evangelisti, dal solo Luca.
Consequenziale è la missione. I due, fatta esperienza del Cristo, corsero ad annunciare agli "Undici" il Vangelo della vita che non muore. Ma già erano stati preceduti dal Risorto "apparso a Simone".

Fra' Domenico Spatola.
Nella foto: Cena di Emmaus, Tiziano.

martedì 25 aprile 2017

Fra' Domenico Spatola: 25 aprile 1945, festa della liberazione

Oggi commemorazione
dei Partigiani eroi
e dei tanti che resero all'Umanità
il più bel dono: la libertà.
Con sacrificio della vita
(sia resa a loro gloria infinita!)
liberarono l'italico suolo
da triste ruolo
di schiavitù e morte,
sorte
cui relegato
avea lo scarpone chiodato
del nazista odiato,
già razzista,
a quanti non ariano
ma altro sangue vano
scorreva nelle vene.
Furono pene
di terrore e di male
che decretò il caporale
Hitler che, confuso
da sua tracotanza,
illuso e con baldanza
si esercitò a dominare il mondo.
Di quanti morti e prigionieri
feriti
si perse il conto.
Tutti i diversi
furon conversi
dal dittatore
in disumani luoghi dell'orrore.
Maggiore fu il terrore
contro l'Italia,
che sol da balia
poteva offrir servigi
impreparata com'era agli armigi,
quando l'otto settembre del
quarantatré
l'armistizio fu imposto dal re.
L'Italia fu divisa.
Del tedesco il furore
fu più acceso
contro l'Italia, ormai ostaggio
preferito dal germanico
pestaggio.
Vennero gli Americani
che conquistarono Sicani
e il meridione
e Cassino segnò la linea
che divise dal settentrione,
ove nel frattempo Mussolini
riparò
per fondare lì la Repubblica di
Salò.
Fu fratricida lotta senza quartiere
perché ancora più fiere
furon sevizie e rabbia del tiranno: ù
dalle Fosse Ardeatine già tutti
sanno
e Marzabotto
e dei tanti altri eccidi
che più corrotto
mostrò il cuor di pietra
del disumano nemico
che non arretra.
I Partigiani rischiaron grosso
portando a più non posso
messaggi a guida
per favorire chi d'altre parti
veniva ad aprire, con nuovi
sbarchi,
varchi sicuri di libertà
che fu conquista però solo a
metà,
se ancora oggi con tanta storia
dei tanti morti senza memoria
non è pace
lezione sol verace
che non si apprende
se si vendono armi
che per provarle
bisogna far la guerra.
Delusi ci chiediamo:
quando sarà vera pace sulla
Terra?

Fra' Domenico Spatola










sabato 22 aprile 2017

Fra' Domenico Spatola: 22 aprile 2017. Ai tre novelli Presbiteri cappuccini.

Disse Gesù ai suoi:
"Date loro da mangiare".
Essi si chiesero come fare
e Gesù a loro titubanza
offrì sua proposta a nuova
usanza:
si fece pane egli stesso
e a suo messo
chiese loro, nella storia,
di continuare sua memoria.
Ora tocca a voi,
Presbiteri vocati,
selezionati
perché unita
sia vostra vita
a quella del Signore,
sol così nutrirete dei fedeli
mente e cuore,
con sua Parola liberante
e amica
e l'Eucaristia che sol fatica
richiede a farsi "pane",
offerta immane
che mistero
impone cuor sincero.
Ricorderete don Corrado,
Vescovo ordinante,
amato insegnante,
ma prima ancora praticante
carità,
che in umiltà
affida a voi messaggio
il cui coraggio
vi viene sol da Cristo:
sia dunque misto
al suo vostro ideale
da essere sponsale
il vostro "Sì",
e, da oggi in poi, ogni dì
sarà buono
a rendere speciale il vostro dono.

Ad multos Annos.
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Cena in Emmaus - Caravaggio

venerdì 21 aprile 2017

Fra' Domenico Spatola: Quella sera...

