martedì 28 novembre 2023

Nuova pubblicazione di fra Domenico Spatola edita I Buoni Cugini editori: A quale Santo votarsi? Un santo al giorno.

In questa nuova pubblicazione fra' Domenico Spatola illustra, in sequenza da calendario, la vita di tutti i Santi per dare vita a un volume che raccoglie un insieme di personalità differenti, di vite più o meno conosciute, di esempi da seguire, di storie da conoscere… E alla fine è spontanea la domanda: A quale Santo votarsi? 
I brani, narrati in prosa, sono intervallati da alcune poesie.

Sono Santi
tutti quanti?
Cerco il metro
e non arretro
a misurar la santità. 
Essa è solo carità
che, come figlia, 
a Dio assomiglia. 
Vedo mamme laboriose, 
vedo spose
e come rose
vedo bimbi 
come limbi
che di pace dànno idea.
Mentre rea
quanto insensata
è la voglia assatanata
della guerra, 
che in Terra
ha sua dimora. 
Vogliano i Santi, alla buonora
dare pace
loro face
luminosa, che arrida
e non sarà più corrida
la vita sulla terra
per l'infinita guerra.
Il motivo è da cercare, 
dove si possa ritrovare: 
nell'umano e triste cuore, 
quando vive senz'amore.
Oggi i Santi, 
tutti quanti, 
chiedono a ognuno nuovo impegno
per costruire il divin Regno. 

Fra' Domenico Spatola 

Pagine 223 - Prezzo di copertina € 13,00
Il volume è disponibile:
dal catalogo prodotti della casa editrice al sito www.ibuonicuginieditori.it (consegna a mezzo corriere in tutta Italia)
Su tutti gli store online e in libreria. 
Inoltre è disponibile: 
Presso la parrocchia di Santa Maria delle Grazie in San Lorenzo ai Colli (via delle Ferrovie 54/b)
 

venerdì 24 novembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Eri tu l'affamato


Chiami me alla tua destra, 
e mi ricordi quando lesta
la mia mano a te aprivo, 
ch'eri quasi semivivo
senza pane e senza vesti, 
e mi chiedesti
compassione. 
Iniziò la mia missione
che ancor vedo, 
aggiungendo al mio credo 
che eri tu quel affamato
da me saziato. 
Ma ora povero son io, 
e mi rivolgo a te, mio Dio, 
tra le lacrime e un sorriso, 
chiedendo a te il paradiso.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della Solennità di Cristo Re, XXXIV domenica del tempo ordinario (anno A): Matteo 25, 31-46

 

31 Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 32 E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, 33 e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. 34 Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37 Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39 E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. 41 Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42 Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43 ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. 44 Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? 45 Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. 46 E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».

Una parabola, parafrasata sulla preesistente ebraica del Talmud, dove si diceva che Dio, preso il rotolo della Legge e srotolatolo sulle gambe, giudicava i popoli, in base a quanto vi era scritto. Il contenuto però non era conosciuto da coloro che dovevano essere giudicati, in quanto pagani. Gli ebrei infatti non erano soggetti al giudizio, perché considerato "popolo eletto". La modifica operata da Gesù sta nel giudizio di coloro che non hanno conosciuto Dio, ma hanno agito "come lui e con lui". Ossia, Dio chiederà non se si è creduto in lui, ma se si è amato "come" lui. Egli, nell'usanza del  pastore che separa le pecore dalle capre, dividerà le persone.
A destra (senza implicanze di natura politica) coloro che hanno realizzato il progetto di Dio sulla umanità. Vengono elencate sei azioni relative ai bisogni, alla sofferenza, e alle necessità degli uomini, con le risposte che sono state date. Tutte rivolte ai bisognosi dell'umanità. Quindi  non tematiche della sfera religiosa ma squisitamente umane. Gli invisibili, gli esclusi, vanno amati come li ama Gesù. 
C'è tuttavia il rovescio della medaglia: i "maledetti" come Caino, omicida del fratello. Sono coloro che si chiudono alla vita. Si maledicono da sé, perché Dio non maledice. Si condannano al fallimento e alla distruzione finale, del fuoco inestinguibile. Si chiederanno: "quando non ti abbiamo servito?". Pensavano al culto, alle liturgie, ai canti. Sembra disegnato il quadro dei farisei di tutti i tempi. La sentenza è di Gesù: "quello che non avete fatto a un piccolo, non l'avete fatto a me!".