Quella sera,
o Signore,
parve chimera
ai tuoi l'ingresso
che facesti a porte chiuse:
qualcuno a spasma
gridò a te "fantasma".
Eri morto e qualcuno
ancora osa
della tua morte
sol vergognosa,
a chiodo fisso,
ritenerti solo Crocifisso.
Asserragliati erano i discepoli
tremanti di finire in stessa tua
condanna,
e quando tu entrasti i loro
"osanna"
seguirono dopo a lor paura. La
"Pace" tua fu subito sicura
e consegnata a dono
era il perdono
offerto al mondo
come lo Spirito tuo Santo
da consegnare a vanto
dell'Umanità ormai redenta.
Contenta
fu tua ciurma di vederti
e raccontare al discepolo
mancante
tue gesta a gloria
era Tommaso che non voleva
sentire storia
e sol toccare per credere e
amare.
Tornasti umano all'ottavo giorno.
Stessa fu la procedura
era la misura di rapportarti a loro,
ma a Tommaso,
dal più sensibil naso,
serbasti altro trattamento. Lo
stesso ch'ei chiedeva a sol
commento:
"Metti - gli dicesti contento - la
tua mano nelle mie piaghe, esse
non vaghe a rinnovare memoria
del vero amore senza tua boria!"
Egli comprese essere per lui
lezione di vita
e ormai amica si fece la sua
voce
e riconoscendo lo stesso Cristo
in croce,
svelò per te la sua più alta fede,
ormai da discepolo che crede
ti dichiarò: "Signore e suo Dio".
Fu dolce oblio
nell'amore
e quell'incontro
ancor conservo in cuore.

Fra' Domenico Spatola.
Nella foto: Incredulità di Tommaso - Caravaggio

Commento al Vangelo della domenica Seconda di Pasqua: GIovanni 20, 19-31

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
 
Commento al Vangelo
Il primo giorno di Pasqua non fu comprensibilmente vissuto bene dai discepoli di Gesù, che per paura di finire crocifissi come lui, si erano asserragliati in quello che era servito da cenacolo. La Comunità faceva in tal modo esperienza della sua debolezza quando continua a cercare modelli alternativi a quelli proposti dal Maestro.
A sera, a evocazione della liberazione d'Israele in terra d'Egitto, Gesù si rende presente tra i suoi discepoli con un dono: la "Pace", comunicata con il soffio dello Spirito e l'invio alla missione per partecipare agli uomini, con il perdono, stesso dono pasquale. Assente è Tommaso, il "gemello" coraggioso. Sue erano state le parole rivolte ai compagni, per andare a morire con Gesù. Ora è per le vie del mondo, e senza paura, ma con una grande voglia di credere.
Lo fa presente ai discepoli che gli annunciano di avere incontrato il Risorto.
Tommaso teme in un abbaglio, che cioè quanto da essi visto sia un fantasma. Vuole perciò "vedere" e "toccare per credere". All'ottavo giorno, ritmo che regolerà la settimana cristiana, il Risorto è tra i suoi. Questa volta con una nuova missione, recuperare il dissidente e confermare in lui tutti i credenti in futuro. L'invito a Tommaso a mettere la sua mano nelle piaghe delle mani e del costato, monili inconfondibili del suo amore, non è più necessario: Tommaso ha visto e ora professa "il mio Signore e mio Dio". E' l'apice della fede cui ha condotto il Quarto Vangelo, professata da colui che imparerà dal Maestro che bisogna "credere per vedere".
 
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Incredulità di Tommaso di Domenico Cresti detto Il Passignano.

lunedì 17 aprile 2017

Fra' Domenico Spatola: Pasquetta

A Pasquetta
ormai è affermata
d'antica data
la bella usanza
di andare in campagna
né alcun si lagna
ad arrostire salsicce,
carne e altre cose spicce come
carciofi e cose varie che per quel
giorno non si pensa a carie,
né a cinture o a bilancia: festa è
infatti per la pancia che si riceve,
come tutti sanno,
cibo bastante per un intero anno.
E questa è costumanza ormai
assodata
che non può essere da alcun
vietata:
fa parte infatti del modello
antico
che fa bene ancora al moderno
amico.
Va tuttavia la ricetta:
a Pasquetta val la pena fare in
fretta
perché anche se dura l'intero
giorno
sarà atroce
ma passa sol veloce.