Fra' Domenico Spatola 

sabato 18 novembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Offri a me fiducia


Signore, mi è tormento
il talento
che m'affidasti.
Ti lamentasti
che, da natura, 
fu di paura
il mio sentimento, 
da sotterrare il tuo talento, 
in campo oscuro,
mi ritenevo allor sicuro
così intatto ritornarlo.
Ma quel tarlo
ancora porto in cuore, 
con tremore.
Dammi fiducia in te, 
che non vedi in me
il peccatore, 
ma il figlio destinato al tuo amore.

Fra' Domenico Spatola 

Commento al Vangelo della XXXIII domenica del tempo ordinario (Anno A): Matteo 25, 14-30

14
 «Poiché avverrà come a un uomo il quale, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi beni. 15 A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità; e partì. 16 Subito, colui che aveva ricevuto i cinque talenti andò a farli fruttare, e ne guadagnò altri cinque. 17 Allo stesso modo, quello dei due talenti ne guadagnò altri due. 18 Ma colui che ne aveva ricevuto uno, andò a fare una buca in terra e vi nascose il denaro del suo padrone. 19 Dopo molto tempo, il padrone di quei servi ritornò a fare i conti con loro. 20 Colui che aveva ricevuto i cinque talenti venne e presentò altri cinque talenti, dicendo: "Signore, tu mi affidasti cinque talenti: ecco, ne ho guadagnati altri cinque". 21 Il suo padrone gli disse: "Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore". 22 Poi, si presentò anche quello dei due talenti e disse: "Signore, tu mi affidasti due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due". 23 Il suo padrone gli disse: "Va bene, servo buono e fedele, sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore". 24 Poi si avvicinò anche quello che aveva ricevuto un talento solo, e disse: "Signore, io sapevo che tu sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; 25 ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra; eccoti il tuo". 26 Il suo padrone gli rispose: "Servo malvagio e fannullone, tu sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27 dovevi dunque portare il mio denaro dai banchieri; al mio ritorno avrei ritirato il mio con l'interesse. 28 Toglietegli dunque il talento e datelo a colui che ha i dieci talenti. 29 Poiché a chiunque ha, sarà dato ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. 30 E quel servo inutile, gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti".

Un talento valeva trenta chilogrammi d'oro, corrispondente a seimila denari e pari a venti anni di stipendio di un operaio. Tre "servi" sono attenzionati, in base alle personali capacità, dal padrone in procinto di partire. Al primo consegnò cinque talenti, al secondo due e al terzo uno soltanto. Non li pretendeva indietro, costituivano infatti la sua opportunità perché ognuno si esercitasse con genialità creativa.  Roba da laboratorio dunque, per innalzarli al suo rango da imprenditore. I primi due raddoppiarono. E, soddisfatto, il padrone li promosse ad azionisti comprimari: "vi darò potere su molto". La tragedia fu del "servo malvagio e pigro". Tale lo appellerà il padrone, perché gli aveva seppellito, mortificandogli, il talento. "Per paura", fu l'autodenuncia. Non stimava il padrone e lo temeva "duro" e che "miete dove non ha seminato". Era l'immagine distorta della religione del Dio, temuto alla scuola di Mosè, che voleva "servi". Non apprezzò perciò il suo ottimismo a distoglierlo dalla schiavitù in cui si era rintanato, e senza desideri di libertà, quale ogni padre auspica al proprio figlio, e per il quale investe tutto il suo amore. Era la cifra che, in Gesù, il Padre aveva investito a favore dell'uomo. Il seguito del racconto, opaco e non privo di angoscia, denuncia il fallimento di chi non aveva compreso che Dio vuole uomini liberi e creativi, al pari di lui.

Fra Domenico Spatola 

sabato 11 novembre 2023

Fra' Domenico Spatola: Quella notte mi sembrò giorno...



Signore, al corteo di nozze presi parte, 
non conoscevo l'arte
di governar mia lanterna, 
ma tu, con materna 
premura additasti l'amore, 
olio del cuore
ed essa non fu più spenta. 
La tua venuta, lenta
e a mezzanotte, addormentato
dalla tua voce fui svegliato
e di olio piena
la mia fede fece scena
di luce intorno
e quella notte mi sembrò giorno.

Fra' Domenico Spatola 

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXII domenica del tempo ordinario (Anno A): Matteo 25, 1-13

 
1 Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. 2 Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3 le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; 4 le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. 5 Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. 6 A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! 7 Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8 E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. 9 Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. 10 Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11 Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! 12 Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. 13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

Dieci  "vergini". Sono le ragazze per il corteo nuziale. Incaricate di accompagnare la sposa, illuminando il cammino notturno, all'arrivo dello sposo. In mano le torce e, per l'accensione, non poteva mancare l'olio. Da qui il dramma. Cinque di esse ne erano sguarnite. Dichiarate "Stolte". Impazzite, come chi costruisce la casa sulla sabbia. Fallite, per non avere tenuto in conto che, da quel evento, sarebbe dipeso il loro avvenire. Lo sposo giunse quando volle, nel cuore della notte, e trovò le dieci vergini, e addormentate anche le "sagge". La voce, fuori campo, le svegliò per prepararsi al servizio d'onore. Ma le cinque  "stolte", s'accorsero di non avere l'olio nei piccoli vasi. Chiesero solidarietà alle compagne, definite "sagge" per averlo con sé, ma queste si dichiararono indisponibili, perché quel olio non si poteva condividere, facendo parte integrante della torcia. Fuori metafora, l'olio infatti simboleggiava l'amore, come la torcia rappresentava la fede. L'una includeva l'altra, come due faccie della stessa medaglia. Inscindibili dunque, e complementari. "Non chi dice: 'Signore, Signore' entrerà nel Regno dei cieli, ma chi compie la volontà del Padre mio", aveva detto il Signore e, ad eco, l'apostolo Giacomo nella sua Lettera, commenterà che "la fede senza le opere è morta". Dunque, in tempo scaduto, corsero dai venditori a comprare l'ormai inutile olio, perché il corteo si fece senza di loro e, al ritorno trovarono il portone pesantemente chiuso. La voce dello Sposo risuonò implacabile: "Non vi conosco!". Fu la sentenza, senz'appello, al loro grido straziante: "Signore, aprici!".

Fra Domenico Spatola

venerdì 3 novembre 2023

Fra' Domenico Spatola: L'amor sempre a servizio

Gesù, a tue parole, 
non volevi che altre scuole
preferissero tuoi seguaci, 
e che, audaci, 
non seguissero i
precetti dei rei
scribi e farisei, 
che non liberavano il fratello, 
ma lo costringevano a far quello, 
ch'era per loro convenienza.  
Ritenevi un'indecenza
che umiliassero la gente, 
con l'incontinente 
ambizione
di occupare ogni prima postazione 
nei banchetti, 
ma più sospetti
in sinagoga
andavano
con toga,
per essere diversi 
e dominar gli oppressi. 
Col tuo messaggio
chiedevi ai tuoi coraggio 
perché distanza
marcassero
da loro tracotanza
del farsi chiamar "maestro" 
o "padre" per orgoglioso estro. 
Volevi umiltà distinta, 
e di virtù dipinta,
e col chiaro indizio                     
dell'amore a servizio.

Fra' Domenico Spatola

Commento di fra' Domenico Spatola al Vangelo della XXXI domenica del tempo ordinario (anno A). Matteo 23, 1-12

1 Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: 2 «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3 Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. 4 Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. 5 Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6 amano posti d'onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe 7 e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare "rabbì" dalla gente. 8 Ma voi non fatevi chiamare "rabbì", perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. 9 E non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. 10 E non fatevi chiamare "maestri", perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. 11 Il più grande tra voi sia vostro servo; 12 chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.

La diatriba si fece dura, fino alla polemica accesa. Gesù chiedeva ai discepoli di non lasciarsi impressionare dalla dottrina ("lievito") di scribi e farisei. I loro insegnamenti non facevano il bene del popolo. Erano "pesanti fardelli" imposti inutilmente da chi quei pesi non si preoccupava di sfiorarli con un dito. "Precetti di uomini",  li definì e perciò nocivi ai più. Il Dio presentato dagli "pseudo teologi" era costruito a loro immagine, come proiezione della loro bulimia di potere. Sottomettevano in tal modo la gente con spaventosi sensi di colpa, per peccati verso un dio che era l'opposto del Padre di cui parlava Gesù. Puntò il dito contro di loro, per essersi  seduti sulla cattedra di Mosè, millantando di parlare in suo nome. Contrabbandavano infatti le loro ideologie, come volute da Dio, e spesso tutte contro l'uomo e la sua felicità. Negavano soddisfazione ai suoi bisogni più legittimi ed elementari. L'ambizione e l'orgoglio, come la convenienza, erano all'origine di ogni loro scelta. Occupavano i primi posti, appannaggio nei banchetti per essere meglio serviti e, nelle sinagoghe, per distanziarsi dalla gente, pretendevano con spocchiosa esibizione, i seggi più alti, obbligando la gente a sistemarsi ai loro piedi. Ma i discepoli di Gesù non dovevano cadere in queste trappole, per cui andavano evitati i titoli all'origine della disuguaglianza tra fratelli. Il titolo "Padre" andava riservato esclusivamente a Dio e quello di "Maestro", al Cristo, perché guida nella "diakonia", ossia nel "servizio per amore".

Fra' Domenico Spatola
Nella foto: dipinto di Rembrandt