Fra' Domenico Spatola.

sabato 15 aprile 2017

Fra' Domenico Spatola: Il Risorto nell'orto



La pietra levata
apriva a speranza
che morte in vacanza
cacciata per sempre,
o Signore.
Tua vita, a proclama,
eterna di fede
brama
altra sorte
che morte
più non appartiene:
altro destino infatti detiene
chi, amato, scoperto ha l'amore
e nel cuore
sol nutre e, oltre tomba,
altra voce, a festa, rimbomba
per vita
concessa infinita.
Il Risorto nell'orto proclama
messaggio:
"Il chicco di grano
- e non è affatto strano -
sol se muore in terra,
qual serra,
accresce infinita
sua vita".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Il Cristo risorto, Michelangelo

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della domenica di Pasqua: Matteo 28, 1-10

RISURREZIONE DI GESU'
Il sepolcro vuoto
1 Dopo il sabato, all'alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l'altra Maria andarono a visitare la tomba. 2Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. 3Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. 4Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. 5L'angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. 6Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. 7Presto, andate a dire ai suoi discepoli: «È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete». Ecco, io ve l'ho detto».
8Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annuncio ai suoi discepoli. 9Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. 10Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».
 
Le "mirofore" (portatrici di unguenti) attesero scrupolose i tempi validi che la Legge consentiva per tornare alla tomba, dove in fretta avevano dovuto abbandonare il corpo del Crocifisso, rammaricate di non avergli potuto tributare doverosa imbalsamazione.
Delle tre donne, già testimoni della crocifissione di Gesù, assente ora è la madre dei figli di Zebedeo, delusa dalla morte di colui che riteneva "Messia davidico", vittorioso e immortale, e dal quale aveva preteso posti di governo per i due figli. Quella morte in croce aveva prodotto in lei solo delusione.
La Maddalena e l'altra Maria, senz'altro desiderio se non che qualcuno spostasse per loro l'inamovibile pietra tombale, a sorpresa si ritennero esaudite quando il "terremoto" e "l'Angelo del Signore, sceso dal cielo, rotolò la pietra e vi si pose a sedere".
Teofanica narrazione per raccontare l'inesprimibile.
Capovolgimento delle prospettive nel simbolo della pietra tombale, non solo rimossa ma da quel momento supporto della vita: " Si pose a sedere su di essa".
Il "vestito bianco come la neve" e "l'aspetto come folgore" concorrono a evocare la condizione divina.
La resurrezione di Cristo sconvolge le guardie imposte dai capi all'inutile custodia. Solo alle donne perciò l'angelo rivolge suo saluto e l'incoraggiamento a non avere più paura.
Nell'indicare il luogo dove era stato riposto, definitivamente vuoto, le invitava a cercare Gesù altrove, "là Egli precede i suoi". Strana l'indicazione, se non la si conoscesse come la regione dove si erge il "monte" da dove Gesù proclamò le Beatitudini, a sintesi del suo nuovo messaggio.
L'invito dell'angelo rende così partecipi della stessa esperienza quanti accolgono e corrispondono lo stesso Vangelo.
 
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: La Risurrezione di Cristo, di Beato Angelico

Totò il re della risata

Cinquant'anni fa la scomparsa
di Totò, della farsa
principe indiscusso
per cui l'Umanità
ancora ride
a battute esilaranti
e mai trivie.
Fu geniale a mimare difetti,
mascherando molteplici aspetti,
della miseria d'umanità
che egli elesse a nobiltà:
fece a macchietta
la marionetta
snodabile da impressionare
i bambini
che si chiedevano se tra i
burattini,
fosse suo posto
ma fu del povero maggior costo
in fatica a farlo furbo
rivestendo del mariuolo i panni
senza a decenza dar disturbo,
non mancò di serietà sua vita
nell'asserita
sua nobiltà
contrapposta a miseria e povertà
che nei film raccontò con sua
creanza
mai disprezzo suscitando
ma sol sorriso ad oltranza.
Seppe bella raccontare la vita
quando "A livella" traduceva
fatica
regnare tra il marchese e il
povero netturbino
di stesso cammino che si fatica a
oltranza
ebbe intuizione dell'uguaglianza.
Totò è irresistibile d'amare,
di eleganza fu geniale innovatore
con sua bombetta e mento
sgommato
fu dal suo pubblico ammirato,
anche quando impazzava allor
Charlot
e in sua umiltà Totò
con lui riteneva sol di avere
l'accento sulla "ò",
fu garbo davvero suo strano
che mai rese vano
dolore altrui
e "da colonnello" fu signore
contro il tedesco governante a
terrore.
Furono ancor le spalle in tanti suoi
film
artisti importanti che grandi
fecero passioni e i difetti
e a sue pronte battute rimasero
mute
presenze per le demenze
improvvisate
che però nascondevano inusitate
verità a chi di dovere
raccontate con il sorriso vere
e a chimere
così Totò continua a insegnare
in bianco e nero
distacco sincero
da un mondo ancor presente
che suo messaggio rende vero
nell'uomo che corregge con
sorniona battuta
per quella Umanità, a sua morte
rimasta muta.

Fra' Domenico Spatola

Fra' Domenico Spatola: Sabato santo

Sepolcro sigillato
da macigno
per dolore
delle donne in pianto
e in pudore.
Per il morto è lor compianto
nessun vanto a raccontare: Cristo
morto non è ideale, non è ciò che
conta e vale
quella morte che chiuse ha porte
alla loro sol speranza: vinto ha la
tracotanza
di chi all'amore
ha risposto con terrore.
Ora tutto attorno tace
il Salvatore dorme in pace,
ha bisogno di sol dormire
per riaprire quelle porte che nei
cuori solo morte
eran atte a custodire.
Il risveglio del Guerriero
che audace
conquista il cuore
portando pace e solo amore
qualche ora ancora attende
a svegliare i trapassati
Eva e Adamo cui tende sua mano
a liberare da stessa morte alla
quale condannato
avevano l'intero genere umano.
Finalmente liberati e da Cristo
conquistati, possono ora
risuscitati, raccontare che l'amore
ha vinto la morte e che sol vita
è nostra sorte.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino

venerdì 14 aprile 2017

Fra' Domenico Spatola: O madre dolorante

Novello dolore di parto, fu o
Madre
appresso a tuo Figlio da croce
pendente
e tu lacrimavi dolente
atroce tormento
firmamento altrove negato
sol qui a trafittura segnato
sol qui in tuo cuore
testimone assordato
da atroce risposta a tuo Figlio
solo appiglio
in sua parola trovavi
a mettere da parte
tuo pianto
e tua missione riparte
d'essere madre per noi
quel tanto che vuoi
abituarci a figli d'amore
nel pur grande dolore.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: La Pietà di Michelangelo

Fra' Domenico Spatola: Venerdì Santo

Quel monte Calvario
mi parve più alto,
da lì si scorgeva la Terra,
la stessa offerta a guerra per
dominio da colui
che la dava a chi gente domava.
Tu, Signore, quel potere rifiutasti
venuto sol per servire
in offerta di vita
e or sulla croce fatica
mostri in dolore più atroce.
"Gloria" chiamavi l'offesa
che insensata risposta fu resa
a tuo amore, condita da rabbia e
furore
mentre tu da nuovo tuo trono
offrivi al mondo perdono,
a peccatori da te non sol redenti
ma invitati a nozze consumate
con Chiesa che langue
cui portavi come dote tuo
sangue
che a compassione lava
passione
di non esser capace d'amare, sol
tua croce a risveglio
or ci fa bene sperare.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: La Crocifissione di Andrea Mantegna

giovedì 13 aprile 2017

Fra' Domenico Spatola: Amore del buon Dio



Quella cena l'hai voluta
come offerta tua imprevista,
cosa fu nuova conquista
quella vista
ai discepoli inusuale:
in lavanda di lor piedi
fu scoperto
che il Maestro fosse fiero
di quel gesto
che propose a incentivo
da ripetere ogni volta
come segno di servizio.
Ancor Pietro ebbe il vizio
del contrasto al tuo volere,
egli sol voleva potere
del comando
e ostacolando
tua proposta
non voleva tua risposta
che in quel gesto riponevi
nuova sintesi dell'amore
fatto servo.
Ora osservo
tuo dolore
denunciando il traditore
cui offrivi tuo pane
a contrastare cose vane.
Non fu facile
e l'avvio della tua passione
la iniziasti con l'invito
a far presto
perché lesto
era ormai tuo desio:
dar l'amore del buon Dio.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Il Cenacolo, di Leonardo da Vinci

domenica 9 aprile 2017

Fra' Domenico Spatola: Giorno delle Palme

Accorrevano festanti i bambini
e molta folla
che a Lui si incolla
per condividere equivoco
cammino:
meta sarà suo nuovo destino
incompreso dalla gente
che non vuol sentire guai
cerca solo divertente
d'essere al centro della storia
con un Messia
che piaccia a tutti
e che porti solo frutti
di conquiste sui nemici.
"Ma è curioso l'asinello
- si dicevano tutti in coro -
sembra sempre quello
che a Betlemme fece paro
con il bue nella stalla.
Che vuol dire questo Messia,
la sua scelta non ci cala
noi vogliamo un combattente
e vincitore sulla gente,
non un sovrano che con l'amore
vuole solo conquistare il cuore!"
Osannato entra il re
senza corte che non c'è
se non fatta di straccioni,
mendicanti e chiacchieroni
pronti a dire al venerdì:
"Non vogliamo quello lì,
anzi lo vogliamo in croce,
chè sua morte sia atroce
perché non serve il perdono
ch'Egli porta a tutti in dono.
Noi sol vogliamo guerra
per dominare sulla Terra!"
Così mesto e rattristato
angosciato il Signore sull'asinello
che a capirlo è sempre quello
in mitezza che ancor strana
sembra neppure essere nostrana
virtù che è proprio assente
nel momento contingente
ove sol vana contesa
di recente Umanità
sembra la resa.

Fra' Domenico Spatola

venerdì 7 aprile 2017

Fra' Domenico Spatola: Ingresso di Gesù a Gerusalemme

Grida di gioia quel mattino:
folla acclamava in Te nuovo
destino
accorrendo al tuo passare,
con palme e con ulivi
per rendere giulivi tuoi messaggi
cui ora, non più retrivi,
ormai compreso avevano quanto
vero
fosse di pace quel sentiero
che audace percorrevi incontro a
morte
a cambiare sorte di nostra vita.
Cavalcavi il somarello
sciogliendolo da quello
che fu di Zaccaria
messaggio in profezia
del Messia mite e non legato
più a cavalcatura boriosa
o a violenza scandalosa,
come immaginario comune
teneva fune.
Tutt'altro messaggio
offrivi a dar coraggio ai tuoi:
a Gerusalemme infatti
non patti
di gloria avresti consumato,
ma sol vittoria di morte,
sorte per te, che dell'amore,
facevi tua ragion d'onore
presso tuo Padre
che ti ha affidati quanti
di tua felicità vuoi render santi.
Tentavi a far ragionare con lor
testa
farisei d'ogni tempo
impegnati a rovinare la festa
dei diseredati e peccatori
già emarginati da quei signori,
che di te Messia non hanno
compreso niente
volendo dominare sulla gente.
Così in quella ormai nota
"domenica delle palme"
a chi voleva dei nemici le salme,
offristi tuo amore a ideale
che Umanità da tua croce atroce
sperimentò vita reale.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Gesù entra a Gerusalemme (Duccio)

Fra' Domenico Spatola: Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Domenica delle Palme: Matteo 21, 1-11

GESU' A GERUSALEMME
Entusiasmo della folla
1 Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, 2dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un'asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. 3E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: «Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito»». 4Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
5Dite alla figlia di Sion:Ecco, a te viene il tuo re,mite, seduto su un'asinae su un puledro, figlio di una bestia da soma.
6I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: 7condussero l'asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. 8La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. 9La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava:
«Osanna al figlio di Davide!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!Osanna nel più alto dei cieli!».
10Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». 11E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».
 
Commento al Vangelo:
 
Dal monte degli Ulivi, località Betfage, dove è appena giunto con i suoi, si scorge tutta Gerusalemme, imponente con il suo tempio e grandiosa per le sue storiche aspirazioni.
"Villaggio" viene però da Gesù classificata; vi vede infatti il luogo della tradizione, intransigente ad ogni novità e retriva all'accoglienza del suo messaggio.
Là invia due discepoli a cercare "un'asina legata e un puledro con essa". Li devono "sciogliere e condurre da Lui". Previene obiezioni: "Il Signore ne ha bisogno".
Il gesto dall'Evangelista viene subito interpretato nell'attuazione di una profezia rimasta dimenticata, essendo stata preferita la visione del Messia glorioso e vincente sul cavallo o sul mulo, simboli battaglieri, anziché, come preannunciato da Zaccaria quattro secoli prima, "un asinello o un puledro d'asina" a simbolo di "mansuetudine".
"Bisognava - era l'ordine - slegare" ("sdoganare" con più attualità) quella profezia. Da qui i gesti descritti dall'Evangelista sono rivelatori del tipo di adesione al messaggio. Così i discepoli che "mettono i loro mantelli sull'asina e sul puledro" rappresentano quanti danno piena adesione al messaggio di Gesù; il mantello infatti, nel linguaggio biblico, indica la persona.
"La folla numerosa che stende i propri mantelli sulla strada" testimonia la sottomissione del popolo al dominio del re. Una folla dunque che non vuole essere liberata, ma dominata, come dimostra anche il "tagliare rami d'ulivo", gesto simbolico nella "festa delle capanne" per osannare al "figlio di David", il Messia liberatore.
Gli "Osanna" si trasformeranno nel più crudele "Crocifiggilo!" Così, almeno al suo ingresso, la città santa è "scossa" perché non riconosce il "Dio che viene". E' suo l'inquietante: "Chi è costui?".
La risposta continuerà nell'equivoco della incomprensione del Messia atteso.
 
Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Gesù entra a Gerusalemme (Giotto di Bondone)

martedì 4 aprile 2017

Fra' Domenico Spatola: Gesù e la Chiesa sposa

Vidi, Gesù, tua sposa
assisa a stesso desco
del Padre tuo e dello Spirito
anello di vostra fedeltà
a Cana dove, in povertà,
si celebravan nozze:
non eran le tue
che pretendevi vino di tuo amore
che, a stupore dello stesso capo,
fu non sol migliore,
ma di sua qualità creanza
faceva "nuova" l'Alleanza,
in quel banchetto che preparerai
a diletto
non più né scarso e vile,
testimonierà altro stile:
il Tuo e della sposa,
perché Tuo amore consegnavi:
era tutt'altra cosa!
Vidi altra scena e stesso intento
diverso tuttavia era il commento
della donna Samaritana,
che al pozzo faticava
ad acqua vana
a dissetare
e che arsura mai sazia
imponeva a ritornare.
Offrivi a lei Tua acqua
che zampilla dentro
anche in cuore spento
oppure lento
a carburare fede
e, a lei che finalmente crede,
Parola Tua acqua vivace
e dissetante or concede.
Conquistasti di nuova Sposa
il cuore sol con parole Tue
d'amore
ed essa comprese
che non altri a connubio era
votata
e da quel momento a Te solo
legata.
Ti vidi mentre dalla croce
chiedevi acqua
per sete Tua interiore di nostro
dono
e a madre Tua consegnasti
qual rosa a omaggio,
a custodire, in Tua breve
assenza,
la Sposa Tua, maritata a voce
mentre a lei portavi in dote
respiro e sangue dalla croce.
Fu tuttavia nel giardino della
risurrezione
che consumasti Tua passione
d'amore piena:
era la volta della Maddalena
che, a nostra rappresentanza,
chiamasti Sposa.
Fu altra cosa
da quel giorno:
l'idillio non si consumerà più
nell'orto,
ma da Risorto
l'evento è sol nel cuore
che in ogni Eucaristia
vive d'amore.

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: Nozze di Cana del Vasari, particolare.

lunedì 3 aprile 2017

Fra' Domenico Spatola: Palermo calcio

Squadra deludente
disarmante e inconcludente,
che nostro tifo prende
e non dà niente:
ci ha tolto il cuore e la speranza
senza aizzare più nostra costanza
a tifare
per questa squadra che non sa
più fare
un gol e spegne ardori regalando
sol dolori.
Zamparini dicon che se
n'è andato
e Baccaglini è subentrato
a continuare a illudere la gente
che non ha da gioire proprio
niente,
ma vede sol tristezza e la serie
B
anche quando gioca qui,
a casa propria dove tifoseria è
favolosa
sempre però a iosa è sol delusa
perché il pallone è sempre in
porta,
s'intende quella nostra senza
scorta
spalancata ad autostrada
perciò è dagli avversari molto
amata
perché sol da noi, a occhi chiusi,
fanno punti
e tutti quanti riassunti
di vittorie sempre uguali
e per noi sol mali
perché non importa
ai giocatori centrare la porta
e come tori senza corna
non fanno gol
così che classifica non torna.

Fra' Domenico Spatola